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Il paesaggio sfila rapido ai miei fianchi, indistinto, chiazze di colore non focalizzate. Scanso i passanti senza vederli, così, d’istinto. Ho gli occhi aperti, si, ma non sto veramente guardando, no. Sono perso nei miei pensieri, che poi, pensieri… penso a tutto e a niente, la mia mente salta leggera da un pensiero all’altro come un passerotto passerebbe da una briciola di pane a quella vicina, con un lieve, goffo balzo.
Un cicaleccio acuto si insinua sempre più fastidioso nel mio mondo nebuloso e ovattato, l’orologio mi informa che il tempo è scaduto, ho corso abbastanza, anche oggi. Passo dalla corsa leggera a un passo più rilassato, percorro le poche decine di metri che mi separano da una fontanella. Nel percorso riprendo coscienza del mio corpo, i polpacci doloranti, la polo incollata al petto e alla schiena dal sudore, il respiro sostenuto che mi gonfia e sgonfia il torace in rapida successione. Una goccia di sudore mi scende dalla fronte, solleticandomi, corre vicino l’orecchio e scivola sul collo, fino a raggiungere il tessuto già umido della maglia.
L’acqua fredda della fontana è una delizia, ne riempio le mani e mi sciacquo il viso irritato dai sali che ho perso, è una goduria. Mi rialzo ancora grondante, l’acqua inzuppa ancor di più la maglia, il vento fresco mi ghiaccia la pelle…infilo due monetine nel distributore automatico lì accanto e questo mi restituisce una bottiglietta di una bevanda energetica al limone di cui bevo almeno metà con il primo, lungo sorso. Sorrido: penso già alla doccia che mi attende, invitante, vaporosa, rilassante… mi incammino senza neanche accorgermene, sorseggiando quel che rimane di quella pseudolimonata salaticcia per sportivi.
La prima cosa che faccio quando torno dalle mie corse quotidiane è aprire l’acqua della doccia. Calda, caldissima. Bollente. Fatto questo, mi spoglio, gettando ordinatamente ovunque maglietta, pantaloncini, boxer. La maglia è la prima a volar via, a volte anche prima della rituale apertura dell’acqua. Subito dopo vengono scarpe e calzini che di solito vengono abbandonati lungo il percorso più breve tra me e la bottiglia d’acqua. Pantaloncini e boxer invece, trovano la loro naturale sede sul tracciato bottiglia d’acqua-doccia calda.
Entro in bagno e il vapore mi avvolge. Il caldo è subito intenso, l’aria umida è quasi soffocante. Come al solito l’acqua è troppo calda perché mi possa mettere subito sotto il getto, così perdo qualche minuto per regolarne la temperatura, lanciando qualche innocua bestemmia agli schizzi che mi ustionano gli avambracci. Trovata la giusta temperatura, mi fiondo sotto l’acqua, che mi aggredisce con suo getto forte. Piccoli aghi bollenti mi martellano il corpo, mi frustano la schiena, mi torturano la pelle. E’ bellissimo. Rivolgo immediatamente il viso verso il doccione e l’assalto sembra farsi ancora più feroce. L’acqua mi batte violentemente sulla fronte, sugli occhi chiusi, penetra tra le labbra, mi impedisce di respirare. Rimango così, inspirando dalla bocca in cui entra aria e acqua, espirando dal naso mentre con le labbra proietto un getto d’acqua per annegare. Ogni volta mi sembra di essere uno di quei ridicoli angioletti delle fontane, congelati in pose ridicole e destinati a sputare acqua per l’eternità.
Il rumore dell’acqua è forte, mi avvolge tiepido come il vapore, mi isola in un ovattato temporale domestico. Non esiste altro a parte me e l’acqua ed io stesso lentamente mi disciolgo in essa. Rimane solo il rumore, nella mia mente, fuori, attorno…il rumore è tutto, rombo imperioso, gentile, protettivo. Mi impedisce di pensare, mi coccola nelle sue infinite tonalità, sempre vario, sempre uguale a se stesso. Rimarrei così per ore, in una doccia trasformata in utero materno, nel liquido abbraccio dell’acqua bollente, ora profumata della sottile fragranza del bagnoschiuma.
Passo le mani sul volto, le dita aderiscono alla pelle liscia seccata dall’acqua, sotto i polpastrelli solo il lieve solletico della barba che comincia a ricrescere. Risalgo, le dita sentono gli occhi pulsare al ritmo del mio cuore sotto le palpebre socchiuse, i capelli corti e morbidi come lanugine di neonato. Scendo ad accarezzarmi le spalle, le braccia, i pettorali ricoperti da un uniforme strato di peli, di cui ho aspettato impaziente la comparsa da ragazzino. Scendo ancora sull’addome, dove un giorno che non verrà mai troverò addominali perfettamente definiti, scolpiti nella mitica, arrogante tartaruga, ambizione segreta di ogni uomo, nostra croce e nostra delizia.
Continuo l’esplorazione del mio corpo, le dita toccano ora il curato triangolo di peli che ricopre l’inguine, il cazzo floscio, accarezzano lo scroto liscio e glabro, depilato con cura. Ne soppesano il contenuto, lì sospeso indifferente a ciò che lo circonda; E’ una sensazione bellissima, giocherellare con le palle, sentirle appese e presenti, loro normalmente dimenticate e abbandonate lì, sotto il loro più famoso vicino di casa.
Mi godo ancora per qualche minuto l’acqua bollente, pian piano ho aumentato la temperatura arrivando quasi a chiudere del tutto l’acqua fredda, la temperatura è altissima, quasi brucia ma ci godo troppo. Infine chiudo l’acqua, prima di ridurmi come un cucciolo di shar-pei: Aspetto qualche secondo perché l’acqua scoli dal mio corpo, ripasso le mani sul mio corpo per farne andar via il più possibile, detesto allagare il bagno uscendo dalla doccia… Infilo l’accappatoio, tiro su il cappuccio e mi friziono la testa energicamente, ancora con gli occhi chiusi. Riaprirli di scatto fa male, è brutto, ferisce. Ogni volta è come nascere di nuovo, apri gli occhi piano e ti sembra di essere, per una frazione di secondo, in un mondo nuovo.
Mi butto sul letto, ancora con l’accappatoio addosso, ancora umido, fumante per il calore accumulato. Sento pian piano tornare alla vita il mio corpo, sento di nuovo le braccia, le gambe che ora si limitano a pulsare dolcemente, di quella piacevole sensazione che segue l’attività fisica.
Rimango lì, per un po’, seminudo, l’accappatoio che un poco mi copre e un poco mi lascia scoperto, e ancora non riesco a pensare decentemente, il pensiero logico-sequenziale si ostina nella sua assenza ingiustificata. Allargo le braccia, sento il letto vuoto attorno a me, il freddo del copriletto che contrasta con il calore residuo del mio corpo. La mia solitudine è quasi fisica, per quanto la percepisco. Peccato…
Freddo. Quel sottile senso di freddo che non basta a farti rabbrividire, come il freddo vero, no. Sufficiente però a farti provare quel leggero senso di fastidio, l’unica sbavatura di un momento peraltro perfetto.
Mi sono addormentato. Il cervello se ne è reso conto un istante prima del corpo, regalandomi uno di quei rari momenti in cui sei un estraneo in te stesso, galleggi nel vuoto e percepisci i muscoli rilassati, le membra immobili… se ti concentri, senti la leggera vibrazione di ogni pelo sul tuo corpo, la barba che inizia a spuntare sulle guance, le unghie. Quando, dico, capita di sentire le proprie unghie? In quei momenti, accade. E’ una magia… e come tutte le magie, dura sempre troppo poco.
Anche il mio corpo si rende conto di essere sveglio. Le narici si aprono, un respiro più profondo mi dilata la cassa toracica, le labbra si tirano in una smorfia a metà tra un sorriso e uno sbadiglio, per poi separarsi in una lunga espirazione.
Non apro gli occhi. Mi piace godermi quei due o tre minuti di relax nella mia vita altrimenti frenetica. Non capisco chi si sveglia, spalanca gli occhi e si alza, come se fuggisse dal letto. Per me, è inconcepibile, veramente. Perdonali Padre, perché non sanno quel che fanno. Mi godo i miei attimi d’ozio.
Mi decido, infine, ad aprire gli occhi. Sbatto rapidamente le palpebre per rimettere a fuoco la vista, la penombra mi evita lo shock di risvegliarmi in un mondo pienamente illuminato. L’unica luce proviene dal bagno, socchiuso, devo averla lasciata accesa dopo essermi fatto la doccia… chissà quanto ho dormito. Giro la testa per inquadrare la radiosveglia e rendermene conto.
E tu sei lì.
Appoggiata alla cornice della porta, per metà nella stanza, per metà fuori: sei lì, e mi guardi. L’iniziale reazione alla presenza di qualcuno mi ha fatto contrarre i muscoli, ma, realizzato che sei tu, gli addominali si rilassano, le braccia tornano ad appoggiarsi sul letto, il cuore riprende a battere normalmente.
Ti piace guardarmi mentre dormi, me lo ripeti spesso. Dici che è uno dei pochi momenti in cui sembro tranquillo, sereno. Chissà da quanto sei lì a fissarmi, a imprimerti nella mente la mia immagine, uomo tornato bambino, indifeso. A giudicare dal tuo abbigliamento, non sarà poi tanto. Indossi ancora il soprabito, i pacchi dei negozi in cui hai fatto spese ti penzolano ancora dalle dita.
Ti avvicini al letto mentre mi puntello sui gomiti per alzarmi e darti un bacio. ‘Buongiorno…’ mi sussurri, piantandomi una mano aperta sul petto e spingendomi di nuovo giù, steso sul materasso. Lasci cadere i pacchi vicino la sponda del letto, mentre la mano con cui mi hai costretto a distendermi scivola verso il basso, lasciando lievi segni di unghie sul mio corpo.
L’altra mano saetta veloce a scostare quel poco di accappatoio che ancora mi copre, lasciandomi pressoché nudo, a te completamente offerto. Sorridi mentre ti chini su di me, sino a sfiorarmi il naso con il tuo, poi rapida scendi senza darmi il tempo di scoccarti un bacio.
In un attimo sei sul mio inguine e me lo prendi in tutto in bocca, ancora moscio: un sospiro di piacere mi sfugge mentre ti sento giocherellare, il viso sprofondato tra le mie gambe. Comincio subito a crescere tra le tue labbra, mentre continui a succhiarlo e mordicchiarlo piano, aspettando che la trasformazione si compia per intero. Mi allarghi le gambe e cominci a sfiorarmi l’interno coscia con le unghie, scorrendo dall’inguine fino alla pelle sottile dietro le ginocchia, per poi risalire, lentamente, senza sosta.
Mi abbandono al trattamento, mentre scosse elettriche partono dalla base della schiena per esplodermi nel cervello: continui nella tua opera e pian piano sei costretta a cedere terreno, ritirarti dietro l’incedere della mia erezione. Ormai non ne tieni più di metà in bocca, ma continui a lavorartelo perché si gonfi al massimo. Infine, soddisfatta, te ne stacchi con un ultimo profondo risucchio, producendo un sonoro schiocco che risuona netto nel silenzio della camera.
Mi guardi, accucciata in basso, da dietro il cazzo in tiro. Nei tuoi occhi leggo il desiderio e sono certo che riesci a leggere la stessa cosa sul mio viso: gli occhi sgranati, le labbra socchiuse, il respiro fattosi più profondo sono segnali inequivocabili. Afferri l’asta che ti svetta davanti agli occhi e stringendo bene fai scivolare la mano verso il basso, scappellandomi a fondo, fin quasi a farmi male. Il cazzo già gonfio è ormai marmo bollente tra le tue dita, la cappella congestionata pare ingrossarsi ancora di più e per un attimo rimani ferma, a guardare. Poi, voluttuosamente, cominci a leccarlo, partendo dalla radice, risalendo lenta lungo l’asta, solleticandomi il frenulo con la punta, massaggiandomi i lati della cappella col piatto della lingua. Mi risollevo sui gomiti, per godermi lo spettacolo anche con gli occhi. Senti il mio movimento, alzi lo sguardo e mentre mi perdo in quei due smeraldi che hai incastonati in viso, mi depositi un lievissimo bacio sulla cappella, un gesto allo stesso tempo incredibilmente dolce e terribilmente eccitante. Sempre guardandomi, spalanchi la bocca e mi inghiotti per metà. Ti sento ricominciare a succhiare, prima piano, poi sempre più decisa, mentre ti muovi lentamente avanti e indietro lungo l’asta: è un massaggio deciso, la continua variazione di pressione mi manda in estasi. Saliva comincia a filtrare dalle tue labbra, bagnando lentamente ciò che sfugge alla tua bocca. Ogni tanto, mentre ti ritrai, soffi leggermente e il tuo respiro sul mio membro si raffredda subito, donandomi brividi di piacere. Cominci ad aumentare il ritmo degli affondi, cercando ogni volta di guadagnare qualche millimetro, di inghiottire quanto più possibile del mio cazzo, di arrivare sempre più in fondo. Lo sento poggiare sul letto morbido della tua lingua mentre lentamente raggiungi il tuo scopo: senza neanche accorgermene mi ritrovo le tue labbra serrate alla base, sento la punta che ti preme in gola, ti vedo affannata mentre cerchi di respirare col naso, determinata a non lasciare la presa. Rimani così per un tempo che mi pare lunghissimo, perso come sono nel mare di sensazioni idilliache che mi stai regalando: infine inizi ad allontanarti, sfilandotelo lentamente di bocca mentre le tue labbra aderenti lasciano una scia umida sulla pelle. Sento la tua lingua attardarsi sotto di me, quando le tue labbra perdono il contatto: ti diverti ancora a torturarmi stimolandomi le parti più sensibili, disegnando lenti cerchi sul fuoco della mia carne, solleticandomi maliziosamente il buchetto con la punta della lingua.
Torni all’assalto, questa volta procedendo lentamente, aggiungendo al lavoro della tua bocca quello della mano, che ne segue i movimenti in una lenta sega. Ti poggio una mano sulla testa, afferrandoti i capelli raccolti in un’alta coda di cavallo, non tanto per dettarti il ritmo, quando per accompagnarti nei movimenti, godermi il ritmico saliscendi. Continui così per un tempo che, nel mondo in cui mi trovo ora, non ha alcun significato: minuti, ore, non ne ho idea, vorrei solo continuasse per sempre. Ti stacchi di nuovo, affannata: l’impegno che ci stai mettendo e il fatto di essere ancora completamente vestita ti sta mettendo alla prova ma so che vuoi ciò che sta accadendo almeno quanto me.
Torni risolutamente all’attacco, questa volta partendo da sotto le palle: con una lenta e voluttuosa leccata risali piano, poi torni giù baciandomi gentilmente il cazzo ai lati. Mi baci i testicoli gonfi, umidi della tua saliva. Apri la bocca e delicatamente ne prendi uno, cominci a suggerlo adagio, lievemente; te ne separi per dedicarti all’altro, riservandogli lo stesso trattamento. Adoro quando mi stuzzichi le palle, è una sensazione magnifica: si mischiano insieme piacere e paura, l’atavico terrore di essere assolutamente esposti, in completa balìa dell’altro assieme a brividi di piacere intenso, anche superiore a quello che mi regali quando ti dedichi al cazzo.
Torni su e capisco che vuoi portarmi infine all’orgasmo, scivolo di nuovo a fondo nella tua bocca mentre la mano riprende a muoversi velocemente lungo l’asta bagnata; a questo, alterni penetrazioni più profonde, in cui mi sembra tu voglia inghiottirmi e farmi sprofondare per sempre dentro te. Ti fermi un istante e torni a dedicarti alla cappella, ormai gonfia e tesa allo spasmo: improvvisamente le tue labbra morbide vengono sostituite dai denti, con cui sorridendo afferri la punta: ormai sono così sensibile che ne percepisco ogni particolare, persino l’assenza di pressione nell’impercettibile spazio che separa i tuoi incisivi. Mi guardi mentre resti così, sono completamente in tuo possesso e lo sai: i tuoi occhi non celano un’espressione divertita ed eccitata mentre assapori il potere assoluto che hai su di me in questo momento. Affondi di nuovo, riprendendo frenetica la tua opera divina: non riesco a trattenermi e muovo il bacino per assecondare i tuoi movimenti, mentre con una mano guido la tua testa. Sono sull’orlo dell’orgasmo, mi sollevo ancor di più sulle braccia mentre capisco che non posso più trattenermi. Smetti di segarmi e la tua mano scende a massaggiarmi le palle, mentre continui il pompino solo di bocca, scendendo quanto più puoi. E’ il colpo di grazia, sentire i testicoli comodamente accolti nel tuo palmo, che li fa roteare piano e nel contempo sentire la bocca che avviluppa completamente il cazzo mi fa esplodere. Respiro a fatica, rantolando, mentre schizzo il mio piacere nella tua bocca che lo accoglie senza fare una piega. Continui fin quando non senti che non ho più nulla da dare, fin quando ormai sono così sensibile che anche la più lieve carezza della tua lingua non può farmi altro che male. A quel punto ti separi da me, deglutendo il mio seme, leccando piano quello che è sfuggito dalle tue labbra ed è colato lungo l’asta, giù, fino alla base.
Nel frattempo sono crollato, lungo disteso sul letto. Mi sento in caduta libera, come se qualcuno mi avesse sparato su in orbita senza preavviso con un cannone e stessi ora precipitando a velocità folle verso la terra. Lentamente riprendo una parvenza di normalità, il cuore mi batte ancora all’impazzata e sono sicuro perda anche qualche colpo ogni tanto, il respiro è ancora affannoso ma non sembro più uno che ha rischiato di soffocare, affamato d’aria come pochi istanti fa.
Ho gli occhi chiusi, mentre godo degli ultimi istanti di ebrezza, rientrando all’interno del mio corpo. Inclino la testa di lato e ti trovo ancora tra le mie gambe, continui a prenderti cura di me mentre torno alla normalità. Con uno scatto di addominali mi metto seduto, ti afferro per le braccia e ti sollevo, baciandoti con passione. Posso ancora sentire tracce ddi me sulle tue labbra carnose. Ti bacio sugli occhi, sulla fronte, con dolcezza. Ti abbraccio, affondando la testa nel tuo collo e mormorandoti sottovoce all’orecchio: ‘buongiorno amore…’.
Sento il tuo odore, che ho imparato a conoscere così bene, sotto il profumo di marca che ogni mattina spruzzi sul collo. Percepisco il lieve sentore dei tuoi capelli setosi che mi solleticano il viso, il calore dei lobi delle tue orecchie che mi sfiorano la guancia. Ti sento sorridere, alle mie parole. Stringi le braccia attorno alle mie spalle, ridendo sommessamente per il solletico che l’accenno di barba ti fa sul collo. Infine, mi allontani, ributtandomi lungo disteso sul letto. Ti alzi, sfilandoti il soprabito e lasciandolo cadere a terra, per poi ributtarti a peso morto su di me. Ridiamo, mentre lottiamo giocosamente, mentre ci baciamo dolcemente. Ti stringo a me e rimaniamo così, uno nella braccia dell’altro, godendo della nostra vicinanza.
‘Cosa hai comprato oggi?’ ti chiedo, ‘hai fatto di nuovo compere, ho visto le buste!’
Il suono cristallino della tua risata riecheggia ancora per la stanza, non vuoi dirmi nulla e io ti torturo col solletico per farmi rivelare i tuoi segreti. Ti arrendi infine e rotoli su di un fianco, per raggiungere le buste abbandonate al lato del letto. Allunghi un braccio senza guardare, ti sento frugare all’interno, aprire con difficoltà una scatola di cartone. Rotoli nuovamente verso di me e mi piazzi all’improvviso una scarpa sul petto, una splendida décolleté di vernice rossa, con un tacco vertiginoso, sarà un 12, almeno.
‘Ti piacciono?’ dici, maliziosa. ‘Un sacco..’ ti rispondo, mentre sento la punta del tacco affondare lievemente nello sterno: fai un broncio adorabile, aggrotti le ciglia e con piglio severo mi dici ‘stai attento, che se ti calpesto con queste….’ Poi il sorriso illumina di nuovo il tuo volto. Sei stupenda.
Rotolo su di te, rovesciando la situazione, allontano la scarpa facendola rotolare giù dal letto e ti bacio di nuovo. Mi alzo, ho una sete terribile, devo assolutamente bere qualcosa. Vado in cucina e prendo un bicchiere, ci faccio cadere dentro qualche cubetto di ghiaccio dal dispenser del frigo e mi verso una generosa dose di thé freddo. ‘Non vedo l’ora di vederti con quelle scarpe!’ ti urlo, mentre penso a cosa cucinare per cena. Oltre la sete, comincia a farsi sentire anche la fame, tra la corsa e il preserata che mi hai regalato, devo necessariamente riprendere energie. Opto per una veloce e leggera insalata con petto di pollo e salsa allo yogurt e mentre verifico di avere tutto il necessario, sento la tua voce che mi chiama dalla camera da letto.
Abbandono gli ingredienti sul tavolo e sorseggiando quel che rimane del thé ti raggiungo, trovandoti distesa sul letto, in lingerie, con le scarpe nuove ai piedi. Allarghi le gambe, mostrandomi il velo di pizzo candido, trasparente, che copre la tua intimità. Accarezzi voluttuosamente le labbra con la lingua mentre mi guardi con un’espressione inequivocabile. Ti mordi piano il labbro inferiore, un lampo candido di denti che premono sulla tua carne mentre inarchi il sopracciglio destro. Con la mano sinistra, mi fai l’inconfondibile gesto per dirmi ‘vieni qua’, piegando l’indice ad uncino.
Mi dichiaro sconfitto a tavolino. Poggio il bicchiere con il ghiaccio e ancora un fondo di thé sul comodino.
La cena dovrà aspettare, penso, mentre mi fiondo su di te….

Autore Pubblicato il: 15 Aprile 2011Categorie: Erotici Racconti, Racconti Erotici Etero0 Commenti

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