Ufficio, ore 17.03. Noia totale.
Osservo l’orologio al polso, mancano 27 minuti all’ora di uscire. Ho caldo, siamo a Maggio ma c’è il sole, allargo il colletto della camicia, slaccio un bottone. Tic tac. Ho finito il mio lavoro e non devo far altro che aspettare, ma non ne posso più. Tic tac. L’orologio appeso alla parete muove le lancette con calma straziante. Tic tac. Ma gli altri che cazzo avranno da digitare in continuazione sulle tastiere, parlare al telefono. Tic tac. Chissà che sta succedendo fuori… Butto gli occhi al di fuori della finestra, siamo al 3′ piano, fuori vedo la strada e un giardino, persone che passeggiano con cani perlopiù.
Tic tac. Basta. Mi alzo e raggiungo la porta di ingresso, fingendo una telefonata e portando con me le sigarette. Esco e finalmente sento l’aria sulla pelle. Si sta molto meglio fuori. Cazzo, l’accendino… Mi guardo intorno ma nessuno passa con una sigaretta in mano. Percorro il marciapiede a sinistra di alcuni metri sperando di trovare il fuoco da qualche parte. Devo proprio accendere.Una voce femminile alla mia destra, parla a tono alto, discute sembra, ma non si sente l’interlocutore. Spinto dalla mia innata curiosità, giro e mi avvicino alla fonte della voce, slaccio un altro bottone della camicia. Ho praticamente fatto il giro del palazzo. Dietro c’è una specie di vicolo, con un piccolo parcheggio, delimitato dalle pareti dell’edificio e la siepe dall’altra parte. Scorgo una donna appoggiata ad un’auto, quasi seduta sul cofano di un’A3 nera. Spero sia sua, fosse mia quel bel culetto non lo appoggerebbe lì. Non dopo tutte le sculacciate che le darei per punizione. No. Per insegnamento. Sorrido tra me.
Ora sono abbastanza vicino per vederla bene, pochi metri ci separano, mi accorgo di quanto sia giovane. Maglietta nera velata che mette in mostra un generoso decoltè, jeans strettissimi e tacchi alti. Con il braccio con cui non sorregge il cellulare, alza i capelli ondulati, scoprendo il collo sensuale. Mi piace.
Ma che ci faccio qui. Mi fissa sorpresa di vedermi, si ammutolisce.
“… No, senti, ne parliamo stasera, devo tornare a lavorare. Si. Ciao.”
Le sue labbra si tendono in un sorriso cortese ma dubbioso. Eh ci credo. Che ci fa un estraneo in un vicolo a fissarla?
Lascia che i capelli scuri le ricadano sulle spalle, sulla schiena. Avverto il suo profumo, è buono, dolce, femminile. Lo conosco.
“Hypnotic poison?”
Mi guarda un attimo stordita poi sorride, stavolta più sincera.
“Si ci hai preso! Complimenti..”
Allunga una mano e prende una Marlboro tra le dita, la accende.
Fuoco.
Mi faccio prestare l’accendino e mi avvicino, il ghiaccio è rotto.
“Ehi ma tu non lavori nell’ufficio qua sotto?”
Ora mi ricordo, la ho vista un paio di volte sulle scale del palazzo. Gli ultimi piani sono appartamenti, deve abitare qui.
“Si lavoro qui. Piacere Leonardo.”
“Federica.”
Ci stringiamo la mano, ha lo smalto rosso curato. Mi piace. Mi piacciono le donne curate. Ops le ragazze…
Ho sicuramente una quindicina di anni in più di lei ma ciò non mi impedisce di osservarla. Soprattutto il culo, appoggiato sul cofano. Beato lui. Il cofano.
“Bella macchina per una ragazza così giovane…”
Non so che altro dire, lei se ne accorge e sorride. Sembra un po’ arrogante la ragazzina. Aspiro dalla sigaretta una boccata, poi un’altra, lei fa lo stesso. Qualcosa nella mia testa parte, vedo distintamente i capezzoli turgidi attraverso il tessuto sottile, non porta il reggiseno, e non c’è freddo. Butto la sigaretta a terra, mi avvicino con passo deciso, davanti al suo corpo, continua a fissarmi quasi divertita. Allunga una mano sui miei pantaloni. Cazzo. Ora esageri.
Prendo i polsi, la giro di spalle, tenendola ferma con le mie mani sul cofano. Spingo l’inguine contro il suo bel culetto, nel solco, le faccio sentire con chi ha a che fare.
“Attenta ragazzina, giochi con il fuoco…”
Sto per lasciarle i polsi ed andarmene, devo tornare a lavorare in fondo, ma lei spinge quel bel culo verso di me. Si struscia, lo muove, sembra un richiamo, mi eccito ancora di più. La voglio. Annuso i capelli profumati, li scosto per baciarle il collo. Il suo profumo mi sta mandando in estasi esattamente come il movimenti sinuosi del suo corpo caldo. La guardo slacciarsi i jeans, abbassarli per me, scoprendo le natiche perfettamente lisce e candide, un filo nero passa in mezzo. Con una mano la piego sulla macchina a novanta gradi, con violenza.
“Giù.”
Mi abbasso e sfilo il perizoma con lentezza, voglio godermi tutto, prima che il mio cazzo diventi troppo duro per rimanere chiuso. Con la lingua parto dal clitoride gonfio e risalgo verso l’apertura del suo sesso, ha un sapore leggero. Ma non è vuota. Un filo nero penzola, è spesso, di silicone. Rimango basito. Che cazzo….?
La sento ridere sprezzante, allunga una mano passando il braccio in mezzo alle gambe, bagnandosi della sua stessa eccitazione. Tira con forza il filo e con un rumore quasi osceno tira fuori una prima pallina, poi una seconda, e il sex toy è completamente estratto dalla sua fica, lucido e appiccicoso, in un mix di lubrificante e umori, lo avvicino agli occhi divertito, intuendo il suo gioco. Chissà a chi era indirizzata questa sorpresa, fidanzato? L’interlocutore con cui discuteva magari.
Sorrido
“Sei proprio una porca…”
Le pongo le palline ben wa davanti alle labbra, “succhiale, come fosse il mio cazzo”.
Ricomincio la mia opera, rituffandomi sul suo sesso, risalendo fino all’ano, girandoci attorno, bagnandolo, rendendolo morbido e rilassato con la lingua, mentre sento i gemiti di Federica salire di tono. Le piace la lingua sul culo..
“Dammi le palline” smette di succhiarle e me le passa. Brava bambina ubbidiente. Appoggio la prima pallina sul culo e spingo forte per farla entrare, “ahi ahi, piano…”, lo stesso con l’altra. Mi getto affamato sul clitoride, sulla zona umida intorno, ho fame, la mangio. Federica apprezza, un po’ troppo rumorosamente. Mi stacco da quel paradiso per darle uno schiaffo forte sul culo bianco.
“Ah ma che ca…” Ciaffff “taci'” con una mano le tappo la bocca mentre con l’ altra mi slaccio i pantaloni e tiro fuori la mia erezione che ha raggiunto ottimi livelli. Inserisco il glande turgido nella sua morbida cavità, tutto d’un colpo, togliendole il fiato. Rimango piantato in lei per qualche secondo, osservando quello spettacolo che mi si presenta davanti completamente illuminato dal sole di maggio. Le natiche aperte, un filo nero che esce dal buchino, l’idea che dentro è dilatato mi fa impazzire, tutto il sangue é concentrato nella zona bassa del mio corpo. Inizio a impalarla lento e profondo, soffocando ogni suo lamento con la mano, ha una bellissima ficchetta depilata, stretta, molto stretta, bagnata e anche deliziosa. Mi avvolge piacevolmente e ad ogni affondo mi sembra di raggiungerle l’utero e di sfondarla. Aumento il ritmo della scopata, spingendo sempre più veloce, più profondo, più cattivo che posso. La lascio ora libera di farsi sentire, far sentire quanto gode. “Più forte, più forte!” Afferro i fianchi sotto la maglietta per avere un punto di appoggio. Spingo di bacino e tiro con le braccia, sento le dita affondare nella sua pelle, il cazzo scavarle nella carne bollente. Aumento il ritmo ancora arrivando a livelli incredibili, Federica inizia quasi ad urlare ma non mi importa più, mentre viene gemendo fortissimo, sento di essere arrivato al culmine, anche il mio respiro è pesante. Mi sfilo alla svelta provocando in lei un altro urletto, la giro. ” inginocchiati, dai muoviti.”
Federica esegue e spalanca la bocca, appena in tempo per accogliere il mio cazzo pulsante e i successivi fiotti di sperma. Arretro fino ad uscire dalla sua bocca, schizzando sulle sue belle labbra. Tira fuori la lingua e da brava la passa sulle labbra, pulendole e bevendo ancora un po’ di me.
Tutto è calmo ora, il clima rilassato, chiunque affacciandosi alla finestra del palazzo avrebbe potuto vederci, presi dalla passione, due sconosciuti.
Bacio Federica sulle labbra, avverto il mio sapore. Non ci eravamo ancora baciati…….
“A presto Leonardo”
Mi volto e torno verso il portone del palazzo, tiro fuori dalla tasca un accendino bianco e sorrido. Prima o poi dovrò restituirglielo…