Tutti i fatti raccontati sono totalmente inventati, così come i nomi dei personaggi.
Trovare un lavoro stabile ai giorni nostri non è mai facile, soprattutto nel mondo della scuola; per un ragazzo ormai non più giovanissimo, lo è forse ancor di più. 38 anni, sostituzioni e supplenze come se piovesse, non sono mai riuscito a trovare il cosiddetto “posto fisso”.
Eppure, ho sempre dedicato molto tempo allo studio, ad aggiornarmi, cercando di migliorare. Nonostante ciò, ancora niente, sul fronte lavorativo, così come su quello sentimentale.
Anche se, da quel punto di vista, non posso lamentarmi: ho un discreto successo con le donne, ma mai avuto una relazione seria (per colpa mia, più che altro).
Sono un ragazzo attraente, penso che se mi incontraste, modestamente, vi girereste per guardarmi: 187, capelli neri abbastanza lunghi, occhi verde acqua, fisico scolpito da anni di semi professionismo come tennista, spalle larghe, bel culo ed anche messo bene tra le gambe (22 cm.)
Il mio aspetto mi ha aiutato sempre con donne o ragazze di tutte le età, ma non molto sul lavoro: purtroppo la gente pensa che un cervello notevole ed un corpo altrettanto sopra le righe, non possano andare a braccetto.
Fatto sta che un giorno, di quasi 4 anni fa, ricevetti una lettera da una scuola privata (liceo scientifico) che cercava un professore di storia con esperienza, maschio e soprattutto “di bella presenza”.
In tutti questi anni mai mi era capitato questa richiesta, ma, sorpreso e stupito (e in cerca di un lavoro), decisi di partecipare ad un colloquio.
Venni a sapere che questo liceo era formato totalmente da donne, le alunne erano tutte ragazze e chiunque lavorasse lì dentro era di sesso femminile! Rimasi ancora più stupito, e mi domandai: “Tutte donne, e cercano un uomo?”, ma la cosa non mi spaventò affatto, anzi, mi incuriosì.
Mi accordai con la segretaria, la sig.ra Sabrina Fertelli, che avrebbe fatto per prima lei una parte del colloquio, poi la seconda con la vice preside Matilde Brondi e infine, se l’avessi superate entrambe, avrei fatto l’ultima parte con la direttrice, la professoressa Jennifer Laporta, di origine ispaniche.
Cercai di raccogliere un po’ di informazioni a riguardo, ma la scuola era molto chiusa, sapevo che era privata e non molto di più.
Cercai sui social e su internet notizie sulla preside, pensando di avere vita facile con la segretaria e la vice preside, ma trovai poco e niente: scoprì che aveva 52 anni, che era separata (ma fidanzata con un uomo più giovane) ed era mamma di due gemelli di 13 anni. Dalle foto vidi che era una donna molto sexy ed attraente, con un gran bel lato b, sempre molto elegante e molto seria.
Decisi quindi di presentarmi al colloquio al massimo della forma, con un completo molto elegante giacca e cravatta, scarpe in tinta, profumo abbondante e solito sorriso di circostanza.
Arrivai alla scuola, un complesso molto moderno, con parcheggio privato, campi sportivi, piscina all’aperto e al chiuso, veramente un fiore all’occhiello.
Vidi alcune studentesse, tutte con la classica divisa, anche se un po’ più sensuale del solito: giacca scura, camicia bianca, cravatta e gonna in tinta (molto più corta del solito) e calze alte sopra il ginocchio. In più notai una cosa che balzò subito agli occhi: tutte le ragazze erano davvero carine! Non delle modelle, ma comunque nessuna brutta, c’erano alcune davvero belle, altre meno, ma comunque carine. E tutte, nessuna esclusa, avevano occhi solo per me! Chi mi guardava e basta, chi sgomitava con la compagna, chi addirittura mi indicava. Una (che notai tra tutte perché aveva i capelli rossi, ed io ho una passione per le rosse), mi sorrise anche quando incrociai il suo sguardo.
Incontrai anche due professoresse (almeno, credevo che lo fossero): una (pensai la prof di educazione fisica, visto che indossava una tuta super attillata, sempre coi colori del liceo), molto alta capelli neri e fisico statuario, mi salutò con un cenno del capo ed un sorriso, mentre portava una classe a fare qualche attività sportiva (le ragazze erano tutte in pantaloncini e canottiera, tutte vestite uguali); la seconda, piccolina e bionda, ma altrettanto sensuale, vestita con un tailleur nero, gonna a tubino e calze nere, stava parlando al telefono in maniera agitata in spagnolo, ma non mi notò (o almeno, non lo fece vedere).
Arrivai così al complesso principale, dove vidi che mi aspettava la segretaria, Sabrina, accompagnata da quella che poi scoprì essere una delle bidelle, la signora Marika.
Di certo, le due donne, non passavano inosservate: Sabrina 57 anni, ancora una bella donna al di là dell’età, capelli neri, formosa, con una scollatura molto generosa anche se non più soda come un tempo, ma comunque sempre piacente; anche lei molto elegante, indossava una camicetta che faceva risaltare il suo decolté abbondante, una gonna e scarpe nere col tacco; in più indossava un paio di occhiali neri da vista, che le davano l’aria da classica segretaria sexy.
Ma chi delle due mi lasciò a bocca aperta, fu sicuramente Marika, la bidella: era una “Sabrina” più giovane e, diciamo, più esplosiva ed esuberante, 42 anni, anche lei nera di capelli, labbra carnose e due tette esagerate. Dimenticatevi il classico vestito da bidella, era abbigliata in modo molto provocante, un vestitino estivo a fiori (era ancora caldo pur essendo settembre), molto scollato e svolazzante, che metteva in mostra il suo enorme seno (una quinta) e le sue belle gambe.
Purtroppo però Marika, dopo avermi stretto la mano e sorriso, dovette allontanarsi, ma mi disse: “Spero tanto che vada bene il suo colloquio, incrociamo le dita prof!”, lasciandomi così senza parole.
Rimasi così solo con Sabrina, che mi chiese di seguirla all’interno della scuola, direttamente nel suo ufficio; entrai così dentro alla scuola, una struttura davvero moderna, con schermi che proiettavano programmi tv, divanetti e poltrone eleganti dove le studentesse potevano riposare o studiare, macchinette con vere prelibatezze e cibo di qualità e i classici armadietti, tipici delle scuole americane, ma arrivati anche da noi in Italia.
Salimmo così al primo piano, dove si trovava il suo ufficio, così potei ammirare il suo lato b mentre faceva le scale, stretto nella gonna a tubino, con i tacchi che facevano risaltare il tutto: una bella signora, in là con gli anni, che comunque esprimeva ancora la sua sensualità in modo incredibile.
Entrammo all’interno del suo ufficio, e chiuse dietro di noi la porta a chiave (subito non ci feci molto caso, ma, a posteriori, capì il perché); il suo ufficio era adiacente a quello della vice preside, c’era una scrivania, una sedia da lavoro dove si sedette lei, altre due sedie di fronte ed anche un divanetto in pelle nera.
Prese in mano il mio curriculum ed iniziò così a parlarmi, facendomi prima accomodare su una delle due sedie e sedendosi a sua volta dal lato opposto della scrivania.
“Come avrà notato”, disse lei in modo gentile, “all’interno di questa scuola sono presenti solo e soltanto donne, sia tra il personale scolastico, sia tra le studentesse e chi lavora all’interno della struttura, per una scelta precisa della prof.ssa Laporta. Gli unici uomini che entrano, sono per lo più lavoratori di passaggio, come idraulici o fattorini; ora, grazie ad una spinta di tutte noi, comprese anche studentesse e le mamme delle stesse, si è scelto di aprire anche a insegnanti di genere maschile, ma sempre con gli stessi canoni che pretendiamo da sempre, all’interno dell’istituto: competenza molto elevata, eleganza e soprattutto senso estetico e bella presenza”.
Io ascoltai il tutto in silenzio, ammirando le curve e il viso della bella segretaria mediterranea.
“Abbiamo valutato attentamente molti profili, e il suo ci sembra molto adatto al ruolo di professore di storia di quinta del nostro liceo: è giovane, ma con esperienza, molto elegante, molto preparato, vedendo i suoi test attitudinali che ha compilato, e un uomo sicuramente affascinante”. Mentre diceva questo, si tolse gli occhiali e si mise una bacchetta in bocca, mentre si sporgeva in avanti, mostrandomi il suo decolté generoso, mi squadrò da testa ai piedi.
“Posso chiederle di alzarsi in piedi e di spogliarsi, restando in biancheria intima?” Questa frase la disse come la cosa più normale che potesse dire ad un colloquio per un professore di storia.
“Mi scusi?” risposi io. Avevo perfettamente capito le sue parole, ma non potevo credere che le avesse detto davvero.
“Ha capito bene; siccome dobbiamo valutare il suo aspetto, non vogliamo che ci sfugga alcun particolare, quindi o si spoglia o il nostro colloquio può finire qui” e, dicendolo, si mise più comoda, appoggiando la schiena sulla sedia, rimettendosi gli occhiali, pronta ad aspettare la mia mossa.
Ci misi qualche secondo prima di iniziare a togliermi la cravatta firmata, la giacca del mio vestito fatto su misura, la camicia bianca con le mie iniziali e tutto il resto. Ovviamente non era la prima volta che mi spogliavo davanti ad una donna più grande di me, ma durante un colloquio non mi era mai capitato una situazione così bizzarra.
Cercai di concentrarmi il più possibile, non facendo caso alla donna sensuale che si trovava davanti a me, al fatto che mi stavo giocando un’occasione lavorativa importante e al fatto che mi trovavo circondato da almeno un centinaio di donne.
Rimasi così in mutande, in piedi di fronte a lei, per nulla imbarazzato (mi piace il mio corpo e non ho nessun problema a mostrarlo), con i miei boxer attillati, che facevano risaltare il mio grande pacco, leggermente sull’attenti a causa della situazione creatasi.
“Complimenti, devo dire che nessun candidato ha dimostrato tanta sfrontatezza, in molti se ne sono andati ed i pochi rimasti, hanno tentennato prima di spogliarsi; un punto a suo favore”.
“Jennifer aveva ragione, si aspettava proprio un bel ragazzo, fisicato e ben dotato” disse, con una naturalezza disarmante. Nel frattempo, Sabrina si alzò e si diresse verso di me, dicendomi: “Per l’ultima parte del colloquio, può accomodarsi sul divano e rilassarsi”.
Non feci nemmeno in tempo a muovermi che la segretaria mi posò le mani sul petto e mi spinse verso il divano, dove caddi dopo qualche passo incerto all’indietro.
Ero seduto, in mutande, con un’erezione che cresceva, con una segretaria di quasi 60 anni che mi si avvicinava. Decisi così di non fare niente, di non muovermi e di far fare tutto a lei (qualsiasi cosa avesse in mente di fare).
Per prima cosa, si tolse la camicia lentamente, restando sempre in piedi di fronte a me, mostrandomi un reggiseno di pizzo trasparente nero molto sexy e raffinato, che conteneva un seno abbondante anche se non più sodo, come probabilmente era una volta: la guardai a gonfie notai che si intravedevano due grandi aureole, che circondavano due capezzoli già belli turgidi.
L’eccitazione stava crescendo forte, e le mie mutande contenevano a stento il mio grosso arnese che cresceva sempre di più.
Sabrina si mise in ginocchio al mio fianco, iniziando a sfiorarmi con le mani il mio petto, accarezzandolo e toccando i miei capezzoli, che diventarono ancora più duri di quanto erano già precedentemente.
“Si sta comportando in maniera egregia” mi disse la segretaria, “ha molto controllo anche se vedo che le sta piacendo molto questo colloquio”. Era certamente vero, il mio cazzo diventava ogni secondo sempre più duro, e la voglia di tirarmelo fuori e saltarle addosso era veramente alta, ma cercai di trattenermi ancora.
Aveva iniziato anche ad usare la sua bocca su di me, e mentre mi baciava e leccava il petto ed i capezzoli, iniziò con una mano a toccarmi sopra le mutande.
“Cosa abbiamo qui?” disse col suo accento romano “vedo che è già bello duro, dice che riusciamo ancora a trattenerlo un po’ oppure si sta venendo nelle mutande?”
Probabilmente era abituata ad un tipo di uomini che, al primo stimolo o provocazione, cedevano o addirittura spruzzavano, non mantenendo il controllo.
Per fortuna io non ero fatto di quella pasta; anche se la mia asta ormai quasi spuntava fuori dalle mutande, rimasi tranquillo al mio posto, seduto e composto.
La sua mano si muoveva su tutta la lunghezza del mio pacco, andando anche a controllare le palle, come per vedere se fossero altrettanto grosse.
Dopo averlo accarezzato e stretto tra le dita, per controllare le dimensioni, mi chiese: “20 cm?” “22 per la precisione”, risposi, andando così a fare sorridere l’esperta donna che cercava di provocarmi.
“Direi che le dimensioni sono quelle che cerchiamo, ora tiriamolo fuori così da controllare se sono realmente 22, e poi se oltre alle notevoli dimensioni abbiamo anche altro”.
Iniziò a strusciarsi così con le sue belle tettone, ancora compresse nel reggiseno, sul mio petto, fino ad arrivare poi all’altezza del cazzo, e con un abile mossa, senza mani ma strusciandosi solo col suo petto, riuscì a farlo uscire totalmente dalle mutande.
Finì l’opera poi con le mani, lasciandomi totalmente nudo seduto sul divano, lanciando le mie mutande da qualche parte nell’ufficio. Ammirò per qualche secondo, quasi pietrificata, il mio arnese, ritto e turgido, che svettava davanti a lei; poi si ricordò il suo ruolo ed andò verso la scrivania, frugò in un cassetto e tirò fuori un righello!
“Davvero voglio controllare la misura, ho indicazioni precise a riguardo” mi disse, notando il mio sguardo sorpreso, mentre si avvicinava al mio arnese. “Ma prima vediamo di farlo diventare ancora più duro” e, dicendo questo, si mise in ginocchio fra le mie gambe, si fece la coda di cavallo, appoggiò gli occhiali sul divano, e prese in mano il mio cazzo, iniziando a segarlo.
Iniziò con una mano in maniera rapida, mentre si leccò l’altra prima di usare anche quella sul mio grosso bastone; l’immagine di questa donna matura che, con esperienza, muoveva le sue mani su e giù sul mio pisello, mentre vedevo le sue tette saltare, mi fece diventare il cazzo ancora più duro.
Come se non bastasse, si avvicinò dopo poco con la sua bocca alla cappella, tirò fuori la lingua e fece cadere un bel po’ di saliva sopra il mio bastone, riprendendo subito a menarlo. Stavo scoppiando, ma ero deciso a non venire così presto; Sabrina invece voleva fare l’esatto opposto, così decise di passare alle maniere forti: iniziò a baciare tutto il mio cazzo dalla cappella fino alle palle, tirando fuori ogni tanto la lingua per assaporarlo un po’, come fosse un buon gelato.
Poi, quasi improvvisamente, se lo mise in bocca, prima succhiando avidamente la cappella, poi scendendo piano piano verso le palle, soffocandosi con i miei 22 cm. di carne; dopo qualche pompata, seguita da un continuo lavoro di mano sulle mie palle, decise che era venuto il momento della misurazione.
Prese il righello e misurò con precisione il mio pene, eretto come non mai.
“22 cm. e mezzo” annunciò, come se si trattasse di una misurazione alle olimpiadi, “devo dire che hai mentito” mi disse, sorridendo; appoggiò poi il righello e riprese a succhiarmi avidamente il mio uccello, cercando spudoratamente di farmi venire al più presto.
Mentre faceva quel bel lavoretto di bocca, cercava di guardarmi il più possibile negli occhi, per farmi eccitare ancora un po’ (come se non bastasse), ed ogni tanto se ne usciva con una frase, del tipo “Ha proprio un bel cazzo”, “Era un po’ che non ne succihavo uno così grosso”, oppure “I suoi colleghi a questo punto erano gia tutti venuti”.
Erano passati 15 minuti da quando aveva iniziato a giocare col mio gingillo, quando decise di sfoderare l’arma finale: si slacciò in un istante il reggiseno, si sputò fra le tette ed iniziò a farmi una spagnola definitiva.
In pochi minuti, la porca segretaria riuscì nel suo intento: ero sul punto di venirle fra le tette; poco prima che iniziassi la mia copiosa sbrodolata, la avvisai, così la sexy 57enne prese di nuovo il mio arnese in bocca. Mi bastò il caldo contatto con la sua bocca, per venire immediatamente tra le sue labbra; Sabrina nel frattempo si toccava i capezzoli turgidi delle sue belle tettone, eccitata anche lei dalla situazione che si era venuta a creare.
Non fece cadere nemmeno una goccia del mio seme, sembrava proprio piacerle il mio sapore; mentre ancora io stavo godendomi il momento, lei si rialzò, si rivestì e cercò di rimettersi in sesto, risistemandosi e rivestendosi, tornando praticamente come prima del colloquio.
“Devo farle i complimenti” disse soddisfata “non è il primo partecipante che arriva alla seconda parte del colloquio, ma ha dimostrato di avere ottime qualità; ora, come già detto, avrà un incontro con la vice preside ed ho come il presentimento che anche lei resterà totalmente soddisfatta”. Questa ultima parola fu seguita anche da un sorriso molto compiaciuto ed anche da un occhiolino di approvazione.
“Voglio darle un consiglio, mangi questa appena prima di entrare nell’ufficio della vice preside” mi disse, e nel frattempo mi porse una caramellina alla menta super forte.
Pensai fosse per il mio alito, ma come aveva fatto a sentirlo, visto che non ci eravamo avviciniati con il viso o addirittura baciati?
Accettai, ringraziandola; nel mentre mi rivestii, per poter procedere nel mio colloquio, mentre la segretaria continuava a scrivere qualcosa al pc, ed ogni tanto alzava lo sguardo per scrutarmi nuovamente.
Mi accompagno poi fuori dal suo ufficio e mi diressi verso la porta accanto, sedendomi poi su una sedia lì appena fuori, accanto all’entrata.
Ero quasi senza parole, mai mi sarei aspettato di essere parte di un colloquio cosi bizzarro (ma ovviamente molto eccitante e soddisfacente).
In che cavolo di scuola ero finito???
Fine prima parte