Ripetizioni di Inglese
Avevo vent’anni, vivevo ancora con i miei e frequentavo l’università della mia città. Una vita tranquilla: un po’ di lezioni, qualche ora di studio, tennis con i soliti amici, e la mia ragazza.
Sono cresciuto in un ambiente piccolo borghese, molto perbene, frequentando la parrocchia, ed ero davvero un bravo ragazzo; spigliato e socievole in pubblico, ma timido con le ragazze; non avevo ancora fatto esperienze di rilevo nel mondo del sesso. E la mia ragazza Marta, ex compagna del liceo con la quale stavo da un paio d’anni, non mi era certo d’aiuto.
Piccolina, graziosa ma nulla di più, una brunetta con gli occhi scuri e un carattere introverso, mi aveva intrigato, e sicuramente aveva stimolato il mio spirito da cavalier servente senza macchia e senza paura, o da buon samaritano contento di stare con la ragazza da proteggere e da coccolare. Seni piccoli, come mi sono sempre piaciuti, un corpo morbido ma non certo mozzafiato. Ma pochissimo disponibile al sesso.
Peraltro eravamo fortunati: i suoi genitori non avevano problemi a permetterle di stare via qualche giorno, mettendoci anche a disposizione la loro casa al mare; e non mancavano neppure le alternative, come la casa in montagna di un nostro amico, che stava con Laura, a sua volta amica di Marta.
Durante quei giorni, ovviamente, Marta e io dormivamo nello stesso letto, e limonavamo fino a stordirci. Un po’ per volta avevo conquistato il permesso di insinuare la mano sotto la sua maglietta, di accarezzarle i piccoli seni sodi e, dopo svariati tentativi, di violare il confine dell’elastico delle sue mutandine, sfiorarle il pube, scendere oltre e scoprire la sua passerina. Ovviamente non tutto insieme, ma poco poco per volta. Era stata una sorpresa scoprire come era calda la sua fighina, e come si bagnava, e come si lasciava fare una volta che l’avevo fatta partire a forza di baci e carezze e massaggi e leccatine dei suoi capezzoli. Ormai nelle nostre notti era usuale che lei si lasciasse spogliare completamente e poi consentisse alle mie dita di farle dei lunghi, dolci ditalini cui lei reagiva accompagnando la mia mano con i movimenti del bacino, con un respiro affannoso e con lo sforzo di non urlare per il piacere. Ma…
Già, c’era un ma: io dovevo tenere rigorosamente gli slip indossati. Sì, perchè non capitasse per sbaglio che il mio uccello entrasse in contatto con quella deliziosa fighina, calda e vibrante: lei non voleva. “Allora toccamelo”, le dicevo, e lei – se ci penso oggi so che avrei dovuto mollarla subito, ma ero troppo giovane per capirlo – lei mi diceva “Se provo a toccarti mi viene in mente il viso di mia madre che mi rimprovera, e non ce la faccio…”. Insomma, si faceva tirare dei gran ditalini, che le piacevano perchè, suora com’era, di sicuro non si sarebbe mai masturbata da sola, ma io rimanevo sempre insoddisfatto, col cazzo durissimo. E inevitabilmente, pur avendo una ragazza che godeva, e pur potendo dormire insieme a lei, finivo sempre e solo per farmi delle grandi seghe da solo in bagno.
Finchè non mi confidai con Anna.
Da universitario cercavo di guadagnare qualcosa dando delle ripetizioni, e una delle mie studentesse era Anna: sedici anni, figlia di amici di famiglia, amica mia lei stessa, ci conoscevamo fin da piccoli. Anna era un po’ sovrappeso, però aveva un seno da sballo anche se non le piaceva esibirlo. Quando ci incontravamo per studiare inglese portava spesso i pantaloni di una tuta, quelli lucidi in lycra, e una maglietta sotto la quale traspariva il reggiseno.
Sapevo che Anna aveva un ragazzo, e io stavo con Marta; quindi non c’era ragione perchè mi facessi delle idee su di lei. Oltretutto le ripetizioni le facevamo sempre a casa sua, nella sua cameretta, mentre mia madre e sua madre passavano il tempo a chiacchierare in salotto.
Un pomeriggio – era primavera, mi ricordo il cielo luminoso e le finestre un po’ aperte – Anna aveva poca voglia di studiare e voleva parlare: c’era stato un ennesimo litigio con i suoi e voleva raccontarmelo.
“Sai”, mi dice, “i miei non mi perdono un attimo di vista e soprattutto non sopportano che io esca con Nicola. Così non riseco quasi mai a stare sola con lui. Beato te che invece…” “Invece?” replico io. “Eh, tu puoi andare via qualche giorno con Marta e i vostri amici, non avete problemi… Tu e Marta scopate, vero?” mi fa, diventando tutta rossa e abbassando gli occhi. E poi “Scusami, sono troppo curiosa, non sono fatti miei…”
Ero diventato rosso anch’io. Stavamo rapidamente scivolando sul terreno della confidenza, e io mi vergognavo a dirle che facevo degli apprezzatissimi ditalini alla mia ragazza ma lei neppure me lo prendeva in mano. Figuriamoci scopare!
Ma vinsi la vergogna: “No, Anna, non scopiamo. Anzi, non facciamo quasi niente. Io la tocco, la faccio godere, le piace da morire ma lei non me lo prende neppure in mano.” Lo dissi tutto d’un fiato, senza neppure accorgermi che stavo facendole una grande confidenza. Intanto due porte più in là sua madre e la mia continuavano a conversare amabilmente.
“Non ci posso credere… Io farei di tutto per far sesso con Nicola, e devo accontentarmi di qualche toccatina veloce, e voi che potete non lo fate?” “Non è che non lo facciamo: il guaio è che lei si fa fare, ma non fa niente a me!” “Ah”, fa Anna, “ha paura di rimanere incinta e non vuole avere un rapporto completo? Sai, neanch’io vorrei… vorrei sposarmi vergine anche se ne avrei tanta voglia… però nel frattempo vorrei fare tutto il resto!” “No, non è che… cioè sì, non vuol rischiare di rimanere incinta, ma è anche un po’ suora e si vergogna a farmi delle cose…” “Neanche una sega?” “No”, rispondo con imbarazzo, “neanche prenderlo in mano e accarezzarmelo.”
Anna ci pensa un po’, mi guarda. Siamo entrambi imbarazzati, rossi in viso, accaldati, ma ormai il ghiaccio è rotto. “Allora è cretina, scusa! Può stare con te quanto vuole, si fa masturbare e non ti fa niente? È anche un po’ stronza, no?” “Beh, forse…”
“Sai, io un paio di volte sono riuscita a stare un po’ con Nicola. Una volta alla festa di Valentina, anche se c’era in giro mia sorella ci siamo chiusi un attimo in una stanza per baciarci, io avevo la gonna scozzese e lui mi ha infilato la mano sotto, e me l’ha toccata. Non capivo più niente! Ho cercato di tirarglielo fuori, lui mi ha aiutata e si è abbassato i pantaloni. Era la prima volta che prendevo un cazzo in mano, era bellissimo! Però dopo un secondo lui mi ha bagnato tutta la mano dicendomi che era emozionato, che avevo delle mani da fata e che l’avevo fatto venire subito. Intanto la sua mano, dopo avermi un po’ strofinato la passerina, mi aveva lasciata lì, bagnata e piena di voglia.” “Quindi lui ha goduto e tu no?” dico io. “Già, proprio così. E anch’io ho fatto come te: quando sono tornata a casa ho fatto cena e sono andata subito a dormire, e nel letto mi sono toccata e sono venuta tante volte…”
Potete immaginare cosa mi accadeva in quel momento: una ragazzina, seduta accanto a me, mi stava confessando le sue voglie, che si faceva dei bei ditalini da sola nel suo letto e che le piaceva tanto. Non so se notava che, sotto i jeans, il mio cazzo era diventato duro come solo a vent’anni può accadere. Ma lei continuava imperterrita: “E anche al cinema, pochi giorni fa, siamo riusciti a toccarci, ma è stata la stessa cosa: lui è venuto subito, e non si è quasi dedicato a me. Mi ha solo detto che ho delle mani fantastiche, che ho una figa calda e bagnata ma non mi ha fatto praticamente niente…”
“Cazzo”, dico “come fai ad avere una ragazza così e non farle niente?” “In più, abbiamo così poche possibilità di stare soli… i miei non ci lasciano quasi mai, c’è sempre qualcun altro… Qui a casa poi non lo posso mai invitare…”
“Ragazzi!” risuonò in quel momento la voce di sua madre “è pronta la merenda se volete” …e l’incanto si ruppe. Dopo la merenda finimmo la lezione come se niente fosse.
Io, tornato a casa, mi chiusi in bagno e mi feci una sega epica, che ripetei anche prima di andare a dormire pensando alla sua manina con la quale forse, in quello stesso momento, Anna si stava sgrillettando.
Due giorni dopo ero di nuovo da lei, e le nostre madri di là a ridere e parlare. Non accadde nulla, non tornammo sui discorsi torbidi della volta precedente.
La settimana successiva, però, accadde molto di più di ciò che mi sarei aspettato.
Ovviamente avevo iniziato a fantasticare su Anna, e a non vederla più come l’amichetta grassoccia ma come la ragazza vogliosa dalle belle tette gonfie, che voleva prendere un cazzo in mano e farsi masturbare in tranquillità. Mi veniva duro al solo pensiero, e stare lì accanto a lei, spiare la trasparenza della maglietta, sfiorarla ogni volta che potevo divenne la mia missione di quel giorno. Non ne parlavamo, ma sentivo che c’era tra noi una sorta di intesa: ogni movimento era una buona scusa per sfiorarla, e lei sembrava favorire il contatto e prolungarlo un attimo più di quanto sarebbe stato naturale.
Eravamo eccitati.
Proprio allora il colpo di scena: “Anna, io e Maura – mia madre – andiamo a fare un po’ di spesa, vi lascio qui la merenda, va bene?” “Sì, mamma, grazie!” rispose lei.
Tra noi due calò un silenzio intenso, e ci parve che le due sante donne ci mettessero ore a uscire di casa con un bel “Ciao ciao, comportatevi bene!”.
Quando la porta si fu chiusa – il nostro silenzio continuava ad avvolgerci, denso – la mia mano decise di non aspettare una mia decisione che forse non sarebbe mai arrivata e, con una lentezza esasperante, si avvicinò al suo seno. Piano, piano, piano… Sentivamo il rumore dei nostri respiri, e non parlavamo. Raggiunsi il suo seno, splendido, florido, e lo sfiorai prima da sotto, sentendo il tessuto del reggiseno, e poi da sopra, dove c’era solo la maglietta leggera a fare da diaframma. Sentivo la sua pelle calda, e il suo respiro che si faceva sempre più pesante. Ora la stavo accarezzando, sentivo il capezzolo che pareva voler bucare la stoffa. Anna aveva gli occhi chiusi. Inesperto e timoroso tirai il tessuto della leggera maglietta bianca, per sollevarlo, e poi la mia mano scivolò sotto la maglietta. Le stavo toccando il seno sotto la maglietta! Lei gemeva piano, avvicinai il viso al suo e iniziai a baciarla.
Fu l’inizio di tutto.
Anna sembrò svegliarsi, e in un attimo si era sfilata il reggiseno per consentirmi di toccarla, e intanto mi limonava furiosamente. Eravamo ancora seduti uno accanto all’altra, alla scrivania, ma ora sentivo il suo corpo muoversi a onde. Avevo gli occhi chiusi. Li aprii… e vidi che la sua mano era sparita nella tuta, e stava massaggiando vigorosamente la sua passerina. Restai affascinato e immobile. Lei se ne accorse, aprì gli occhi e capì che ero ipnotizzato dalla mano con cui si masturbava. “Fammelo tu…” e, prendendo la mia mano, se la portò nelle mutandine.
La sua passerina era bollente e bagnatissima. Lei guidava le mie dita: prima intorno al clitoride, piccolo piccolo, e poi fra le labbra e dentro, su e giù. “Metti un altro dito, così… spingi…”
In un attimo eravamo sul suo letto, e in un altro attimo eravamo nudi. “Non sono egoista come lei, fammi toccare il tuo cazzo… mi piace duro così… ti faccio una sega…”.
Una sega magistrale: sembrava che non avesse fatto altro nella vita; sapeva dove toccarmi, fino a che punto arrivare, quanto accelerare e quanto rallentare… mentre lei mi faceva la più bella sega della vita io continuavo a sditalinarla, lei godeva e godeva e continuava a dire “Vengo, vengo, ancora, così, toccamela, mi piace…”
Non potevo durare. “Sto venendo”, le dissi, e lei “Vieni qui, addosso a me, non sporcare!”.
Venni sul suo sontuoso seno, e poi rimanemmo un po’ in silenzio, nudi e ansanti, uno accanto all’altra.
“Dài, tra poco tornano: rivestiti e io mi lavo. Ma da oggi non ci voglio più rinunciare!”.
E fu così. Non solo non rinunciammo, ma imparammo a esplorare insieme i territori del sesso.
Ma questa è un’altra storia…