‘donne con le gonne’ titolava un film di Nuti oltre 25 anni fa, ‘voglio una donna donna con la gonna gonna’ cantava Vechioni nella stessa epoca; la gonna ‘. espressione nel mondo occidentale moderno della femminilità.
C’è gonna e gonna:
gonne lunghe e gonne corte, a volte cortissime, mini o micro;
gonne fascianti e gonne svolazzanti,
gonne come tali o vestiti che terminano come gonne.
Comunque sempre gonne
Le stagioni:
D’inverno i pantaloni la fanno da padrone, le gonne le usano generalmente solo alcune donne anziane, gonne pesanti a metà polpaccio, al di sotto pesanti collant elastici: che costrizione per le farfalline, pardon, farfallone mature; per vedere qualche gonna più stimolante bisogna andare in discoteca, al pub, alle feste, allora compaiono gonne ammiccanti, tubini che mettono in mostra le curve dei culetti, sempre al di sotto i collant, sottili, colorati, fantasiosi, ma sempre collant, ostacolo all’accesso alle patatine delle donzelle, ah che nostalgia delle calze di seta e dei reggicalze, le autoreggenti non sono la stessa cosa, con le mutandine che restavano a volte incastrate da fibbie mal montate al momento di calarle per una sana pipì che, se urgente, sfuggiva un po’ nel tessuto.
D’estate, nel bosco oscuro dei pantaloni e nel sottobosco di pantaloncini corti ed hot pants a volte microscopici, sbocciano i fiori delle gonne: fiori grandi, un po’ appassiti di gonne lunghe, freschi di gonne al ginocchio, a pieghe, svolazzanti, boccioli di gonne corte, a volte cortissime.
Il caldo estivo:
è vero, anche in estate i pantaloni la fanno da padrone, ma che caldo,la patatina soffre costretta tra mutande e calzoni, poche donne credo non indossino le mutandine sotto i jeans(Catherine Millet docet); allora viva la gonna: un flusso di aria fresca che rigenera le pudenda coperte da un sottile strato di stoffa o neanche quello, un sottile piacere di libertà.
La comodità
Certamente i calzoni sono più pratici, ci si può muovere agevolmente senza il rischio di scoprirsi, in inverno tengono più caldo, ecc’, ma c’è almeno un occasione in cui la gonna è più comoda: quando si deve fare pipì in un bagno pubblico (argomento che, come le mie lettrici abituali possono intuire, mi arrapa parecchio).
Il più delle volte il pavimento vicino alla tazza è sede di liquidi imprecisati in cui è meglio non intingere i calzoni, pertanto è indispensabile arrotolarli o, quantomeno, tenerli sollevati; anche il bordo della tazza non è il massimo delle pulizia, bisogna fare pipì in sospensione:
1- slacciare i pantaloni, spesso attillati, e farli scivolare al di là del culetto ridondante fino a mezza coscia, meglio alle ginocchia, badando che le gambe non scivolino troppo in basso,
2- fare la stessa operazione con le mutande e, se ci sono, i collant,
3- inclinarsi indietro per pisciare il più possibile nella tazza trattenendo mutande e calzoni scostati in modo che il getto di piscio non li colpisca,
4- mantenendo la stessa posizione, in modo che lo sgocciolamento non bagni gli indumenti, asciugare la fichetta con la carta igienica, badando ad asciugare anche le cosce su cui un po’ di pipì è defluita,
5- risistemarsi divincolandosi con una danza del culo.
Con la gonna è tutto più semplice: la si solleva, al massimo la si arrotola in vita, si calano solo le mutandine, che scendono facilmente anche sotto le ginocchia, e via, una bella pisciata.
I pantaloni
Ce ne sono di ogni tipo: quelli larghi, vaporosi tipo odalisca, a volte inseriti in una tuta più o meno scollata (a questo proposito perdonate una digressione, spesso ho visto di queste tute indossate senza reggiseno e, sempre pisciofilo, mi immagino lo striptease per una pipì); quelli larghi, informi trasandati di donne un po’ anziane; quelli mascolini delle signore executive; quelli più attillati, fascianti che mostrano le forme del culetto come anche i jeans, fino ai leggings, tirati nel culo e nella fica a mostrare le chiappette vibranti ad ogni passo ed il cameltoe, o il disegno delle mutande, ma sono sempre calzoni, coprono sempre tutto, anche se evidenziano non lasciando spazio all’immaginazione’ , come più arrapanti le gonne, che mostrano e nascondono, che fanno fantasticare di biancheria frivola o di passerine all’aria, di cosce che sfregano tra loro.
Com’è diverso dare una pacca sul culo a mia moglie attraverso i calzoni o infilare una mano sotto la gonna e darle un pizzico su una chiappa.
Viva la gonna.
I pantaloni danno un vantaggio indiretto: le donne si abituano ad una libertà di movimenti che non avrebbero con la gonna per cui quando indossano questa, se sono sedute, spesso si dimenticano di serrare le cosce o di accavallare le gambe mettendo in mostra la farfallina coperta da una sottile mutandine, il più spesso bianca o nera, ma talora colorata e, allora è possibile scorgere una chiazza di umido in corrispondenza della fessura: sudore, secrezione, pipì sfuggita o non asciugata? Chissà.
Quante volte ho visto il cavallo delle mutandine di femminucce sedute con le gambe discoste e la gonnellina risalita.
Non parliamo poi di quando si accosciano.
Viva l’upskirt.
In moto:
Ricordo gli anni 50 con le donne sedute di lato su vespe e lambrette, poi i pantaloni e le donne sedute, sempre e regolarmente dietro, a cavalcioni, ora è facile vedere ragazze sedute in moto, anche alla guida, con la gonna, risalita a mostrare le cosce nude e, in qualche caso, anche di più: un bel culetto, con o senza la striscetta del perizoma, di qualche ragazza abbracciata al suo centauro con la mini risalita del tutto.
Falsi pudori
Come è divertente vedere qualche ragazza che indossa una mini a tubino, che tende a risalire ad ogni passo, fermarsi ripetutamente a tirarla giù per paura di mostrare più del dovuto.
O quelle che, avendo una gonnellina ampia e leggera, spesso a pieghe, che un colpo di vento birichino fa sollevare, cercano trattenere i lembi svolazzanti.
O le gonne a portafoglio che, a dispetto dei tentativi della titolare, tendono ad aprirsi fino al pube.
Al contrario certe gonnelline allacciate al davanti la cui proprietaria ha, distrattamente, dimenticato di allacciare tutti i bottoni.