Mattia era caduto nel gorgo della depressione: quella malattia subdola aveva preso possesso della sua mente circa un anno prima, ma grazie alla sua forza di volontà, all’aiuto dei familiari e a un paio di amici che non lo avevano lasciato solo, era quasi riuscito a uscirne. Naturalmente aveva dovuto fare ricorso alle cure di uno psichiatra il quale però aveva avuto iniziali difficoltà sia nel rapporto con Mattia sia nel capire quali erano le terapie giuste per il suo paziente. Ma dopo aver imboccato la strada giusta e grazie alla perseveranza sia del medico che del paziente stesso le cose erano andate sempre migliorando e Mattia era praticamente quasi quello di prima. Lo psichiatra gli aveva consigliato, però, dopo mesi di dura lotta con la sua mente passati sempre nello stesso ambiente, di andare qualche giorno altrove, da solo o al massimo in compagnia di una sola persona, per liberarsi definitivamente dal lungo incubo. Mattia aveva apprezzato il suggerimento e aveva scelto, in quel settembre soleggiato, di andarsene in una tranquilla località di mare, da solo. Aveva anche trovato un bilocale in affitto a un prezzo conveniente per una settimana. Il mare settembrino, la tranquillità del luogo, la solarità semplice della gente del posto lo stavano davvero facendo stare bene. Era giunto ormai al termine della sua vacanza: l’indomani sarebbe ripartito e forse era per il pensiero della partenza che quella notte non riusciva a prendere sonno. Quando furono le 2 di notte precise decise che era inutile agitarsi nel letto: ebbe quindi l’idea di farsi una passeggiata notturna in spiaggia per rasserenare il suo animo. E la spiaggia deserta, illuminata fiocamente solo dalle stelle e dai riflessi delle luci del paese, lo scrosciare delle onde, la brezza leggera che spirava lo stavano davvero acquietando. Mentre camminava sul bagnasciuga, vide in lontananza qualcosa di strano: inizialmente gli pareva un sacco della nettezza urbana e pensò che si trattasse dei rifiuti che qualche incivile aveva gettato in mare, avvicinandosi vide che non era così ed ebbe l’idea che quella figura fosse un pesce spiaggiato, ma avvicinandosi ancora di più vide che quello era un corpo umano riverso a terra. Mattia inizialmente fu preda dell’agitazione, ma poi corse verso quel corpo e si chinò su di esso. Girando il volto di quella persona, che si rivelò essere una ragazza, verso di sè, Mattia appurò che respirava ancora. Mattia la voltò del tutto per praticarle la respirazione bocca a bocca, pregando che non fosse troppo tardi. Per fortuna quasi subito la ragazza cominciò a tossire e a riprendere conoscenza. Mattia la aiutò a mettersi in posizione più eretta e quando la ragazza smise di tossire chiese al suo salvatore: ” E tu chi sei?”
” Mi chiamo Mattia”
” E io chi sono?”
” Beh, se non lo sai tu… Ti ricordi cos’è successo?”
” Io…. sì, un po’ però… oddio, che mal di testa!”
Mattia decise di rimandare a un successivo momento la domande: ” Ti devo portare in ospedale chiunque tu sia. Ora chiamo l’ambulanza…accidenti, ho lasciato il telefono in camera”. Mattia guardò la ragazza per vedere se avesse lei un cellulare ma indossava soltanto un corto abito estivo fradicio di acqua salata e un paio di infradito. Non c’erano nei dintorni nemmeno tracce di borse che poteva avere con sè”. Fu la ragazza stessa a suggerire a Mattia cosa fare: ” Credo ci sia una sede della Croce Rossa qui vicino”. Mattia si girò e vide l’insegna in lontananza. Fece alzare la ragazza e tenendola sottobraccio la accompagnò a farsi visitare”.
Quella notte non c’era nessun’altro in ambulatorio e i volontari Cri fecero entrare immediatamente la ragazza, mentre Mattia rimase in sala d’attesa, aspettando che qualcuno gli portasse notizie di quella sconosciuta, per la quale si stava preoccupando: soprattutto, dopo averla soccorsa, si sentiva in qualche modo responsabile. Dopo un’ora circa uscì un medico a rassicurare Mattia:
” Stia tranquilla, non ha niente di grave. E’ solo una congestione che ha fatto seguito a una sbronza. Comunque la vuole vedere”.
Mattia entrò col medico e vide la ragazza seduta su una barella. Appena lo vide gli sorrise:
” Ciao Mattia. Hai detto che ti chiami Mattia, vero? Volevo ringraziarti: mi hai salvato la vita”
Mattia percepì un lieve accento straniero nella ragazza e volle levarsi la curiosità:
” Ma tu sei di origine spagnola?”
Fu il medico, stupendosi, a intervenire:
” Davvero non la conosce?”
” Dovrei?” replicò Mattia
La ragazza si mise a ridere sommessamente, alchè Mattia la guardò attentamente e vide che, nonostante quello che le era appena capitato, era molto attraente: aveva 25 anni ( più giovane di lui di 12), bionda, occhi azzurri, non tanto alta ma ben proporzionata in tutte le sue forme.
” Mi chiamo Anita” disse la ragazza appena smesso di ridere.
” Comunque- intervenne il medico- la teniamo in osservazione ancora un’oretta e poi può andare a casa”
” Mi accompagni tu?- chiese Anita a Mattia
” Sì, se vuoi. Però io sono a piedi, abiti lontano?”
” No, a piedi sono 5 minuti”.
” Va bene, allora si accomodi fuori e poi la chiamiamo noi” intervenne il medico. che accompagnò Mattia all’uscio. Mentre uscivano il medico gli chiese:
” Davvero non la conosce? E’ un personaggio famoso, sulla cresta dell’onda”
” Vede, dottore, sto uscendo adesso da un lungo periodo di depressione, sono stato un po’ fuori dal mondo in questo ultimo anno”.
” Capisco! Beh, credo che quando la accompagnerà a casa, la conoscerà meglio”.
Un’ora dopo circa, mentre Mattia e Anita si recavano a piedi verso la residenza di quest’ultima, ella le chiese: ” Davvero non mi conosci?” Mattia stava per rispondere quando Anita parlò ancora: ” Ecco, siamo arrivati. Io sto qui”. Mattia vide che quello che aveva davanti era un hotel e le fece dunque la domanda:
” Ho capito, sei la proprietaria dell’albergo e ne hai una catena. Forse per quello ti dovrei conoscere”. Anita scoppio a ridere: ” Ma no, io semplicemente alloggio qui. Dai, accompagnami in camera”.
” Non credo sia il caso, Anita” replicò Mattia
” Che hai capito? Mi accompagni, stai 5 minuti mentre io controllo che sia tutto a posto, e poi te ne vai”.
Mattia si strinse nelle spalle:; Anita allora lo prese per mano ed entrarono insieme.
” Bentornata, signorina Mentas” la salutò la receptionist
” Salve. Mi dà la mia chiave? . E mentre la prendeva aggiunse: ” Questo mio amico va via tra 5 minuti”.
” Non si preoccupi, signorina Mentas. Può sempre contare sulla nostra discrezione”.
Mentre salivano le scale, Anita disse: ” Ora sai anche il mio cognome”. Appena varcata la soglia della camera, Mattia parlò: “Anita Mentas. Continuo a non sapere chi tu sia”.
“… la borsa, il cellulare. Per fortuna avevo lasciato tutto qui”- esclamò Anita-
” Il tuo accento spagnolo è irresistibile” le disse Mattia, per richiamare la sua attenzione.
Anita a quel punto sorrise, prese il suo smartphone e fece vedere un video in cui lei cantava ” A un passo dal sole” in duetto con un uomo.
” Puoi non conoscere me ma la canzone dovresti averla sentita. E’ stata una delle hit dell’estate scorsa”
” La canzone è molto bella, Anita. Perdonami, ma io esco da un anno di depressione, non sono stato molto attento al mondo esterno”.
CONTINUA