Leggi qui tutti i racconti erotici di: bruno55

Siamo arrivati a casa che era quasi l’ora di pranzo; ho scaricato la macchina e, aiutato da lei, ho portato le valigie su con due viaggi; non appena ho posato l’ultimo bagaglio ho chiuso la porta e zia mi si è parata davanti a braccia aperte: “Benvenuto a casa, amore mio” e subito dopo eravamo avvinghiati bocca a bocca in un lunghissimo bacio alla francese: “I bagagli li sistemiamo dopo, ora vieni a vedere la nostra stanza” e così dicendo mi ha preso per mano e condotto per le scale fino alla porta che era chiusa.

All’apertura ho subito notato un lettone matrimoniale al posto del singolo che c’era prima e anche un armadio più grande: “Che te ne pare amore?” “E’ bellissima amore mio” ho risposto per poi proseguire: “Il letto e l’armadio vecchi dove sono?” “Nell’altra stanza, ho sistemato un po’ tutto, ma lo vedi dopo; ora fatti una bella doccia, nell’armadio c’è una vestaglia da casa della tua misura; ho già preparato un po’ di pasta fredda, fra un quarto d’ora è pronto da mangiare” “Ma come faccio, l’accappatoio e le pantofole ce l’ho in valigia” “Vai al bagnetto” mi ha risposto con un sorriso, e li ho trovato che accanto al box doccia erano appesi due accappatoi di cui uno della mia misura di colore celeste, l’altro ovviamente rosa, e sotto c’erano due paia di pantofole per casa.

“Cazzo hai pensato proprio a tutto” mi è sfuggito e lei ridendo ha risposto: “Per l’amore mio non mi sfugge niente; dai fatti la doccia, io mi metto in libertà e scendo in cucina” ha fatto per uscire ma io l’ho bloccata “Ehi aspetta, ci meritiamo un altro bacio” e le nostre lingue si sono di nuovo intrecciate per un minuto buono.

Dopo il viaggio casa aeroporto a Londra, il volo e il trasferimento nella nuova casa avevo proprio bisogno di una bella doccia; mi sono goduto per bene lo scroscio dell’acqua tiepida su di me, ed ho anche notato che era una doccia idromassaggio; e brava zia, anzi brava topolona, anzi brava amore mio, penso che la userò spesso, magari insieme a te; una volta fatto ho visto che nell’armadio oltre alla vestaglia mi aveva comprato anche altri indumenti per casa; Dio quanto la amavo; la vestaglia era con le maniche un po’ larghe, tipo un kimono, con un motivo fantasia in tonalità pastello e mi arrivava sopra le ginocchia.

Sono sceso e la prima cosa che ho notato è che era uno spettacolo con quella sua vestaglia con motivo floreale e soprattutto con quella scollatura che mostrava l’enormità che c’era dentro; a tavola c’erano già due scodelle con farfalle, pomodori pachino, funghi e piselli, una brocca di acqua ghiacciata e una a temperatura ambiente, un’insalatiera con lattuga e al centro un tagliere con un grosso pezzo di formaggio che non riconoscevo: “Vedo che hai fatto altre conoscenze” le ho detto ridendo e accennando al tagliere: “Ahah quello dici? L’estate scorsa ho passato una settimana a Canazei in Trentino, ospite di un mio collega e della sua famiglia, MOGLIE COMPRESA” ha alzato la voce ridendo come per zittire la mia possibile gelosia: “Mi hanno portato in una malga e li ho mangiato questo formaggio e l’ho trovato squisito; tempo fa mi ha detto che se ne faceva mandare una forma da casa e se volevo approfittare; ovviamente ho detto di si e me ne sono fatta mandare una forma anche io; senti ti piace la doccia?” “Si penso che la userò molto spesso e poi adoro l’idromassaggio; l’unica cosa negativa il colore dell’accappatoio”; lei è rimasta un po’ di sasso poi ha cominciato a ridere: “Ahahahah il colore è vero, tu sei romanista, scusa amore mio questo mi è sfuggito, mi perdoni?” “Spiritosa, lo sai che ti perdono; e poi devo guardare l’insieme e accanto al tuo è il colore perfetto” e le ho mandato un bacio.

Abbiamo vuotato rapidamente le scodelle di pasta e lei ha tagliato due grosse fette dal pezzo di formaggio: “Non c’è bisogno di assaggiarlo?” “Amore ti conosco troppo bene su questo argomento, ti piace senz’altro”; aveva ragione era veramente squisito e abbiamo fatto entrambi il bis, riducendo notevolmente il pezzo: “Tranquillo, in cantina c’è ancora mezza forma; poi te la faccio vedere la cantina, ma ci andiamo solo a stomaco pieno” mi ha sorriso zia; abbiamo fatto fuori anche la lattuga e alla fine messo tutto in lavastoviglie: “Ormai lavo solo le scodelle per la colazione, il resto tutto qui, e una volta a settimana la faccio; ora che siamo in due la faremo ogni tre giorni; andiamocene su dai” e così dicendo ha slacciato la vestaglia; era messa molto meglio di quanto potevo sperare, le tettone le arrivavano appena alla bocca dello stomaco, i fianchi le si erano un po’ arrotondati e aveva un po’ più pancia di prima, ma era ancora la donna che mi faceva impazzire da sempre; l’ho presa per mano e abbiamo fatto gli scalini a due a due arrivando subito sul lettone; le vestaglie sono cadute e a terra e l’ho stretta a me e ho fatto per buttarmi di schiena sul lettone: “No aspetta, togliamo la coperta prima” mi ha detto lei; l’abbiamo tolta e ho subito fatto quello che volevo fare prima, con lei che è volata sul letto sopra di me; le nostre lingue sono subito entrate in azione e abbiamo cominciato a rotolarci sul lettone, ed ho provato il piacere di sentire che il materasso era duro proprio come piace a me; quando ci siamo staccati, lei mi ha guardato sorridendo: “Sai amore mio, è la prima volta che ci salgo sopra” “Ma che dici? Non dormivi qui?” “No ho sempre dormito nell’altra stanza; questo è per tutti e due e volevo usarlo solo con te” “Cazzo zia quanto ti amo” le ho detto per tirarla di nuovo verso di me e ricominciare una lunga pomiciata rotolandoci sul lettone; quando ci siamo staccati lei si è chinata sul mio uccello e lo ha preso avidamente fra le labbra; in pochi minuti se lo è sentito indurire in bocca fino a che non è diventato un palo.

“Prendimi amore mio, ti voglio, ti desidero da una vita daiiii” “Ma non manca qualcosa?” ho chiesto: “Ho finito il ciclo due giorni fa; penso che l’occasione meriti di farlo per la prima volta senza niente, io e te da soli accoppiati senza nessun ostacolo” “Basta con le chiacchiere” ho risposto calandomi su di lei, e dopo pochi secondi nella stanza è echeggiato il mio “Ooooooooohhhhhhh” seguito a ruota dal suo “Aaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhh”; ho sentito subito la differenza con le altre volte, senza preservativo era fantastico sentivo tutto il suo calore e l’umido dei suoi umori vaginali e mi sembrava di impazzire dal piacere; l’ultima volta che l’avevamo fatto era stato la notte prima del matrimonio di Roberto, quasi due anni prima, e personalmente ero stato con la nigeriana una ventina di giorni prima, per cui la durata di venti minuti del nostro amplesso fu notevole; l’ho sentita urlare “vengoooooohhhh” per tre volte, e la terza ha coinciso con la mia megasborrata con cui le ho farcito la figona fradicia: “Cazzzoooooooooo” ha urlato “Che meravigliaaaaa com’è caldaaaaaaaaaa, amore miooooooooo” e dopo un lungo gemito ha cominciato con “tiamotiamotiamotiamotiamotiamoooooooooo” e ha chiuso le sue cosce sul mio culo bloccandomi dentro di lei; era un fuoco, la sua figa, il suo corpo, il suo alito sul mio viso, con quegli occhioni da cerbiatta che mi fissavano vogliosi e adoranti: “Cazzo zia sei caldissima sei un fuoco mi fai impazzire, hai sentito quanto mi hai fatto sborrare?” “Che meraviglia Riccardo, mi è sembrato di avere dentro un idrante; ti prego però, non chiamarmi più zia. Chiamiamoci per nome, oppure quando siamo soli continuiamo a chiamarci topolona e topolone, vuoi?” “Gabriella, che bello pronunciare il tuo nome, è la prima volta che lo faccio” “E che bello sentirtelo pronunciare Riccardo, amore mio”; siamo rimasti così ancora per qualche minuto a sussurrarci parole d’amore e poi ha lasciato che mi staccassi da lei; ci siamo sistemati abbracciati sul lettone e senza accorgercene ci siamo addormentati.

Per meglio dire si è addormentata prima lei “VRUONNN KRRRR VRUON KRRRRR” “La miseria come russi amore mio, ma chissenefrega” mi sono detto per poi seguirla a ruota; ho riaperto gli occhi sentendo come un soffio sul mio viso e lei era li sorridente a guardarmi: “Cavolo amore, mi sa che non ho fatto un buon affare; Riccardo mio come russi” “Io russo? Ahahah ma ti sei sentita tu? Sembravi una vaporiera” “Ma che dici non è vero, io non russo”; siamo andati avanti per qualche minuto finchè non ci siamo accordati; il mio cellulare aveva il registratore di suoni che si poteva programmare e stabilimmo che lo avrei messo sopra la testiera del letto e programmato per mezz’ora a partire dalle due di notte; poi stanchi della discussione ci abbracciammo e partì un lungo bacio alla francese; fu in quel momento che stabilimmo di darcelo sempre non appena svegli e dopo una separazione per quanto breve fosse.

Subito dopo me l’ha ripreso in bocca e una volta dritto lo ha voluto di nuovo, questa volta a pecorina; l’ho trapanata per quasi quaranta minuti godendo dei suoi continui: “Oooooohhhhh” “Aaaaaaaaaaaaahhhhh” “Siiiiiiiiiiii” “Ooooooaaaahhhhhh” “Godoooooooo” e “Vengoooooooooo”, conditi da altri tre orgasmi prima che le riempissi la figona di sperma; con il cazzo dentro l’ho sentita contrarsi per prendere tutto il mio seme e subito dopo si è sdraiata a pancia sotto staccandosi da me; mi sono sdraiato accanto a lei e lei mi ha alitato sul viso: “Ho fame amore” “Ti porto qualcosa” “No qui non si mangia, scendiamo giù e ci mettiamo sul divano” e si è alzata dal letto e ha raccolto la vestaglia andando verso la porta; l’ho seguita dopo un paio di minuti e sono giù, raggiungendola in cucina dove stava armeggiando; l’odore era inconfondibile: “Ma non ci farà male tutto questo formaggio?” “Dai amore, la nostra prima merenda insieme può essere solo panino con il nostro formaggio preferito; ecco qua andiamo sul divano” mi ha porto uno dei due panini e siamo passati sul divano in salone.

I due panini con il provolone piccante sono spariti in neanche cinque minuti; abbiamo acceso la TV e ci siamo messi abbracciati a vedere un film sulla nuova piattaforma SKY: “Sei contento? Così potrai vederti le partite della tua adorata Roma” “Contentissimo” “Si ma non ti illudere che passeremo tutte le domeniche qui; o voglio anche uscire, fare gite fuori porta, weekend in città d’arte eccetera” “Amore mio, faremo tutto quello che vorrai tranquilla”.

Il film era piuttosto noioso e a quel punto mi è venuta un’idea: “Topolona hai ancora fame?” “Scherzi? Ho messo più di un etto di formaggio per panino” “Appunto dicevo, visto che siamo con lo stomaco pieno, puoi portarmi a vedere la cantina” “Mi sembra un’ottima idea amore” e, spenta la TV, mi ha fatto cenno di seguirla; siamo usciti sul pianerottolo di casa e solo allora mi sono accorto della porticina che stava all’inizio degli scalini, subito dietro il portone; Gabriella l’ha aperta ed ha fatto scattare un interruttore subito dietro, illuminando una scala di una ventina di gradini che scendeva in un locale sotterraneo illuminato anch’esso: “Ma ci andiamo in pantofole?” “Si tranquillo non c’è molta polvere” mi ha preso per mano ed abbiamo sceso i gradini, senza bisogno di ricorrere ai corrimano montati su entrambi i lati; che spettacolo giù, al centro un tavolo con sopra un prosciutto dentro alla morsa e coperto da un panno, ganci al soffitto con appesi salami e salamini, ma soprattutto su un lato uno scaffale con sopra una decina di forme di formaggio di tipi e grandezze varie; spiccava la mezza forma di quello di malga mangiato a pranzo e un grosso trancio di provolone piccante da cui era stato tagliato uno spicchio; poi caciotte stagionate e pecorini di fossa e di grotta, mentre da un gancio sul soffitto pendeva un grosso caciocavallo.

“Caciotte e pecorini vengono da casa di nonna, ce le siamo divise con tua madre e le tue zie, la cantina era piena” mi ha detto con la voce un po’ commossa: “Ci avresti messo anni a mangiarteli tutti da sola” “Dici, topolone? In questi mesi ho fatto fuori un trancio di provolone come quello, una caciotta, un pecorino di grotta e ho quasi finito un caciocavallo; quando sto a casa mangio formaggio ad ogni pasto” “Ti darò una grossa mano topolona, dopo tutti questi anni di astinenza li a Londra” “Neanche li c’erano formaggi buoni? “No, quelli locali non mi piacevano e quelli di importazione giusto qualche volta: perchè hai detto neanche?” “Perchè io in tutti questi anni di trasferte ho trovato qualcosa di buono in Svizzera e in Austria soltanto, ma ci sono andata molto raramente” “Possibile in Francia no? Ma come, si vantano tanto della loro produzione” “Ma ti prego, pieni di erbe e quasi tutti morbidi ma se li mangiassero loro; a me piace sentirmelo fra i denti, avere la soddisfazione di morderlo, sentirlo in bocca mi manda proprio in estasi” “Senti ma l’hai trovata così la cantina?” “No l’ho fatta intonacare da uno specialista di queste parti; non ci sono problemi di umidità e senti com’è fresco qui? In frigo ci metto solo quello che taglio per consumarlo al massimo entro due giorni; senti l’aria, nessuna puzza di muffa solo gli odori” e così dicendo si è slacciata la vestaglia: “Ma cosa fai?” “Hai bisogno di chiedermelo topolone? Farlo qui è il massimo dai” mi ha slacciato la vestaglia e mi si è appiccicata con le labbra sulle mie.

Tutto è successo rapidamente; si è inginocchiata e con un’accoppiata pompino e spagnola me lo ha tirato su in un lampo; abbiamo messo le vestaglie sul tavolo e mi ha sussurrato: “Prendimi come quella volta sull’albero amore mio” e si è posizionata a novanta gradi con le mani poggiate sullo scaffale dei formaggi; la scopata, condita da gemiti e ululati continui è durata quasi un’ora, lei è venuta quattro volte e quando le ho detto che stavo per sborrare mi ha fatto uscire, mi si è inginocchiata davanti e si è fatta sborrare in bocca, sul viso e sulle tettone; se l’è raccolta con le dita e l’ha ingoiata tutta: “Amore mio non so che mi ha preso, non avevo mai bevuto in vita mia; cazzo ma lo sai che la tua sborra è proprio buona? Solo che preferisco quando ti svuoti dentro, il tuo calore mi fa impazzire”.

Il resto del pomeriggio e la serata sono trascorsi rapidamente, siamo sempre stati appiccicati l’uno all’altra separandoci solo per i bisogni corporali; dopo cena abbiamo guardato un po’ di TV e ce ne siamo andati a letto, dove abbiamo fatto di nuovo l’amore, per poi addormentarci nudi e abbracciati stretti; la mattina dopo, mi sono svegliato prima di lei e mi sono goduto per un paio di minuti il suo russare e poi l’ho svegliata soffiandole sul viso, come aveva fatto lei il giorno prima; appena aperti gli occhi mi ha tirato a se ed è partito subito il lungo bacio alla francese, con le lingue che sguazzavano libere nella bocca altrui: “Dai sentiamo cosa è successo stanotte” mi ha detto quando ci siamo staccati; ho avviato la riproduzione senza accorgermi che era al volume massimo: “VRUUUOOOONNN KRRRRRRR RON FIIIIIII ……” ho subito abbassato il volume per non spaccarci le orecchie, ma anche a volume medio il rumore era assordante ed è stato subito chiaro che proveniva da entrambi; ho riconosciuto quello che sembrava un controfagotto come il suo e lei ha detto che quello che fischiava ero io e ci siamo imposti di ascoltare per tutti i 30 minuti della registrazione; alla fine ci siamo guardati negli occhi ed abbiamo cominciato a ridere come due matti senza riuscire a smettere, se non dopo parecchi minuti, quando lei è dovuta correre in bagno per non pisciare sul letto: “Amore mio siamo proprio fatti l’uno per l’altra, anche in questo” mi ha detto quando è rientrata: “Si ma dobbiamo fare qualcosa, se facciamo così in una stanza d’albergo ci cacciano subito” “So che ci sono cerotti da mettere sul naso per questo; magari li proviamo e rimettiamo il registratore; però finchè stiamo qui io e te chissenefrega direi” ha concluso.

La settimana è passata velocemente, fra sesso, mangiare e dormire, con rare uscite per rapide passeggiate o acquisti di cibarie; mia madre aveva organizzato la festa per il mio ritorno direttamente a casa di nonna, anche se Gabriella, mi sono imposto di non chiamarla più zia, non era molto d’accordo; a sua volta mia madre non capiva perchè Gabriella voleva essere lei a venirmi a prendere all’aeroporto ma alla fine si è convinta; quella domenica ci aspettavano già tutti sul portico dalla casa di nonna, dove io non tornavo più da quella triste mattina in cui l’avevamo portata in chiesa per il funerale; siamo arrivati con il SUV e dentro al portellone avevamo sistemato le mie valigie che però erano vuote; i miei genitori sembravano al settimo cielo e mi sembrava strano lo fossero solo per il mio ritorno, ma mi è bastato avvicinarmi alla moglie di Rodolfo, Amanda, per capire il motivo di quella gioia; era incinta al quarto mese come mi ha detto baciandomi; stavo per avere un nipotino e la cosa mi ha riempito di gioia, ma ha anche aumentato la mia agitazione per quello che dovevo dire loro; cazzo non era facile. Le mie zie Donatella e Fiorella erano presenti solo con i mariti di cui vi risparmio il nome; i miei cugini non c’erano e sinceramente mi importava poco. Avevo portato un pensierino per tutti e li ho distribuiti quando ci siamo messi a tavola, lasciando alle zie i pensierini per i miei cugini e le loro mogli; il pranzo, preparato da mia madre e dalle sorelle è andato benissimo e dopo il digestivo, ho deciso che era il momento di parlare, visto che con Gabriella avevamo concordato che avrei iniziato io: “Sentite, vorrei la vostra attenzione, ho una cosa importante da dirvi” e subito la temperatura della stanza è sembrata calare di dieci gradi almeno “Non vorrai mica dirci che torni a Londra” ha esordito mia madre “Ti hanno licenziato” ha fatto eco Rodolfo e altre sparate a cui ho messo fine alzandomi in piedi e quasi urlando “Per favore!” ottenendo finalmente il silenzio.

“No siete tutti fuori strada, la verità è che mi è capitato qualcosa di meraviglioso; ho finalmente capito di amare una persona e di voler vivere con lei il resto della mia vita” la tensione si è subito allentata e la cosa mi ha un po’ incoraggiato, e fra i commenti tipo era ora, ma dove l’hai conosciuta, o quando ce la fai conoscere ho fatto il passo successivo: “Non devo farvela conoscere, la conoscete già e molto bene” detto questo mi sono alzato e ho cominciato a girare intorno al tavolo nel silenzio assoluto: “Va bene ci hai incuriosito a tutti, Riccardo; vuoi dirci chi è o vuoi farci morire di curiosità?” ha detto Roberto, e la mia risposta ha aumentato se possibile la cappa di silenzio della sala; con il tono più neutro possibile ho detto: “Non solo vi dico chi è ma ve la presento pure, visto che sta qui con noi” gli sguardi di tutti erano perplessi, solo mia madre è scattata in piedi: “NO” ha quasi urlato, mentre nel frattempo ero arrivato dietro a Gabriella: “Si invece, mamma” ho risposto mettendo la mano sulla spalla di lei: “La donna che amo e con cui voglio passare il resto della mia vita è proprio lei, la tua sorella più piccola; e vuoi sapere una cosa? La amo fin da ragazzo ma non glielo ho mai detto chiaramente, proprio perchè avevo paura della vostra reazione; ma adesso ho quasi 40 anni e non voglio continuare a buttare la mia vita; la amo mamma, ti può sembrare quello che ti pare ma la amo” Gabriella ha alzato lo sguardo verso di me e le ho asciugato una lacrima che le scendeva sulla guancia; si è alzata e fra il silenzio ormai di tomba che si era fatto intorno alla tavola ha preso anche lei la parola: “Ho poco da aggiungere, a parte una cosa; quello che Riccardo prova per me io lo provo per lui, l’ho sempre provato anche se per il suo stesso motivo ho sempre cercato di negarlo a me stessa; ti amo” mi ha sussurrato prendendomi la mano.

Ho girato lo sguardo su tutti i presenti; a parte mio padre che aveva un’area incredula, gli sguardi di tutti gli altri erano a dir poco ostili: “Siete due pazzi incoscienti” ha attaccato mia madre dando la stura a una pletora di commenti sullo stesso tono, da parte di tutti i convitati; li abbiamo sopportati con calma, solo ad un certo punto Gabriella ha avuto un fremito di sdegno quando zia Fiorella le ha detto di vergognarsi pensando al dolore che dava a nonna Isabella; ne sono seguiti altri, fino a che non ho sentito un “Sei una zoccola vergognati” da parte di mio fratello Roberto; sono andato da lui e senza dargli il tempo di alzarsi gli ho mollato due sberle in faccia: “Non ti permettere mai più grandissimo testa di cazzo” gli ho urlato in faccia; Rodolfo si è avvicinato e mi ha preso per un braccio: “Ti prego Riccardo, le mani no, siamo gente civile; e tu chiedi subito scusa a Zia Gabriella, stronzo” ha aggiunto rivolgendosi al fratello: “Scusami zia” ha farfugliato Roberto con gli occhi bassi: “Va bene” ha risposto semplicemente lei; subito dopo ho visto i suoi occhi brillare e le parole hanno cominciato ad uscirle dalla bocca come un arringa di un avvocato difensore: “Ci siamo presi i vostri predicozzi senza reagire, ma voglio rispondere a te Fiorella, che hai avuto la delicatezza di mettere in mezzo nostra madre; ho una gran voglia di chiedervi che ne sapete voi di mamma, visto che con lei ci sono rimasta io da sola finchè non è morta, ma lasciamo stare che è meglio” si è allontanata dal tavolo verso un mobile vicino: “Antonella, Fiorella e Donatella venite qui” era più un ordine che una richiesta e le tre sorelle sorprese dal suo tono sono andate da lei; dalla tasca della sua giacchetta Gabriella ha tirato fuori un foglio e l’ha dato a mia madre: “E’ una fotocopia, ma la calligrafia la dovreste riconoscere. Leggetelo e ridatemelo”.

Le tre sorelle hanno letto tutto il foglio con il turbamento che lentamente prendeva il posto dello sdegno; mia madre ha poi piegato il foglio ridandolo a Gabriella: “Non cambia niente, mamma era molto anziana e poteva essersi anche intenerita; ma io non la accetto questa cosa e se volete insistere fate pure, ma io non voglio più vedervi ne sapere più niente di voi; hai capito Riccardo?” e mi ha lanciato uno sguardo di fiele; sono rimasto in silenzio a sentire il coro di “Ha ragione” da parte di tutta la tavolata, eccettuato mio padre che continuava a stare in silenzio; mi sono scosso solo sentendo di nuovo la voce di Gabriella: “Non ci speravo per niente Riccardo, ma dovevamo provarci; io sono disposta ad andare avanti, per me non è cambiato niente, ma non posso e non voglio decidere per te, devi farlo tu” “Non devo prendere nessuna decisione” ho risposto prontamente girando lo sguardo su tutti i presenti e quasi sillabando le parole “ho già deciso sei mesi fa; vi aggiungo una cosa che non sapete, non per vantarmi o altro; io sono tornato da una settimana e mi sono già sistemato a casa nostra; visto che non volete più vederci, per favore mandatemi la mia roba, ovviamente a carico mio, dovrebbe bastare un piccolo furgone; ho visto che mi avete portato la macchina e vi ringrazio ma non credo ci sia altro da dire; vi ringrazio anche per il pranzo e per tutto il resto e vi auguro sinceramente buona fortuna per tutto, soprattutto a te Amanda”; Gabriella ha aggiunto un “Ciao e grazie a tutti” mentre io recuperavo le chiavi della mia macchina, e tenendoci per mano siamo usciti dalla casa andando verso le macchine parcheggiate: “Dove stai andando?” ho sentito la voce di mia madre da dentro e subito dopo ho visto apparire mio padre, cavolo non ve l’ho mai detto si chiamava Renato, sull’uscio della porta; ci ha raggiunto e ci ha abbracciato entrambi: “Perchè non hai detto niente?” gli ho chiesto: “Perchè anche io penso che stiate facendo una grossa stronzata; però so cosa vuol dire voler bene ad una donna, e se tu hai scelto tua zia non sono nessuno per giudicarti e sono contento se tu sei felice; ma voglio bene da morire a tua madre e non posso non essere dalla sua parte; buona fortuna a tutti e due e speriamo che le cose cambino prima o poi e si possa di nuovo stare tutti insieme” “Grazie Papà” “Grazie Renato” abbiamo risposto all’unisono.

Ci abbiamo messo venti minuti per arrivare a casa; lei ha messo il SUV nel parcheggio ed è rimasta sorpresa vedendo che non ero entrato: “Perchè non hai parcheggiato?” “Chiudi il cancello e vieni in macchina, voglio andare in un posto”.

Ho guidato fino al paese vicino ed ho imboccato la stradina che porta al cimitero, e Gabriella mi ha stretto l’avambraccio sinistro non appena ha capito dove stavamo andando; mancava poco alla chiusura e a passi veloci siamo andati alla tomba dei miei nonni; davanti alle loro foto ho provato come un senso di liberazione e di rilassamento, mi sentivo con la coscienza a posto; lei mi stringeva l’avambraccio sempre più forte e la sentivo singhiozzare; le parole mi sono venute così con mia grande sorpresa: “Hai visto nonna? Ti abbiamo dato retta alla fine eccoci qua tutti e due, innamorati come ragazzini; non smetterò mai di ringraziarti sei stata molto più per me di quello che può essere una nonna; sei stata quasi una madre per me; quanto a te nonno, rimpiango di non avere nessun ricordo, ma ti ringrazio per aver voluto mettere al mondo questa donna meravigliosa che sta qui con me; lo so volevi un maschio, ma dammi retta non ci hai perso niente”; Gabriella ha smesso di singhiozzare ed ha aggiunto soltanto “Vi voglio bene mi mancate da morire; ah mamma, sai una cosa? A russare come contrabbassi siamo proprio noi due ahahah”; il richiamo del custode che voleva chiudere ci ha raggiunti in quel momento e siamo rapidamente usciti: “Vuoi tornare a casa o ci facciamo un giretto?” le ho chiesto: “E’ quasi notte, torniamo a casa, domani ci tocca andare al lavoro a tutti e due” “Come vuoi tu amore mio” le ho schioccato un bacio sulle labbra e siamo rientrati in macchina diretti verso la nostra casa.

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