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Erano molti anni che non entravo in un cinema a luci rosse. Non so in fondo cosa cercassi, in quel pomeriggio rubato al lavoro. Un appuntamento saltato, anzi no rimandato, per cause di forza maggiore, il mio interlocutore sarebbe stato in ufficio dopo tre ore circa.
E io, col traffico che c’era se tornavo in azienda avevo giusto il tempo di andare e tornare. Oppure sarebbe stato per un altro giorno.
Ma ci tenevo a quell’incontro. Decisi di aspettare.
Camminavo per le strade di una Roma pigra e assonnata, in quel pomeriggio quasi estivo, mi infilai nei vicoli a cercare ombra e vidi l’insegna di quel cinema. Quanto tempo era che non ci entravo.
Avevo tempo. Entrai e un breve capogiro mi colse, per lo sbalzo di temperatura. Presi il biglietto e entrai. Non avevo nemmeno visto che film davano.
Gli occhi non si erano abituati al buio, sullo schermo dei corpi nudi allacciati, le gambe di lei sulle spalle di lui che la montava con colpi di bacino, le natiche lucide e guizzanti. Il solito concerto di gemiti dagli altoparlanti.

Intravidi una fila di poltrone, dei posti liberi e mi sedetti.
Gli occhi si abituavano alla penombra e vidi che un po’ di gente c’era, seduta qui e là. In genere figure solitarie.

All’uomo sullo schermo si avvicino un altro uomo, il cazzo teso e vibrante offerto alla bocca di lui che lo accolse e senza cambiare il ritmo della chiavata a stantuffo prese a succhiarlo incavando le guance.
Ah, dunque era un film bisex, pensai.

Vedere il maschio succhiare quel cazzo mi fece pensare a quella sensazione che non avevo mai provato. Ero molto più interessato a quella scena che alla femmina pur bella e sensuale sotto di loro, il grosso seno che ondeggiava sotto i colpi, i capezzoli duri strizzati dalle dita di lei.

Il cazzo s’induriva nei pantaloni, lo strinsi fra le dita, lentamente, ritmicamente, e s’induriva sempre più.

Venne a sedersi vicino a me un ragazzo. Lo ignorai. Lui aspettò un minuto. Poi si mosse sul sedile, due o tre volte, forse aspettava un segno che non inviai. La mia mano era sempre sul mio cazzo, la stretta delle dita inavvertibile, da fuori, nella penombra di un cinema.

Percepii distintamente la zip della sua lampo dei jeans che scendeva. Si mosse sul sedile, alzando il bacino, facendo scendere i pantaloni. Lo vedevo con la coda dell’occhio. E con questa colsi il paletto di carne che svettava. Si allungò in avanti con le ginocchia e anche senza girarmi potevo vederlo bene, spostando solo gli occhi verso di lui.

Iniziai a guardare più quel cazzo che verso lo schermo. Ero immobile. Mi arrivava alle nari quello che pensavo fosse l’odore di quel cazzo. Ora tenue, ora a vampate forti.
il cuore mi batteva forte e mi sentivo trasognato. Le narici frementi, ad aspirare quell’odore di sesso. Il respiro accelerato e profondo.
Quasi mi sembrava di sentire il calore sul mio viso che veniva da lì.

Mi mise una mano sulla gamba, all’altezza del ginocchio. Lo lasciai fare. Risalì fino ad arrivare al mio inguine, spostò la mia mano prendendone il posto, strinse il pene, massaggiando. Prese la mia mano e se la portò sul suo cazzo. Lasciai fare. Strinsi con le dita ad anello il cilindro di carne e presi a muovere la mano su e giù.

Lui cercava intanto di slacciarmi la cinta, aprire i bottoni. Ma non riusciva e io non lo agevolavo. Mi godevo quella pienezza nella mia mano. tanto mi bastava.

Mi disse, vieni. Si alzò e io con lui, gli andai dietro.
Andammo verso i bagni, erano puliti e con una luce cruda. Lui aveva rimesso il cazzo nei pantaloni ma si vedeva il bozzo. Era quello che si potrebbe dire un bel ragazzo, ma non mi interessava.

Gentilmente mi spinse dentro un wc, entrò e chiuse la porta. Spero che non gli venga in mente di baciarmi, pensai, ma non fece nulla del genere. Si sbottonò i pantaloni e mi mise il cazzo in mano, spingendomi per le spalle a sedermi sul water. Si sistemò davanti a me a gambe aperte, il cazzo puntava verso di me, all’altezza del mio viso.

Era chiaro cosa volesse. Mi avvicinai e aspirai l’odore.
Forse voleva farmelo sentire bene, perchè mi prese la testa come a tenermi a distanza, in modo che non potessi ingoiarlo. Me lo strofinava sulle labbra e sul viso, sulle guance e sotto il naso, l’odore mi stordiva. Solo dopo avermi impregnato bene me lo spinse in bocca.

Con la mano destra lo teneva scappellato, con la sinistra mi teneva la nuca e mi faceva fare su e giù, spingendomelo in gola.
Prese a chiavarmi in quel modo, senza una parola.
Lo sentivo ingrossarsi sempre di più. Presi i suoi coglioni e li sentii duri, risalire. Mi chiesi se mi avrebbe avvertito, se si sarebbe tolto, se mi avrebbe fatto scegliere. Ma c’era un languore in quel non sapere che mi sembrava esaltante.
Il non sapere era la parte migliore. Aprivo il più possibile la bocca, spingevo con la lingua sul frenulo quando entrava e sulla punta cercando il buchetto quando quasi usciva.

Durissimo e vibrante, la cappella che mi sembrava raddoppiata nella mia bocca, mi tenne ben fermo giù. Con le labbra strette sentivo le contrazioni propagarsi lungo l’asta un istante prima che lo sperma sgorgasse nella mia gola.

Solo quando allentò la presa e mi permise di tirarmi indietro un po’ riuscii a deglutire, due grandi sorsate, con un po’ di difficoltà avendo ancora la bocca piena. A quel punto ne percepii il sapore, acidulo e la sensazione densa in bocca.

Lo spremette una, due volte, facendone fuoriuscire una grossa goccia che mi arrivò sulla lingua e che ingoiai.
Mi venne naturale pulirglielo bene, girando la lingua attorno al glande, succhiando.

Si staccò. Fece un sospiro e lo rimise nei pantaloni. Socchiuse la porta del bagno e guardò fuori.
Mi disse, vuoi che ti mando qualcuno?
Dissi, no grazie.
Mi disse ciao e uscì. Chiusi la porta.
Mi alzai, appoggiato al muro, sbottonai i pantaloni e presi il mio cazzo in mano.
Avevo una voglia pazzesca di avere ancora la sensazione della sborra calda sulla mia lingua.
Mi bastò toccarmi un momento, rintracciando sulle mie labbra, arricciandole verso il naso, l’odore di quel cazzo, per venire nella mia mano che portai alla bocca, riempiendola.
Il mio era più dolciastro.

Uscii da quel cinema sconvolto. Mi aspettava un appuntamento di lavoro e io avevo addosso odore di cazzo, di cesso di cinema, e in bocca sapore di sperma.

Autore Pubblicato il: 29 Maggio 2013Categorie: Racconti sull'Autoerotismo0 Commenti

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