Non mi ricordo bene quando iniziò, so che era d’estate e che io ero in vacanza dopo la maturità. Facendo due calcoli credo di poter affermare che avevo circa diciotto anni. Allora ero comunque un ragazzo, certamente parecchio inesperto per quel che riguarda il sesso.
Il mio nome è Paolo, oggi uomo trentenne, alto un metro e ottanta, viso da eterno bambino, capelli castano scuro, lunghi sempre un po’ spettinati e barba sapientemente incolta, occhi scuri e profondi. Per hobby gioco ancora a calcio a livello dilettantistico, per questo motivo ho un fisico asciutto e tonico. Sono in possesso di un bel culetto e di un grosso e lungo cazzo circonciso. La mia mamma mi mise al mondo quando aveva soli sedici anni, volle tenermi, anche se il bastardo di mio padre, dopo averla messa incinta le disse che del frutto del loro amore non ne voleva sapere. A mia madre parve di rivivere la storia della sua di mamma, solo che lei sfornò la figlia a soli quindici anni. Il fidanzato però si accollò la responsabilità e sposò la nonna. La nonna; a pronunciare questa parola viene a tutti in mente una donna con i capelli bianchi, un po’ larghetta di fianchi, il viso incartapecorito dalle rughe, il seno cadente e un sacco di altre situazioni esteticamente poco affascinanti.
Ecco, la mia nonna, non apparteneva a quel genere di persone. Mi rammento che all’epoca dei fatti mio nonno era mancato da circa due anni in un brutto incidente stradale, quando aveva soli quarantasette anni. Fin da piccolo passavo i mesi estivi con i miei nonni e insomma io sono sempre stato particolarmente attratto dalla avvenenza della mia giovanissima nonnina. In quella fatidica estate, nonna Carlotta, dopo essere andata con me a fare la spesa si era ritirata in camera sua per togliersi il vestito bello e indossare quello che usava solitamente in casa. Sul fianco destro della casa vi era un magazzino che quando andavo in vacanza da loro, io usavo per fare dei lavori con il legno. Era la mia passione e con l’ottima attrezzatura che aveva lasciato il nonno io mi divertivo a fare dei mobiletti o dei tavolini o altre mille cose. A diciotto anni stavo diventando un esperto ‘far da se’ e anche quel giorno, lasciata la nonna alle sue faccende mi infilai nel mio laboratorio. Mi voltai per prendere una tavola di legno e vidi dalla finestra aperta della camera di nonna il suo corpo nudo, il suo monte di venere coperto da una lussureggiante peluria scura, le enormi tette che erano sode e piene e che le stavano incredibilmente alte. Mi ricordo che le confrontai mentalmente con quelle della mia giovanissima ragazza e non riuscii a definire chi delle due avesse le tette più belle. Io estasiato, la fissavo, parzialmente nascosto dalla pesante porta del magazzino, continuando ad ammirare tanta incredibile bellezza. Si girò e si chinò a raccogliere qualcosa da terra, dal vedere quello spettacolo e avere una imponente erezione passarono non più di cinque secondi. Madre mia che culo!! Due chiappe fantastiche, sporgenti, tonde, due magnifici piccoli mappamondi. Non riuscii a penetrare con lo sguardo fra le sue gambe, troppo fitto era il mistero, coperto com’era da quella foltissima peluria. La nonna si rivestì e coprì così
l’ottava meraviglia del mondo.
Socchiusi la porta del magazzino ed estrassi il cazzo durissimo, mi segai velocemente e da lì a due, massimo tre minuti, sborrai formando larghe chiazze biancastre sul pavimento di mattonelle rosse. Da quel momento, la mia passione segreta, nei confronti della nonna crebbe a dismisura. L’avevo sempre vista parecchio coperta, poi lei rispettava il lutto ed era quasi sempre vestita in lungo con abiti di colore scuro, molto larghi e sformati. Ora, invece sapevo cosa c’era sotto a quei vestiti poco appariscenti e in effetti presi a vederla e a guardarla come dire, con i raggi ics. Fu così che iniziai a spiarla continuamente, a cercare di creare situazioni favorevoli per riuscire a vederla nella sua intimità.
Lei chiudeva le persiane della camera e io, quando lei non se ne accorgeva, le schiudevo quel tanto che bastava per poterla spiare. Poi un giorno successe un fatto importante, lei nella ricorrenza della festa patronale, fu invitata assieme a molti altri compaesani alla cena pagata dalla Pro Loco. La nonna portò anche me e in quella occasione la vidi bere più del solito. Seduto al suo fianco, oltre a me c’era un signore, a dire il vero un tipo piuttosto rozzo, maleducato e parecchio volgare. Questo energumeno le versava spesso da bere e lei coinvolta nei festeggiamenti beveva allegramente. Così alla fine della serata, dopo aver respinto le proposte oscene del troglodita, a piedi ci incamminammo verso casa. La nonna, appoggiata pesantemente al mio braccio, assai brilla parlava biascicando le parole e diceva cose senza senso. Poi una volta giunti a casa lei mi chiese di aiutarla a spogliarsi e in pratica di metterla a nanna. La feci sedere sul letto e mentre lei rideva in modo sguaiato, la aiutai a sfilarsi il vestito, le tolsi il reggiseno e quindi la feci sdraiare. La salutai e lei mi disse che mi ero dimenticato le mutande. Non senza fatica, gliele abbassai oltre le natiche e poi le feci scendere fino a sfilargliele dai piedi. Io eccitatissimo pensai di aver finito e lei invece sempre ridendo come una matta mi disse che le scappava la pipì. La feci scendere dal letto e la sorressi fino a farla sedere sulla tazza, sentii un forte scroscio e lei che mi guardava beatamente e candidamente. Si alzò dalla tazza e si sedette immediatamente sul bidet, si lavò la patata e poi prese l’asciugamani e me lo porse, dicendomi di asciugarla. Le passai per bene la spugna morbida fra le cosce e poi audacemente tastai con la mano nuda se era asciutta. Lei mi prese la mano ridendo e me la tenne a stretto contatto con la sua figa pelosa. Finì tutto lì, l’accompagnai ancora a letto e poi mi ritirai in camera mia. Cazzo come il marmo, me lo smanettati e sborrai copiosamente. Al mattino, verso le nove, mi affacciai oltre l’uscio della camera di nonna e la vidi seduta sul letto, il cuscino dietro le spalle, che si teneva la testa. Le chiesi come stava e se aveva dormito bene e lei mi disse che aveva dormito come un masso, ma che aveva un fortissimo mal di testa. Le domandai se si ricordava qualcosa di quanto successo la sera precedente e lei mi disse di non ricordare nulla e poi mi interrogò per sapere ciò che era successo. Le spiegai per filo e per segno tutto quanto, compreso la asciugatura della figa. Usai naturalmente parole meno crude, ma insomma il significato fu comunque molto chiaro. Rimase un po’ interdetta ma poi la prese bene, si scusò e senza alcun ritegno spostò le lenzuola e si mise a sedere sul letto. Completamente nuda, io non sapevo cosa fare, ero titubante, uscire dalla camera oppure rimanere lì. Glielo chiesi se voleva che me ne andassi e lei mi rispose che tanto ormai l’avevo vista benissimo e che l’avevo pure toccata, quindi potevo rimanere a darle una mano in quanto le girava assai la testa. L’aiutai a scendere dal letto e la sostenni per evitare che cadesse, poi lei si riprese e mi disse che era in grado di stare in piedi. La lasciai rivestirsi e le andai a prendere nell’armadietto delle medicine una pillola per il mal di testa. Arrivò strascicando i piedi in cucina e si sedette appoggiando i gomiti al tavolo, tenne la testa fra le mani per qualche minuto poi ingollò la pastiglia e subito appresso bevve un abbondante sorso d’acqua.
Aveva indossato una vestaglia leggera molto trasparente, di colore rosa pallido, di quelle legate a vita da una cinturina dello stesso colore. Io rimasi in piedi a capo tavola e le accarezzai il capo, lei mi prese la mano e me la tenne affettuosamente stretta nella sua.
I lembi della vestaglia si erano aperti sulle cosce e io intravedevo il suo inguine peloso, la parte sopra era anch’essa parecchio aperta e le grosse mammelle straripavano abbondantemente dalla scollatura. Vidi la nonna che mi osservava la patta dei pantaloni e compresi che la mia erezione era fin troppo evidente. Mi coprii il pube con una mano e lei alzò il capo e teneramente mi guardò negli occhi sorridendo. Poi, portò la mia mano, quella che teneva stretta nella sua sul seno e tenendomela premuta contro mi chiese se sentivo i battiti del suo cuore. No non li sentivo bene e allora lei mi disse di poggiare il capo sulla mammella sinistra e io come un automa lo feci, li sentivo, oddio se li sentivo, erano forti e accelerati. Il cazzo mi stava scoppiando nelle mutande, eccitatissimo compresi in quel momento il significato di erezione dolorosa. La cappella mi doleva mentre le sue mammelle calde mi donavano sensazioni incredibili. Non era la prima volta che appoggiavo il capo su un seno, avevo fatto anche molto di più che poggiarci una guancia sopra! Mi chiese se mi piaceva, glielo dissi, si le dissi che mi piaceva da impazzire, le confessai che tette come le sue non le avevo mai viste e nemmeno mai toccate. Si alzò in piedi e in una frazione di secondo slacciò la cintura e fece scivolare la impalpabile camiciola in terra. Madre mia, mi tremavano le gambe dall’emozione, sentivo i brividi e contemporaneamente un calore intenso pervadeva il mio corpo. Le sue mani abili aprirono la fibbia della cintura dei pantaloni, il bottone uscì dall’asola e la zip scese rapidamente.
Si chinò davanti a me e agganciò con due dita l’elastico delle mie mutande e tirando verso il basso liberò il mio cazzo durissimo. Come una molla il mio gioiello uscì fuori e lei si trovò la grossa cappella lucida a portata di bocca. L’accarezzò con il palmo della mano provocandomi un brivido intenso, poi sollevando gli occhi per fissarli nei miei la leccò sul meato suggendo la goccia di liquido perlaceo che ne fuoriusciva. Tra la sua lingua e la mia cappella si formò un laccio che faceva da trait d’union tra lei e me. Avvicinò le sue grosse poppe e me le appoggiò contro il pube, imprigionandovi in mezzo il mio pene duro. Con entrambe le mani sotto le tette iniziò a sollevarle e a farle scendere. Mi stava segando con le poppe, nel fare ciò continuava a fissarmi come a spiare le mie reazioni ad ogni suo movimento. Non ebbe bisogno di proseguire oltre, la mia eccitazione mi tradì e come un adolescente imbranato le schizzai sotto il mento, sul collo e sulle mammelle. Quando l’ultimo getto finì di uscire dal mio cazzo, lei me lo prese in bocca e me lo munse con la mano, teneva il pollice sotto l’uretra e dal basso verso l’alto accompagnava fuori lo sperma che ancora non era fuoriuscito. Lo raccoglieva con la punta della lingua e lo ingoiava avidamente. Alla fine soddisfatta del lavoro svolto, mi palpò i coglioni, quasi ad accertarsi di avermeli svuotati per bene e si sollevò in piedi, mi baciò amorevolmente sulla bocca e mi chiese se mi era piaciuto. Le risposi di si e lei mi disse che quella era stata la prima ma anche l’ultima volta che si era lasciata prendere dalla passione con me. Presi coraggio e le chiesi se per caso voleva godere, visto che lei non era venuta. Mi rispose di no, ma io compresi che forse era un no, come quello che le donne dicono spesso. Anche se ero giovane, qualcosa delle donne lo cominciavo a capire, quante volte la mia ragazza mi aveva risposto di no e poi eravamo finiti a letto a scopare come degli assatanati!!
Così l’abbracciai sentendo ancora il suo corpo contro il mio, le tette premere contro il mio torace, il cazzo mezzo molle che si sfregava contro la sua folta peluria. Le mie mani scesero dai fianchi alle natiche, gliele presi in mano e la strinsi forte attirandola contro il mio bacino. Nonna Carlotta mi sussurrò ancora qualche volta no, ma le sue difese si affievolivano, la mia esuberante giovinezza contro di lei faceva si che la sua già pur debole resistenza si indebolisse ulteriormente. La sua bocca spalancata contro la mia, sentii la sua lingua guizzare come quella di un serpente lottando con la mia. La nostra saliva si mescolò rapidamente e il mio cazzo si inalberò ancora, pronto ad affrontare la dura battaglia. Io feci un passo in avanti e lei uno indietro, la parte sottostante delle sue natiche si appoggiò al bordo del tavolo e io la feci sdraiare all’indietro sulla dura superficie. Con le mani l’afferrai sotto le cosce e gliele sollevai in alto, avevo la sua figa lì parzialmente schiusa e luccicante di liquidi umorali. Mi abbassai e presi a leccargliela, lei mi sollevò dal compito di reggerle le gambe abbracciandosele da sola. La figa e il buco del culo sporgevano lievemente dal bordo del tavolo e io leccai, un po’ qua e un po’ là, quando smisi di leccare, tutto attorno alla bocca ero pieno di liquidi suoi. La mia nonnina mi prego di ficcarglielo dentro e io come un nipotino ubbidiente deve fare glielo ficcai. Le mie dimensioni notevoli avevano sempre creato delle difficoltà di penetrazione, specie con le giovani verginelle alle quali ero abituato. Con la nonna non fu così, il cazzo le scivolò dentro fino alla radice e io cominciai a sbatterla con forza, ad ogni colpo sbattevo contro le sue chiappe e si udiva un ciac, ciac, ciac’ Anche la sua figa fradicia produceva qualche rumore strano, poi compresi che stava arrivando. Dentro di me ero euforico, stavo facendo godere la mia nonna, si, quella gran figa di mia nonna stava per venire con il grosso cazzo di suo nipote nella figa!! . Quando venne, non fu una normale venuta, fu una tempesta di urli e grida, fu una sconvolgente battaglia tra il suo bacino sobbalzante e il mio cazzo che la trivellava fortemente. Io ad un certo punto glielo sfilai e sborrai sulla sua pancia raggiungendo con i miei potenti getti persino le mammelle e anche oltre. Lei, anche se orfana di cazzo, continuava a muovere il bacino su e giù come se si fosse incantato qualche meccanismo interno. Poi di colpo si acquietò, il seno si sollevava ad ogni suo respiro, la nonna ansimava fortemente come un mantice, quindi poco per volta anche il respiro tornò regolare e finalmente lei ritornò nel mondo dei vivi. Mi guardò sorridendo con gli occhi velati ancora colmi del piacere appena provato. La presi per le mani e la feci sedere sul tavolo, quindi l’aiutai a scendere e abbracciati ci recammo in bagno.
Questo è uno dei ricordi meravigliosi che ho di quelle giornate assolate d’estate a casa della nonna.
Nel mio prossimo racconto vi narrerò di altre giornate con lei e con un mio cugino, figlio del fratello di mia mamma. Lui non è che sia proprio quello che si può chiamare un eterosessuale”” . Va beh, al prossimo racconto”
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