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Era passato il primo “compimese” di M. ed i suoi progressi erano stati straordinari. Se la ragazza era evidentemente portata ad essere trattata da inferiore, avrei dovuto ammettere che molto del merito andava anche a Luigi e alla sua volontà di collaborare all’educazione della fidanzata, senza colpi di testa o fughe in avanti, ma attenendosi scrupolosamente a quanto gli veniva suggerito. Visto che era stata brava gli dissi che poteva finalmente acquistare un collarino, il più elegante e fine possibile perché era una ragazza sensibile, ma di non acquistare ancora il guinzaglio. Il collare doveva essere lasciato in vista nella loro mansarda, in modo che M. iniziasse a desiderare di portarlo.
Giovedì, al telefono mi disse che aveva comprato la casa per le loro nozze, un bel 150 mq nel centro storico della nostra città, e che M. era quasi impazzita dalla felicità, promettendogli che avrebbe fatto tutto quello che volevamo, per sempre.
Gli feci la mia proposta per la lezione del successivo sabato sera: sapevo che ballava il liscio e avevo pensato di portarla in balera.
Luigi fu d’accordo.
Qui da noi, le balere sono spesso luoghi più trasgressivi delle discoteche ma che favoriscono molto più il parlare e le relazioni. Ad esempio, le balere alle 22 sono già piene. Ci vanno persone di tutte le età e avremmo potuto scegliere quella più adatta.
Sarei andato a prenderli io nella loro mansarda, ma mi serviva almeno qualche minuto per controllare i miglioramenti di M. prima di portarla fuori.
Per i vestiti da mettere dovevo cercare di renderla provocante senza che sembrasse una zoccola. Chiesi perciò che indossasse una minigonna cortissima e una canottierina di cotone, attillatissima e possibilmente trasparente. M. poteva scegliere i colori, perché di solito aveva buon gusto.
Non doveva mettere reggiseno, e invece delle mutandine volevo lo string: il perizoma senza triangolino di cotone dietro, tenuto assieme solo con dei fili. Niente calze, scarpe non basse, alte il giusto, ma molto eleganti. Sopra un cappotto lungo, da togliere solo entrati in balera. Noi saremmo stati in casual.
Arrivai da loro dopo cena, verso le 20.45. Lei, docilissima, mi aspettava nell’ingresso, inginocchiata sempre nuda, ma questa volta con un reggicalze giallo e delle scarpine bianche. Notai che aveva già i capezzoli induriti.
In sala, mentre M. serviva umilmente un amaro, chiesi se avevano trovato i vestiti richiesti.
“M. abbiamo pensato che per la lezione di stasera usciremo… Visto che balli il liscio potremmo andare in balera, che ne dici?”.
“Ma tu sai ballarlo? Perché Luigi non è capace…” rispose lei con umiltà.
Tacqui senza risponderle, ma la mandai a vestire, quindi la feci sfilare davanti a noi… aveva scelto una minigonna ascellare rosa e una canottierina bianca… la coprii di complimenti.
“Vedrai quanti altri vorranno diventare tuoi morosi stasera”. Quando capì che con quei vestitini non avrebbe ballato con me, arrossì violentemente, ma non disse nulla. Cercavo di non forzarla, ma avevamo ormai passato il compimese e non volevo permetterle di rifiutarsi…
Feci finta di nulla e continuai a parlare con Luigi del più e del meno… cercai però di tenerla calda stuzzicandola con palpatine davanti al suo lui… ma il massimo che feci fu di farla mettere un attimo a 90 gradi sul tavolo infilandole un ditone nel buchino del sedere.
Sussultò, ma si lasciò fare tutto, il rossore calava ad ogni esercizio ed era sempre bagnatissima.
Per farla definitivamente calmare la mandai in bagno al buio, a fare un po’ di esercizio mentale, questa volta pensando ai “fidanzati” che avrebbe avuto in balera.
Approfittai di quei momenti da soli per tranquillizzare Luigi e spiegargli come ci saremmo mossi in balera.
Quando uscì era rassegnata al gioco previsto ed era calma. Era pronta.
Andammo con la loro macchina.
Il nostro ingresso nella gigantesca sala non passò certo inosservato: la maggior parte delle donne presenti era più vecchia di M., con un’età media sui 35 anni. Gli uomini erano più numerosi delle donne; non mancavano ragazzi della nostra età.
Insomma, anche se non era una velina per via dell’altezza, M. faceva buona concorrenza a tutte le presenti e decine di occhi ci seguirono invidiosi con lo sguardo.
C’era tantissima gente ma Luigi aveva prenotato un posto. Nelle balere delle nostre parti, attorno alla pista si snodano tanti salottini aperti composti da divanetti disposti a semicerchio e un tavolino al centro.
Ci arrivammo tenendo M. per mano entrambi, per umiliarla da subito, quasi fosse una ragazza con due fidanzati.
M. capiva ma subiva, abbastanza serena.
Luigi ordinò una bottiglia intera di whiskey e tre bicchieri. Le facemmo bere un paio di bicchierini per scioglierla, poi demmo corso al nostro piano e ci guardammo attorno.
Davanti a noi la pista da ballo, a destra due coppie sui 40, a sinistra tre ragazzi un po’ più giovani di noi. Studenti universitari, quasi sicuramente, ma con gli occhi già incollati alle splendide gambe di M.: non avremmo fatto molta fatica.
Era seduta e la minigonna era cortissima, al punto da scoprire un pezzetto di gluteo. Stava composta, sorrideva come le avevo raccomandato, guardava la gente ballare il valzer.
La invitai ad alzarsi in piedi e seguire la musica accennando i movimenti del valzerino, da sola. Quindi, come d’accordo, fu Luigi a fare la prima mossa nei confronti dei tre, per aiutare M.: “Non sappiamo ballare il liscio, e la NOSTRA ragazza ne avrebbe VOGLIA”, disse rivolgendosi ai tre alla nostra sinistra. Aveva volutamente calcato la voce sulle parole “nostra” e “voglia”.
Scattarono in piedi e il più audace si rivolse direttamente a M.: “sarei onorato se volesse concedermi questo ballo, signorina. Uno DEI SUOI FIDANZATI ci ha detto che potevamo sperare…”.
Galante il tipo, però! M. si alzò. In pista, dopo un primo irrigidimento M. si rilassò: anche il ballo aiutava, e molto.
Mi convinsi che sarebbe andato tutto benissimo.
I due rimasti traslocarono sui nostri divanetti, con gli occhi incollati alla “nostra” fidanzata. Bene: avendoli vicini, avremmo avuto modo di far capire ai tre che non facevamo obiezioni a nulla.
Man mano che se la passavano tra loro per un valzer, una mazurca o una polka, M. sorrideva e si rilassava divertendosi. Tra un cambio e l’altro, l’aiutavamo a sciogliersi con un sorsetto di whisky.
E, a turno, ad ogni ballo, i tre si facevano più audaci: prima un sorriso, poi una carezzina, poi un bacetto sulla guancia… la mano scesa dalla vita al fianco; la stretta sempre più aderente.
Iniziarono i lenti e i tre, nonostante fossero visibilmente galvanizzati, non ebbero il coraggio di farla ballare con le luci basse: tornarono a sedersi.
Eravamo in sei, stretti l’uno all’altro: toccava a me.
“M., hai ringraziato i tuoi nuovi amici?”
“Scusa, non l’ho fatto. Lo faccio ora: grazie Arturo, grazie Giulio, grazie Luca”, rispose M. docilmente e senza perdere il sorriso.
L’alcol le toglieva i freni inibitori, ma non la volevo ubriaca.
“Ma M., loro sono venuti in balera per conoscere qualche ragazza e divertirsi… e tu li ringrazi solo così? Non mi sembra giusto!”.
Nonostante la musica soft, si era creato un silenzio teso tra tutti noi. Continuai.
“Luigi, sei d’accordo che i nostri amici posso chiedere qualcosa di più alla NOSTRA fidanzata?”.
“Ma è sicuro!”, fece lui, “Così non basta… se volete, visto che lei è un po’ vergognina, prendete voi l’iniziativa”.
Era fatta, le carte erano scoperte.
Il primo dei tre a riprendersi, mise delicatamente la mano attorno al collo di M. e l’attirò a se’. Appoggiò le labbra a quelle di M. M. lo lasciò fare. Fece entrare la lingua mentre l’altra mano scendeva ad accarezzare le splendide gambe della nostra aspirante schiava.
Il whisky, la musica dolce, le luci basse, l’educazione dei tre… M. ricambiò il bacio. E una sua manina andò ad accarezzare i capelli di Arturo.
Si alzarono, Arturo prese coraggio… era il momento dei lenti.
In pista si abbracciarono strettissimi: probabilmente M. era ormai vinta, sciolta, in preda alla voglia d’amore.
La mano di Arturo, sotto la mini… le braccia di M. abbandonate attorno al collo di Arturo… la mano di Arturo che alza la mini… M. che, vinta, appoggia docilmente il visino sulla spalla di Arturo e si lascia accarezzare il culetto, scoperto, in mezzo a tutti… Arturo che, spingendo sul culettino di M. se la sfrega contro la patta…
Tutti e 4 guardavamo con attenzione, finché Giulio volle la sua parte e prese il posto di Arturo.
La scena si ripeté. M. lasciava fare, era vinta, sicuramente moriva dall’eccitazione.
Fu la volta di Luca, e rifecero le stesse cose.
Quando le luci si riaccesero non avevano più voglia di ballare.
La presi vicino a me facendo segno a Luigi di tenerla per mano: la mia mano, invece, scese a sentire lo stato della sua micina.
Lo string era fradicio, adesso. Al contatto con la mia mano, M. chiuse gli occhi e si mise dolcemente a mugolare e sospirare piano piano, come faceva sempre.
I due seduti dalla parte opposta alla nostra si potevano godere lo spettacolo delle gambe di M. aperte, ormai molli, dello string inzuppato e della mia mano sulla sua passerina.
M. superava ogni mia aspettativa. Era mezzanotte e non ebbi più dubbi: “Andiamo da qualche parte?”, dissi con un tono complice.
Arturo, indubbiamente il più coraggioso, col pomo d’Adamo che andava su e giù mi rispose: “Noi abitiamo a due passi da qua. Proprio all’angolo. Veniamo da Cosenza, facciamo l’università e per questo dividiamo un appartamentino. C’è un po’ di disordine, ma se non vi formalizzate… abbiamo musica e birra”.
All’angolo… che colpo di fortuna!
“Andrà sicuramente bene, andiamoci di corsa, dai”, conclusi.
Ci muovemmo subito. Nei pochi metri del percorso dalla balera, avevamo lasciato M. a farsi coccolare tra le braccia di uno e poi dell’altro.
In tre minuti eravamo in uno squallido appartamentino da universitari.
Ma le camere da letto c’erano.
Arturo, che ormai avevamo capito era un po’ leader del gruppetto, se la portò direttamente in camera.
Purtroppo chiuse la porta.
Uscirono dopo un’oretta, M., completamente nuda, andò direttamente in bagno. Facemmo in tempo a vedere che arrossiva incrociando il nostro sguardo.
Arturo venne verso di noi, si allacciava i jeans. Non avemmo bisogno di chiedere nulla, da bravo meridionale, appena ci raggiunse ci rese partecipi:
“Che figaaaa!!!! Ha goduto almeno cinque volte! Fa e si fa fare di tutto… e che bocca! Me la sono anche inculata! e le piace tutto!”.
Giulio e Luca furono morsi da una tarantola e si alzarono di scatto, insieme.
“Ehi, calma! Abbiamo tutta la notte… Uno alla volta, almeno per ora…” feci io, scoppiando a ridere.
Ridemmo tutti e toccò a Giulio: anche loro quasi un’ora… uscirono che erano quasi le due.
Per prevenire Luca, andai ad aspettare M. mentre si puliva in bagno, non senza aver prima rassicurato l’ultimo dei tre: “L’avrai anche tu, tranquillo. Ma lasciami fare, la NOSTRA FIDANZATA è la prima volta che fa sesso con sconosciuti. Voglio solo vedere come sta e se se la sente di fare un giochino più spinto. Sarà una sorpresa. Ma stai calmo e fate tutti silenzio, per favore”.
Volevo farle fare un altro passo.
“Luigi, per favore, vieni anche tu, è meglio se siamo tutti e due sicuri che sia tranquilla”, aggiunsi.
M. uscì. Si era pettinata e rifatta il leggerissimo trucco… era bella, direi radiosa.
“Come va? Non sei già stanca vero?”, chiesi, e intanto mi avvicinai alla bocca per capire se avesse lavato i denti. Arrossì e restò zitta: fece solo un “no”, muovendo la testa. Ma i denti se li era lavati. Le diedi un dolcissimo bacio in bocca. Luigi, dopo, mi imitò. M. ricambiava, abbandonandosi, come una ragazza innamorata.
La guardai, era sempre nuda, ma stavolta aveva rimesso le scarpine alte e aveva ancora i capezzoli duri. Bellissima.
“Stai facendo passi da gigante. Sono tanto soddisfatto di te. Ma dì qualcosa dai”.
“Io… Luigi: se non sei arrabbiato con me… insomma… io… vi amo”, disse con un filo di voce.
Piccola, dolcissima M.!
Allungai la manona tra le sue belle cosciotte: bagnata, ancora bagnata!
“Sei stata bravissima, sai? Ma… dovrai farlo anche con Luca, lo sai?”.
“Lo so”, e sospirò… ma un angolino birichino della sua bocca sorrideva.
Non volevo forzare ma… adesso o mai più.
“E.… te la senti di fare un passo in più?”.
Abbassò gli occhi e quasi sottovoce emise un: “Che cosa?”.
Un rapido cenno d’intesa tra me e Luigi e poi sparai: “Prova a fare la schiava con Luca, come fai con noi. Ma sei libera di scegliere tu fino a dove umiliarti”.
Un cenno d’assenso con la testolina, uno solo. E il respiro che ridiventa subito affannato, assieme al rossore del suo visino.
“Calmati. Prendi una bella boccata d’aria e quando vuoi vai. Sono di là, tutti e tre”.
Li lasciai soli, con Luigi che la baciava, accarezzava e diceva nell’orecchio cose che non so.
Di minuti ce ne vollero dieci: io riuscii a far stare calmo Luca, lo rassicurai e lo dissi di prepararsi a qualcosa di speciale.
Poi, serissimo: “Non approfittare, però, di quello che vedrai adesso. Te ne farei pentire, Luigi è ricco sfondato e non hai idea di cosa possa fare uno con le sue possibilità. State tutti calmi e cercate di conservarle rispetto e educazione. Vi assicuro che M. non è una troia e per lei sono cose molto difficili. Datemi retta, aiutatela ad essere a su agio, e vedrete che non dimenticherete questa serata facilmente”.
Mi offrirono una sigaretta, non fumo, ma accettai per sdrammatizzare.
Sottovoce chiedevano qualcosa su di noi, soprattutto su di lei e sulla possibilità di riaverla.
Dissi il minimo indispensabile, aggiunsi che non potevamo escludere di ridargliela ma che tutto dipendeva dal loro comportamento.
Riprendemmo a scherzare e ridere sottovoce, finché… M. varcò la soglia del salotto, Luigi la seguiva a un paio di metri dietro.
Era serena, anche se visibilmente imbarazzata perché indossava solo le scarpine alte.
Avanzò fino davanti a Luca… piegò prima un ginocchio poi l’altro.
Allargò leggermente le gambe, come per mostrarsi e offrirsi.
La sentii sussurrare una cosa che speravo dicesse fin da quando l’avevo vista la prima volta: “Sono un’aspirante schiava di piacere… il signor Luca potrebbe farmi l’onore di usarmi?”.
Luca strabuzzò gli occhi, anche gli altri non credevano a quello che vedevano e sentivano. Dopo un attimo, slacciò i jeans, sbottonò la patta, lo tirò fuori ancora moscio e disse un eloquente: “Accomodati pure”. Aveva un uccello normale, forse un po’ più di grande di me, sui 18 cm.
M. avanzò sulla ginocchia fino a trovarsi tra le gambe del ragazzo, glielo prese in mano, chinò la testa, chiuse gli occhi e cominciò a leccarlo, lentamente.
Ma il ragazzo perdette la testa a vederla così indifesa tra le sue gambe: le mise una mano sul la nuca impedendole di arretrare e, anzi, spingendola senza garbo sul suo pene. Certo gli piaceva possederla così, la bocca completamente spalancata con i denti bianchi in vista, affondarle violenti colpi del suo membro in bocca. Lo lasciava uscire completamente ma poi lo affondava fino ad urtare il fondo della gola.
M. era brava, anche se 18 cm. entravano con difficoltà, quasi per intero.
M. tossiva e quel senso di soffocamento le incominciò a ricoprirle il viso di grossi lacrimoni, ma restava sottomessa.
L’uomo incominciò a metterla alla prova stantuffandole in bocca il suo membro senza sosta per lunghissimi secondi, impedendole così di ingoiare la gran quantità di saliva che quel tormento le faceva produrre. Vedemmo il suo liquido salivare colarle a terra lasciando lunghi fili appesi al suo mento ormai grondo ed impiastricciato.
Quando il ragazzo estraeva il suo membro per brevi attimi, M. approfittava per aspirare quanta più aria poteva, rimanendo con la bocca spalancata e cordoni di saliva che mantenevano in collegamento le sue labbra al suo glande.
Luca andò avanti a scavarla in gola per un po’ finché non incominciò ad accelerare il ritmo delle sue spinte e la stessa forza che le imprimeva sulla nuca. Stava per esplodere ed M. ne ebbe la conferma quando lo sentì incominciare ad emettere un lungo e roco gemito di soddisfazione, mentre lui le teneva spinto il grosso arnese fermo nella sua gola urlandole: “Dai troia, bevilo fino all’ultima goccia!”.
Dall’angolo delle sue labbra socchiuse sfuggì via solo un piccolo rivolo di crema bianca… Ora non sapeva cosa fare, non osava guardarci per la vergogna di chiederlo… rimase per un attimo con il viso rivolto all’ingiù e le guance gonfie di sperma… prima di deglutire e permettere al liquido di Arturo di scivolarle in gola.
Che spettacolo!
Luigi non aveva resistito e se l’era tirato fuori per menarselo, ma anche io l’avevo durissimo e, dall’espressione, anche Arturo e Giulio erano visibilmente eccitati. Luigi si spogliò velocissimo e si precipitò dietro ad M…. le spinse la testa in giù, fino al tappetone e la prese alla pecorina, entrando senza particolari difficoltà: “E’ fradicia, la mia fidanzatina schiava è fradicia… le è piaciuto!”
I due ragazzi si alzarono e dopo aver rimirato per qualche attimo lo stantuffare del fidanzato, le alzarono il busto e il visetto, si posizionarono davanti ad M., abbassarono i jeans ed esibirono due uccelli di nuovo completamente in tiro. Arturo era normale come me, ma Giulio aveva un cazzo enorme, direi intorno ai 20 cm.
M. se li ritrovò alternativamente in bocca… non dava più segni di vergogna, mugolava, e succhiava i due cazzi come una brava bambina il lecca-lecca.
Ruppi ogni indugio: “E’ ora che sia farcita!”, dissi.
Suggerii a Giulio di distendersi sotto M., che era sempre a gattoni, e a Luigi di lasciargli il posto nella fighetta.
Penetratala, M. non resistette ed ebbe subito un bell’orgasmo, accasciandosi sul corpo del ragazzo.
Feci un rapido cenno a Luigi per dirgli “inculala prima tu”.
Luigi eseguì con gioia: “Sì! M. è bella strettina, dovete sentire anche voi che roba!”.
M. lo accolse tutto, non era difficile, strabuzzò gli occhi, li richiuse e posò la testa sul petto di Giulio.
Non fosse stato per i mugolii e il respiro affannoso si poteva credere che stesse riposando. Approfittai di quei minuti per spogliarmi anch’io e mi feci lasciare il posto da Luigi.
Avvicinai lentamente la punta del glande alla rosellina del suo buchetto bagnata di umori vaginali.
“Uno si metta vicino alla bocca nel caso dovesse urlare, non deve sentire nessuno”.
Poi, rivolgendomi agli amici: “Sono tre settimane che voglio farmi questo splendido didietro, lo farò lentamente, ma fino a farglielo sparire completamente dentro, deve avere il tempo di assaporare ogni centimetro e sentirsi il suo bel culetto che lentamente va riempiendosi”.
Spinsi piano e lo sfintere teso cominciò ad avvolgere la punta allargando l’anello di carne sempre di più.
M. reclinò la testa di lato e aprendo la bocca inizio ad emettere un gemito più forte che durò per alcuni secondi. Era venuta di nuovo, ma non le servì ad ottenere un momento di sosta.
Fu presa completamente dal mio palo di carne che la trafiggeva risalendole l’intestino fino a che non sentì il mio pube e i suoi peli contro le sue morbidissime chiappette.
La lasciai così per qualche secondo, impalata e con i fianchi un po’ sollevati dalle mie mani, con gli spasmi e le contrazioni che sentivo crescere.
Con tutta la dolcezza che potevo in quel momento, chiesi ad M. di farci capire con parole sue che tutti gli uomini della terra avevano il diritto di incularsela. Pur con gli occhi chiusi era ben sveglia e tra un mugolio e l’altro sentimmo la sua vocina sospirare: “padroni, vi prego di farmi l’onore di provare tutti il mio culettino”.
Glielo feci sentire per bene entrando e uscendo una decina di volte, sempre lentamente, che se lo gustasse tutto e poi feci cenno ad Arturo che toccava a lui.
Mentre gli lasciavo il posto notai che Giulio continuava a fotterla con enorme piacere da sotto, ma anche che Luca si stava alzando dal divano, di nuovo quasi in erezione, e si portava davanti ad M.
Arturo non ebbe i miei riguardi: approfittando del fatto che ormai la ragazza era bene aperta, le entrò tutto nello sfintere col primo colpo.
M. si limitò a fare un mugolio più forte degli altri: ormai era vinta completamente. Luca le fece rialzare il busto fino a portarselo all’altezza del cazzo, le aprì la bocca con le mani e lo spinse dentro.
Ora era davvero farcita dai tre universitari contemporaneamente.
M. sentì di nuovo salire quella nuova sensazione di onda che incominciò a stravolgerle i sensi. Esplose in un altro orgasmo, gemendo dolcissimamente. Non seppe mai dire se quello fu un orgasmo che non aveva mai conosciuto prima, ma furono però le ultime sensazioni che ricordò, perché la vedemmo reclinare il capo su di un lato e crollare tra lo svenuto e l’addormentato.
Lasciai che i tre continuassero a sbatterla all’unisono e chiesi se in casa vi fosse uno specchio, ottenendo come risposta che sì, ce ne era uno in camera di uno dei ragazzi.
Passò almeno un quarto d’ora e, quando M. si riprese, si ritrovò distesa su un letto, a pancia in giù, con noi cinque che la guardavamo ancora in erezione.
Le dissi: “Sei stata bravissima, ma vedi che noi abbiamo ancora voglia? Ora faremo un gioco, rimettiti a gattoni in modo che tu possa vederti nello specchio. Ecco così, devi vedere tutto il tuo corpo. Ora ci pregherai di prenderti messa così, come una cagnolina in calore, uno ad uno ma nell’ordine che vuoi tu, e noi avremo 5 minuti ciascuno.
Guardammo tutti la sveglia digitale sul tavolo. Noi possiamo scegliere se venire o aspettare un altro turno. Ogni volta che uno si staccherà, lo ringrazierai. M., chi scegli per primo?”.
Conoscendola, la risposta era ovvia: “Luigi, amore mio”.
Luigi fece presto a venire, non aveva alcuna intenzione di trattenersi e credo che volesse soprattutto vedere lo spettacolo di noi dietro alla sua prossima mogliettina.
M. chiamò poi me, poi Arturo e Luca, lasciando Giulio per ultimo: sicuramente aveva paura di quello che Luca avrebbe fatto col suo cosone enorme – e fece – standole dietro.
La prendemmo senza sosta, usandola come un oggetto, alternammo figa e culo a piacere, il suo corpicino veniva sbattuto o dondolato dalle nostre spinte.
Luigi vide la sua donna trasformata in un manichino il cui unico scopo era far sfogare gli uomini… la vide fremere per gli orgasmi… e ancora altri orgasmi: non era quello che mi aveva chiesto?
Quando finivamo il nostro turno subito si accomodava dentro la ragazza il successivo per tornare a prenderla con voga. Siccome c’era un quarto d’ora da aspettare ogni volta, quello che stava per entrare se lo faceva rimettere in tiro poggiandolo in bocca alla schiava.
Perdemmo il conto degli orgasmi di M.: era davvero una ragazza naturalmente molto calda.
Ce la passammo per un paio d’ore, poi decidemmo di farla finita perché erano quasi le quattro.
Luca volle venire in figa, i suoi due amici provarono l’esperienza di sporcarle il visino e io… io volevo proprio venirle in culo e lo feci.
Distrutti, ai ragazzi non venne in mente di chiederci come ricontattarci. Per fortuna, Luigi era ben sveglio: ci rivestimmo tutti e tre e lui mi portò direttamente a casa. M. ed io dormicchiavamo dietro teneramente abbracciati.
Gli raccomandai di non mandarla a casa sola con sua madre subito, di farle passare una domenica dolcissima, di non parlarne di cosa aveva fatto per non ferirla, tanto ci avrebbe ripensato da sola.
Salutandoli, dissi a Luigi di chiamarmi l’indomani sera, dopo aver riportato M. da sua mamma e fosse stato tranquillo.
To be continued…
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Wow, continuo please ?