Gioia e malincuore
Tu, invero, per la prima volta eri stata accarezzata dagli occhi scuri come la notte del tuo padrone, il mio sorriso t’aveva lasciato il primo segno indelebile: non mi eri estranea né indifferente né imperturbabile, tutt’altro. Io avevo incontrato schiave belle e meno affascinanti nel corso degli anni, malgrado ciò i tuoi occhi erano lo specchio di chi vuole perdersi, la quintessenza di donarsi. Tu eri molto chiara sin dal primo momento, io m’accomodai accanto a te dopo averti fatto spostare l’elegante valigetta, poiché le mie parole ben presto t’avvolsero. Tu annuisti in maniera docile e partimmo assieme uscendo dalla sala comoda ma noiosa per vivere. Frattanto ironizzavi appagata, per il fatto che quest’aspetto lo osservai con soddisfazione, palesemente così come compirebbe una frugoletta che ritira il suo omaggio nella circostanza d’una ricorrenza attesa da qualche tempo, perché tu invero avevi ottenuto il riconoscimento tanto atteso: incontrarmi.