In quel momento noto che mi porgi un dono ridendo a fior di labbra, intanto che mi protendi un involto, peraltro raffinatamente incartato con della carta aurea, abbinato con un imponente nodo di colore rosso. Io ti ringrazio del gesto con un terminologia strabiliata, giacché non è il mio anniversario e neppure una celebrazione specifica da ricordare, medito, tentando di rammentare che giorno sia, se magari mi fosse sfuggito non so che. In realtà non conta, perché sorrido divertita e contenta per quell’involucro insperato e non calcolato. Francamente sono impaziente e inquieta di spacchettarlo, di scoprire che cosa nasconda, tuttavia tu lestamente mi blocchi enunciandomi:
“Fermati Josefine, attendi, lo scoperchierai più tardi con comodità da sola, quando io non sarò qua più presente. Josefine, tu sei al corrente che dovrò assentarmi, in questo modo t’ho donato un pensiero, per farti patire in misura minore la mia momentanea assenza”.
Io mi lagno ribellandomi per un istante, perché sono piuttosto indiscreta, per il fatto che dover attendere non è il mio forte. Nel mentre, anelo di fuorviarti con delle irriguardose e galanti sortite, accompagnate da invereconde assicurazioni, tu però non cedi, perché sei deciso e rimani ostinato e inflessibile. Io rinuncio e m’arrendo, desisto, tanto lo so che non sei corrompibile, frattanto con curiosità pondero che cosa possa contenere quel pacchetto. E’ arduo e intricato poter risalire al contenuto racchiuso là dentro, ci potrebbe essere di tutto, mentre tu sogghigni squadrandomi in maniera sollazzata e gioiosa, soppesando e vagliando la mia bizzarra e inconsulta indiscrezione, mentre se fosse per me ti soffocherei ben volentieri, ciò nonostante inizio a sghignazzare con te, t’avvinghio e ti bacio, perché sei così ammaliante e leggiadro, tenuto conto che mi mancherai anche questa volta, anche se starai fuori soltanto per quattro giorni. E’ giunta l’ora di salutarci, tu hai il volo fra tre ore e arrischi persino di fare tardi:
“Non vedo l’ora che ritorni Alfio, desidero che la tua essenza odorosa e che le tue labbra mi rimangano nell’intimo” – ti enuncio io esaltata ed entusiasta, mentre t’allontani verso la sala gremita degl’imbarchi.
Al momento sono sola, potrei adesso spacchettare l’involucro, tuttavia temporeggio e attendo, tento di stare salda e mi trattengo. Sono le otto di sera, sono distesa sul canapè e accendo il televisore osservando sbadatamente i programmi, perché la mia concentrazione adesso è attratta unicamente da quella scatola aurea con quel nodo rubicondo. In quell’occasione scelgo di divorare qualcosa, eppure non ho appetito, rovisto nella dispensa, per passare il tempo consumo del sedano crudo e della frutta. Lo so bene, quando sei assente ho di frequente delle scadenti consuetudini, perché me lo riferisci costantemente. Sistemo tutto e mi proferisco che è sopraggiunto il momento adatto, che sono stata smodatamente tollerante. Tu al presente stai sfrecciando in aria, perché atterrerai a Francoforte, in quanto il tuo è un volo fugace.
Ben presto afferro il contenitore e strappo la fettuccia del pregiato nodo con oculatezza per non intaccarlo, perché per natura mi piace accumulare i fiocchi, in special modo questo, delizioso e pregiato come pochi altri. La carta viceversa la faccio a brandelli, perché sembra che porti prosperità rimpicciolirla e sminuzzarla. In verità è un astuccio in cartone pennellato con multicolori gradazioni d’amaranto, peraltro assai tipico con la fenditura paragonabile a una scatola da scarpe. Asporto la copertura e quello che vedo mi tronca lestamente il fiato, perché adagiato a meraviglia su di un’imbottitura vellutata c’è un bel vibratore, un cazzo artificiale, che sembra vero sia per il colore quanto per le minuziose sfumature, tenuto conto che sulla parte inferiore ha perfino una pratica ventosa per poterlo fissare per poterci in definitiva montare sopra, in ultimo dopo c’è la batteria per la vibrazione. Io ingoio a stento, non so di che colore sono diventata, se sono impallidita oppure se la mia faccia è in fiamme o ambedue le circostanze, di certo la mia espressione è notevolmente sbigottita. Rimango là fissando bene quell’aggeggio inerte, solamente dopo diverso tempo, noto che all’interno della confezione c’è un cartoncino che riporta la seguente dicitura:
“Sono risolutamente desolato, che non ho potuto esaminare il tuo gradito sbigottimento. A presto mia bella Josefine, ti bacio, Alfio”.
Indubbiamente l’improvvisata è riuscita in pieno, vorrei telefonarti, tuttavia non mi è possibile, non in questo momento, perché sei in volo, probabilmente più tardi, perché attualmente il coraggio mi manca. Sto ancora esaminando il mio individuale dono, non so per quanto tempo, è veramente un’azione inusitata e un gesto inatteso. L’ammirazione e la sorpresa sta passando e dentro di me si è rapidamente insinuata l’indiscrezione e la stranezza di quella circostanza originale, giammai provata ancora, ma alla quale ho pensato più d’una volta infervorandomi e aizzandomi sotto le lenzuola lambendomi la fica. Adesso lo estraggo dalla confezione e lo esamino attentamente. Direi che è eccezionale e preciso, assai veritiero con quelle nervature distese e con quelle striature prominenti. Nella forma e nelle dimensioni mi rammenta il tuo cazzo, e so bene che non è una coincidenza. Comincia ad andarmi a genio il concetto, mi piace che tu, ancora una volta, abbia manifestamente azzeccato i miei depravati e libidinosi desideri, le mie incontinenti fantasie, perché mi piace innanzitutto sia l’essenza quanto la concezione che me lo abbia regalato tu. Avverto distintamente delle scariche elettriche che mi partono dalla testa e arrivano nel basso ventre, mi sto infervorando, mi sto infradiciando.
Mi denudo totalmente e mi dirigo nella camera da letto, accosto il cazzo artificiale da una parte e lo squadro con ammirazione, frattanto le mie dita s’introducono dentro la mia pulsante e pelosissima fica, abbondantemente intrisa di secrezioni. Sono euforica, accalorata e non lo nascondo, finanche lievemente impaurita, perché non ho mai inserito né immesso nessun aggeggio dentro di me. Lo agguanto fra le mani e lo accarezzo sbarrando gli occhi, l’aggeggio artificiale è impersonale e gelido, malgrado ciò proseguo, lo accosto alla bocca e lo impregno, quello che provo è un’indefinibile percezione, capto un’indeterminata sensazione, poiché alla fine è uno strampalato senso, aggiungerei differente e totalmente inedito.
Con la lingua lo inzuppo dappertutto, lo ispeziono e lo sondo per bene, per poi portarlo tra le cosce, finché intraprendo in tal modo ad accarezzarmi. Subito dopo lo addosso alla mia pelosissima e anelante fica, sfregandolo sapientemente e in modo ritmato, partendo dal clitoride alle natiche e viceversa, pigiando con più vigoria sul clitoride, rasentando le grandi labbra, diversificando sia il ritmo che la pressione, perché la smania e l’euforia aumenta, assieme all’irrequietezza, alla fregola e alla libidine di sentirlo dentro maggiormente.
A rilento lo faccio penetrare, completamente fino in fondo, per poi estrarlo e cominciare nuovamente, finché il contatto con l’aggeggio dapprincipio fresco è diventato infuocato e appiccicoso dei miei stessi abbondanti fluidi. Il ronzio e la variazione che imprime mi piace, mi dona deliziose e piacevoli sensazioni, assai esortanti e vivacizzanti, tuttavia è la mia focosa e smaniosa mano, che conduce in maniera magistrale l’efficacia e l’impeto del movimento e il modo.
La mia cavità pelvica, infatti, aderisce e s’accoda, perché l’orgasmo approda vigoroso e travolgente sconquassandomi, è veemente e trascinante, lussurioso e incontenibile giacché mi scardina le viscere, esternandosi e raffigurandosi con possenti e gagliardi gemiti liberatori, mentre io rimango là sul letto, con il vibratore accanto completamente nuda e aspetto te. Dopo squilla il telefonino, sei tu. Il mio saluto è lusinghiero e avvincente, io ti riferisco la mia riconoscenza con una modalità sfibrata e tenera, la mia voce è appassionata, lasciva, viziosa e libertina. Tu comprendi che mi è piaciuto tantissimo il dono, proferisco e soppeso vivamente che ne hai la piena conferma, perché già lo sapevi, ne eri certo, lo intuivi a occhi chiusi.
Attendendo il tuo gradito ritorno, io replico, mi masturbo svisceratamente in tua presenza collaudando al meglio il vibratore, mentre c’intratteniamo al telefono, perché in tal modo comincia il mio nuovo e focoso trastullo.
Quello sfrenato e lascivo svago, ha in effetti parecchie prospettive e differenti mutamenti, perché sobillata e spinta come sono, vengo nuovamente in maniera vigorosa e spettacolare, strepitando al mondo il mio libidinoso e scostumato orgasmo al telefono, perché anche questo qua, mio adorato Alfio, è un novizio ed esordiente modo di stare insieme e di vivere radicalmente a distanza il sesso, in quanto è un originale e moderno passatempo con te.
{Idraulico anno 1999}