Il traffico scorre lento nelle strade larghe ed affollate, in un tardo pomeriggio di un giorno qualsiasi. Seguo il fiume di auto di chi si affanna verso casa, di chi si avvia al lavoro, o, ancora, di chi guida lentamente tirando sera.
Guidare mi ha sempre rilassato. Ho sempre amato i motori, auto o moto, è indifferente. Spesso salgo in macchina e guido, senza meta, come se fosse possibile guidare verso chi voglio io, o verso i miei sogni. E’ come se potessi seguire la mia mente, come se il mio corpo non fosse staccato dai pensieri, ma piuttosto indissolubilmente legato ai miei desideri.
Guido lentamente, sorridendo. Sola in macchina sorrido alla vita. Mi accorgo che la gente mi guarda, incuriosita. Ma io sorrido.
Spingo appena il cd, aspettando che la musica invada dolcemente l’abitacolo. Il movimento della mia mano diffonde un profumo strano, dolciastro e intenso. Annuso l’aria e sorrido. Ripenso a ciò che è stato e ancora sento il piacere invadere tutto il mio essere. Ferma al semaforo la gente mi osserva da dietro i finestrini.
Non mi importa, sorrido e canto.
Eppure la giornata è stata pessima.
Solo un piccolo messaggio mi ha augurato la buona giornata. Sterile, freddo, quasi dovuto. Non vi ho dato peso, forse avrei dovuto, invece!
Ho lavorato ininterrottamente per ore, impedendo alla mente di volare. Ho cercato di concentrarmi, per non soffrire della lontananza, ma il bisogno di lui, di un minimo segnale che mi ricordasse la sua presenza diventava sempre più forte. Desideravo uscire dall’ufficio, per respirare aria pura, per sentirmi libera, per aspettarlo. Avevo talmente bisogno della sua voce che ho cercato di dimenticarmene, per oggi.
Senza pensare che anche lui aveva bisogno di me.
Questo è il destino di chi si ama da lontano. Cerchiamo di interpretare ogni minimo segnale, ogni cambiamento nella voce, ogni silenzio appena prolungato. Cerchiamo di leggere frasi non scritte, parole non pronunciate. Cerchiamo di ascoltare il cuore ed i singhiozzi silenziosi attraverso un telefono. Ma oggi non ci siamo riusciti.
Oggi ci siamo cercati senza sentirci. Oggi ci volevamo e ci respingevamo. Oggi il bisogno era tale da divenire cieco, muto, dolorosamente silenzioso.
Finché non è esploso.
Una frase sbagliata, una battuta scherzosa non capita, una risposta non data e tutto esplode, ferendo come una lama. Perché si litiga con chi si ama?
E anche qui le nostre differenze sono prepotentemente tornate ad allontanarci. Chiuso come in una cassaforte, ermeticamente serrato nei suoi pensieri si allontanava da me, lasciando che la mente vagasse alla ricerca dei perché, delle spiegazioni, soffrendo anche, ma solo. I miei pensieri, invece, ribollivano, come un magma incandescente in un vulcano in eruzione. Camminavo nervosamente da un lato all’altro dell’ufficio. Sentivo la mia voce elevare i toni, la mia tensione premere contro le pareti della mia mente, tentare di sfogarsi con gli inconsapevoli colleghi del momento.
Ma non avevo pace. La giornata non poteva finire così.
E allora corro verso la sua voce, verso il suo pensiero che cerca di fuggire da me, senza volerlo davvero. Lo cerco, cerco un suo contatto, un suo segnale. La sua voce, seppur seria e distaccata mi riscalda il cuore. In un istante avverto tutto il freddo di questa calda giornata di settembre sciogliersi dentro di me. Lo sento mantenere la sua posizione, avverto il suo timido tentativo di resistere alla mia voce che lo cerca, alla mia felicità che non tento nemmeno di nascondere. In un istante perde importanza ogni frase sbagliata, ogni mancanza, ogni silenzio. Basta la sua voce a far tornare tutto bello come prima. Basta la mia richiesta di aiuto per sentire la sua presenza: ora non mi resiste più. Ci sono amore, mi dice. Sono sempre stato qui, vicino a te. Sei sempre tu per me, anche se cerco di scappare. Anche se chiudo ogni battente, tu mi penetri l’anima. Tu mi entri dentro.
Non posso stare senza di te, lo sai, gli dico. Ancora un silenzio, ma questa volta di gioia. Immagino chiaro il suo volto guardare l’autostrada dritta davanti a sé, mentre un sorriso, timido gli colora il volto. Ancora un briciolo di razionalità tenta di non farlo sorridere, ma la voce è cambiata. Ora è calda, profonda e dolce. Irrimediabilmente dolce, ed è per me.
Maledetta. Perché non ti so resistere? E perché ti voglio così?
Sola in macchina, nella penombra del garage sotterraneo, ripensando alle sue parole, mi lascio sopraffare dal desiderio che non ho potuto manifestare solo pochi istanti prima, con lui. Lascio che la mente scandisca ogni parola che mi ha regalato, riaccendendo in pochi attimi la mia voglia. Risento la sua voce, avverto la tensione svanire in fretta, sento il suo desiderio di tenermi con sé, anche se solo al telefono. Non te ne andare. Non mi lasciare. Ci sono anche se non si vede. Ci sono anche quando non mi senti. Sono dentro di te, come tu sei mia.
Sono sola, ora.
Come sempre accade, quando passa la tempesta, la voglia di averlo è ancora più forte di prima. Chiudo gli occhi, immaginando il suo volto. Vedo il suo sguardo accigliato aprirsi davanti a me. Ammorbidirsi al mio sorriso solare. Sento la sua voce pronunciare il mio nome, sussurrare il suo desiderio. Se ti avessi davanti, mi dice. Sai quanto ti voglio? Si, lo so. Mi vuoi quanto io voglio te.
Sorretta dal poggiatesta mi abbandono ai miei pensieri, mentre un calore improvviso prende possesso di me, mentre un dolcissimo fiume di passione scivola tra le mie cosce. Sorrido, quasi divertita dalla reazione del mio corpo. Sento il piccolo triangolo del perizoma nero inumidirsi ogni istante di più. Sento il desiderio di toccarmi. Poggio la mano sul ginocchio, risalendo lentamente verso di me. Al passaggio della mano, la gonna si scosta, lungo lo spacco, aprendosi morbida al mio desiderio. Tremo. Per il tocco delicato sulla mia stessa pelle, per la dolcezza del movimento che ripeto come fosse lui a regalarmi questo istante. Tremo dal desiderio di arrivare alla meta. Scivolo tra le cosce, dove la pelle si fa più morbida, più delicata. Racchiuso sotto il tessuto bagnato c’è il mio tesoro segreto. Un dito si infila piano, annegando nel caldo piacere.
Un dito, un secondo. Li ritraggo e li osservo. Ricoperti di bianca dolcezza, sono un invito. Sento la sua voce: leccali, amore. Leccati sola. Lascio che gocce di piacere mi bagnino le labbra, aspetto che la lingua le spalmi dolcemente. Gusto il mio stesso sapore. Avverto la voglia crescere dentro di me, mentre il mio sapore mi riempie i sensi. Vorrei essere nuda. Sfilo a fatica il perizoma. La sensazione della mia nudità sotto la gonna mi fa esplodere dal desiderio di toccarmi, di lasciarmi penetrare dalle mie dita, pensando alle sue mani sulla mia pelle. Osservo il piccolo cuore bianco disegnato sul tessuto. Lo lecco, annuso il perizoma impregnato del mio profumo, senza frenare l’eccitazione che ormai ha preso il controllo di me. Divarico le gambe, dimenticando dove mi trovo. Apro delicatamente le grandi labbra svelando alla mia vista ogni mio piccolo segreto. Gocce di me si sono estese sulla pelle delle gambe, sulle dita, sul clitoride che duole dal desiderio di essere stuzzicato. Affondo in me due dita, poi tre. Spingo piano, fino in fondo, arrivando fino alla soglia del piacere più forte, per poi ritrarmi. E ancora dentro, abbandonandomi ai pensieri più belli, più dolci, più trasgressivi che hanno sempre il suo volto.
Ti voglio da morire, piccola mia. Sento la mia voce chiamare il suo nome, mi ascolto ansimare, gemere, gridare, esplodere in un orgasmo pieno che sa di lui. Che nasce da lui. Dalle sue parole, dal suo volto. Dalla sua bocca sulla mia. Dalla sua lingua che aveva il mio sapore. Dalle mie dita che sanno di me. Bianche e colme.
Guido verso casa ascoltando il cd che mi ha regalato, ripensando sorridendo a come siamo noi. Così diversi e così uguali.
Ripenso a come piccoli istanti vissuti lontani ci avvicinano sempre più.
Penso e sorrido osservando il perizoma sul sedile a fianco al mio, annusandomi le dita che diffondo un profumo così inebriante, con il desiderio di correre a casa per scrivere di questa splendida giornata.