Leggi qui tutti i racconti erotici di: bruno55

Eravamo contenti di essere di nuovo a casa, senza più il peso di tenere nascosto a tutti il nostro rapporto; ora tutta la famiglia sapeva di noi due, anche se il risultato era che praticamente non avevamo più una famiglia; Gabriella non mi si staccava di dosso e io non mi staccavo da lei; avevamo bisogno di stare uniti, appiccicati l’uno all’altro, di sentire ognuno il calore dell’altro; ci siamo seduti sul divano e ci siamo abbracciati guardandoci fisso negli occhi, senza bisogno di parlare; solo dopo quasi un’ora che stavamo così lei mi ha sussurrato: “E’ fatta amore mio; ora neanche volendo non possiamo più tornare indietro” “E chi ci vuole tornare” le ho risposto prontamente: “Sono qui con la donna che amo, sento che anche lei ama me e voglio restare con lei, per tutto il resto della mia vita” “Non possiamo avere figli lo sai vero?” “Si lo so, evidentemente non era destino per noi due; ma poi chi ti dice che non lo preferisca; così ti ho tutta per me, solo per me” “A me sarebbe piaciuto averli” “Forse possiamo adottarli” “No mi sono informata; nessuno qui in Italia ci riconoscerà mai come coppia; siamo solo due single che vivono insieme; dovremmo andare come minimo in Austria se volessimo sposarci, ovviamente solo con rito civile” “Capirai poi con questo cavolo di governo di destra peggio mi sento; ma tu ne senti il bisogno Gabriella?” “Ora ho solo bisogno di te Riccardo, ho bisogno di averti qui con me, di sentire la tua presenza, di sentirmi protetta da te; poi ci penseremo al resto se e quando ci andrà”.

Dopo quel pranzo e la digestione guastata dalla discussione, voglia di mangiare ne avevamo poca; ci siamo limitati a tirare fuori un po’ di lattuga e a dividerci un pezzo di caciotta rimasto in frigo; voglia di TV zero e perciò ce ne siamo andati subito a letto, anche perchè l’indomani dovevamo tornare entrambi al lavoro; ci eravamo già messi a letto, ovviamente nudi quando lei: “Topolone, però a me non va di dare a quelli la soddisfazione di non scopare per colpa loro” “Eh si hai ragione topolona, vieni qui”; l’ho tirata a me e siamo partiti con una lunga pomiciata rotolandoci sul lettone; dopo un accenno di spagnola ero già pronto e in tiro ma lei mi ha fermato: “Cosa c’è amore?” “Senti, voglio dare un senso a questa giornata vaffanculo; io ormai mi trovo troppo bene a farlo senza profilattico e non li voglio più usare; però fra pochi giorni sarà pericoloso farlo senza, io sarò nel pieno dell’ovulazione” “Che suggerisci?” “Beh, che ne diresti mio bel topolone di entrare per la prima volta nel culetto della tua topolona?” “Cazzo dici sul serio?” “Si lo voglio amore mio; però dobbiamo farlo piano piano, sono vergine li dietro”; detto questo se n’è andata nel bagnetto ed è tornata con un piccola boccetta: “Olio di vaselina” ha sorriso raccogliendone un po’ su due dita e iniziando a passarselo fra le chiappe.

Dopo qualche minuto di frizionamento si è asciugata le dita con un fazzoletto e si è sdraiata a pancia sotto: “Ho letto che per iniziare è la posizione migliore; vieni amore mio ti voglio, ti fermo io se mi fa troppo male”; per me non era la prima volta, a parte l’esperienza con la trans nigeriana, c’era stata Karen, che avevo frequentato qualche anno prima e che adorava essere presa dietro; ho strusciato lentamente la cappella nel solco delle sue chiappe, con lei che già mugolava, riempiendola di olio di vaselina; dopo qualche minuto ho cominciato lentamente a spingere, sentendo il buco che le si allargava lentamente: “Mmmmmmmmmmmmmmmmmmm oooohhhhh” mugolava lei, chiaramente di fastidio: “Mi fermo?” “Nooo continua non preoccuparti” ed ho continuato a spingere allargandole sempre di più il buco: “MMMMMMMMHHHHHHHHH” non era più un mugolio era un lamento, mi sembrava di starla a sfondare, nonostante facessi il più piano possibile; dopo un tempo che sembrava infinito sentii la mia grossa cappella che le superava lo sfintere: “Aaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhh oddioooooo che maleeeeeeeee” singhiozzava Gabriella: “Amore stammi a sentire, io mi fermo così piano piano ti abitui” e mi sono chinato con la testa per baciarla sul collo e alitarle tutto il mio amore all’orecchio: “Ooooooohhhh aaaaaaahhhhh si amore mio, ti amo da morire, già mi fa meno male fra un po’ ti faccio proseguire”.

Al suo ok ho ricominciato lentissimamente a spingere in dentro, superando la resistenza che mi opponeva il suo canale anale; ci ho messo un quarto d’ora ad arrivare a toccare le sue chiappe con le mie palle, fermandomi di continuo per i suoi gemiti di dolore; mi sono fermato per un po’ fino a che lei non ha smesso di singhiozzare ed ho iniziato a tirarlo lentamente fuori, per poi sempre lentamente rispingerlo tutto dentro; dopo un altro lunghissimo quarto d’ora la musica è cambiata “Oooohhhh siiii amore mio è bellissimo, dai spingilo fino in fondo, mi piaceeeeee, sbattimi come una troiona siiiiii”; finalmente andavo dentro e fuori liberamente con bordate sempre più veloci ed il culo della mia topolona, strettissimo all’inizio, non mi opponeva quasi più resistenza; dopo solo un paio di minuti con questo ritmo le è scoppiato dentro il primo orgasmo, subito seguito da un secondo; purtroppo i suoi gemiti e urli di goduria continui mi hanno influenzato e solo dopo dieci minuti le ho riempito il culo di sperma bollente: “Cazzooooooooo che bellooooooo, innaffiamelo tutto amore mio, fino allo stomaco” mi ha urlato lei travolta dell’ennesimo orgasmo; dopo un paio di minuti ho iniziato ad uscire facendola mugolare quando la cappella le ha sturato lo sfintere; subito lo sperma ha cominciato a colarle fra le chiappe imbrattando il lenzuolo: “Cazzo amore stai inzuppando il lenzuolo” “Chissenefrega è troppo bello” e la vidi che contraeva il suo sfintere per far uscire lo sperma che quasi schizzava per quanto era; al termine della fuoriuscita ci siamo baciati alla francese: “Alla faccia di quegli stronzi” mi ha sorriso prima di crollare a dormire; non ho avuto la forza di alzarmi a spegnere la luce e l’ho seguita a ruota.

E dal giorno successivo è iniziata veramente la nostra vita insieme, dopo quella che possiamo chiamare una prova generale che avevamo superato alla grande; la sveglia suonava alle sette meno un quarto, c’era il rituale bacio alla francese, la colazione e dopo la doccia uscivamo insieme per andare al lavoro, lei con la sua Smart che doveva arrivare sulla via Tiburtina all’altezza del GRA, con un percorso di una quarantina di km, mentre io allora dovevo addirittura arrivare all’EUR, alla mia sede centrale con un percoro di quasi 90 km; fortunatamente mi assegnarono subito ad un cliente nella zona della via Nomentana, dove arrivavo dopo un percorso di una cinquantina di km; stare a lavorare pensando che al ritorno avrei trovato Gabriella a casa mi faceva sentire una specie di padreterno; dal cliente c’era già un nutrito gruppo di miei colleghi, la maggior parte dei quali però non mi conosceva, mi chiamavano “il londinese”, ma sono subito riuscito ad andare d’accordo con loro; una bella collega bionda sui 35 anni mi ha anche messo gli occhi addosso, e ci è rimasta male quando discutendo del più e del meno le ho parlato della mia compagna con cui convivevo e che amavo alla follia.

Gabriella dal canto suo aveva comunicato ai suoi colleghi la novità del suo nuovo compagno suscitando una gioia unanime in loro; giunta alla soglia dei 50 anni, non veniva quasi più coinvolta nelle trasferte, ed era impegnata unicamente in un ruolo di direzione della filiale romana della multinazionale; certo, magari una o due volte l’anno poteva capitarle di dover andare qualche giorno a Parigi o a Vienna o a Zurigo, come del resto anche io sono dovuto tornare a Londra qualche volta; e avevamo stabilito una semplice regola; se uno dei due rimaneva solo per qualche giorno, non doveva assolutamente dormire nel lettone, lei si sistemava nella cameretta che aveva usato prima del mio arrivo, e io mi sistemavo nell’altra, dove avevamo messo un altro letto singolo ed un’armadio; in teoria erano le stanze per gli ospiti, ma la situazione familiare decisamente escludeva questa possibilità; la sera ero di solito sempre il secondo ad arrivare, e la trovavo li ad aspettarmi per il rito del bacio alla francese, a cui seguivano un po’ di coccole, la cena, che chiudevamo sempre con un pezzo di formaggio, quando addirittura non cenavamo solo con quello. Dopo la cena, un po’ di TV e poi a letto, dove con rarissime eccezioni, leggi ciclo, consumavamo almeno un amplesso, sempre più spesso anale.

Con il resto della famiglia, l’unico contatto che avevo era rappresentato dagli SMS che ogni tanto mi inviava mio padre; siamo stati contenti di ricevere, dopo qualche mese, il messaggio che ci informava che Amanda aveva avuto una bambina, a cui avevano dato il nome Marcella, che palle con questa fissa delle rime; ero diventato zio per la prima volta, lei prozia, e dopo che ad una generazione di sole femmine ne era seguita una di soli maschi, la nuova sembrava aprirsi nel segno delle femmine. Purtroppo però il lieto evento non scalfì l’ostracismo del resto della famiglia nei nostri confronti; allora non c’era whatsapp, c’erano solo gli MMS che però mio padre non poteva inviare dal suo cellulare e pertanto non abbiamo potuto avere una foto di Marcella; tuttavia abbiamo mandato un biglietto di auguri ad Amanda e a Rodolfo, al quale non abbiamo mai avuto risposta; pazienza, ci siamo detti, decisi a goderci comunque la vita nel miglior modo possibile, specialmente durante i weekend dove cercavamo sempre un modo diverso per divertirci; gite e picnic fuori porta le domeniche, oppure spesso partivamo il venerdì per andare a visitare qualche città d’arte in autunno o qualche agriturismo in primavera; d’estate c’erano le vacanze e in casa ci eravamo montati una piscina fissa, anche se non interrata in un angolo assolato e dietro il villino, dove non ci vedeva nessuno, permettendoci di fare il bagno e prendere il sole completamente nudi; voi vi chiederete, dove dormivamo nelle città d’arte? Ma negli alberghi ovvio, dove potevamo andare tranquillamente dopo aver provato dei cerotti nasali che riducevano il nostro russare in termini accettabili; li usavamo però solamente in quei casi, quando eravamo soli in casa non ci fregava niente, anzi pensavamo che se fossero entrati i ladri li avremmo fatti scappare.

In inverno no, non andavamo da nessuna parte; spesso c’era anche la neve e non c’era niente di meglio che starcene al calduccio dentro casa con il caminetto acceso a coccolarci sul divano o a fare l’amore a letto o in qualche altro posto; ci piaceva particolarmente il rapporto anale sul lavandino del bagno con lo specchio che rifletteva il piacere che provavamo; altro appuntamento periodico, diciamo ogni due o tre mesi, era il tour alimentare, che avveniva quando la nostra cantina era quasi vuota; prima che arrivassi io, Gabriella era costretta dal misero bagagliaio della sua Smart a scaglionare i suoi viaggi, praticamente uno per ogni cosa da comprare o quasi; con la mia monovolume invece ci potevamo permettere di fare un viaggio solo; si partiva di sabato mattina presto e la prima tappa era il mercato di un paesino fra le montagne, subito dopo il confine con l’Abruzzo, dove si faceva scorta di pecorino di fossa e di grotta; poi deviazione verso un paesino nel reatino dove trovavamo un banco tenuto da un campano per fare provvista di caciocavallo e provolone piccante; poi, tornando verso casa, c’era un mercatino con un banco di salumi dove prendevamo un prosciutto di montagna e un po’ di salami e salamini, per poi finire con il mercato di un paesino a una ventina di km da casa nostra per fare provvista di caciotta stagionata; era una bella sfacchinata che però facevamo volentieri, e ancora più piacevole era portare il tutto in cantina per sistemarlo, per non dire poi che una volta terminato il lavoro, ci godevamo la vista dei salumi che pendevano dal soffitto, del nuovo prosciutto sul tavolo e dei formaggi che riempivano lo scaffale, per poi guardarci negli occhi per un po’ e infine liberarci dei vestiti e farci una megascopata li in cantina; al paese dove erano seppelliti i nonni ci facevamo vedere raramente, magari per comprare qualcosa che ci mancava, e mai insieme; il pane, il latte e le cose di tutti i giorni si compravano a Roma vicino al posto di lavoro; per le grossa spesa di altri generi c’era un ipermercato vicino all’ufficio di Gabriella dove ci incontravamo all’uscita del lavoro.

Il fatto che scopavamo continuamente, non deve far pensare che il nostro fosse un rapporto essenzialmente fisico; si da un lato sentivamo il bisogno di recuperare i venti anni persi dietro alle nostre remore, ma in realtà i nostri continui amplessi erano la semplice conseguenza dell’amore che provavamo l’uno per l’altra; eravamo due corpi e una sola anima, e sentivamo il continuo bisogno del contatto fisico fra di noi, come se ci volessimo fondere in un corpo solo; lei era mia e io ero suo; se non facevamo sesso stavamo abbracciati sul divano a guardare la televisione oppure semplicemente a parlarci; quanto abbiamo parlato fra di noi e quanto ci parliamo tutt’ora, non abbiamo mai smesso, di qualsiasi argomento; di noi due principalmente, ma anche di fatti e avvenimenti, dei nostri lavori, dei progetti per il futuro eccetera; essendo poi io un appassionato di storia contemporanea, a lei è sempre piaciuto molto sentirmi parlare dell’argomento; analogamente lei ha una grande passione per la pittura, e nonostante io non ne capisca nulla, starei le ore a sentirla parlare sull’argomento; inutile dire che i nostri weekend per le città d’arte sono sempre stati programmati con cura da Gabriella, per visitare i monumenti ed ammirare i quadri e gli affreschi che le piacciono di più; allo stesso modo, quando visitiamo musei di guerra o luoghi dove sono state combattute battaglie famose, lei sta come rapita ad ascoltare le mie spiegazioni ed i miei aneddoti. Insomma, siamo una coppia a prova di bomba.

La prima estate che abbiamo passato insieme, non siamo andati in vacanza; dovevamo sistemarci e quindi non ne abbiamo avuto il tempo, ma l’idea di sfruttare un grosso spazio dietro l’angolo del villino per montarci una piscina fissa si è rivelata azzeccata; come ho già accennato, in quell’angolo d’estate c’è il sole dal primo mattino fino al tardo pomeriggio; dall’altra parte c’è un grosso appezzamento di terra con coltivazioni, e la casa del vicino sta ad almeno 200 metri, per non parlare del muro di cinta che da quel lato non ha aperture ed impedisce quindi la visuale a chi è fuori; il mare non ci ha mai appassionati, e ricordo ancora la prima volta che anche Gabriella venne al mare con me, mia madre e mio padre; si era messa un costume intero e mamma, che nonostante avesse 14 anni di più, portava il due pezzi, l’aveva sfottuta per tutto il giorno; da allora portava il due pezzi ed è inutile dire quanto fosse una vista spettacolare con quelle tettone; il sabato e la domenica d’estate, finite le faccende domestiche ci piazzavamo fuori, dove avevo anche sistemato un gazebo ed impiantato un tappeto erboso, per prendere il sole e bagnarci in piscina; per non perdere tempo, invece di rientrare in casa per il pranzo, mangiavamo sotto il gazebo, di solito piatti freddi; all’inizio della nostra seconda estate insieme, mentre riempivo la piscina e mettevo il telo al gazebo, mi ha detto: “Amore senti mi è venuta un’idea”.

“Di che si tratta?” “Sai, anche se il mare non mi fa impazzire, adoro prendere il sole qui io e te insieme” “A chi lo dici, e poi ci abbronziamo bene, siamo entrambi mori” mi accorgo solo ora che non mi sono mai descritto e intendo continuare a non farlo: “E’ proprio questo il punto amore mio; guardarmi allo specchio e vedermi che sembro un’africana, a parte questi cocomeroni bianco latte mi da proprio fastidio; vorrei mettermi nuda a prendere il sole, o al massimo in topless, che ne pensi?”; penserete sicuramente che mi siano usciti gli occhi di fuori ed abbia detto subito di si, magari avendo pure un’erezione, ma vi sbagliate: “Amore non so sinceramente; non hai mai preso il sole sul seno e sul culo, non vorrei che ti facesse male; magari possiamo provare con una protezione molto forte e vedere come va” “Possiamo dici?” “Beh se lo fai tu lo faccio anche io, che non ti va?” “Ma no figurati, solo non vorrei che ti sentissi obbligato a seguirmi in tutto quello che faccio” “Non è questo, è che magari immagino noi due al mare, magari in spiaggia nudisti, con te tutta abbronzata e io con la fascia bianco sul culo” “Ahahahahah in effetti non faresti una bella figura, almeno da lontano; poi come ti avvicini e vedono che bel pendolo hai sono sicuro che le signore non fanno più caso al bicolore”; nonostante la sua allusione il discorso è finito li e da quell’estate abbiamo cominciato entrambi a prendere il sole completamente nudi, almeno a casa nostra; nelle ore calde sistemavamo i lettini sotto il gazebo e passavamo il tempo leggendo, parlando o mangiando, per poi nel pomeriggio inoltrato rimetterci sotto il sole o a mollo in piscina; spesso e volentieri, dopo il tramonto, se non a tarda notte, uscivamo in accappatoio per poi tuffarci nudi in piscina per un bagno notturno, che spesso si concludeva con una scopata immersi nell’acqua; nel mese di settembre, forti della nostra abbronzatura integrale non abbiamo resistito alla tentazione di passare un weekend in un’oasi naturista, dove ho dovuto fare molte volte la faccia cattiva contro chi si ostinava a fissare la mia Gabriella; ma li capivo bene, nonostante avrebbe compiuto i 50 un mese dopo era sempre un bel vedere per chiunque e mi sentivo orgoglioso e fortunato ad averla tutta per me.

Per le vacanze estive la nostra meta preferita è sempre stata la montagna, e la formula preferita un paio di settimane in un residence, con lunghe passeggiate ogni giorno un percorso diverso, mangiando i panini che ci preparavamo la mattina o spesso fermandoci nelle malghe facendo fuori interi taglieri di affettati e formaggi; abbiamo anche fatto viaggi all’estero, sempre in macchina, girando quasi tutta l’Europa, evitando i posti dove eravamo stati per lavoro; la perfetta conoscenza dell’inglese da parte di entrambi e del francese da parte sua ci ha sempre evitato qualsiasi problema di comprensione; per i suoi 50 anni l’ho portata per una settimana in California, che anche ad ottobre era uno spettacolo, sia per il clima che per la natura; vado un po’ avanti con gli anni e vi dico qui che quando i 50 li ho fatti io 8 anni dopo, lei si è superata e mi ha portato in crociera alle isole Svalbard, posto che per uno come me, appassionato dell’Artico e delle spedizioni polari è sempre stato un sogno.

Ok ritorno ai primi anni insieme; mio padre ha continuato regolarmente ad informarmi delle novità; due anni dopo la nascita di Marcella, anche Roberto e sua moglie, a proposito lei si chiama Barbara, hanno avuto una figlia, Raffaella, e anche questa volta l’ostracismo nei nostri confronti ha resistito; ma avevano fatto i conti senza mio padre, che un pomeriggio è venuto ad incontrarmi fuori dal mio posto di lavoro per prenderci un caffè insieme e per darmi un po’ di foto delle sue adorate nipotine; fra l’altro mi ha informato che anche uno dei miei cugini nel frattempo era diventato padre, anche lui di una bimba, cosa che sinceramente non mi ha emozionato più di tanto, magari a Gabriella avrebbe fatto piacere; l’ho trovato molto dimagrito rispetto all’ultima volta che ci eravamo visti quel triste pomeriggio a casa di nonna e gli ho chiesto se si sentisse bene; mi ha risposto che da un po’ di tempo aveva problemi con lo stomaco e pensava fosse un’ulcera dovuta alla brutta aria che si respirava in famiglia; gli ho consigliato di controllarsi per bene e di non dare troppo peso a queste cose, ripetendogli che io stavo bene ed ero felicissimo con Gabriella che a sua volta lo salutava tanto; la sera in casa, sono stato quasi un’ora sul divano a godermi la foto delle mie nipotine, abbracciato a Gabriella visibilmente commossa e dispiaciuta di non avere la foto anche della figlia di mio cugino.

Gli anni hanno continuato a passare e per noi due sono state solo gioie, le gioie delle piccole cose della vita di tutti i giorni, quelle di un bel weekend o di una bella vacanza, sempre insieme e sempre vicini l’uno all’altra; il silenzio che si era fatto intorno a noi non ci preoccupava più, oramai eravamo come una specie di isola; l’unico problema, relativo, lo abbiamo avuto quando a Gabriella verso i 51 ha cominciato a fare le bizze il ciclo, con cui fino a quel momento potevamo rimettere l’orologio; la nostra vita sessuale ne ha sofferto un po’, pur continuando a praticare regolarmente il rapporto anale, ed è stato solo dopo quasi un anno, quando è stato chiaro che lei era entrata in menopausa che abbiamo ricominciato regolarmente, anzi più di prima non avendo più la preoccupazione di un concepimento involontario; inutile dire che i cambiamenti all’interno del suo corpo non avevano inficiato minimamente la sua bellezza; il seno continuava a starle su bene, e nonostante mangiassimo come buoi non prendeva neanche troppo peso, come anche io del resto; i capelli bianchi erano pochissimi e lei non si preoccupava neanche di nasconderli, le piaceva mostrare la sua maturità e la portava alla grande.

Come era stato per nonna, anche questa volta è stato un SMS arrivato all’improvviso a dare un bruttissimo colpo alla mia felicità; il numero era quello di mio padre, ma non era lui a scrivermi: <<Riccardo, sono Amanda; tuo padre purtroppo non è in condizione di scriverti, sta troppo male ed è ricoverato al Policlinico Gemelli; scusa se ho guardato gli SMS che vi siete scambiati ma vedo che non ti ha mai detto che ha un tumore allo stomaco che purtroppo non si è potuto curare ed è in fase terminale; credimi mi dispiace da morire darti questa notizia e doverlo fare di nascosto, ma è stato proprio il signor Renato a chiedermi di farlo, vuole rivederti prima di …… scusa non riesco neanche a scriverlo; ti prego vieni da lui, ti aiuterò io a entrare se, come temo, tua madre e i tuoi fratelli vorranno cacciarti via. Ti aspetto>>.

Mi sono sentito mancare e sono crollato sulla poltrona; Gabriella stava in cucina e sentito il rumore è corsa preoccupata da me; le ho fatto leggere il messaggio e mi sono lasciato andare sulla poltrona, con lei che mi ha subito abbracciato stretto mentre io piangevo come un bambino sulla sua spalla: “Dai vestiamoci e andiamo” “Amore vado da solo, non voglio che ti metti a discutere anche tu” “No non se ne parla; non ti lascio da solo, poi una volta li entrerai da Renato e io ti aspetterò fuori; andremo con la mia macchina”.

Dopo un’ora e mezza siamo entrati sottobraccio nella sala d’aspetto del reparto e subito ho notato i miei fratelli con mia madre ed Amanda: “Mandateli via”, pur se me lo aspettavo sentire queste parole da mia madre mi ha fatto male, ma mi ha anche fatto incazzare da morire; mi sono fermato e ho detto a Gabriella di aspettare per poi dirigermi verso i miei fratelli che si erano alzati entrambi come per fare muro; è stato Roberto a parlare: “Non so come hai fatto a saperlo ma non importa. Hai sentito mamma! Non vi vogliamo qui andatevene via tutti e due” “Ascoltatemi bene cocchi di mammina” e con la coda dell’occhio ho visto mia madre sgranare gli occhi scandalizzata: “Vi do cinque secondi per levarvi dai coglioni e farmi passare; altrimenti vi giuro che stasera io starò in galera e voi due qui al pronto soccorso, ma ricoverati. CHIARO?” avevo fatto la sparata sperando nell’autorità del fratello maggiore, ma non avrei saputo veramente come fare se non si fossero mossi; per fortuna è intervenuta Amanda mettendosi in mezzo a noi: “CAZZO FINITELA!!! Sono stata io ad avvertire Riccardo, usando il cellulare del signor Renato, e l’ho fatto perchè è stato lui a chiedermelo; vuole vedere suo figlio e ne ha tutto il diritto, quindi fate quello che ha detto Riccardo e lasciatelo entrare: “Ma come ti permetti …..” ha provato ad intervenire mia madre: “E la faccia finita anche lei signora Antonella; vi dovreste vergognare tutti quanti, il signor Renato sta morendo e voi per il vostro odio volete negargli la gioia di rivedere suo figlio; basta levatevi” e con un’energia che non avrei mai sospettato ha spinto il marito e il cognato lontani da me, invitandomi a seguirla; sono passato davanti a mia madre senza degnarla di uno sguardo ed ho seguito mia cognata fino ad una porta; lei si è scostata e mi ha fatto cenno di entrare: “Grazie Amanda, non me lo dimenticherò” le ho sussurrato prima di chiudere la porta.

Mio padre era sul letto con la maschera dell’ossigeno; mi si è stretto il cuore a vedere come era ridotto a una larva, doveva ancora compiere 70 anni e sembrava ne avesse 100; mi sono sforzato di sorridere e gli ho chiesto come stava; mi ha risposto con un filo di voce: “Riccardo mio, almeno tu non mi fare domande idiote, io non ho quasi più fiato e invece devo assolutamente dirti una cosa; anzi vorrei dirla anche a Gabriella, ma non so se è possibile” “Ma certo che lo è papà, Gabriella è qui fuori” “Falla venire allora”; mi sono affacciato ed ho chiesta ad Amanda, rimasta li fuori, di chiamare Gabriella; dalla sala di aspetto arrivava solo silenzio, e dopo pochi secondi il mio amore mi ha raggiunto e siamo entrati insieme da mio padre: “Grazie a Dio posso dirvi quello che avrei voluto dirvi da anni; vi chiedo di perdonarmi se potete, avrei dovuto lottare per cambiare le cose e per vigliaccheria non l’ho fatto; siete una coppia meravigliosa ve lo voglio dire, e sono sicuro che prima o poi lo capiranno anche quei tre testoni di la; Amanda lo ha già capito e anche Barbara lo ha capito; adesso andate, voglio mia moglie soltanto vicino a me” “Papà non devi…..” “Basta Riccardo vai e cerca di ricordarmi sorridendo, almeno tu figlio mio”; mordendomi le labbra sono uscito tenendo Gabriella per mano, e con le lacrime agli occhi ho detto ad Amanda di chiamare mia madre; ci siamo incrociati con lei nel corridoio senza neanche guardarci e ci siamo sistemati nella sala di aspetto mano nella mano, dal lato opposto dei miei fratelli che piangevano con Amanda che cercava di consolare entrambi; dopo neanche un’ora mi è arrivata la voce di mia madre: “Renato …. Renatooooo …. Nooooo …. Amore mio noooo ….. Vita mia nooo …. Dio ti prego noooooo …… noooooooooo” seguito da un pianto convulso e irrefrenabile; senza rendermi conto di niente ho cominciato a singhiozzare sentendo solo l’abbraccio forte di Gabriella che piangeva insieme a me; nel frattempo erano arrivate le mie zie che subito si erano sistemate vicino ai miei fratelli evitando di guardarci, poi è arrivato mio zio Paolo, fratello di mio padre che al contrario mi ha abbracciato piangendo anche lui; avevo una gran voglia di andarmene, ma Gabriella mi ha detto che dovevo aspettare il ritorno di mia madre; abbiamo dovuto aspettare altri dieci minuti prima di vederla comparire in sala, sostenuta da un’infermiera; ha subito abbracciato i figli, le sorelle e zio Paolo, oltre ad Amanda, poi con mia sorpresa è venuta verso di noi; mi sembrava molto più vecchia dei suoi 66 anni e non ho dubitato neanche per un istante del gran dolore che stava provando: “Sentite, ammetto di aver sbagliato a non volervi dire niente e di questo vi chiedo scusa; Riccardo, l’ultima cosa che mi ha detto papà tuo è che ti devo voler bene; ma io ti voglio bene Riccardo, e voglio bene anche a te Gabriella non ho mai smesso di volervene; ma ora non voglio ricominciare una discussione, non ora non qui” e sorprendendomi mi ha abbracciato riprendendo a piangere, per poi abbracciare anche sua sorella; infine si è girata ed è tornata verso il gruppo degli altri; abbiamo fatto per andarcene e ho sentito Amanda che mi chiamava: “Senti, ti faccio sapere io per il funerale, il numero l’ho già copiato” e anche lei ci ha abbracciati entrambi.

In macchina mentre tornavamo a casa mi sentivo come annientato e Gabriella, capendo il momento, ha parlato ininterrottamente per tutto il viaggio dei suoi ricordi con mio padre e di molti aneddoti che io ignoravo; a casa mi sono messo sul divano e lei mi si è seduta vicino abbracciandomi e continuando a raccontare, facendomi finalmente sorridere, fino a che non abbiamo cominciato a ridere insieme, pur se con le lacrime agli occhi; non riuscivamo più a smettere ed abbiamo continuato a ridere per ore, fino a che non si è fatta l’alba; a quel punto le ho preso il viso fra le mani e l’ho guardata nei suoi splendidi occhi di zaffiro: “Sai amore mio, è facile trovarsi bene con una persona quando tutto va bene o quasi è facile; ma tu stanotte mi hai fatto definitivamente capire che fortuna ho avuto a trovare una donna straordinaria come te; ti amo Gabriella, ti amo da morire, non riesco più neanche a immaginare di poter stare senza di te e pensando alla mia vita di prima, mi sembra di ricordare la vita di qualcun altro; sei la cosa più meravigliosa che poteva capitarmi” “Amore mio, è meraviglioso sentirti dire questo; hai ragione è proprio in questi momenti che si vede se una coppia funziona; è per questo che sono voluta venire anche io, non ho voluto che andassi da solo; ero disposta ad affrontare tua madre e i tuoi fratelli perchè io e te siamo una cosa sola ormai; ti amo Riccardo, sei la mia vita amore mio”; e siamo rimasti abbracciati così finchè il nostro stomaco non ha cominciato a brontolare; non avevamo neanche cenato ed era proprio ora di prepararci la colazione.

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