Feci tutto secondo il mio motto: “meglio cinque minuti prima che cinque minuti dopo” e il giorno dopo non avendo più voglia di aspettare, guardinga come un gatto, quando mancava ancora una manciata di minuti, suonai alla porta di Via dei Tigli.
Sentii scattare il tiro automatico che non sapevo nemmeno ci fosse ed entrai. La luce era accesa ma non c’era anima viva. In fretta imboccai la porta con scritto “privato” ed entrai tirandomela dietro velocemente, col terrore che qualche estraneo potesse comparire all’improvviso e vedermi.
La porta della sua camera era aperta e sul letto in ordine era posata la mia tenuta standard e una mascherina diversa da quella del giorno precedente. Era di merletto e tutta traforata e in più, sul pavimento, ai piedi della mia tenuta, risaltavano un paio di scarpe con un tacco improbabile ed incredibilmente alto, di un rosso fuoco; forse era meglio chiamarli trampoli.
Riuscii a mettermi tutto da sola anche se con un po’ di fatica con tutti quei gancetti e calzai anche le scarpe. Cominciai a muovere i piedi da seduta e mi stupii di come le misure di tutto quel corredo mi andassero a pennello senza mai averle comunicato le mie misure. Anche se portavo abitualmente scarpe col tacco, non ero abituata a quei tacchi che mi aveva proposto Luana. Provai ad alzarmi in piedi e mi trovai un po’ impacciata, ma non andavo troppo male. Le scarpe avevano una zeppa piuttosto consistente e facevano nascere più problemi a guardarle che a camminarci su. Mentre gironzolavo per la stanza per prendere sicurezza, sentii la porta aprirsi e vidi Luana che mi guardava sorridente.
“Ciao Maona. A proposito, ieri ti ho battezzato così e da oggi, qui dentro ti chiamerai Maona, sempre che ti piaccia.
Sai? Hai fatto colpo sull’avvocato. Non la smetteva di farmi domande su di te. Quando mi ha chiesto il perché portavi la maschera, gli ho dovuto rivelare che tu sei una freelance occasionale, una dolce sposa che ogni tanto vuole arrotondare le finanze, che porti la maschera e non vuoi parlare con nessuno per non farti riconoscere. Questo l’ha fatto impazzire dal desiderio ed è disposto a sborsare qualsiasi cifra. Pensaci su che le occasioni così non capitano tutti i giorni.”
Come al solito! Lei ci provava e lo avrebbe rifatto ancora, ma sentivo che quel mondo mi stava in qualche modo inquinando dentro. La scoperta che non era più la repulsione, ma la voglia di ampliare le mie conoscenze che guidava ora i miei pensieri, mi fece dubitare che il mio futuro potesse essere ancora come me lo ero sempre immaginata. Cosa mi stava succedendo?
Poi lei mi squadrò con un sorriso.
“Complimenti. Ieri non ti ho detto nulla, ma il camminare con le sole calze non ti donava. Ora è tutta un’altra cosa. Quei tacchi ti fanno un culo che sembri indossare un push-up invisibile.”
Fece una pausa.
“Vedremo se tutto questo darà i risultati sperati, ma se ci volesse più tempo di quello che penso per risolvere il tuo problema, certamente ti farà un gran bene anche familiarizzare con tutte le pratiche che sono certa, piaceranno a tuo marito, ma che sono ancora inimmaginabili per te e io, stai tranquilla, te le insegnerò. Non sono una psicologa, ma più tu ti addentrerai in questo mondo e più prenderai coscienza della sua importanza per te e la tua tensione, secondo me, si alleggerirà.”
Avevo capito tutto! Lei ora intendeva dirmi che dovevo diventare comunque esperta in tutte quelle pratiche amatorie che non interessavano la mia dispareunia. Pensavo alle mani, alla bocca e a quello che lei diceva che avevo rosa e da baciare: il mio culo. Mi spaventavano i termini che ora usavo anche con me stessa. “Misurati questa. È più bella su di te.”
Mi avvicinai allo specchio e con terrore mi accorsi che, una volta addosso, era sì una mascherina abbastanza coprente ma molto meno della prima.”
“Non aver paura nessuno potrà riconoscerti anche con questa mascherina, ma almeno quella veletta non ti sarà d’impedimento nei movimenti della bocca. Vieni, cominciamo. Lasciati la mascherina.”
Mi riprese l’ansia e con lei anche il grumo acido in gola.
“Ma ci sarà qualcun altro insieme a noi?”
“Vorresti fare esperienza con un succedaneo del cazzo? Nel tuo caso, il surrogato non è indicato. Dai vieni, Forza, andiamo.”
“No, ti prego, non farmi questo.”
Piagnucolai.
“No, per ora no, ma portati la maschera dietro e non preoccuparti, Non c’è niente che ti possa succedere.” Mi fece entrare in una stanza da letto tutta specchi e molto ampia, con una toeletta in un angolo. Anche qui un grande televisore occupava la parete di fronte al letto.
“Ora sdraiati sul letto.”
Mi avvicinai al letto e mi tolsi le scarpe.
“No, lasciati le scarpe. Le scarpe non servono per te ma per appagare la vista degli uomini. Quando le indossi lasciatele guardare portandole anche a letto. Sono un segnale e lascia che gli uomini ti identificano.”
Già, ora ero proprio una puttana!
Era un letto matrimoniale che aveva un unico cuscino in centro e io mi ci coricai sopra.
Accostai la mia immagine su quel letto a quella di me su un sudario funebre; era così che mi sentivo dentro e chissà cosa mi aspettava ancora.
Non me ne ero davvero accorta prima. Anche il soffitto era un immenso specchio che rimandava la mia immagine; rimasi senza parole, osservandomi. Che sporcaccioni gli uomini! A loro piaceva vedersi mentre…… Lei andò alla toeletta, prese una serie di oggetti, poi si sedette sulla sponda del letto accanto a me, e posò quelle cose sotto i miei occhi.
“Questi sono dei dildo; il tuo obiettivo è quello grande, ma per ora è troppo impegnativo. È per questo che inizierai da quello più piccolo e, man mano che ti abituerai, passerai in successione a quelli più grandi. Ce ne sono anche altri che sono impreziositi da pietre preziose incastonate sul disco di ritegno, come questo. Come vedi ha un bel rubino e lo puoi utilizzare anche come un gioiello per impreziosire la tua persona nelle occasioni e nelle feste particolari che richiedono la tua presenza con un abbigliamento simile a quello che stai indossando ora. Per ora questo mondo non ti tocca ed è un grande punto interrogativo per te, ma vedrai che pian piano potrebbe anche piacerti.”
Ma davvero poteva pensare che tutta quell’immondizia avrebbe potuto piacermi?
Purtroppo intuivo che quel pensiero era solo scaramantico, perché quelle idee che mi ostinavo a rigettare e che forse mi illudevo di poter cancellare definitivamente una volta arrivata al traguardo, se mai ci fossi arrivata, in realtà stavano subdolamente facendo presa nei miei pensieri. Mi imposi di non pensarci più e di continuare di portare avanti l’unico tentativo serio di salvare il mio matrimonio che fino ad allora avevo tentato.
Erano quattro fusi neri e appuntiti, senza alcuna asperità, con superficie arrotondata e lisci al tatto che proseguendo si restringevano di diametro per terminare in un’appendice piatta e curvilinea, che si allargava senza asperità a formare una specie disco di ritenzione. L’altro era dorato e con una grossa pietra rossa incastonata sul dischetto. Avevo intuito il loro utilizzo, ma non ne ero certa, vista la grandezza e rimasi ancora in attesa, timorosa di sbagliarmi e poi erano da mettere davvero dietro?
Mi porse il più grande, lo presi in mano rigirandolo, pensando davvero di essermi sbagliata sul suo impiego. Viste le sue dimensioni non poteva essere quello che pensavo, quindi chiesi:
“A cosa serve.”
“Serve a far sì che il tuo culo si abitui a qualunque cazzo, per darti modo di provare solo piacere e non dolore. E questo ha davvero le dimensioni di un signor cazzo.”
Allora avevo pensato giusto! Quegli affari che io avevo battezzato nella mia mente vergognandomene, cazzi matrioska perché erano identici, ma di dimensioni variabili, servivano proprio per quello. Io non sarei mai riuscita a far entrare quello più grande nel mio culo; le sue dimensioni erano davvero mostruose. Mi avrebbe squartato. Ma che razza di vocabolario stavo assumendo ormai?
“Questa è una crema emolliente, leggermente anestetizzante che ti aiuterà ad alleviare gli effetti dell’introduzione. Usala sempre anche tu quando ci avrai preso gusto con tuo marito, ma ricordati anche che puoi fare anche una pulizia preventiva per evitare che lui possa ritrovare qualche sorpresina marrone sul suo cazzo. Fatti un clistere con acqua tiepida o con l’aggiunta di un po’ di bicarbonato. C’è anche qualcuno che impazzisce a vedere su di se quella roba. Sarà la tua esperienza a farti capire come procedere.”
Mi sollevò le gambe allargandole e prendendomi per le caviglie se le passò sulle sue spalle inginocchiandosi sul letto davanti a me. Tutto il mio panorama era a sua disposizione. Mi vedevo guardandomi sul soffitto; vedevo la mia fica aperta e d’un rosso acceso che la faceva sembrare una ferita sanguinante. Si abbassò ulteriormente su di me, facendo scivolare le mie gambe sulle sue braccia, allargandomi le gambe ulteriormente e ponendo le sue labbra sulla mia fica. Inaspettatamente mi diede un bacio in cui sentii tutto lo scorrere della sua lingua sulla mia fessura. Non avevo mai vissuto situazioni emozionanti come quella; cominciai a tremare, ma non di paura; mi sentii illanguidire. Chiusi gli occhi quando avvertii il suo dito che mi spalmava la crema proprio là. Poi sentii il dito forzare, cominciando ad entrare dentro di me. Non era neppure troppo fastidioso; non mi faceva male. Per due o tre volte mi spalmò quella crema facendola entrare anche dentro.
Con due dita dell’altra mano mi allargava le mie labbra nascoste, soffiandomi sulla mucosa e accarezzandomi coi polpastrelli.
”Ora facciamo un piccolo intermezzo per far fare effetto all’anestetico.
Hai una clitoride che sembra un cazzetto da quanto è gonfia. Ora non ti muovere.”
Sentii la sua lingua, poi prese un pezzo di me tra le labbra, leccandolo; i miei sensi erano acutissimi, come le sensazioni quasi dolorose che mi dava l’alternarsi della sua lingua su di me e quel dito invadente, ma per niente fastidioso piantato nel mio culo.
“Dai, ci sei quasi. Lo sento dalle tue contrazioni sul dito.” All’improvviso un lampo bianco abbagliante mi accecò la mente. Cominciai a tremare, ma lei continuò a martoriarmi. Mi era scoppiato il paradiso in mezzo alle gambe
e non riuscivo a fermarlo. Sentii la pelle delle tempie raggrinzirsi, come se si fosse staccata e ora potesse tranquillamente vagare e viaggiare su tutto il mio corpo. Lei continuava ad infierire con la sua lingua, ma quando la sensazione di piacere che mi aveva rapito sembrava attenuarsi, subito riesplodeva più forte a sconquassarmi.
Mi sentivo sottosopra e avevo perso il senso dell’equilibrio; respiravo rumorosamente affamata d’aria, provando il terrore di non riuscire a farla arrivare ai polmoni. Le ondate si attenuavano, per tornare, subito dopo a sopraffarmi nuovamente con violenza. La sensazione era quella di essermi allontanata pian piano dalla realtà e di essere trasportata in un mondo magico, finché una sensazione di rilassamento morboso, mi fece riapprodare da quella nebbia che mi avvolgeva, con la percezione di una spossatezza e stanchezza assolute. “Ehi, ma mi stai pisciando addosso. Fermati!”
Improvvisamente me ne accorsi anch’io, ma non avevo più alcun potere e capacità di governare il mio corpo che faceva ormai quello che aveva deciso lui.
Dopo non so quanto, riaprii gli occhi; l’affanno ora aveva ceduto il posto ad una rilassatezza totale e vidi lei che mi guardava sorridente. Chissà perché pensai che, in quel momento, lei avesse la stessa espressione di mia madre quando mi guardava al mattino dopo il mio risveglio. Forse mi ero destata davvero.
“Bene, abbiamo scoperto che sei anche multiorgasmica. Sembri fatta proprio per il sesso. Allora, andiamo avanti?”
Io ero sfatta.
“Sai che non ho mai visto una godere come te? Mi hai quasi spaventato. Pensavo che ti fosse venuto un qualche attacco, che so: un infarto! Nel mio mestiere quasi sempre si finge e ci capita anche di enfatizzarlo, ma mai come è successo a te; nessuno mi crederebbe se lo facessi io. Voltati, mettiti in ginocchio sul letto, affonda la testa nel cuscino e alza il culo più che puoi.”
Mi appariva un’ardua impresa acconsentire alla sua richiesta, ma riuscii nell’intento. Sentii qualcosa appoggiarsi sul mio culo.
“Sei bella unta e morbida. Non irrigidirti.”
Quello, spossata com’ero, non sarei riuscita a farlo in ogni caso.
Avvertii che cominciava a spingere e la pelle cominciava a cedere. Avanzava lentamente e più entrava più sentivo la pelle tendersi, poi, quando mi aspettavo di sentire comparire il dolore, fu come per una supposta: superata la soglia critica di non ritorno, quel “coso” fu risucchiato dentro. La sensazione era di ingombro e di pienezza. Era come qualcosa di tozzo che avevo piantato nel culo e che lo stava tendendo e forzando. Comunque una sensazione strana.
“Come si chiama quel “coso”?
“Si chiama dildo; questo è un plug anale. è andato giù benissimo, anzi troppo bene. Vorrei che provassi anche quello più grande.”
“Sei matta? Quello mi squarta.”
“Ma no, non quello. Questo”
E prese il secondo della serie, lo mise prima in bocca umettandolo poi prese il tubetto di crema e se ne spremé un poco sul dito, spargendola poi su tutta la superficie del dildo.
“Ora proviamo a toglierlo.”
Afferrò il disco e cominciò a cercare di farlo arretrare, ma l’impressione che ebbi fu quella che una parte del mio culo stesse seguendo il dildo. Ora ero supina sul letto con la testa appoggiata al cuscino, quando mi resi conto, guardando lo specchio di lato che era proprio così. Il dildo stava uscendo ma una parte del mio culo lo seguiva. Mentre aspettavo la lacerazione, un “plop” e un senso di vuoto mi fecero capire che era uscito. “Vedi, questo non ha nessuna sorpresina marrone che tuttavia è sempre possibile. Ora proviamo con questo.” Le cose andarono pressoché come nell’introduzione precedente, ma Luana dovette procedere molto più lentamente nella fase terminale, per evitarmi lacerazioni, poiché accusavo un bruciore diffuso in tutta la zona. “Anche questa è fatta. Sei stata bravissima. Se vuoi la mia opinione, secondo me tu sei già a posto per questa pratica e credo che se lasciassi ora, perderesti molto. Tu forse non te ne sei accorta, ma oggi ti ho fatto godere perché tu possa domani insegnare a tuo marito come si fa. Lui non sa e forse nemmeno tu che la tua clitoride e dieci volte più sensibile del suo pisellino e se lo affonda subito può indurti una reazione dolorosa che comprometterebbe il tuo piacere, ma se cercasse di aumentare il tuo desiderio sessuale cominciando a baciarti l’interno delle cosce, per poi avvicinarsi a baciarti le grandi labbra, avvicinandosi poi a stuzzicarti le piccole labbra, a quel punto tu ti sentiresti già bruciare in mezzo a le gambe, e quando attaccherebbe la clitoride tu esploderesti. Sapevi tutto questo? Tu dovrai essere maestra per tuo marito e io ti farò scuola.”
Capivo ora perché inconsciamente avevo visto mia madre in lei, non appena mi ero ripresa da quell’esplosione di …… splendore! Godere mi era ancora una parola difficile da assimilare, anche e soprattutto perché non c’era Francesco.
“Credo che tu abbia ragione. Devo imparare.”
“Sono davvero contenta della tua decisione. Ora prova ad alzarti e dimmi come ti va il culo.”
Mi alzai e, a parte un po’ di fastidio, non andava troppo male. Quando iniziai a camminare mi sembrò invece di essere un po’ goffa perché me lo sentivo andare alternativamente a destra e a sinistra, ma tutto era sopportabile.
“Direi che posso farcela. Spero che mio marito non se ne accorga.”
“Se dovesse accorgersene, dai la colpa al consiglio di un’amica. Piuttosto, riesci a non andare in bagno fino a domani?”
“Sì, spero di si. Semmai domani mi prendo ferie e sto da te tutto il giorno, senza intralciarti il lavoro naturalmente. Aspetta un attimo e guardami se faccio bene. Per ogni emergenza provo a vedere se posso riuscire da sola.”
“No, non così. Prova a scendere dal letto e accovacciati come se volessi fare la pipì sul pavimento. Bene, si così. Ora prendilo saldamente con due mani sul dischetto e punta i pollici; prova ad estrarlo facendolo ruotare un poco; ecco, così. Un po’ a destra e un po’ a sinistra tirando sempre. Ora fermati se no esce davvero. Bravissima! Sei formidabile. Ok, allora ci vediamo domani mattina. Ti va bene alle nove?”
“Benissimo.”
“Lo sai, vero che hai il simulacro di un cazzo notevole piantato nel culo.”
“Davvero?”
“Tu hai una predisposizione naturale per fare la puttana, ma te l’ho già detto, non prenderla come un’offesa; detto da me puoi stare tranquilla che è un complimento. Hai una pelle elastica incredibile. Chissà che tu non possa davvero cambiare idea e fare la felicità non solo di un unico uomo.”
Prima di andare, feci per prendere il borsellino, ma lei mi fermò ancora.
“No, oggi non ho avuto il tempo di verificare quello di cui ti parlavo ieri. Ma non preoccuparti, rimandiamo a domani. Al limite potrei concederti di pagare in natura.”
E ridai! Poi lei per la prima volta mi salutò con un bacio sulla guancia.
Meno male che era presto perché con quel …..come si chiama? Bè, sì, insomma con quel coso piantato nel culo ci misi almeno un quarto d’ora in più ad arrivare in negozio.