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Lettera a F.

Caro F. siamo colleghi di lavoro e anche amici. Ma ultimamente mi sento un in colpa con te. So di essere in difetto.
Mi hai chiesto qualche volta il perchè delle risatine degli altri colleghi. Certe battute che non capivi. Io ti ho detto di lasciar correre, ché sono degli scemi. Gente che non sa come passare il tempo.
Ma in realtà ci sono cose che sanno un po’ tutti meno che te. All’inizio pensavo che anche tu sapessi e facessi finta di niente. Parlo di tua moglie, B.
Pensavo che sapessi, dicevo. E invece mi sono reso conto che non sai niente e sei oggetto dello scherno di tutti quelli che vi conoscono. Per primi i colleghi.

Il fatto è che tua moglie, scusa la franchezza, se la sono scopata un po’ tutti. Se la scopano un po’ tutti, anzi.
Pure io, devo ammetterlo, in un momento di debolezza, purtroppo, ho approfittato delle tua signora.
La carne è debole, si sa. Non avrei voluto, ma quando mi sono trovato lì, non ho saputo resistere. Ti chiedo scusa. E cerco di fare ammenda raccontandoti tutto con onestà.

La storia nasce quasi un anno fa, quando a tua moglie è capitato questo fatto, mentre svolgeva il suo lavoro.
Si è trovata a fare una multa ad una macchina in divieto di sosta e mentre stava scrivendo è arrivato il padrone della macchina con due suoi amici.

Erano degli stranieri. Si scusano dicendole che il cartello del divieto di sosta non si vede e le striscie gialle a terra sono cancellate, e l’unico posto dove si vedono ancora è coperto da un’altra macchina parcheggiata. Ma tua moglie non sente ragioni, per lei è divieto di sosta. Li zittisce e li tratta anche male. Quelli se ne vanno mugugnando, con il foglietto della multa in mano. Lei sorride compiaciuta e continua il suo giro.
Ma quelli hanno deciso di vendicarsi.
La seguono nei suoi spostamenti per un po’ e vedono che finito il turno va a fare la spesa al supermercato. E così escogitano un piano.
Per un paio di giorni la controllano e quando vedono che finito il turno va nuovamente a fare la spesa parcheggiano un furgone vicino alla sua macchina, con la porta laterale scorrevole aperta dalla parte dello sportello di guida dell’auto di tua moglie. Quando lei arriva con le buste della spesa in mano e fa per entrare, in due la prendono e la buttano dentro il furgone. Le mettono un cappuccio e la tengono stretta al collo, dicendole che se fa un fiato l’ammazzano. Lei è terrorizzata e sta zitta. Prova a divincolarsi ma è la stretta che la tiene è veramente forte. Le fa male. Chiudono la portiera, l’altro alla guida parte. Nessuno si è accorto di nulla.

I tre sanno dove andare. In un casolare abbandonato dove già hanno portato un bel po’ di connazionali e negre che hanno costretto a prostituirsi. Le tengono lì scopandole e battendole finché non si ammorbidiscono e sono disposte a lavorare per strada.

Nel furgone intanto, quello che la tiene stretta si è seduto a terra sul pianale e se l’è messa fra le gambe. Con un braccio le tiene stretto il collo e con l’altro le palpa le cosce, le tette. Con le grosse dita le si infila sotto le mutandine e le apre la fica. Lei sente il cazzo duro che le preme sul culo e capisce che la voglio violentare. A fatica cerca di parlare. Dice che quello che stanno facendo è una cosa molto grave e rischiano la galera. Che se la lasciano andare subito non dirà niente.
Ma per tutta risposta quello le da una strizzata fortissima a un capezzolo, le vengono le lacrime agli occhi, e urlerebbe se quello nel frattempo non le stringesse forte il collo, dicendole in un orecchio in un italiano smozzicato: “statti zitta puttana che adesso ti facciamo divertire… ” e continua a toccarla.
Lei allora si mette a piangere, li prega, li scongiura, gli dice di non farle del male, ma quello si incazza ancora di più, le smanaccia la fica tirandole i peli e facendole malissimo: “ti ho detto di stare zitta troiona… hai trovato le persone sbagliate con cui fare la stronza…”

Fra vari sballotamenti arrivano nel casolare. Il furgone si ferma. Aprono la portiera, lei è incappucciata e non vede nulla, la fanno camminare per qualche metro. Sono in due e la tengono ognuno per un braccio. Ma le pare che ci siano altre persone. Più volte le capita di inciampare, e quelli la sorreggono. Ma ad un certo punto invece di tenerla la spingono giù e lei si trova a cadere su una superficie morbida. Sente chiudere una porta e il rumore di una catena.
Gliela girano attorno ad una caviglia, stringendola con un lucchetto. Le dicono che può togliersi il cappuccio. Lei ha quasi paura a farlo. Quando lo toglie vede che è in una stanza senza finestre, dai muri tutti scrostati, l’intonaco che cade a pezzi. E’ su un materasso lercio e l’unica luce è data da lampada a gas da campeggio. C’è una porta di legno rinforzata con delle assi grezze e che si chiude dall’esterno, perché dentro non c’è nemmeno una maniglia. L’uomo che è con lei le sembra proprio uno dei tre a cui aveva fatto una multa nei giorni precedenti, ma ha la luce dietro le spalle e il viso è in ombra. E poi ricordava bene uno, quello con cui aveva parlato, gli altri due no.

“Che volete?” chiede con un filo di voce. Ma quello non dice niente. Si limita a guardarla.
Pochi minuti e la porta si apre e entrano altri due. Sì, sono proprio quelli della multa.
In un primo momento il riconoscerli le da una certa sicurezza. Li conosce, ha la targa della loro macchina, li farà punire questi maledetti. Un attimo li vede trascinati in galera, ammanettati fra ali di carabinieri che li strattonano. Poi in un soprassalto di terrore pensa che se nonostante questo loro si mostrano tranquillamente in viso è perché non hanno paura di lei.
Pensano che non li denuncerà perché l’ammazzeranno. E allora a questo pensiero ha un’ondata di terrore che la travolge e se la fa sotto, non riesce a trattenere le vescica e sente un gran calore in mezzo alle gambe e una pozza che si allarga sotto di lei.

Proprio quello che sembra il capo, il padrone della macchina, era sopra di lei, seduta sul materasso e con il piede la stuzzicava, parlandole nella sua lingua e vede che si sta pisciando sotto.
“questa scrofa sta pisciando… guarda che schifo… ” e le da un calcio fortissimo su una gamba. Manda uno dei suoi amici a prendere qualcosa e quello torna con un rotolo di carta di quelli grossi, da magazzino. Fa un grosso mucchio e si avvicina a lei, le forza le gambe e l’asciuga. Le toglie le mutande zuppe e le butta di lato. Le asciuga la fica e il culo. Poi strappa altri lunghi pezzi di carta e li mette sul materasso.

Intanto però con questa operazione si stanno eccitando. Tua moglie se ne sta con le gambe strette, le ginocchia chiuse dalle braccia, la testa bassa.
Vicino a lei il capo si sta togliendo i pantaloni e le mutande. Resta con la maglietta e le scarpe da ginnastica. Le prende una mano e se la mette sul cazzo.
Lei la tira indietro con forza. Lui la tira e con l’altra mano le molla uno schiaffo potente dietro la testa. Le fa male.
Lei tira ancora. E lui le da un altro schiaffo e poi un calcio.
“fai quello che ti diciamo e ti diverti, fai la stronza e ti ammazziamo… per noi è lo stesso… decidi tu…”
Un altro schiaffo la convince a tenere la mano sul cazzo. Lo sente diventare grosso.

Quello le va davanti, allarga le gambe per mettersi alla sua altezza e glielo piazza davanti al viso.
“ti avverto… non ti far venire in mente di darmi un morso… ” ha un coltello in mano … ” se mi fai male ti taglio la gola da un orecchio all’altro… ”

Lei annuisce e non fa niente quando quello le strofina il cazzo sulle labbra. E’ avvolta dall’odore forte di urina. E’ un cazzo non lavato, ora dovrà pulirlo lei con la sua lingua.
Un pensiero velocissimo le passa per la testa: è grosso, più grosso di quello di suo marito.
Quello le prende la nuca e glielo spinge in bocca. Dove diventa sempre più grosso.

Con raccapriccio si rende conto che anche gli altri due si sono spogliati e sono lì vicino con il cazzo in mano e aspettano il loro turno.
E infatti il capo si toglie e subito un altro si fa sotto. Anche questo pisello è grosso, soprattutto in circonferenza, nodoso e pieno di vene, leggermente storto sul lato, sembra un bastone. E anche questo ha un odore forte di cazzo. Ma ormai l’odore, anche quello della sua urina, la avvolge e non sente più la differenza. Ingolla anche questo cazzo.
E poi l’altro che è ancora più grosso.
Fanno a rotazione. Se la contendono prendendole sgarbatamente la testa. Uno davanti e due sui lati, la tirano da una parte e dall’altra, cercano di infilarle due cazzi in bocca contemporaneamente. Mentre ne succhia uno sente il calore di una cappella sul collo, e l’altra sulla guancia opposta.

La alzano, la spogliano, nuda. La catena alla caviglia le impedisce dei movimenti. La fanno mettere a pecorina sul materasso e uno glielo appoggia alla fica, mentre un altro le si posiziona davanti e glielo ridà in bocca. Si sente allargare la fica e scopre di essere bagnata.

Collabora. Che alro può fare? Cerca di agevolare la penetrazione. A questo punto anche se le fanno schifo, meglio assecondarli ed evitare il peggio. Tanto è in loro balia.
L’altro sta facendo delle foto, il flash scatta in continuazione. Un primo piano di lei con il cazzo in bocca e quello che le tiene la testa e la scopa violentemente. Mentre quello dietro le da delle gran botte e la spinge ancora di più verso il cazzo che l sta scopando la gola. Uno davanti e uno dietro: le viene da dire: che volete che si tocchino? Ma non può parlare.
E abbagliata dalle luci dal flash. E nemmeno si accorge del primo che sta per venire. Si sente inondare la bocca da un fiume di sborra bollente, cerca di aprire la bocca per farla scivolare fuori ma quello la tiene inchiodata sulla sua mazza mentre continua a buttare fuori fiotti di seme dal sapore acido che è costretta a ingoiare. Più di quanto riesca a farlo colare fuori.

Si rende conto che anche l’altro dietro le sta venendo dentro, nella fica. Si sente allagare l’utero. Non prende niente. Forse è anche nei giorni fecondi. Ma quello se ne frega e le sta riempiendo la fica di sborra, tenendo il cazzo ben infisso dentro. Esce da lei e subito entra l’altro. Sente il pisello sciacquare nella sua fica piena di sborra. La pompa e ne fa uscire un po’ che cola per le cosce.
Quello non è soddisfatto. Lo tira fuori e glielo va a mettere in bocca. Così pieno di sborra com’è. Se lo fa leccare bene. La fa sdraiare le monta sopra e le mette i coglioni sul viso.

Poi si appoggia col culo sulla bocca. Spinge. Lei non respira. Si fa leccare dalla punta, lungo tutta l’asta, i coglioni pelosi, il buco del culo. A lei viene da vomitare.
Poi scende le alza le gambe, ma la catena lo infastidisce. La mette nuovamente a pecora e glielo punta sul culo. Lei si dimena. Ma uno degli amici la tiene ferma. Le si siede sulla schiena, la schiaccia, le apre le chiappe e ci sputa sopra. Ci sputa anche l’altro. Le da due forti sculacciate. Poi appoggia il pisello e spinge. Entra, forza. E il culo si apre, con fortissimo dolore da parte sua. Ma non può far niente per resistere.
Il culo si apre e quello guadagna centimetro dopo centimetro. Fino a che ce glielo ha messo tutto dentro. Poi lo tira fuori e spinge di nuovo. Lei urla. Urla.

Si rende conto che è entrata una donna. E’ una nera.
La vede davanti a lei mentre quello dietro la sta inculando ferocemente e l’altro sulla sua schiena la tiene ferma.
Spera che l’altra donna l’aiuti, dica qualcosa. Ma quella sta ferma a guardarla. Sul suo viso non c’è nessuna comprensione.

Lei urla ancora, ad un colpo più forte degli altri che le sta spaccando il culo.
E allora la donna si inginocchia davanti a lei, e le da uno schiaffo: “statti zitta puttana, che strilli come una gallina, non sei la prima che lo prende in culo… non è niente… zitta che hai rotto il cazzo…”

Nel frattempo le hanno tolto la catena.
Così quello che la sta inculando si toglie. La fa girare. Le alza le gambe e glielo rimette in culo da sopra. La tiene tutta piegata con le coscie che arrivano alle spalle.
La nera ride si alza la gonna, si scosta le mutande e le si mette sopra. Le strofina la fica sul viso. Si infila li naso dentro e va su e giù. Si sta scopando sul suo naso. Poi le si schiaccia ancora con più forza sopra e non la fa respirare.
Quello che la sta inculando finalmente viene. Sborra dentro di lei. Lo sente che le riempie l’intestino di fluido caldo.
Mentre la negra le stringe i capezzoli e le dice di tirare fuori la lingua e leccare che se no glieli stacca. Stringe forte e e le fa male, allora lei lecca, fa come le dice.
La negra si gode la leccata della signora bianca schifiltosa.

Lei non capisce subito. Si sente riempire e sente un gran calore. Poi si rende conto che quello che era dentro di lei le sta pisciando nel culo. Una lunga pisciata bollente nel culo. Ride.

Si toglie e ce n’è uno ancora con il cazzo duro davanti a lei. Toglie la nera e vorrebbe incularla anche lui, ma l’altro gli dice che le ha pisciato dentro.
Dice che la troia le aveva sporcato il pisello e aveva bisogno di un bel clistere… Ridono. Quello che la voleva inculare dice che schifo…
dice qualcosa alla nera che esce e torna con un secchio…
ce la fa mettere seduta sopra e glielo mette in bocca… la costringe a fargli un pompino mentre sente che non riesce più a trattenere il liquido dentro di lei, come un clistere, e alla fine cede.
L’imbarazzo la fa morire sentendo i rumori e lo sciaquio nel secchio. Ridono tutti.
Quello che le ha messo il cazzo in bocca, le da dei leggeri schiaffetti.
“su suo spingi… svuota bene…”
Poi prende un pezzo di carta, la pulisce la gira facendola appoggiare al muro e la incula anche lui.
Le fa male. Questo ha il cazzo ancora più grosso. Lei cerca di scappare avanti, ma quello le da un pugno sulla schiena che la fa piegare. E senza troppi complimenti le entra dentro, e inizia a incularla selvaggiamente.

“così impari a fare la stronza, brutta puttana… così impari chi comanda… ti rimandiamo a casa da tuo marito con il culo slabbrato… brutta scrofa… ”

Questo resiste a lungo. Aveva già sborrato e la incula per lunghissimi minuti. Gli piace uscire completamente da lei, vedere il culo che rimane aperto e poi tirarla verso di lui e infilarle il lungo cazzo fino alle palle. E ogni volta le si sente aprire e violare fino in fondo. Fino a che anche questo soddisfatto le viene dentro.

A quel punto le dicono di rivestirsi, lei usa il rotolo di carta per ripulirsi un po’. La fanno salire in macchina e lei ha una paura fottuta che l’avrebbero ammazzata.
Invece le fanno un discorso molto chiaro.
le dicono che a loro non importa niente se lei li avesse denunciati. Ci ridevano. Dicono che tanto non li avrebbero mai trovati, anche se li avessero cercati.
Già altre volte era successo e loro erano ancora qui. Mentre non si poteva dire lo stesso di quelle puttane. Ridono.

Ma non c’era solo questa oscura minaccia.
In macchina le fanno vedere le foto sullo schermo della digitale. Erano centinaia e lei era l’assoluta protagonista. Lei e i loro cazzi ovviamente.
E dalle foto non si vedeva che lei stava subendo violenza, anzi, sembrava proprio partecipe, come loro le facevano notare.
“Guarda come stai succhiando qui… e guarda qui che espressione da una che se la sta godendo… ” Lei toglieva lo sguardo, ma in effetti in quell’ambiente squallido, degradante, con la luce cruda del flash che metteva in evidenza la sporcizia e le macchie sul materasso, sembrava veramente una puttana di quelle da due soldi, una tossica disposta a tutto.
La foto della nera seduta sul suo viso, accosciata come se stesse pisciando e lei che protendeva la lingua per infilargliela nella ficona rosa la lasciò sconcertata.
Ma era proprio lei quella? Non sembrava per niente non consenziente. Per quale strano gioco del destino l’immagine era stata fermata come se fosse lei che tirava verso di sè la donna, come se fosse lei che agognasse a quella fica spalancata. Lei ricordava una situazione obbligata, degradante, chi era invece quella che vedeva nelle foto che si protendeva vogliosa verso quei cazzi duri, che leccava golosa da essi lo sperma bianco e denso, come fosse panna su un cono gelato…

Insomma, loro le dissero che se avesse fiatato quelle immagini sconvolgenti sarebbero finite ovunque. Su internet in generale con il suo nome e cognome, ma nel dubbio le avrebbero spedite anche al lavoro, ai colleghi, suoi e di suo marito, e ai parenti. Così che tutti avrebbero saputo che razza di troia fosse.

Uno di loro si era ancora eccitato e aveva preteso un pompino al volo, mentre gli altri due ridevano e fumavano. Fermi lungo la strada proprio a due passi da casa.

E così era tornata a casa, grata di essere viva, indecisa sul da farsi. Per prima cosa ovviamente una lunghissima doccia a togliersi di dosso quell’odore.
Per fortuna tu quel giorno non eri in casa, lavoravi con i turni.
Si era trovata addosso dei lividi, il culo le bruciava. Aveva anche paura di essere rimasta incinta.
Decise di non andare dai carabinieri. Però andò in consultorio per farsi prescrivere la pillola del giorno dopo.

I giorni successivi si sentiva strana. Si fece un sacco di controlli medici e si tranquillizzò quando risultò tutto a posto. Così le tornavano alla mente certe situazioni e con suo grande sconcerto si trovò a masturbarsi ripensandoci. Poi si faceva schifo, ma non poteva fare a meno di ripensare a certe immagini che le affollavano la mente. Si masturbava in continuazione.

Passarono un paio di settimane e , nel solito parcheggio, di nuovo vide due dei tre stranieri. Stavolta con una macchina diversa. Che la guardavano, fumavano, bevevano birra e ridevano. Fece finta di non vederli, ma quelli la chiamarono: “oè, dottoressa… vieni qui…”
“oè, dottoressa… vieni qui…”

Sentì la gambe tremare. Si irrigidì. Si fermò il tempo che il cuore balzasse in gola e poi tornasse giù. Poi riprese a camminare, sperando che l’esitazione fosse passata inosservata. Fingendo di non aver sentito.
Alcuni passi dopo uno scalpiccìo alle sue spalle e una mano che le prendeva il gomito.
“oè, hai sentito?”
“cosa vuole, mi lasci! ” disse guardandosi attorno, un po’ sperando che la presenza di altra gente li facesse desistere, e un po’ temendo che non ci fosse nessuno che la conosceva.
Ma la gente si faceva gli affari propri. Qualcuno la guardò distrattamente. E quello non la lasciava.
“dai vieni con me non fare storie, bella…”

Docilmente lo seguì alla macchina. L’altro era seduto al posto di guida. La macchina una Bmw.
“dai entra in macchina…”
“no” risponde risoluta.
Quello le stringe forte il braccio e le fa male.
“ti sei scordata che ci mettiamo dieci minuti a sputtanarti per quella gran puttana che sei? guarda qui…” e prese dalla macchina una manciata di fogli formato A4, di carta lucida da foto, e su ogni foglio c’erano due delle sue foto.
“vuoi che li distribuisco al supermercato come volantini?”
“…no…”
“allora sali in macchina…”
“non voglio venire, mi aspettano…”
“non andiamo da nessuna parte. dobbiamo solo parlare…” e le fa cenno di salire sul sedile posteriore.

Lei sale e l’altro sale accanto, sempre dietro. Mentre l’amico era sempre seduto davanti al posto di guida.
Lei è pronta ad aprire lo sportello e uscire, se mettessero la macchina in moto. Ma non lo fanno.

“domani pomeriggio tieniti libera, che hai da fare un paio d’ore…”
“che cosa??? come sarebbe a dire che ho da fare? cosa e dove? e perchè!”
“eh eh quante domande… è una cosa molto semplice. Un amico ha visto le tue foto e vuole farsi un giro con te. Paga bene. Ti fai 200 euro.”
“ma per chi mi avete preso? non sono una puttana… maledetti…” e fa per uscire…

Ma quello le tiene il polso.
“stai calma… non sei una puttana ma ti piace il cazzo, anche se non lo dici, e comunque non hai scelta… se anche non ti piacesse imparerai a fartelo piacere”
“non se ne parla neppure… lasciami stronzo…”
Lo schiaffo parte immediato, secco, sulla bocca. Sente il sapore del sangue dalle labbra.
La mano la prende per la nuca e stringe forte. E’ una mano grossa, le circonda quasi il collo. Con facilità le tira giù la testa.
“tu mi sa che ancora non hai capito un cazzo eh? hai bisogno di un ricordino…”
Velocemente si sbottona la cintura, e fa scendere la zip dei jeans. Con una mano la tiene piegata in avanti e con l’altra caccia il pisello dalle mutande. Glielo scrolla davanti al viso.
“giù…” e la spinge, schiacciandole il viso contro il pene ancora molliccio.
Come ai cani quando si spinge il muso nella pipì per educarli e loro tirano indietro ma le zampe scivolano e la mano più forte ha ragione della loro ritrosia.
Così lei si ritrova sbattuta contro l’inguine, a respirare l’odore che sale dalla biancheria intima del maschio e dal suo uccello che sta diventando ingombrante contro la sua bocca.

L’altro scende dalla macchina e si mette davanti allo sportello posteriore. Così copre la visuale. E quello dentro la prende e glielo mette in bocca e la usa senza ritegno.
Non è un pompino, è una chiavata in bocca, su e giù il cazzo sbatte contro la lingua, i denti, s’infila in gola e spinge sul palato, gonfia le guance e poi di nuovo trova la gola, facendola tossire e sputare.
Quando prende un ritmo meno disordinato capisce che sta per venire. E infatti lui le dice: “chiudi quella cazzo di bocca che sborro e guai a te se mi fai sporcare… hai capito? se mi fai cadere una goccia, una sola goccia sui pantaloni, ti gonfio di botte….”
E quando viene lei sta bene attenta a non perdere niente, stringe le labbra ad anello e si sbriga a ingoiare i fiotti di sperma.
Glielo tiene in bocca fino a che non glielo ha ripulito tutto. Poi la scosta.

“oh… ora tocca a me… “dice l’altro. E si scambiano di posto.
E a B. tocca un altro pompino. Ormai docile, collabora. Cerca di fare un buon lavoro. Lo sega con la mano e lo succhia. E anche quello le sborra in gola e lei ingoia tutto. Lo pulisce e glielo rimette persino nei pantaloni.

“brava… allora hai capito? Domani alle 3 qui, ti veniamo a prendere. Se non ci sei veniamo direttamente a prenderti a casa tua. Chiaro?”

“si. domani alle 3…”

“brava… ti becchi 200 euro…”

“si. ” Esce dalla macchina, frastornata, il sapore di sperma in gola. Il trucco sfatto. Si guarda allo specchietto e si ripulisce con un fazzoletto che le passa uno dei due. Quello più gentile.
C’è gente che va e che viene, nel parcheggio. Nessuno sembra aver fatto caso a lei. Almeno spera.

Il giorno dopo è ancora in quel parcheggio, con il cuore in gola ma anche, è sorpresa, la fica bagnata. E’ dalla mattina che ci pensa e sente delle contrazioni, si sente gonfia e piena di succhi. Ha una voglia tremenda di toccarsi, ma non può. Non ha un momento in cui stare sola. E poi è piacevole quell’attesa, mista a paura.
Il marito F. non sospetta niente. La sera hanno fatto l’amore. Lei gli si è strusciata contro per eccitarlo. Lui voleva dormire ma alla fine si era deciso.
Le era salito sopra e glielo aveva messo dentro.
Nella sua testa si affollavano le immagini dei pompini in macchina. Si confondevano cazzi e sensazioni.
Il sapore acre dello sperma del primo, denso che le rimaneva attaccato alla lingua. E il secondo più liquido e meno forte, ma tanto.
L’odore di sudore muschiato che veniva dai coglioni. La sensazione della mano sulla nuca, le loro parole, i loro gemiti mentre venivano. La sensazione di essere in un posto pubblico, dove poteva essere vista.
Il marito era venuto quasi subito, schizzandole sulla pancia. Nel buio, non vista lo aveva raccolto con la mano e l’aveva leccata, più volte, masturbandosi il grilletto finché non era venuta, ancora con un sapore di sborra in bocca.

E la mattina si era svegliata ancora eccitata, con una devastante voglia di cazzo.
Questa metamorfosi da moglie integerrima a ninfomane affamata la sconvolgeva, ma non poteva farci nulla. Il richiamo del cazzo era troppo forte, con l’alibi del ricatto a darle una buona giustificazione morale.

I due arrivarono, nel parcheggio semivuoto e la fecero salire in macchina, dietro mentre loro erano davanti.
“brava la dottoressa… come siamo in tiro oggi…”
Aveva i capelli biondi legati, gli occhiali e un tailleur che le dava un’aria molto professionale.

Arrivati a una rotonda si fermarono e attesero qualche minuto. Arrivò una ragazza in una mini. Parcheggiò e salì in macchina da loro.
Le presentarono Melina. Mora, alta, begli occhi verde ghiaccio, accento slavo.
Non chiese niente, e nemmeno l’altra.

Arrivarono in un villino e parcheggiata la macchina entrarono. I due avevano le chiavi. Non c’era nessuno.
“preparala” disse uno dei due alla mora che fece un segno con la testa e fece cenno a B. di seguirla.

“Ma cosa dobbiamo fare?” chiese lei. L’eccitazione aveva lasciato il posto ad una vaga preoccupazione, quasi temesse di non essere all’altezza della situazione.
“Non ti preoccupare… dobbiamo solo prepararci per un amico che ha molti soldi e gusti un po’ particolari…”
“Che gusti… particolari?”
“Niente non avere paura… noi facciamo tutto quello che lui dice… finiamo presto e ce ne andiamo con soldi… ok?”

LE fece indossare un reggiseno a balconcino che lasciava scoperti i capezzoli e su quelli passò del rossetto di un rosso scuro che li evidenziava.
Un paio di mutande ampie, con lo spacco in mezzo che lasciava libero accesso a culo e fica, di quelle che indossavano le puttane una volta.
Delle calze a rete con reggicalze e scarpe con tacchi altissimi. Le passò il rossetto anche sulle labbra della fica. E sulla bocca.
Poi le mise un collare di cuoio nero.
“ora aspetta che mi preparo io”

Stivali di pelle nera a metà coscia, nuda, un soprabito anch’esso di pelle e un cappello di foggia militare. I capelli legati stretti dietro la nuca. Un guinzaglio e un frustino.
Le allacciò il guinzaglio.
“Ora inginocchiati e cammina carponi, prova…”

La cosa stava andando in maniera del tutto diversa da come si era immaginata.
Non sapeva cosa pensare. La slava era molto bella, ma lei non aveva alcuna attitudine verso il suo sesso.

Si affacciò uno dei due e disse che l’amico era arrivato.
Malina la guidò al piano di sopra, fatte le scale la fece mettere carponi e quando bussò alla porta e entrarono lei rimase di sasso.
Nella penombra riconobbe senza alcun dubbio il volto noto di un vicino di casa, commercialista, sposato con figli, benestante, con cui aveva anche avuto a che dire ultimamente per come lasciava la macchina parcheggiata.
Abbassò lo sguardo, in panico completo. Quello era vestito e si stava versando da bere.

Malina la guidò con il guinzaglio, spingendola a piccoli colpi di frustino sul culo, verso i suoi piedi.
Beatrice non sapeva se scappare o cosa. Teneva la testa bassa.

“e così questa sarebbe quella nuova…da provare…” disse lui, e lei riconobbe anche la sua voce.
Con un piede sotto il mento fece per farle alzare la testa, ma lei continuava a stare con gli occhi bassi.
Lui prese il gesto come una dimostrazione di sottomissione.
“puoi alzare la testa, schiava… voglio guardarti in faccia…” le disse.

Ora non poteva più nascondersi. L’alzò di sbieco, sperando che nel gioco di ombre, con il trucco pesante, non la riconoscesse.
Ma lui la guardò con attenzione, poi si chinò, la prese per i capelli e le girò la testa all’indietro, in modo da guardarla negli occhi.
L’aveva riconosciuta.
“ma guarda… che bel visino … da signora perbene… una irreprensibile signora per bene che magari ha un bravo maritino e che per arrotondare sfrutta la sua naturale troiaggine e si fa pagare…”

“no non è vero, mi ricattano…” avrebbe voluto dire, ma in cuor suo sperava che se non avesse parlato le avrebbe dato meno elementi per riconoscerla…

“Brutta troia… ” disse lui e le sputò in faccia. Lei si tirò indietro, ma la slava la tenne stretta con il guinzaglio e con il frustino le diede sul culo, forte.
“Stai ferma puttana! ”
Un altro colpo ben assestato che le bruciò le natiche la convinse a stare immobile, mentre lo sputo le colava lungo il viso.
Di nuovo lui le girò il collo verso l’alto. E a pochi centimetri dal suo viso, le disse “apri la bocca…”
Lei la serrò ancora di più.
Allora lui strinse più forte i capelli, tirandole la pelle, e con l’altra mano le serrò il naso.
“apri la bocca… ”
E quando lei l’aprì per respirare le sputò ancora.
Poi sempre tenendola per i capelli, in modo che vedesse, si sputò su una scarpa e le spinse il viso contro.
“lecca cagna, la voglio lucida, brillante…”

“Ti piace andare in giro a rompere il cazzo alla gente vero puttana?… ora mi diverto io… ”
E così l’aveva sicuramente riconosciuta. Beatrice si chinò e prese a leccare la scarpa. La mora si era chinata, accosciata, e la tirava verso il basso con il collare. Poi le prese una manata di capelli dietro la testa, arrotolandoli e stringendoli forte, per poi guidarla su e giù sulla scarpa.
“lecca su, come un cagnolino devi leccare… tira fuori la linguetta… ”

“ora l’altra… fai un lavoro completo… ” disse l’uomo ” e tu aiutala che avrà la bocca secca…”
La mora fece colare la sua saliva sull’altra scarpa e poi spinse B. a leccare. La spinse con forza, mostrando un certo piacere nel dominare e degradare la bionda.

L’uomo insinuò il piede fra le cosce della mora, alzò la punta e iniziò con quella a massaggiare la fica. La slava favorì il movimento aprendosi e abbassandosi sulla scarpa, masturbandosi con essa. Lui teneva il piede alto, appoggiato sul tacco e lei strofinava la fica aperta sopra.
Il trattamento evidentemente le piaceva, perché la scarpa si bagnava dei suoi umori.
E così bagnata finì di nuovo davanti alla bocca di B. che fu spinta a leccarla dalla mora, sempre più infoiata.
“pulisci bene… ti piace il sapore della mi fica? ”
E siccome B. non rispondeva, la colpì col frustino sulle natiche, facendola sobbalzare.
“ti piace ho detto…rispondi puttana…”
“si si… mi piace… mi piace…”

“E allora dagliela Melina… “disse l’uomo. E si accomodò su una poltrona, iniziando a spogliarsi.

La mora, sempre guidandola per i capelli, le girò la testa verso il basso e B. non potè far altro che accompagnare il movimento, volgendo il corpo, fino a che non si trovò sdraiata a terra con la mora che la incalzava per salirle a cavalcioni del viso.
Non appena la ebbe scavalcata, la mano sinistra che la teneva per i capelli e la destra che con indice e medio apriva le grandi labbra, le si accomodò sul viso, attirandola verso di sé, spingendola verso il centro del suo piacere, strofinandosi su e giù in modo che la lingua di B. lavorasse sia il clitoride che l’ingresso della vagina.

Il piacere di dominare la schiavetta si leggeva negli occhi della mora, che brillavano, specie quando si schiacciava il suo viso fra le cosce impedendole di respirare, la bocca aperta in un’affannosa ricerca di aria che incontrava solo la fica bagnata applicata a ventosa sul viso.

L’uomo intanto si era tolto i pantaloni, scarpe, calzini, la giacca, la cravatta e la camicia.
Guardava le due donne toccandosi il cazzo.
Chiamò la mora “vieni qui da me, e tu puttana, piega e metti a posto i miei vestiti”.

Melina gli si sdraiò sopra e cominciarono a baciarsi, mentre B. eseguiva il suo compito. Ed era uno strono spettacolo vedere questa sguaiata baldracca, col rossetto sbafato e il rimmel colato, mentre raccoglieva e piegava e poneva ordinatamente i vestiti su una sedia.

“Brava… ora vieni qui ” disse l’uomo.
B. si avvicinò. L’uomo prese il guinzaglio e la tirò verso terra, facendola inginocchiare.
Se la mise fra le gambe e gli offrì il pisello da leccare. Anzi le appoggiò il pacco di pisello e coglioni sul viso e si sporse verso di lei col bacino…
“usa quella lingua e lecca”
Se la teneva così, con lei che passava la lingua dappertutto, e la mora che la guardava, le accarezzava la testa.
“Fammi vedere come te la fotti” disse l’uomo.
Melina si alzò e andò a prendere uno di quegli aggeggi che si indossano e che la munì di un grosso cazzo di gomma nera.
Se lo bagnò ben ben di saliva e si accomodò dietro B. appoggiandosi e iniziando subito a spingere, penetrandola. Le teneva le natiche ben aperte godendosi lo spettacolo della fica fradicia che accoglieva il grosso cazzo.
“la puttana è tutta bagnata… “disse.
E in effetti B. dava l’impressione di gradire il trattamento, perché cominciò ad andare incontro con il bacino alle spinte della donna dietro di lei.

L’uomo intanto aveva messo su un cazzo di notevoli dimensioni. Inaspettato data la corporatura esile.
Ricurvo verso l’alto, largo, dalla grossa cappella scura. Sembrava un attrezzo per punire. Un manganello.

Con la donna dietro che la scopava e quel cazzo da leccare B. stava perdendo la testa. Le piaceva e stava per venire.
“a questa troia le sta piacendo troppo… fammi vedere che soffre un po’…” disse l’uomo.
La slava estrasse il cazzo che era lucido degli umori di B. e lo puntò sul buco del culo. Con una espressione sadica sul viso non le diede nemmeno tempo di abituarsi, a quell’assenza dentro di lei e prepararsi alla richiesta di entrata. Spinse decisamente, strappandole un grido, subito soffocato dalla mano dell’uomo che le spingeva il viso sui suoi grossi coglioni.

L’inculata quasi a secco la fece lacrimare. E i due sadici accrebbero per questo la loro eccitazione. L’uomo le infilò il cazzo in bocca e la spinse giù strappandole dei conati. Soffocandola.
La donna prese a incularla come se volesse aprirla in due. Sbattuta davanti e di dietro B. era in preda ai due, l’uomo e la sua puttana giocavano con lei come il gatto col topo.

L’uomo si alzò. Il cazzo ben duro e lucido di saliva. Scostò la mora e si mise dietro al posto suo. Le aprì le natiche con i due pollici, un’occhiata al buco del culo e glielo buttò dentro. B. strillò perché il cazzo dell’uomo era più grosso in larghezza del cazzo di gomma.
La slava senza troppi complimenti le cacciò in bocca il suo, col quale l’aveva inculata fino ad un istante prima.
“pulisci bene, che mica lo voglio rimettere a posto tutto sporco del tuo culo da troia… ” le disse la mora… e glielo spinse in gola.
E così datisi il cambio ripresero a martellarla davanti e dietro.

Poi la mora le tolse il cazzo di bocca, lo scostò di lato e le spinse la fica sul viso, spingendola perché la leccasse.
B. lo prendeva nel culo e leccava quella fica, un’immagine impensabile fino a pochi giorni prima, ma a cui pensare, nel mare di sensazioni fisiche che provava, la eccitava terribilmente.
Infatti cominciò a godere col culo, emettendo un lamento continuo, roco e profondo. In quella specie di orgasmo si distraeva dal lavoro di bocca che le veniva richiesto dalla mora, che la richiamò al dovere prendendole la testa e usando il suo viso, bocca, naso lingua, per masturbarsi, fino a venirle in faccia un orgasmo piuttosto bagnato.

L’uomo le venne nel culo. E glielo lasciò piantato dentro per un po’.
B. si toccò e venne di nuovo.

“Guarda questa puttana come gode a prenderlo in culo…” disse l’uomo. “chi lo avrebbe mai detto che la vicina di casa era così troia…”

L’uomo si rivestì. Mentre la slava accompagnò B. nell’altra stanza. Dove c’erano i due aguzzini che giocavano a carte e fumavano.
“si è divertito? ” chiese uno dei due.
“si si… tutto bene…” disse Melina.

“e brave… ora però ci divertiamo un po’ noi…”
Melina non parve preoccupata che la cosa la rguardasse. Evidentemente godeva di privilegi nella banda. Era la donna del capo o qualcosa del genere, perché fece un sorriso e disse “è tutta vostra, cari…” e uscì dalla stanza.

I due cominciarono a smanacciare B. che d’altro canto, era eccitata. Sentiva il pieno di sborra muoversi nel suo intestino.

Senza troppi complimenti uno cacciò il cazzo di fuori e glielo mise in bocca, mentre l’altro si sistemava dietro di lei. Con una mano si toccava il cazzo per farselo venire duro e con l’altra le apriva le gambe e la toccava. Poi appena fu pronto la infilò nella fica fradicia.
Di nuovo presa in mezzo, ma questa volta da due cazzi veri, uno in bocca e uno in fica, B. godeva non poco della sua nuova dimensione da troia.
I due si scambiarono di posto. Uno si mise seduto sul divano, se la fece salire sopra e la infilò di nuovo in fica. L’altro glielo metteva in bocca.

Quello che la scopava le infilò un dito nel culo, sentendola bagnata.
“troia… hai il culo pieno… brutta vacca… non ti sei svuotata….”
“non… ho… fatto… in tempo…. ” B. parlava fra un colpo di cazzo e l’altro, in bocca…
“brutta puttana schifosa… allora sei bella lubrificata…”
E con queste parole, la sollevò e poi la fece appoggiare con il culo sul cazzo durissimo. Una spinta ed entrò dentro di lei come un coltello nel burro.
“sta vacca è piena… ” disse quello. La prese per i fianchi e cominciò a farla impalare su e giù.

L’altro restò a guardare toccandosi il cazzo davanti al suo viso mentre quello aumentava il ritmo dell’inculata fino a venirle dentro.
Poi la fece alzare, sdraiare a terra, le alzò le gambe e la infilò in fica, mentre dal culo che restava aperto le usciva una lunga colata di sborra.

La scopò per qualche minuto e le riempì la fica.
Poi la lasciarono lì per un po’ mentre si rivestivano.

Vatti a lavare, troia, e vestiti, che ti riportiamo dal maritino. Dopo pochi giorni B incontrò il commercialista mentre tornava dal lavoro. Fece finta di non riconoscerlo, ma quello le si parò davanti.
“allora signora, come sta? mi chiedevo se volesse salire un momento su da me…”
“guardi io non la conosco… per cosa ? cosa dovrebbe dirmi?”
“ahahaha non fare la spiritosa bionda… io e te sappiamo benissimo di cosa stiamo parlando… ora o vieni su da me oppure comincio a sputtanarti in giro… e poi non fare la santarellina, lo so quanto ti piace la minchia….”
A B. venne un moto di ribellione. “Senta… se vuole parlarmi di lavoro… parli con i miei agenti, come l’altra volta…” disse. E scrollando la mano che la teneva si allontanò.
L’uomo rimase allibito. Sibilò un “brutta bagascia…rotta in culo” fra i denti. Ma l’idea che forse i tipi cui si era rivolto più volte in passato per avere donne e droga non sarebbero stati contenti di essere saltati da un rapporto diretto in cui non avrebbero guadagnato, non gli era passata per la mente.
Però l’idea che quella puttana fosse lì nei paraggi disponibile alle sue voglie lo allettava. Pensò che avrebbe parlato con gli albanesi o rumeni o quello che erano, per una specie di leasing… un tot al mese a forfait e la disponibilità della troia quando ne aveva voglia…
sorrise al pensiero della puttana in leasing e se ne andò verso casa. Comunque alla prima occasione gliela avrebbe fatto pagare, questo rifiuto. Le avrebbe infilato una mano nel culo. Anzi, no. Un piede nel culo. La immaginò piegata a culo in aria, con Melina che la teneva giù con forza, e lui che dopo averla inculata, e lubrificato il culo con le dita, si metteva della vaselina sul piede e le entrava dentro, mentre la bagascia strillava. Brutta puttana.

Mentre era preso dai suoi pensieri salì in macchina, fece manovra e andò a toccare lo sportello di una macchina ferma in doppia fila.
Scese dall’auto, e scese anche il proprietario del mezzo.
“scusi, purtroppo non l’avevo vista, ero sovrappensiero…”
“sono cose che capitano… io sono il marito di quella signora con cui stava parlando prima…”
Accidenti. Il marito… bel coglione, se non si era accorto di nulla. Eppure dai toni usati, dai gesti, avrebbe dovuto capire qualcosa.
“ah, si… piacere… conosco la signora per … lavoro…”
“si, immaginavo… stavo aspettandola… è salita su a prendere una cosa… comunque non si preoccupi per la macchina non è successo nulla…”
Scambiarono altre due chiacchiere. Il commercialista si informò sul lavoro del marito: guardia giurata.
La cosa lo preoccupò un minimo: era uno che aveva disponibilità di un’arma.
Ma parlandoci si rese conto che era proprio lontano anni luce dal sospettare qualcosa.
Addirittura gli stava dicendo che se le serviva qualcosa da sua moglie sarebbe stato lieto di lasciargliela per il tempo necessario.
Lo guardò cercando di capire se c’era un doppio senso nella sua voce. Magari era uno di quei cornuti che ci godono a sapere la moglie sfondata da qualche maschio, che le trovano i cazzi. Ma non sembrava ci fosse un tono allusivo nelle sue parole. No, sembrava solo un coglione. Un deficente. Meglio così.
“Guardi, mi farebbe una grossa cortesia, se sua moglie potesse seguirmi su a studio, un momento, dovrei mostrarle delle cose…”

In quel mentre arrivò la donna, che li guardava con gli occhi spalancati.
“Beatrice, il dottore qui vorrebbe che lo accompagnassi a studio che vorrebbe farti vedere delle cose di lavoro…”
“eh ma cosa?”
“eh non lo so… qualcosa del lavoro tuo, mica mio…”
“si, signora, si tratta di cose del piano regolatore comunale, magari lei ne sa qualcosa…”
“io. ma no non credo…”
“e dai Bea, il signore qui è così gentile… ”
“Guardi, se vuole può salire anche suo marito, così vi offro qualcosa, magari ci attende nella sala d’aspetto, c’è anche la TV”
“ma si dai… andiamo Bea…”
Lei lo guardò stralunata, pensando che aveva veramente sposato un coglione.

Salirono nell’appartamento studio.
Si accomodarono nel salotto sala d’aspetto. Il commercialista versò una generosa dose di whisky a Francesco che si sedette.
Accese il televisore e disse “ora gliela rubo un momento, tornerà subito, non gliela rovino”
Il marito rise alla battuta: “faccia, faccia con comodo dottore…”

Appena nell’altra stanza, chiuse la porta, si girò verso la donna che lo guardava scuotendo la testa.
Lui le fece cenno di stare in silenzio. Con un gesto della mano le indicò la patta dei pantaloni.
Lei rassegnata si sedette davanti a lui, tirò giù la lampo, aprì la cintura, tirò giù con un gesto mutande e pantaloni, e il cazzo già bello grosso le balzò in faccia, odoroso.
Lo imboccò subito. Si sentiva la televisione nell’altra stanza, e il marito che cambiava canali.
Cominciò a pompare mentre il pisello le cresceva in bocca, diventando sempre più duro.

Pensava di cavarsela con il pompino. Ma l’uomo la fece alzare, le sollevò la gonna, tirò giù le mutandine al ginocchio, la fece appoggiare alla porta che li divideva dal marito e glielo infilò nella fica con un colpo solo. Lei trattenne a fatica un gemito. La scopò per qualche minuto, e senza dirle una parola lo sentì irrigidirsi dentro, e irrorarle la fica di una lunga sborrata.
Restò dentro di lei abbastanza a lungo.
“Prendi la pillola?”
“si” se l’era fatta segnare dal ginecologo e aveva cominciato a prenderla.
“peccato… pensa se adesso uscivi ingravidata, quel coglione di là non si accorge di nulla comunque…”

Le tirò su le mutande, giù la gonna, e con una pacca sul culo la spedì fuori. Dal marito.
“Grazie mille signora dle suo parere…alla prossima ” disse affacciandosi per salutare il marito.

Uscirono e nell’ascensore lui le chiese cosa avesse, che era rossa in faccia.
“ho caldo… ” tu non senti caldo?
“no io no…non mi pare…”
“beh io si…”
Andarono verso la macchina.
“cammini male, che hai?” disse lui.
“niente… ho caldo ti ho detto…”
E camminava male, in effetti, sentiva la sborra colarle fra le cosce e non vedeva l’ora di entrare in macchina.
Mise due fazzoletti sul sedile.
“che fai?”
“fa caldo… metto i fazzoletti per non sudare…”
“ah”

E quando poi arrivarono al supermercato e uscì dalla macchina i fazzoletti erano bagnati, lei li appalottolò e buttò via. Ma lui non ci fece caso, che di sborra erano intrisi e non di sudore. Anche se l’odore di sborra aveva invaso la macchina. Lui non si era accorto di nulla.

Autore Pubblicato il: 14 Novembre 2012Categorie: Racconti Cuckold, Racconti di Dominazione, Racconti Erotici Etero0 Commenti

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