Peccato mortale
Mi svegliai di soprassalto e quasi inconsapevolmente mi ritrovai seduto sul letto, il respiro ansimante le narici dilatate, gli occhi spalancati nel buio quasi totale.
Avevo sentito un rumore ne ero sicuro.
Cominciai a realizzare, mi trovavo in una stanza d’albergo ero in viaggio per lavoro, nell’oscurità riconobbi l’odore impersonale dei mobili laminati in plastica ma c’era altro, un profumo straniero, buono femminile.
Con i sensi all’erta ero pronto a scattare, ascoltavo silenzioso.
Un rumore, piccolo quasi impercettibile, accesi la luce deciso a scagliarmi verso l’intruso.
La ragazza era vicina all’entrata ed era tremendamente imbarazzata:
-Chi sei e cosa ci fai qui?- Tono cupo.
-La porta era aperta…-
-Non è un motivo sufficiente cazzo!- Mi stavo scaldando.
Lei arrossì chinando il capo:- Devo essere diventata matta, ti ho osservato tutta la sera a cena e ho pensato…-
Si vergognava.
Ero in piedi, ero sceso dal letto, mi guardava, i suoi occhi andarono tra le mie gambe.
Nell’accadere concitato delle cose non mi ero accorto di essere nudo.
Dormo sempre senza indumenti, la notte non li sopporto.
La riconobbi mi ero accorto di lei e mi ero accorto che lei si era accorta di me le avevo fatto dei cenni con la testa e ci avevo scherzato un poco con gli occhi.
Sguardo interessante pensai.
E che bocca, pareva una meravigliosa pianta carnivora!
Mi avvicinai a lei, era tesa imbarazzata, forse eccitata.
Occhi negli occhi, percepivo bene il suo odore ora e sentivo il calore del suo respiro contro il mio petto nudo.
Le accarezzai la guancia, la baciai sul collo.
Un gemito uscì dalla sua bocca, da una bocca tanto bella non dovrebbero uscire simili suoni, mi trovo sempre impotente ed impreparato dinnanzi alla palese manifestazione della bellezza femminile.
Una mano tra quei capelli di pece, lava nello stomaco, il pensiero che diviene istinto, l’anima che ringhia felice.
Un bacio il primo, ruvido con la gola serrata i muscoli che tremano.
Le mie mani che tenevano la sua chioma corvina, che la tiravano costringendola a piegare il capo all’indietro, ed ancora le mie labbra a cercare il suo collo.
Aveva i brividi, il suo bel corpo pieno tremava dalla testa ai piedi, la spogliai, i vestiti sapevano di lei e della sua voglia, vacillai alla vista del suo seno e del suo pube.
Voglia, voglia allo stato puro, voglia che scava dentro la testa e penetra il corpo e lo scorre come una scossa, come un delirio, una smania che ti divora dal di dentro, forte terribile incontrollabile che ti porta a dire e a fare cose che mai penseresti di dire o di fare.
Che ti porta ad essere come mai penseresti di essere.
Stavo in piedi mentre i suoi capelli finivano per coprire il mio sesso, il caldo mi avvolgeva e mi liquefaceva il cervello ed i pensieri tutti, giocava con il mio cazzo come una gatta con un topolino, respiravo a fatica, si muoveva ciucciava si godeva e mi godeva senza darsi ne darmi tregua.
Facemmo l’amore lì senza nemmeno arrivare al letto, la presi forte dentro e fuori, senza sosta senza fermarmi, ansimava veniva godeva, baciavo quella bocca la sentivo dentro di me che respirava folle, mi fermai di colpo, c’eravamo solo noi al mondo tutto il resto era silenzio, secondi di tensione ancora le mani tra i suoi capelli, li stringevo forte e la guardavo, sembrava una cerbiatta con una zampetta nella tagliola, la girai e la presi da dietro forzando il buchetto ad allargarsi alle mie spinte sempre più decise ed alla mia carne sempre più esigente della sua carne.
Pazientemente aspettavo di sentire che si dilatava per entrare ancora fino a quando le sue splendide chiappe piene non toccarono il mio pube.
Rimasi così fermo per un poco come l’alpinista che si gode la vetta prima di ripartire e poi incominciai a muovermi dapprima lentamente poi con fare sempre più forsennato.
Folle indemoniato o meglio folli ed indemoniati, lei teneva ed ampliava i miei movimenti e spingeva se stessa contro di me contro il suo flagello, intanto la toccavo le pizzicavo teneramente la clitoride poi la sua mano sostituì la mia che era andata sulle sue spalle per tirarla a me per spingere ed entrare più forte, per tirarle quegli incantevoli capelli profumati.
Le mordevo il collo e le guance ansimavo al suo orecchio, godemmo entrambi come due selvaggi, violenti scomposti con le gambe che tremavano vistosamente.
Ci accasciammo per terra, esausti madidi di sudore il respiro affannato gli occhi ancora sconvolti.
Guardai il letto era ad un metro da noi, il comfort, la comodità era lì a portata di mano ma nessuno dei due ci aveva pensato nessuno dei due aveva pensato ad altro che a prendersi ed a sfogare i propri bisogni.
Poggiata sopra di me sentivo ora il suo calore dolce, la follia era diventata complicità, sorrisi anche lei era felice, eravamo ancora sconvolti ma ci avremmo ripensato parecchio a quel sogno ad occhi aperti nei giorni a seguire.
Si rivestì ed usci di soppiatto dalla mia camera, un ultimo sguardo, un ultimo sorriso.
E il click della porta mi ricondusse alla realtà, ogni momento è unico ed irripetibile ed è un peccato mortale lasciarlo scorrere via senza averlo vissuto completamente.
L’unico peccato mortale che io riconosca.
Edo