Arrivò il giorno! Mi ero prudentemente fatta un’altra scheda del telefono che avrei utilizzato per la mia doppia vita. Dovevo essere accorta, non potevo rischiare di rovinare i rapporti famigliari, la mia sicurezza consolidata, per un capriccio, un vizietto.
Riconosco che avevo preso una china pericolosa, da cui difficilmente sarei tornata indietro, ma mi inebriava, mi dava brividi, emozioni, voglia di vivere.
“sabato prossimo arriva il mio amico. Sei libera?” recitava l’sms che mi era arrivato da Giorgio. Avrei iniziato davvero, sul serio, la mia nuova attività di mignotta con un cliente vero.
“sono libera solo la mattina” era un sabato che mio marito mi aveva già detto che avrebbe lavorato solo il mattino ed aveva programmato per il pomeriggio alcune commissioni da fare assieme, che rimandavamo da tempo a causa dei suoi impegni.
“ok. Facciamo per le 9,30. Preparati in maniera adeguata non mi far sfigurare. Gli ho magnificato le tue doti”
“non ti preoccupare. fidati di me” gli risposi
Nei giorni immediatamente successivi all’accordo, ero stata dall’estetista, dal parrucchiere. Volevo strabiliarlo, anche se non lo conoscevo, magari ne sarei stata delusissima, ma volevo fare colpo!.
Mi ero completamente depilata, ce l’avevo come le attrici dei film porno.
A casa, mi guardavo riflessa nello specchio del guardaroba di fronte al letto, nuda a gambe aperte sdraiata sul letto, le labbra in evidenza un po’ scure; mi guardavo mentre con le dita le allargavo e con l’altra mano vi passavo in mezzo le dita inumidite della mia saliva.
Ero eccitata come una cagna, non so cosa avrei dato in quel momento per farmi penetrare da un grosso cazzo. Mi masturbai lentamente terminando con un languido orgasmo, pensando a come avrei potuto eccitarlo. Ero veramente troia! Cominciai a pensare di essere ninfomane.
La sera precedente ero infuocata, non stavo nella pelle; questa cosa di iniziare a fare veramente la puttana, perché con Giorgio era stato poco più che un gioco, mi elettrizzava. Mi pervase un senso di irrequietezza, di non vedere l’ora che fosse l’indomani mattina per vedere chi era il mio cliente, chi sarebbe stato colui che mi desiderava tanto dal dover pagare un conto salato per poter stare qualche ora con me. Lo volevo, a prescindere da chi fosse stato. Volevo fare la puttana! Il pensiero mi inebriava. Eccitatissima, prima ancora che rincasasse mio marito, mi masturbai a cavalcioni del bidet con questo turbinio di pensieri in testa.
La sera, dopo cena, indossai una tutina di rete, di quelle aperte nei punti giusti, regalatami a suo tempo da quel porco di Marco, ancora occultata fra le pieghe dell’armadio. Gli dissi, mentendo, che l’avevo acquistata il giorno prima per fargli questa sorpresa e gli saltai addosso. Confermò che la sorpresa era particolarmente gradita e che gradiva soprattutto la mia recente intraprendenza. Scopammo selvaggiamente a lungo con una particolare predilezione per una buona dose di sesso anale, per il quale entrambi provavamo una certa soddisfazione e compiacimento nel praticarlo.
Il mattino seguente, mio marito uscì presto, lasciandomi nel dormiveglia. Dopo una fugace toccatina, così per mantenere l’eccitazione, mi alzai per prepararmi. Doccia, crema da corpo, profumo e trucco, mi abbigliai con la tuta di rete della sera prima, non indossai né reggiseno, né slip; di sopra misi un aderente vestito di lana lungo fin sotto il ginocchio, un largo cinturone in vita, stivali scamosciati alti ed uscii di casa per la mia marchetta. Da sotto il soprabito la mia mise era piuttosto castigata nel lungo abito di lana, piuttosto accollato, non sembravo propriamente una puttana, bensì una donna piuttosto sexy ma vestita come una che vuole essere femminile, molto femminile, che va al lavoro in un posto dove bisogna essere eleganti. Da sotto il soprabito tuttavia il capezzolo spuntava inesorabile, turgido per lo strofinio con la tutina di rete, con la stoffa del vestito e, non ultimo, per l’eccitazione della situazione.
Parcheggiai nel piazzale del bar, ero puntualissima, non sono mai stata ritardataria in vita mia: una donna atipica, oltreché una mignotta atipica. Giorgio era alla macchina del caffè, appena mi vide entrare abbandonò il bancone mi venne incontro e mi bacio affettuosamente sulle guance. Fece un cenno ad un uomo seduto su uno sgabello vicino alla vetrina intento a leggere un giornale, che si avvicinò a noi. Era sulla cinquantina, vestito alla moda, abbigliamento trendy e sportivo, nonostante l’età: scarpe e abiti apparentemente costosi, orologio di gran marca. Si capiva che era uno che stava bene e che ostentava il proprio status; sicuramente nel parcheggio aveva un gran macchinone. Tendenzialmente le persone così non mi sono mai andate molto a genio; ho una certa avversione per coloro che per far vedere il loro punto di arrivo, si fregiano di protesi genitali, quali la macchina, l’orologio, il vestito trendy eccetera. Le donne poi…ancor peggio!
“Mary, lui è Alberto, il mio amico di cui ti ho parlato” mi diede la mano, si avvicinò per salutarmi come aveva fatto poco prima Giorgio, con due bacetti sulle guance. Lo lasciai fare. Aveva un buon odore, di pulito, con un buon profumo molto maschile, non so quale potesse essere, ma molto gradevole, quasi inebriante.
Diciamo che un uomo così sarebbe passato nella media della mia indifferenza in una situazione normale, non era alto, capelli grigi, un accenno di pancetta, ma aveva occhi verdi molto chiari e profondi e belle mani, curate grandi. Non so perché, mi soffermo spesso a guardare le mani; mi piacciono, è una cosa che guardo degli uomini.
“sei molto più carina di quanto mi avesse raccontato Giorgio” esordì
“già, ti ringrazio. Sei molto gentile” la frase tipica di quello che la ripete a tutte le nuove mignotte che incontra.
“Beh io vi lascio. Torno a lavorare. Mary la strada la conosci, casomai passami a salutare quando riparti. Ok?” disse Giorgio salutandoci.
Sorrisi, ero un po’ in imbarazzo. Uno sconosciuto col quale avrei dovuto fare sesso per contratto. Non sapevo quando avrei dovuto parlare della tariffa.
Mi incamminai fuori dal locale seguita da Alberto, che parlava del clima, di cose che sinceramente mi lasciavano indifferente.
Girato attorno allo stabile v’era la porta di servizio del loft di Giorgio, aprii la borsa per cercare le chiavi e mentre armeggiavo all’interno di una delle mie semi-valige, Alberto mi mise una mano sul fianco, facendola scivolare sul culo che cominciò a palpare. Lo lasciai fare.
“sei davvero fantastica. Una gran figa di mignotta” per ribadire il mio ruolo e non creare fraintendimenti.
Trovai la chiave ed entrammo. Mi tolse dall’imbarazzo, aprendo il portafogli e tirando fuori il denaro che appoggiò sul tavolo.
“È giusta la cifra? Questo è quello che mi ha detto Giorgio” era anche più alta di quello che pensavo di chiedergli. Giorgio era proprio un amico. Annuii presi i soldi e li misi in borsa.
“ora vediamo se vale quanto ho pagato”
Sorrisi maliziosissima, poggiai la borsa, tolsi il soprabito, aprii la cintura e mi sfilai il vestito di lana. Rimasi con gli stivali alti sopra il ginocchio e la tutina di rete, senza nient’altro indosso. Rimase letteralmente a bocca aperta.
“cosa ne pensi? Per ora può valerne la pena?”
Inebetito ed ammutolito si avvicinò. Cominciò ad accarezzarmi da sopra la rete. Lo lasciavo fare, lo vedevo soggiogato dalla mia sensualità.
Mi sedetti sul divano, vestita così. La tutina di rete aveva uno spacco sulle parti intime, aprii le gambe e cominciai a carezzarmela. Si sedette di fianco a me e fece altrettanto.
“sei bagnatissima” mi disse.
Annuii cominciando ad ansimare. Ero eccitata dal mattino, ero bagnata da quando sono uscita di casa, al pensiero di quello che andavo a fare, tanto che pensavo, temevo che mi colasse lungo le gambe, visto che ero senza slip.
I capezzoli spuntavano dalle maglie della rete e Alberto aveva preso a leccarli, mordicchiarli mentre mi toccava la figa. Mi godevo il massaggio, fino a che non volli verificare l’effetto che avevo provocato su di lui.
Con la mano andai a tastare il suo pacco. Ce l’aveva durissimo, sembrava avesse un pezzo di legno dentro la patta. Lo stringevo forte, mi piace sempre stringerlo quando è così duro. Dopo un po’ di questi preliminari, mi misi in azione.
Aperta la patta dei calzoni, lo tirai fuori e glielo presi un po’ in bocca, odorava molto di cazzo, aveva la punta umida dall’eccitazione. L’odore, come sempre mi succede mi inebria, che troia che sono pensai.
“sei proprio una gran bella puttana!” mi diceva.
A quelle parole di incitamento affondai la testa prendendolo tutto fino in gola. Lui me la tenne lì premuta per un po’, pensavo di soffocare. Mi liberai dalla presa aprii la borsa presi un preservativo glielo infilai e gli saltai sopra infilandomelo dentro, cominciando una cavalcata che sarebbe durata un paio di miei orgasmi.
Ci sapeva fare il porco, era bravo a scopare! Mi fece spostare, mi girò, mi fece mettere in ginocchio sul divano e lui, da in piedi, cominciò a chiavarmi da dietro; dopo avermi sbattuto per un tempo indefinito, me la godevo alla grande, si fermò perché era venuto. Non si era nemmeno spogliato, era ancora del tutto vestito, aveva solo la patta dei pantaloni aperta. Ci accasciammo ansimanti sul divano
“sei una cavalla da monta! Una vacca come te ne ho incontrate poche in vita mia. Giorgio aveva proprio ragione dicendomi che valeva la pena incontrarti”
Mi alzai ancora inguainata nella tuta di rete, ancheggiando sui tacchi degli stivaloni che ancora indossavo, mi diressi verso la camera. Mi tolsi gli stivali la tutina di rete e, rimasta completamente nuda, mi sdraiai prona sul letto e, a gambe aperte, con la mano sotto la pancia cominciai a masturbarmi.
Mi lisciavo la figa fradicia, alternando il massaggio sul clito e infilando il dito dentro per inzupparlo ancor di più e giocare anche col buchetto del sedere. Me la stavo godendo in totale relax, chiesi ad Alberto se voleva farmi un massaggio alla schiena. Mi osservava in silenzio, si stava spogliando dei vestiti, si avvicinò e cominciò a carezzarmi la schiena, si soffermava con insistenza sulle natiche, allargandole, stringendole, poi le prese nelle sue grandi mani le aprì e cominciò a leccarmi il buco del culo. Lo leccava con avidità, con gusto, limonava letteralmente col mio buchetto, l’aveva aperto, allargato e ci ficcava dentro la lingua.
Mugolavo di piacere, eccitata anche dal fatto che pochi ti fanno questo bel servizio. Per agevolarlo alzai il bacino, gli porsi il culo alzandolo, poggiando i gomiti e le ginocchia e la testa sul letto. Era di fianco a me, intento a fare questo eccitante giochetto, allungai la mano per constatare se lo eccitavo. Gli massaggiai le palle liberate dei vestiti, si era nel frattempo denudato e, con sorpresa, gli tastai il cazzo che era tornato bello duro; probabilmente aveva preso qualche pastiglietta, a quell’età un periodo refrattario così breve è piuttosto inconsueto.
Glielo feci notare, si limitò a dirmi che lo facevo eccitare come un mandrillo, che ero talmente sensuale che l’avrei fatto drizzare a un moribondo. Capirai…queste parole mi fecero colare; l’eccitazione saliva, tra il trattamento al buco del culo e la mia mano che titillava il clito, mi ero immediatamente scaldata di nuovo.
Si mise dietro di me, lo sentii armeggiare con un preservativo, attendevo una nuova penetrazione, gemevo, non vedevo l’ora di prenderlo. Lo strofinò un po’ fra le labbra fradice, poi lo puntò sul buco del culo “ti dispiace?” disse
“certo che no! la tariffa era all inclusive” farfugliai fra i sospiri.
Fu delicatissimo, lo spinse dentro piano piano, umettando il buco con la saliva. Una volta dentro, me lo spinse tutto fino in fondo, si fermò per qualche istante facendomi godere di quella bella sensazione di pienezza, poi iniziò a muoversi, all’inizio lentamente, poi sempre più forte, mi stava sbattendo con una forza inaudita ed il mio culo lo accoglieva con grande soddisfazione. Con la mano mi titillavo la figa, venni fragorosamente dopo poco, arrivò anche lui dopo qualche istante, si staccò da me e si accasciò sul letto, entrambi col fiatone.
“che bella scopata!” disse appena si fu ripreso “penso che ci rivedremo spesso sai?”
“quando vuoi amore” gli risposi con la voce da gattona “basta che me lo dici con un certo anticipo, ho una vita un po’ impegnativa”
“non mancherò, stai tranquilla. Una settimana di preavviso è sufficiente?”
“anche qualcosa in più, non sono sempre libera” evitando accuratamente di dirgli che ero sposata.
Ci rivestimmo e ci salutammo affettuosamente per quanto possa essere affettuoso il saluto tra un cliente ed il suo fornitore di servizi. Era già mezzogiorno passato, controllai il telefono per vedere se c’era qualche chiamata di mio marito, ma fortunatamente era impegnatissimo col suo lavoro. Lo anticipai chiamandolo per dirgli che l’avrei aspettato direttamente al centro commerciale dove dovevamo andare a fare la spesa
“sono in ritardo, tu intanto fai la spesa, poi appena finisco ti chiamo” mi disse.
Al supermercato, il vestito di lana, che era piuttosto aderente alle mie forme – non mi ero messa volutamente il reggiseno – fece il suo effetto sui maschi che incrociavo: rimanevano ipnotizzati dallo spuntare dei miei capezzoli attraverso la lana dal ballonzolare delle tette libere sotto il vestito. Compiaciuta dal successo che stavo riscuotendo, incurante degli sguardi lascivi, feci la mia spesa e col carrello mi avviai verso la macchina che era parcheggiata verso la fine del piazzale. Uno di quei ragazzi neri che vogliono la moneta del carrello prese a seguirmi.
“bella signora vuole un aiuto?” mi chiese
“no grazie” gli risposi volgendomi sorridendo verso di lui. E
ra piuttosto carino, giovanissimo, avrà avuto 20/21 anni.
“io vengo dall’Etiopia, e cerco da lavorare, ma non ne trovo. Per quello chiedo i soldi qui” tenne a precisarmi.
“guarda, ce la faccio benissimo da sola, comunque se vieni con me ti faccio portare indietro il carrello così ti puoi tenere la moneta. Ok?”
“grazie bella signora. Sei molto gentile e sai anche molto bella”
“eddai non esagerare, sarà molto bella anche la tua fidanzata. Ce l’hai?”
“sì è molto bella anche lei”
“e se sapesse che fai questi complimenti alle altre donne, non ne sarebbe gelosa?”
“lei non può sapere è in Africa”
“aaah ecco!!” feci una risata “e cos’altro non sa la tua fidanzata?”
Nel mentre cominciai a caricare i sacchetti della spesa nel bagagliaio della macchina chinandomi in avanti per farli entrare meglio e sistemarli.
Sentii il ragazzo appoggiarsi sul mio culo. Per un attimo restai immobile, interdetta. Come si permetteva, pensai. Nel momentaneo imbarazzo, realizzai che ce l’aveva duro e l’aveva appoggiato al mio culo muovendosi e continuando a dirmi
“La mia fidanzata non sa che esco con tante signore italiane e tu sei proprio una bella signora.”.
Eravamo alla fine del parcheggio, era un orario in cui non girava molta gente, ebbi un po’ di paura. Lo sentivo duro premere e strofinare contro il mio culo, mi divincolai girandomi, ce l’avevo addosso. Cominciò a palparmi, tentò di sollevarmi il vestito. Lo bloccai dicendogli con calma
“perché fai così, potresti ottenere molto di più se fossi gentile. Sei un bel ragazzo anche tu, magari se mi inviti a bere qualcosa potremmo parlare, conoscerci e chissà…”
gli tolsi le mani dall’orlo del vestito che stava sollevando, gliele strinsi lui le prese se le portò al pube e mi fece accarezzare da sopra la patta dei jeans il suo membro, durissimo.
Devo confessare che cominciai ad incuriosirmi, lo sentivo così grosso sotto le mani che mi sfiorò un pensiero…. Era tuttavia altamente pericoloso ed inopportuno, riuscii a calmarlo, gli diedi un bacetto sulla guancia, un sorriso e gli dissi
“senti, ora devo proprio andare, sono una donna sposata e mio marito mi sta aspettando. Se ci rivediamo qui, magari ci prendiamo un caffè e facciamo due chiacchiere. Ok?” si ritrasse e sorrise un po’ imbarazzato
“scusami, mi sono lasciato andare. Non è che se ci rivediamo farai finta di non conoscermi?”
“no dai, ti offro un caffè. Promesso”
Lo salutai, salii in macchina misi in moto e partii. Ero turbata, ero riuscita a gestire brillantemente la situazione che si stava ingarbugliando. Calmatami dallo scampato pericolo, il mio pensiero cominciò ad andare a quello che avevo toccato con la mano. Era come un grosso bastone celato sotto la patta dei jeans, possibile che potesse esistere un cazzo così grosso? Quel pensiero continuò a girarmi per la testa a lungo nei giorni a seguire.
Il pomeriggio proseguì calmo e tranquillo col consorte a fare la parte della bella moglie dai più osservata e spogliata con gli occhi mentre facevamo shopping. Rientrati a casa la sera, mio marito non mancò di farmi notare il fatto che ne avevo fatti girare parecchi a guardarmi
“sei geloso? Non ti fa piacere avere una moglie desiderabile?” mentre lo dicevo, mi slacciai la cintura e mi sfilai il vestito.
Restai nella stessa identica mise col quale feci aprire la bocca al mio cliente quella stessa mattina. Il risultato fu il medesimo: bocca spalancata, espressione inebetita.
Ancheggiai sui tacchi, lo spinsi seduto sul divano, gli saltai in braccio a cavallo aprii la patta dei calzoni e, dopo qualche sfregamento della mia fighetta, costantemente ed inesorabilmente bagnata, sul suo cazzo, lo strinsi in mano e me lo ficcai dentro iniziando a cavalcarlo.
“che troia, eri nuda sotto, avevi solo la tutina da puttana. Sei stata tutto il giorno così? Se l’avessi saputo prima di scopavo nei cessi di un bar! Non avremmo fatto in tempo ad arrivare a casa”
“e perché non l’hai fatto? Ti dovevo dire che non avevo niente sotto per farti eccitare? Vorrà dire che la prossima volta lo dirò. Solo a te, o anche a qualcun altro?” sorrisi maliziosa mentre cominciavo ad avere il fiato corto per la cavalcata
“sei una puttana! Si fallo sapere anche a qualcun altro e vediamo cosa succede…”
come aveva ragione, ero proprio una puttana. Io lo sapevo come sarebbe successo se avessi fatto come diceva.
“a chi vorresti che lo facessi sapere? Dimmelo”
“a Sandro. Non mi tolgo dalla testa come ti guardava l’altra volta”
“ok lo farò. E tu lo vuoi sapere quando glielo dico?” non fece in tempo a rispondermi venimmo tutti e due contemporaneamente tra mugolii e sussulti; dopo non riprendemmo l’argomento.
(continua) per commenti narciso.a@outlook.it