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Quella mattina mi ero alzato di cattivo umore.
Dovevo riscuotere un paio di assegni e la sola idea di dover andare in banca prima del lavoro mi irritava pensando all’inevitabile coda allo sportello e al tempo che avrei perso. Ma gli assegni sarebbero scaduti di lì a poco e non potevo rinviare.
Per fortuna c’erano solo due persone in coda.
Quando fu il mio turno vidi che allo sportello c’era una cassiera nuova, una ragazza che non avevo mai visto prima in quella banca.
Non mi colpì particolarmente perché di aspetto era abbastanza ordinaria, oltre al fatto che la vedevo seduta. Era sulla trentina, coi capelli neri, lisci e abbastanza lunghi. Però gli occhiali’ Portava un paio di occhiali con la montatura rettangolare, stretta e allungata, come andava di moda adesso, ma di colore rosso fuoco, vistosi e in contrasto col suo aspetto piuttosto anonimo.
Quando fui davanti allo sportello sbrigò la pratica con rapidità senza degnarmi di attenzione. Solo alla fine mi lanciò un’occhiata rapida, fissandomi per un istante. Dietro gli occhiali i suoi occhi marroni scintillarono per un attimo rivelando qualcosa di più profondo e di più intenso, o almeno così mi sembrò. Lei subito dopo ritornò alle sue pratiche. Io uscii dalla banca e andai al lavoro dimenticandomi quasi subito di quell’incontro.
La mattina successiva mentre mi recavo al lavoro incontrai la cassiera sul bus. La riconobbi dagli occhiali rosso fuoco. Era di statura media, magra, ma i jeans attillati le disegnavano un bel culo alto e sodo. Nulla di particolarmente appariscente, però a quella vista il cazzo mi diventò duro nei pantaloni fino quasi a farmi male. Facendo finta di nulla mi avvicinai portandomi di fianco a lei e quando mi guardò in faccia le sorrisi e la salutai. Rispose sorridendo al mio saluto, mi riconobbe e iniziammo a parlare dell’orario di merda a cui ci toccava prendere il bus per andare a lavorare. Scendemmo alla stessa fermata perché lo studio medico in cui lavoro è proprio di fronte alla banca. Ci salutammo augurandoci a vicenda buona giornata.
Quell’incontro si ripetè nelle mattine successive. Se sul bus c’erano dei posti a sedere liberi, ci mettevamo vicini e parlavamo del più e del meno. Mentre lei parlava, io le guardavo i capelli neri, la bocca dalle labbra sottili, gli occhiali rossi con gli occhi marroni belli e intensi. Quando si alzava le fissavo il culo sodo e scendevo dal bus sempre col cazzo durissimo.
Dopo alcune mattine, forse una settimana dopo il primo incontro alla banca, dopo essere scesi dal bus non la salutai come al solito, ma le chiesi se voleva prendere un caffè con me prima di iniziare a lavorare. La portai nel mio studio dove c’era una macchinetta per le bevande calde. Prendemmo un caffè insieme e poi lei, guardandomi da dietro gli occhiali rossi con una strana aria di complicità, mi chiese se lì c’era una toilette. La feci accomodare nel mio studio e le indicai la toilette, mentre chiudevo la porta alle mie spalle. ‘O la va o la spacca!’ pensai. Uscì dal bagno dopo poco e io la strinsi subito a me con decisione, baciandola in bocca. Non fece la minima resistenza e rispose al mio bacio.
Le nostre bocche si incollarono e le ficcai dentro la mia lingua sentendo la sua umida e molle che esplorava avidamente la mia bocca. Ci baciammo intrecciando le nostre lingue per qualche minuto, mentre le stringevo con tutte e due le mani quel culo sodo avvinto nei jeans e lei stofinava il suo pube con foga contro il mio cazzo duro rinchiuso nei pantaloni. Si staccò dalla mia bocca e scese in fretta con la testa inginocchiandosi, sbottonandomi la cintura e abbassandomi pantaloni e mutande. Il mio cazzo scattò fuori di botto, con la cappella tutta rossa e l’asta tesa e vibrante con le sue vene gonfie.
Afferrò il mio cazzo con una mano infilandoselo tutto in bocca e in gola sino alle palle, che intanto stringeva delicatamente con l’altra mano. Cominciò a succhiarlo con foga, strisciando la cappella all’interno della bocca da una parte e dall’altra e muovendo sapientemente la lingua sul glande e sul frenulo. Pompava sempre più forte succhiando il mio uccello senza tregua e quando spostava il mio cazzo dentro la sua bocca le colava fuori una bava di saliva sempre più abbondante, che mi bagnava la pancia e il pube. Io in piedi davanti a lei le stringevo dolcemente la testa e assecondavo il ritmo con cui pompava furiosamente sul mio cazzo, mugolando come una cagna e sbavando saliva sul pavimento. Mi sedetti su una poltrona mentre lei, sempre in ginocchio, non si staccava dal mio uccello e pompava, pompava… Stavo godendo come un riccio.
Dopo alcuni lunghissimi minuti di pompino selvaggio ero ormai in estasi e stavo per venire. Feci per staccarle la testa dal mio cazzo. Lei si interruppe un istante, alzò la testa verso di me e mi guardò. Sorrideva con la bocca e il mento bagnati di saliva. Il guizzo furbo degli occhi marroni dietro gli occhiali fu più esauriente di qualsiasi parola. Ripiegò la testa in basso e riprese a succhiare sempre più forte tenendomi il cazzo con le due mani. Passò un altro minuto di godimento infinito e venni sparandole in bocca tre o quattro schizzate di sborra calda e densa. Dapprima sentii la sua testa sussultare e deglutì con difficoltà, facendomi temere di averla soffocata di sperma. Poi riprese a deglutire mentre continuava a pompare e succhiare il mio cazzo, ingoiando fino all’ultima goccia di sborra. Alla fine passò la lingua lentamente sul glande e sull’asta, più volte, pulendomi il cazzo da ogni traccia di sperma.
Mi guardò con la faccia sporca di saliva e di sborra. Si alzò in piedi e sorrise mentre si passava la lingua sulle labbra. Io ero semisvenuto sulla poltrona, stordito da quell’orgasmo stratosferico, col cazzo tutto rosso e dolente che si stava lentamente ammosciando. Lei andò in bagno a lavarsi la faccia e dopo si fermò sulla porta lanciandomi un ultimo sguardo ammiccante. Disse solo: ‘Scusa ma è tardi. Devo scappare’. E se ne andò.
Nei tre giorni successivi non la vidi più sul bus la mattina. Il quarto giorno ricomparve e mi disse, come se nulla fosse, che era stata a trovare i suoi genitori a Milano, come aveva programmato da tempo. Scendemmo alla solita fermata, ci guardammo sorridendo e le chiesi se voleva il solito caffè prima del lavoro. Dopo cinque minuti chiudevo la porta del mio studio alle nostre spalle.
Questa volta ci spogliammo completamente e io mi sedetti sulla solita poltrona. Lei era magra, con due tette piccole ma perfette, dai capezzoli dritti come chiodi e rivolti all’insù. Le cosce erano belle sode e aveva un culo da favola, con due chiappe tonde e tese. Quel corpo giovane e snello, quel culo tondo, quei capelli neri e lisci lunghi sino alle spalle nude e quegli occhiali rossi sono ancora oggi una delle immagini più eccitanti che abbia visto nella mia vita.
Si inginocchiò davanti al mio cazzo ormai durissimo e mi spompinò per bene fino a farmi venire in pochi minuti, tanto ero arrapato, facendomi sborrare sulle tette. Poi si mise a leccare la mia cappella e tutto il cazzo sino alle palle, dall’alto al basso, in su e in giù, lentamente, tanto che dopo due minuti era già di nuovo duro. Allora si alzò e si mise sul divano a pecora col culo verso di me. Mi alzai e mi misi dietro di lei accarezzandole la schiena e stringendo quel culo fantastico dalle chiappe tonde e sode, baciandole e mordicchiandole. Mi sputai sulle mani per bagnarmi la cappella e le infilai per bene il cazzo nella figa fino a sbattere con le palle contro le sue chiappe. Il cazzo andò dentro scivolando con facilità in quella tana umida e cominciai a pompare mentre stringevo le sue chiappe. Sentivo la mia cappella sempre più grossa muoversi in una guaina calda e bagnata che la stringeva facendomi godere come uno stallone da monta. Mentre le spingevo il cazzo dentro e fuori con sempre maggiore velocità le stringevo le chiappe con forza così da penetrarla sempre più a fondo. Rivoli di liquido caldo le colavano dalla figa bagnandomi il cazzo e le palle. Lei intanto mugolava emettendo un gridolino strozzato ogni volta che affondavo con tutto il cazzo fino alle palle, riempiendole la figa vogliosa e ormai fradicia.
Quando stavo per venire mi fermai e tirai fuori il cazzo. La cappella era ormai violacea e l’uccello, umido e teso, vibrava con le sue vene gonfie. Mi sputai sulle dita e cominciai e bagnarle il buco del culo infilandoci dentro un dito, poi due e poi tre. Lei si girò con la testa e mi sorrise impaziente. ‘Vai!’ disse. Allora mi sputai sulla cappella e cominciai a infilarla piano nel suo culo bagnato. Prima sentii l’ano stretto che resisteva alla mia pressione, poi spinsi con più forza e il cazzo passò dilatando quel buco quanto bastava, mentre lei emise un grido più forte, subito trattenuto. Ripresi in mano le sue chiappe e cominciai a stantuffare nel suo culo. Mentre spingevo con l’uccello tiravo le chiappe verso di me e la penetravo completamente sentendo il suo margine anale che ad ogni passaggio stringeva la mia cappella gonfia facendomi provare un godimento animalesco. Inutile dire quanto godeva la cassiera. Ricordo che emetteva ormai dei rantoli ritmici ad ogni passaggio del mio glande attraverso il suo ano e ansimava sempre più rumorosamente. Mentre le spingevo il cazzo nel culo con regolarità, spostai una mano sulla sua figa strisciando il suo clitoride. Aveva la figa che colava schiuma calda e il clitoride teso come un piccolo cazzo in erezione.
Tirai fuori l’uccello e usai quella schiuma per lubrificarmi la cappella, visto che mi faceva un po’ male. Lei capì, si girò e me lo succhiò per un po’ per renderlo ancora più umido e scorrevole. Poi si rimise a pecora e la inculai ancora con forza. Pompavo a ritmo crescente mentre lei emetteva i suoi rantolini sincroni con le mie inculate. Non so quanto andammo avanti. Mi meravigliai di me stesso e della mia durata, visto che di solito venivo abbastanza in fretta. Ma, come dice il filosofo, il tuo cazzo può sempre imparare, basta che trovi la figa giusta che te lo insegni!
Quando ormai la stavo inculando come un toro tenendola per le chiappe e tirandola verso di me con colpi di cazzo devastanti mentre lei mugolava e tratteneva a stento le grida, all’improvviso ebbi un orgasmo esplosivo e il mio cazzo eruttò un fiume di sborra che le riempì il culo straripando fuori sulle sue chiappe e sulle sue cosce! Lei si adagiò carponi sul divano e io mi sdraiai sopra di lei continuando a pompare sempre più piano, mentre sentivo che il mio cazzo si stava svuotando e rilassando. Rimanemmo così qualche minuto, immobili, esausti e ubriachi.
A turno andammo in bagno, ci lavammo e ci rivestimmo. Poi lei mi baciò in bocca e se ne andò al lavoro.
Sono passati ormai due anni e il caffè del mattino è ancora il momento più bello della giornata.

Autore Pubblicato il: 16 Febbraio 2009Categorie: Racconti Erotici Etero0 Commenti

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