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Non avrei mai dovuto mentirgli n&egrave tantomeno avrei voluto. Ebbene sono uscita, ma non &egrave colpa mia, non lo &egrave mai! Erano gli occhi a invocare ristoro, la mente libertà e le gambe una via di uscita, pensate sia colpa mia? Ci misi un attimo a lasciare la scrivania, montare in auto e correre verso il lungo mare. Pausa.Mi avrebbe potuto solo far bene, pensate che mentano quei segni rossi sul mio sedere? Non posso prevedere l’ubiquità, ma avrei dovuto contemplarla tra le sue doti principali.

‘Bambina, buongiorno! Come va lo studio?’. ‘Buongiorno a te Zio. Sono uscita a fare due passi, avevo bisogno di una pausa’. ‘Molto bene piccola, come sei vestita? Dillo a zio tuo’. ‘ehm.. ho messo il vestitino giallo che mi hai regalato tu’ ‘E brava la puttanella di zio, sempre scosciata vai in giro! Ci vediamo a casa nel pomeriggio, mi raccomando falli sbavare tutti’.

La doccia mi aveva fatto bene, quanto la passeggiata. Spalmata sul divano davanti alla tv con un un mucchio di M&Ms rossi in mano, avevo raggiunto la pace dei sensi. O quasi.

Già, perch&egrave non credo che il mio tatto fosse tanto in pace, quando quella mano immensa afferrandomi forte per i capelli mi scagliò giù sul pavimento, offrendomi come letto i miei bon-bon. Sorpresa e indolenzita, Zio continuava a muovermi come una marionetta i cui fili sono lunghi capelli scuri. Non realizzai neppure di trovarmi in ginocchio.

Lo guardavo perplessa e lui rideva, disse che proprio gli piaceva il mio vestitino giallo. Gli piaceva così tanto, che subito lo tirò su per poi donarmi la posizione di cagnetta e ordinarmi di iniziare a contare le sculacciate che stavo per ricevere.

Il repentino cambiamento del mio stato emotivo mi rese intollerante sin dalle prime due sculacciate, così quando Zio lasciò la presa per accingersi a realizzare un dipinto certosino sui miei glutei, a quattro zampe corsi via per nascondermi dietro al divano.Ditelo in coro: ‘Cogliona!’. Beh sì, diciamo che zio non la prese proprio bene.

Il mio nascondiglio durò meno di una smorfia di dolore. I miei capelli ora divennero un guinzaglio corto, e “op”eccomi ritrovata a culo in su sulla spalliera del divano, così che Zio riuscì con facilità ad arrivare a 50.

Però non &egrave giusto, eh? Io non ho fatto nulla di male e lui fa il cattivo; glielo urlai. E così eccomi di nuovo in terra sul pavimento del bagno con Zio che mi tappa il naso per farmi spalancare la bocca. Non resisto, devo aprirla, così lui non esita un attimo, e con il sapone lava bene la mia lingua come il più sporco dei cenci. Io mi divincolo, mi agito, provo a morderlo e ho la nausea, ma non riesco a distoglierlo e si prende gioco di me: ‘ Si dicono le parolacce zoccoletta? Si dicono le bugie?’. ‘Ma io non ho detto nessuna bugia!’.

Mi colpì con due ceffoni precisi che mi incendiarono le guance. Uscì dal bagno senza aver bisogno di dire nulla, io lo seguii a quattro zampe e tornai in sala. Provai a fare la svenevole baciandogli le mani, ma ogni bacio si trasformava in ceffone, finch&egrave non sopportò più il mio atteggiamento, e decise di farmi tacere, soffocandomi di cazzo.

La gola bruciava e i conati di vomito aumentavamo dopo ogni suo colpo di reni, mi stava violentando la bocca, mentre io mi scioglievo e colavo come un gelato. Cosce e viso rigate da sudore, umori, saliva e trucco. Quanto ero squallida, quanto odoravo di cagna randagia, quanto lo adoravo.

Mi schiaffeggiò il viso con il suo potente cazzo e mi concesse di leccarlo come il più goloso dei lecca-lecca.

‘Troia ti rendi conto quanto goccioli?’. Se n’era accorto ungendo il mio sedere, dopo che di peso mi aveva sollevata sul divano. Non ebbi il tempo di rispondere, un dolore lancinante mi straziava la pelle, e nono ho potuto far altro che urlare. Era entrato dentro di me all’improvviso, mi prendeva con foga e violenza, mi graffiava le spalle, mi mordeva dove poteva, mi stritolava i miei seni con maestria, facendomi sentire tutto il peso del suo corpo.

Ero la sua troia, era la sua cagna in calore, ero il suo oggetto e la sua nipotina. Pensai di svenire dal dolore, chiedevo pietà e nonostante ciò ero eccitata e fremente, non avrei mai voluto che smettesse. Non lo fece prima di riempirmi di lui.

Caddi esausta sul divano. Mi accarezzo e mi asciugo le lacrime.

Caddi esausta sul divano. Mi accarezzo e mi asciugo le lacrime.
‘Lo prometto zio, non andrò più in giro in jeans e infradito’.

Autore Pubblicato il: 8 Settembre 2015Categorie: Racconti di Dominazione0 Commenti

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