Succede che Renata è la mia nuova fidanzata
l’ho conosciuta a una serata
tre settimane che stiamo insieme e non l’ho ancora scopata.
Quando le cose stanno così si usa dire che è vero amore, ma non perdiamoci in discorsi inutili, perché in questa storia Renata è appena uscita e non ritornerà più; mi ha mandato un messaggio urgente subito dopo cena, chiedendomi se potevo andare da lei per un’emergenza, senza specificarmi quale fosse l’emergenza.
Il tempo di fermarmi a comprare profilattici e sigarette ed eccomi al cancello di casa sua, da vero innamorato.
Come un oscuro presagio, dall’altro lato della strada due corvi mi osservano.
Uno è alto grosso e negro; l’altro un tappetto calvo con occhiali scuri.
Indossano giacca e cravatta. Sul momento li scambio per becchini, ma il modo in cui mi fissano, e il fatto che uno dei due si metta a parlare ad un microfono fissato al colletto della giacca, mi fa pensare che siano piuttosto agenti dei servizi segreti.
Beh fanculo. Questa è la serata in cui mi scopo Renata. Se sono venuti ad arrestarmi che lo facciano tra venti minuti.
Suono al citofono, il cancello si apre con un suono metallico e percorro il vialetto che conduce all’ingresso.
Appeso alla porta, un biglietto scritto a mano, la calligrafia dolce e aggraziata di una ragazzina di ventott’anni.
Post it
Ciao amore, scusami ma sono dovuta scappare, mi hanno chiamata dall’ospedale, sai, per l’incidente.
In casa ci sono le mie amiche, sono tutte ragazze fidate, ma mi sentirei più tranquilla se ci dessi un’occhiata tu, perché… beh, lo capirai da solo.
Scusami se ti chiedo questo favore, ma sono ragazze molto simpatiche e vedrai che ti ci troverai bene!
In frigo c’è della birra, e questo pomeriggio abbiamo preparato dei biscotti, spero che quando arriverai sia rimasto qualcosa anche per te!
Mettiti a tuo agio, divertiti e… mi raccomando!
Tornerò il prima possibile, ma se non ti va di aspettarmi ti chiedo solo se tornando daresti un passaggio a casa a Lisa Marie.
Mi sdebiterò organizzando una serata speciale io e te da soli per il prossimo weekend, ok?
Tanti bacini!
Renata
(ps in ospedale non potrò tenere acceso il cellulare, mandami un messaggio se hai bisogno di qualcosa, cercherò di contattarti appena riesco! un bacione!)
Riletto una seconda vlta il biglietto suona più o meno così:
Caro Robin, dentro è pieno di donne ma io non sarò presente a controllare che tu non te le faccia. Però puoi farti una birra e dei biscotti e in cambio questo sabato finalmente te la darò.
Un bacio dove sai tu, Renata.
La prospettiva è interessante, faccio per bussare ma la porta si apre da sola e fa capolino una brunetta magra dallo sguardo affilato e la carnagione malaticcia come quella di una Tossica.
“Chi ti manda?” chiede sospettosa
“Renata”
“Parola d’ordine?”
“Non l’ho mai scopata”
Un sorriso malizioso illumina lo sguardo della Tossica: “Allora devi essere Robin. Indossi crocefissi?’
‘E cosa sarebbero?’
‘Hai con te aglio, argento o paletti di legno appuntiti?’
Te lo do io il paletto di legno se non mi lasci entrare.
‘Allora ce li hai o no?’
‘Ma che sono, uno stregone? Ci sono vampiri in casa?’
‘Che io sappia solo una. Dai, entra, ti presento alle altre.’ Sonetto al limone
Al tavolo in marmo della cucina
ci son le due donne, la riccia e la mora
Sorseggiano liete dalle loro tazze
del tè con biscotti allungato col rhum
La tossica dice siediti Robin, vogliamo parlarti
e quelle mi fissano e ridono un po’
Sarà che ho i capelli un po’ scompigliati
lo sguardo appannato e le mani tremanti
Ma che me ne frega, facciamo stà cosa
e poi la mia amata saprà ringraziarmi.
La ricciolina è un torrente di parole come solo una trentenne che si è appena lasciata con l’ennesimo unico amore della sua vita; oppure una trentenne che si è lasciata con il vero unico amore della sua vita, ma per qualcosa come la ventesima volta, e la voce tremante e i mozziconi di sigaretta davanti a lei a confermare che questa era la volta decisiva.
‘…ho messo tutta me stessa in questa cazzo di storia e volevo veramente che funzionasse ma la mia fiducia, il mio senso di donna…’
Una femminista. Dovevo sospettarlo dalla montatura degli occhiali, cazzo!
Sarà mica lei la vampira?
La moretta allunga dolcemente la mano a prendere la sua e sorride all’amica con fare consolatorio.
E io non posso fare a meno di immaginarmi questa bellezza mediorientale dai capelli corvini e dalle labbra carnose, seduta su una poltrona di una stanza in penombra, lei indossa una guepiere e mi guarda con quello stesso sguardo dolce mentre si sfila le calze a rete e…
‘Come tuo spirito affine io penso che…’ dice la moretta stroncando sul nascere tutto l’eros.
Una femminista e una hippy. E adesso quale delle due sarà la vampira?
‘Ragazze, questo è Robin’
Dimenticavo, una femminista, una hippy e una tossica.
La ricciolina si gira verso di me, finisce di soffiarsi il naso mentre mi guarda come a chiedersi come cacchio c’è finito un uomo qua dentro, poi fa un sorriso forzato e ancora tirando su col naso mi porge la mano.
‘Sei il ragazzo di Renata. Ciao, io sono Giulia!’
Stringo la mano di Giulia con fare condiscendente, come si fa con chi sta vivendo un lutto di medio-basso livello, poi mi giro verso la mora, la bellezza israeliata, il mio sogno proibito in guepiere.
‘Piacere Robin, io sono Marlene. Finalmente ti conosco, io sono molto amica di Renata, sai? Fin dai tempi delle elementari, si!’
‘Piacere mio ragazze’
‘Giulia è appena stata lasciata dopo quattro anni di fidanzamento’ mi sussurra la Tossica a un orecchio. Sussurra per modo di dire, perchè anche Giulia e Marlene hanno sentito benissisimo quello che mi ha detto, e così cala un silenzio imbarazzato.
‘Sai che Renata ci parla sempre di te?’ mi dice Giulia spezzando l’incantesimo di sfiga lanciato dalla Tossica. Mi osserva con occhioni trasognati rigirandosi un ricciolino tra le dita, una trentenne abbandonata che vuole consolarsi ascoltando le storie d’amore di chi sta meglio di lei. ‘Da quant’è che state insieme?’
‘Tre settimane’
‘Ma dai! Non mi dire che è stato un colpo di fulmine?’
‘Si, direi di si’
‘Conoscendo Renata immagino che il primo passo lo abbia fatto tu.’
‘Già’
‘Non sei di molte parole, eh Robin?’ mi dice la Tossica sbuffando. ‘Raccontaci qualcosa su questo primo passo, no?’
‘Sara!’ la rimprovera Marlene, che è tutta indaffarata ai fornelli a mettere su il té. E soprattutto ora Sara ha un nome, ma per me rimarrà la Tossica fino alla fine di questa storia.
‘Che c’è?’
‘Non lo vedi che è imbarazzato? Fatti gli affari tuoi!’ le dice con dolcezza e severità.
Dolcezza e Severità!
Questa dev’essere la maestrina kosher della compagnia.
‘Oh, scusami, non volevo essere invadente’ si scusa Giulia. Mò vuoi vedere che ricomincia a piangere.
‘Sentite, non c’è problema, se volete ve lo racconto come mi sono fatto avanti. Non è che sia chissà cosa.’
‘In che senso non è chissà cosa?’
‘Non l’ha ancora scopata. Sapete com’è Renata.’ spiega la Tossica arrivando brutalmente al punto.
A giudicare dalla loro reazione, Giulia e Marlene non erano a conoscenza del fatto, e ne sembrano pure sorprese. Mi rivolgono un sorriso comprensivo, come quello che farebbero a una persona a cui è appena morto il cane.
Finisce che quello da consolare sono io.
Sonetto della rimembranza
‘
Tre donzellette sedute con me
io mangio i biscotti e bevo del thè
Di cose da donne ora parlan tra loro
io vengo ignorato, che botta di culo
Le loro cazzate non mi riguardano più
penso a Renata, e mi si tira un po’ su.
Siam lì che mangiamo i biscotti di Renata davanti a una tazza di tè caldo, io e tre bellezze che ormai si son scordate di me e che ciarlano tra loro, finalmente libero dall’onere di dover subire i loro interrogatori stronzi, libero di immergermi nelle fantasticherie di come saprà il mio amor ripagarmi.
Quand’ecco che.
Sibillina e a tradimento, Giulia estrae lentamente il cellulare dalla borsetta, e Marlene e la Tossica sono troppo prese dal loro dibattito sull’età migliore per rimanere incinte per accorgersi che la ricciolina sta digitando qualcosa da sotto il tavolo.
Ma quando realizzano la cosa…
‘Giulia, cosa stai…’
Ma è tardi, un bip segnala che il messaggio è già stato inviato. Un secondo bip segnala che il messaggio è stato aperto.
‘Che cazzo hai fatto?’ chiede la Tossica meravigliata e molto, molto divertita. ‘Non avrai scritto a chi-so-io, vero?’
‘Lasciatemi stare!’
Butta male.
‘Dai Giulia! Cosa pensi di ottenere a questo punto?’
Mangiamoci un biscotto, và.
‘Voglio che me lo dica in faccia, dopo tutti questi anni!’ dice Giulia e ora scoppia a piangere per davvero.
Questo è l’Inferno. Devo andarmene da qui.
‘Non è che conoscete per caso una certa Lisa Marie?’ faccio, raggiante.
Lisa Marie è la ragazza a cui Renata mi ha chiesto di dare uno strappo a casa; ora la vado a cercare, ci faccio due chiacchiere, ci accordiamo per l’orario di rientro, sperando sia il prima possibile e poi le chiedo se vuol farmi compagnia per fumarci una sigaretta. Di fuori, ovviamente. Anzi, il piano sarà di rimanere fuori finché non finisco il pacchetto. Non voglio più avere a che fare con queste pazze.
Marlene, china ad abbracciare e consolare l’amica, si gira verso di me con fare colpevole e annuisce.
‘Certo, ti ci porto io’ dice, e fa segno alla Tossica di darle il cambio; la Tossica alza gli occhi al cielo ma obbedisce, e si lascia andare ad un abbraccio languido quanto falso alla povera Giulia affranta.
Usciamo dalla cucina e Marlene si chiude dolcemente la porta alle spalle.
Sospira.
‘Scusa per la scena, ma Giulia…’
‘Oooh, ma figurati, non è niente!’ la rassicuro, e credetemi quando dico che sono bravissimo a mascherare il sarcasmo.
‘…e la sua ragazza si sono lasciate proprio qui, in questa casa, neanche un’ora fa.’
‘Ragazza? Giulia ha la ragazza?’
Lei annuisce, poi si corregge: ‘Beh, ce l’aveva. Hanno avuto una discussione molto accesa e, sai com’è, si sono trascinate tante cose, tante piccole incomprensioni, cose non dette…’
Ala fine del suo lunghissimo discorso sulla fenomenologia degli attriti di coppia in questi moderni tempi di amor tra lelle, le chiedo ‘Mi presenti questa Lisa Marie?’
‘E’ di sopra. Secondo piano.’ dice indicandomi una rampa di scale a chiocciola che danno su un piccolo pianerottolo chiuso da una porta bella robusta.
Strana casa quella di Renata.
‘Beh, ma non mi ci puoi accompagnare tu? Non so neanche chi sia, e lei non conosce me…’
Marlene getta uno sguardo su per la scala come se là sopra ci fossero i mostri.
O una vampira?
Camminando con cautela all’indietro, lo sguardo fisso al piano di sopra:
‘No, scusa, ma è meglio se torno da Giulia, meglio che qualcuno la tenga d’occhio.’
‘Hai paura che possa…’
‘No. Ho paura di salire quelle scale.’ dice e si sta già richiudendo la porta alle spalle.
SLAM!
Dal nulla, seduta a gambe incrociate su di un mobiletto portariviste di fianco a me appare la Tossica, che si accende una sigaretta e mi guarda come un gatto col topo.
‘Questo è l’Inferno dei maschi, Robin. Benvenuto nel girone dei lussuriosi. Legge del contrappasso: tu che in vita fosti un volgare Don Giovanni, guarda un po’ che ti becchi adesso. Alla fine di questa serata rimpiangerai di non essere nato gay.’
‘Quanto la fai tragica. Mi ci porti tu, da questa Lisa Marie?’
‘Ci hai mai fatto caso? Bastano tre donne per mettere in crisi un maschio, prendi una donna da sola in un gruppo di uomini e sarà sempre una regina.
Chissà come mai.’
‘La risposta? E’ una parola di quattro lettere, Giulia la sa di sicuro. Inizia per effe.’
‘Lisa Marie sta al piano di sopra’ mi dice finalmente la Tossica. Grazie al cazzo, questo già lo sapevo, ma è bello vedere che facciamo progressi.
‘La troverai facilmente, o sarà lei a trovare te. Il problema vero è un altro.’
‘Oh Cristo, di che problema stai parlando?’
‘Potrei dirti che è un problema con gli occhi color acquamarina, che immagino tu sappia sia una pietra preziosa, la preferita della tua morosa.
Ma credo che tu la riconoscerai dai capezzoli. Le ragazze a sangue freddo li hanno sempre turgidi, specie se hanno le tette piccole come lei.’
‘Renata ha il seno piccolo ma non li ha sempre in tiro’
‘Sei un coglione Robin. Renata non te la dà perché è diffidente per natura e perché vuole una storia seria, ma il suo sangue è caldo, in tutti i sensi. Lo scoprirai da te, se riuscirai a sopravvivere a questa serata. Vedila come una prova.’
Un test di ammissione alle cosce di Renata.
‘Al cuore’ mi corregge la Tossica.
Un test di ammissione al cuore di Renata.
E va bene, saliamo queste scale e vediamo che mi aspetta!
Il suono ovattato di musica da discoteca si trasforma in un boato appena Schuppy mi apre la porta.
Schuppy.
Questa che mi ha aperto la porta e mi guarda intimidita, no!, terrorizzata, avrà circa sedic’anni.
Schuppy.
Occhioni neri e lucidi, colmi di lacrime.
L’effetto che faccio alle donne!
‘Ciao!! Sei tu la vampira?!!’
‘Co-cosa?’ chiede lei e devo leggerglielo sulle labbra da tanto che la musica è alta.
Dietro di lei appare una piccola strega tripponcella, capelli color ciliegia, faccia da cazzo, tette strabordanti, la stessa età di Schuppy suppergiù. Guarda me la stronzetta, e se la ride.
‘Dicevo, sei tu Lisa Marie?!!’ urlo di nuovo alla piccola Schuppy, e la maledetta dietro di lei le si avvicina e le sussurra qualcosa all’orecchio.
Schuppy riferisce: ‘La parola d’ordine?’
La strega bastarda mi guarda e mi sillaba la parola.
‘Leccamel… ma che cazzo!’ urlo alla dannata, poi di nuovo rivolgendomi a Schuppy: ‘Sei tu Lisa Marie o no?!!’
‘Sono io Lisa Marie!’ mi dice, scansando Schuppy e venendo a porgermi la mano, quella che in assenza di altri termini abbastanza dispregiativi, da ora in poi chiamero solò Lisa Marie.
‘Enchanté’ rispondo nel mio peggior francese, e le sfioro appena le dita, che schifo, chissà dove le avrà appoggiate prima del mio arrivo.
‘Senti, ti devo parlare!! Esci un attimo così…’
‘Cosa?? Non ti sento, entra così ne parliamo!!’ e così dicendo mi afferra per un braccio e fa per trascinarmi dentro.
Mi puntello al suolo con tutte le mie forze, ma è inutile. Quella ha sedici anni ed è più larga che alta, è troppo forte per uno che a una donna non torcerebbe un capello, figurarsi contraddirla.
Dentro è l’orrore più puro. Il girone delle bimbeminkia discotecare. L’età media è diciassette anni, ma solo perché ci sono io ad alzarla con i miei trenta meno meno. Alle superiori avrei venduto l’anima perché le mie compagne di classe si vestissero come sono vestite queste, ma adesso che sono cresciuto non ho più tutta questa passione per il circo. Ce n’è una ventina così, tranne Schuppy che è l’unica ad essere conciata come si deve, e infatti proprio per questo se ne sta isolata dal resto del gruppo, in solitaria attesa di qualcuno che venga a salvarla.
A quanto pare non sono l’unico che vorrebbe andarsene il più lontano possibile da questo inferno in cui Renata mi ha cacciato.
Perché si sarà riempita la casa di ragazzine, poi? Saranno le sue pazienti?
No, Renata è una psicologa, non una ginecologa.
Lisa Marie mi trascina per tutta la stanza, che è uno spazioso salotto con bancone da bar trasformato per l’occasione in una pista da ballo in cui le ragazze bevono gridano schiamazzano si agitano per niente senza far caso a me, finché raggiungiamo la porta finestra che dà sul balcone.
‘Mi offri una sigaretta?!’
‘Non sei piccola per fumare, cogliona?’
‘Non capisco un cazzo!!!’
Esco il pacchetto e gliene porgo una.
Fuori sul balcone riusciamo a sentire quello che ci diciamo, il che non è per forza una cosa positiva.
‘Scusa la domanda ma che ci fate voi qui?’
‘Che ci fai tu qui, doveva essere una serata tra amiche.’
‘Perché tu… voi sareste amiche di Renata?’
‘Oh, loro no, quelle all’interno sono amiche mie. Io invece sono un’amica di Renata.’
Non sapevo che Renata avesse amiche bimbeminkia, ma, un momento.
‘E quelle altre chi le ha invitate?’
‘Io! Saprai di quello che è successo a Giulia, no?’
‘Hai pensato di dare una festa per tirarle su il morale? E’ l’idea più stronza che abbia mai sentito.’
‘Ma vaffanculo!’
‘Senti, Renata mi ha chiesto di riportarti a casa, quindi finisci la sigaretta, manda quelle teste di cazzo là dentro fuori dalle palle e ce ne andiamo.’
‘Ma come sei acido, si capisce che Renata non l’hai mai scopata!’
Se la scagliassi giù dal terrazzo, da quest’altezza, sarebbe omicidio? Se devo finire in galera preferisco farlo per una buona ragione. Mi seccherebbe se restasse sulla sedia a rotelle.
Lisa Marie fa l’ultimo tiro di sigaretta, sempre che si possano chiamare tiri quelle boccate da prima della classe che fa, la spegne sulla ringhiera, la butta giù e mi abbraccia.
‘Scherzavo, Robino! Io vado a pisciare, diglielo tu alle altre che devono andarsene ok?’
E schizza dentro, chiudendosi la finestra alle spalle, lasciandomi di merda.
‘sta stronza, mi vuole fare uno scherzo, adesso si toglie la giacca, si allontana tre passi, si gira a farmi una linguaccia cretina, poi mi apre e mi dice qualcosa tipo:
‘Ci sei cascato, Robino!!!’
Lisa Marie si toglie la giacca, si allontana tre passi, si gira a farmi… no, non si gira. E i passi non sono tre, si allontana proprio, sparisce dalla mia vista, probabilmente neanche si è resa conto di avermi chiuso fuori, da tanto rincoglionita che è.
E certo che non se n’è resa conto, altrimenti mi avrebbe fatto la sua linguaccia del cazzo prima di andarsene.
Ma tu guarda che casino. E adesso che cazzo faccio? Telefono a Renata di avvisare Verena di mandare su Marlene a farmi aprire la porta? Ma tu guarda che figura di merda!
Ok, prima di fare questa cosa valutiamo soluzioni più ragionevoli.
Potrei buttarmi di sotto. Il tonfo del mio corpo che si schianta in una poltiglia di sangue e carne dovrebbe attirare l’attenzione di un’ambulanza, o di un carro funebre.
Potrei provare ad arrampicarmi fino al piano di sopra; dovrei solo salire in piedi sulla ringhiera, sporgermi quel tanto da vedere la ringhiera del balcone del terzo piano, avvinghiarmi a quella ringhiera, sollevarmi di peso con le braccia e poi mettermi a cavalcioni…
Il tonfo è più o meno lo stesso di prima, la poltiglia anche, il sangue decisamente di più.
Busso alla porta finestra come un coglione, sapendo che nessuna verrà mai a rispondermi, sono tutte troppo impegnate a bimbominkieggiare, tutte tranne…
Schuppy!
Giro l’angolo del terrazzo dove c’è un’altra finestrella, che si affaccia proprio sul muro dove Schuppy finge di messaggiare sullo schermo del telefonino spento; picchio delicatamente e lei non sente niente.
Picchio più forte, ancora niente. Una testata forse? No, aspetta, l’ho visto fare in un film: mi tolgo la felpa (Cristo che freddo!), me la avvolgo attorno al braccio e saggio la resistenza del vetro con il gomito.
Spero che Renata non mi lascerà per quello che sto facendo. Ma cazzo! Alla fine di questa serata potrei decidere di lasciarla io!
La gomitata fracassa il vetro e Schuppy strilla e dallo spavento lascia cadere il cellulare a terra.
‘C-chi… ma cosa hai fatto?’ dice con un filo di voce che io ovviamente non sento.
Schuppy, oh mia salvatrice.
‘Quella stupida mi ha chiuso di fuori Vieni ad aprirmi, sto gelando!!’
‘Ti sei tagliato’ mi fa Schuppy mentre mi infilo di nuovo la felpa.
Manco mi ero accorto, ma dal gomito mi cola sangue a fiotti.
‘Andiamo a disinfettare la ferita!!’ dice Schuppy, e mi prende per un braccio e anche lei è inaspettatamente troppo forte perché possa oppormi mentre mi trascina verso il bagno.
Nel corridoio incrociamo due ancelle malvagie che mi porgono una vergine sacrificale.
‘Questa è Noemi’
‘E’ innamorata di te’
‘Chiede se sei libero’
‘Chiede quanti anni hai’
‘Chiede se è troppo piccola per te’
‘Chiede se…’
‘Ma è muta?’ chiedo io.
‘Si vergogna a parlare’ rispondono le ancelle all’unisono, mentre la tale innamorata di me arrossisce e si produce in una risatina isterica e vagamente caprina. L’effetto che faccio alle donne! Soprattutto alle vergini e alle malate di mente!
‘Sto sanguinando’ faccio io, mostrando il gomito come prova.
‘Dai, andiamo a disinfettarti’ dice Schuppy avanzando di un passo, bloccata dalle due ancelle.
‘Noemi chiede cosa ti sei fatto’
‘Chiede se ti fa molto male’
‘Chiede se vuoi che ti aiuti a disinfettare la ferita’
‘Chiede se quella Schuppy è la tua fidanzata’
‘E’ Renata la mia fidanzata!’ faccio io, e le due si guardano e si consultano con fare preoccupato.
‘Noemi chiede chi è questa Renata’
‘Chiede se l’hai mai scopata’
Ehggià, queste manco sanno che Renata sarebbe la padrona di casa.
‘Dimenticavo, dovete andare fuori dai coglioni. Tu, tu e tu. Ditelo anche alle altre, resta solo Lisa Marie.’
La vergine e le sue ancelle spariscono davanti ai miei occhi in una nuvola di fumo, e con la mia infermierina raggiungo il bagno.
Chiedo a Schuppy di farmi il piacere di cercare delle garze, visto che non mi va di frugare nei cassetti del bagno di una ragazza. Potrei trovarci cose che non si addicono allo sguardo di un uomo.
Mi disinfetto da solo, gettando senza ritegno fiotti di acqua ossigenata direttamente sulla ferita, come fanno i maschi. Schuppy avrebbe preso un cotton fioc imbevuto e lo avrebbe tamponato delicatamente sul gomito, chiedendomi se faceva male, tutte stronzate da fighette. Io sono un duro.
Cristo, se brucia però!
‘Ho trovato queste’ mi dice Schuppy porgendomi un rotolo di garza; la ringrazio e inizio ad avvolgermelo intorno al gomito, ovviamente esce una schifezza, al che Schuppy mi sfila la garza dalla mano e me la avvolge bella stretta attorno alla ferita.
‘Ehi, sei in gamba!’
‘Mia mamma fa l’infermiera’ si giustifica lei, come se questo spiegasse le cose.
‘Ah, e adesso dov’è lei?’
‘E’ a casa, perché?’
‘Chiamala e dille di passare a prenderti. Devi andartene anche tu.’
Mi sbatte letteralmente fuori dalla finestra, su un balcone molto più piccolo questa volta, ed esposto a nord, dove soffia una brezza frescolina e io sono senza felpa.
‘Aspetta, stavo solo…’
Faccio per rientrare, ma lei mi mette entrambe le mani in faccia e mi spinge indietro:
‘Sei uno stronzo!!! Io ti ho anche aiutato!!!’ e si chiude la finestra alle spalle.
Sento un applauso.
La Tossica è dietro di me, seduta a gambe incrociate sull’angolo della ringhiera; una scintilla rossa spicca vicino alla sua bocca stagliandosi nel buio della notte, e attorno a lei si fa una nuvoletta di fumo e un gradevole odore acre di afgano.
‘Pare che tu sia sopravvissuto al girone dell’adolescenza, poeta.’
‘E tu che ci fai qui?’
Alza lo sguardo al piano di sopra: ‘Quelle lassù mi hanno cacciata via, e io sono caduta quaggiù. Lucifero è caduto dal Paradiso giù all’Inferno, ma io no, là sopra non c’è nessun Paradiso. Quello che hai visto finora era solo il Limbo, lassù ci stanno le Malebolge!’
‘Smettila di scherzare e dimmi dov’è la scala di emergenza per salire, sto gelando qua fuori!’
Lei allunga il braccio a passarmi la scintilla ardente che stava nella sua bocca.
‘Eccola la scala’
‘Questo è un joint’
‘E cos’è una scala se non uno stato alterato della coscienza?’
Un oggetto reale, solido e non immaginario che ti porta su o giù da un posto. Una cazzo di scala!
‘Vabbè ho capito, fammi fare un tiro che mi riscaldo’
Aveva ragione la Tossica, non è un joint, è proprio una scala, e ogni tiro è un gradino che la mia testa fa verso l’alto; una scala a pioli che ci porta fino al terzo piano e che io e la Tossica percorriamo assieme ridendo e giocando e salendo in alto, salendo sempre di più, salendo fino alla Malebolge. Aggrappato al davanzale della finestra al terzo piano, dieci metri più sotto i due rottweiler del padre di Renata mi fissano solenni in paziente attesa che le mie dita cedano e che lo spuntino di mezzanotte finisca dritto nelle loro bocche fameliche, la Tossica si è volatilizzata come l’effetto della canna, e io parlo amabilmente con questa bella zingarella dai capelli crespi che affacciata alla finestra mi ascolta assorta con un mezzo sorriso malizioso mentre le racconto di come ho conosciuto Renata.
C’era la luna piena anche quella notte di qualche mese fa quando per la prima volta la vidi, seduta a un noioso tavolino di noiose conversazioni tra trentenni. Mi alzai dal mio noioso tavolino di noiose conversazioni tra trentenni e andai da lei, fiero e baldanzoso.
‘Scusa, hai una sigaretta?’ le chiesi con un sorriso. Avrei potuto farle l’occhiolino, ma meglio non sfoderare subito le proprie migliori tecniche di seduzione.
Renata scosse la testa: ‘Non fumo’. Non l’ombra di un sorriso. Continuò a succhiare la sua virgin pina colada dalla cannuccia guardando fissa di fronte a sé, anche lei molto virgin, fingendo che non ci fossi più ma al contempo imbarazzata dalla mia mera presenza.
Il mio approccio baldanzoso già tentennava. Adesso era il momento di sfoderare la classe.
‘Allora esci a fare due chiacchiere?’ le chiesi facendole l’occhietto.
‘No, dai…’
Fine. Così conobbi Renata.
‘Beh, e come mai adesso state insieme?’ mi chiede la zingarella, perplessa, quasi sconvolta.
‘Oh, quella è una storia ancor più interessante, ma credo che te la spiegherei meglio gesticolando. Solo che ora come vedi mi è impossibile muovere le mani senza finire ucciso, quindi che ne dici se continuiamo la converazione dentro?’
La zingarella ci pensa su un attimo, e i cani iniziano a ringhiare nervosamente, percependo il pericolo che la loro preda stia per essergli sottratta.
‘Benito! Adolfo! Piantatela’ grida la zingarella, inascoltata.
‘Benito e Adolfo? Che razza di nomi! Dovevo immaginarlo che il padre di Renata fosse un fascista del cazzo. A proposito, tu invece come ti chiami?’
‘Io sono Desdemona. Sono la sorella di Renata’
E io sono morto.
Invece Desdemona ha pietà di me; mi afferra saldamente per un polso e mi trascina dentro con tanta forza che finiamo catapultati sul suo letto, uno di fianco all’altra.
La camera di Desdemona.
Una stanza dal soffitto alto arredata in maniera austera.
Scrivania, letto, libreria e un posacenere traboccante mozziconi.
Al muro una bandiera palestinese messa in verticale con disegnata una fionda; un poster di Karl Marx con lo slogan Distruggere il capitalismo, detronizzare Dio, una stella a cinque punte con le lettere BR come quella dei benemeriti.
Sulla scrivania, di fianco al computer scrauso, una copia del Fatto Quotidiano.
Scopro così che mia cognata è la pecora rossa della famiglia.
‘Mettiamo in chiaro le cose, non sono tua cognata’ mi ammonisce lei, alzandosi dal letto e andando a sedersi alla scrivania, dove si accende una sigaretta.
Sorella gelosa e possessiva. Compagna. Sicuramente una femminista. Questa casa ne pullula, ma anch’io sono un compagno, e so come far breccia nel suo muro difensivo.
Una come Renata va conquistata a partire dalla famiglia.
Conquista la sorella e conquisterai anche lei.
A volte gli sviluppi sono veramente interessanti.
‘A tuo padre non vado molto a genio’ le dico. Minare le basi del patriarcato. Abbattere il padre in assenza di padrone.
‘Lo so. E’ un fascista del cazzo, come hai detto tu. Lui per Renata vorrebbe un tipo brillante, elegante, con senso del dovere, alto e forzuto. Secondo me invece per lei va benissimo un tipo come te. Mi piaci. Sento che c’è sintonia tra noi due.’
‘Ma sai, ci sono tante cose di tua sorella che proprio non…’
‘Lo senti anche tu questo bip?’ mi interrompe Desdemona, alzando gli occhi a indicare il soffitto, come se ci fosse un ticchettio proveniente da sopra.
‘Io non sento niente’
‘Ascolta, è un bip… bip… bip… sembra un segnale acustico, ma di sopra non c’è niente, solo la soffitta. Davvero non lo senti?’
Onde evitare di passare per sordo provo ad ascoltare meglio, trattengo pure il respiro perché non copra il misterioso bip che tuttavia non esiste proprio.
‘Non sento una mazza’
‘Oh non importa, lo capirai più avanti. Stavi dicendo?’
Ma si, lo capirò più avanti. Tanto non ci sto più capendo nulla di questa serata, tra ragazzine spastiche, principesse ebree, Schuppy forzute, scale che compaiono e tossiche che scompaiono. E ancora all’appello manca la vampira.
Quindi alla fine che cazzo c’è da capire in dei bip impercettibili?
‘Dicevo, ci sono tante cose che non capisco di Renata, forse tu mi puoi aiutare.’ Questa è pura dialettica materialista adattata all’epoca del sottoproletariato dell’amore.
Desdemona si alza e viene a sedersi di fianco a me, e con gesti plateali inizia ad illustrarmi le chiavi che spalancano la porta del cuore di Renata, e forse di tutto il resto.
‘Allora, ci sono soltanto due cose che devi sapere su Renata’ mi dice facendomi il segno del due con le dita.
Si tocca la punta dell’indice.
‘Numero uno. La famiglia prima di tutto. Nostro padre già ti odia, prima o poi convincerà Renata che sei un poco di buono, un poeta da strapazzo, un fallito, e quel giorno lei ti lascerà. Alla mamma invece stai simpatico, ma solo perché Renata parla ancora bene di te. Quindi l’unica tua speranza sono io, perché non c’è nessuno al mondo che esercita maggiore influenza su Renata della sottoscritta.’
Si tocca la punta del medio.
‘Numero due. Renata è cattolica. Crede sul serio a quelle puttanate, compresa quella della castità pre matrimoniale. Quindi scordati di ottenere qualcosa da lei se prima non la sposi.’
‘Quindi continuerà a farmi solo e soltanto lavoretti di mano?’ chiedo io mimando l’atto, deluso e amareggiato.
Scaraventato fuori dalla finestra in un mesto replay di quanto accaduto con Schuppy, eccomi di nuovo appeso al cornicione, punto e a capo, con in più la consapevolezza che anche se dovessi uscire vivo da questa situazione, dovrò mestamente abbandonare le mie mire sul corpo di Renata a meno di indossare il ferale anello.
Sotto di me Benito e Adolfo ricominciano a fare il tifo perché io cada; ed eccomi qui, come un vecchio partigiano della rivoluzione spagnola, dato in pasto ai cani fascisti dalla traditrice stalinista.
Adesso che le dita iniziano a farmi male, dalla finestra che si sta aprendo bramerei vedersi affacciare un aitante, muscoloso, lampadato, palestrato, brillantinato pompiere gay spalmato d’olio in tanga che mi afferri con le sue possenti braccia per portarmi al sicuro in un mare di merda completamente di altro tipo rispetto quello in cui navigo ora.
Ma quando la finestra si apre si affaccia una dolce ragazza con il viso da pupazzetto, capelli rossi da cartone animato, alta il canonico metro e un tappo e leggermente rotondetta.
Visti i precedenti sarà in grado di spostare una montagna, ma purtroppo la pupazzetta non guarda me, la pupazzetta fa un sospiro malinconico e mani sotto il mento e sguardo dritto di fronte a sé, ammira un bellissimo orizzonte che non contempla le punte delle mie dita sul davanzale.
Ho deciso che la chiamerò…
‘Molly? Ehi, Molly…’
Lei ha un sobbalzo e si ritrae istintivamente. L’effetto che faccio alle donne.
‘C-chi sei? Come fai a sapere che mi chiamo Molly?’
Dal tono allarmato e guardingo della sua voce me la immagino rannicchiata sotto la finestra, respiro affannoso, nelle mani una lampada da fracassarmi sulla testa nel malaugurato caso in cui riuscissi ad arrampicarmi e fare irruzione nella stanza.
‘Te l’ho letto sulle labbra. Molly’s lips. Dimmi, ti piacciono i Nirvana?’
‘D-dimmi chi sei! Sei uno stalker? Guarda che chiamo la polizia!’
Ecco inquadrato il soggetto.
Timida, impacciata, capigliatura da geek fanatica di cartoni animati giapponesi, quei due o tre chiletti di troppo che ammazzano l’autostima, quel sospiro malinconico di una donna che di sicuro non ha mai preso un cazzo che sia uno in vita sua.
A Molly l’hanno rovinata le amiche. Lei vorrebbe anche, ma ogni volta che si fa avanti un ragazzo che trova carino e interessante, intervengono le amiche ad allontanarlo. Istinto protettivo verso la mascotte, la pupazzetta, la sorella minore ideale del branco. Una micina bagnata e infreddolita difesa dalle pantere.
E quando le pantere non ci sono, la gattina è abbandonata a sé stessa, in un mondo di orchi e potenziali stupratori, e si difende con le unghie e con i denti.
‘Forse c’è stato un piccolo malinteso. Non sono qui per te, vedi, è Desdemona che…’
‘Sei il fidanzato di Desdemona?’ mi chiede lei, e una breccia sembra aprirsi nel suo muro difensivo.
‘Veramente sono il ragazzo di Renata, e non l’ho mai scopata.
Se Desdemona fosse la mia tipa l’avrei già fatta finita.
Cominciando dall’inizio io sarei qui
per dare uno strappo a una Lisa Marie
Al pianterreno una principessa e una yuppie
mi han mandato di sopra, dove ho conosciuto Schuppy.
Quando lei mi ha sfanculato
una Tossica ho incontrato
Lei mi ha offerto un po’ di erba
e son finito nella merda’
Si affaccia alla finestra, reggendo sempre nelle mani la sua clava di porcellana che deve pure costare una cifra, pronta a colpirmi al minimo accenno di aggressività e mi osserva diffidente.
‘Ma che cavolo stai dicendo!?!’
‘Non lo so, credo di avere un tumore al cervello. Ora mi tiri su?’
Muove la bocca alla ricerca di una frase con cui congedarsi e congedarmi, per abbandonarmi al mio destino di diventare la merenda dei cani di Renata, ma la frase giusta non arriva, e alla fine Molly è costreta a cedere.
‘E come faccio? Non ho la forza per tirarti su!’
‘Credimi, se io ho la forza per restare appeso quassù dopo tuto quello che mi è capitato in questa serata, tu mi puoi tirare dentro con un mignolo. Allunga la mano!’
Si fa di nuovo guardinga, riparandosi dietro la abat-jour.
Oh cazzo, non ci posso credere.
‘Tieni, afferra questa!’ fa Molly, e così dicendo butta attraverso la finestra il cavo della corrente della maledettissima lampada.
‘Stai scherzando?’
‘S-senti, o la afferri o ti lascio lì, deciditi!’
Beh, se le cose stanno così. Affero saldamente il cavo, e Molly dà uno strattone, tirandomi su come un tonno preso all’amo.
Eccoci finalmente faccia a faccia. Io, Molly e la sua abat-jour. Ce l’ha ancora stretta tra le braccia, segno che ancora non si fida.
‘Dio ti ringrazio, mi hai salvato la vita’ le dico, avvicinandomi e facendo per abbracciarla, ma di nuovo lei si ritrae, camminando all’indietro, inciampando su una pila di libri e finendo con un tonfo col sedere a terra.
La lampada le sfugge dalle mani e finisce a qualche metro di distanza, ma non si fracassa in mille pezzi, rivelando così di essere non già di porcellana, ma probabilmente di marmo o granito.
Molly mi guarda smarrita, spalle al muro, gli occhi che vagano disperatamente di qua e di là in cerca di soccorso, il cuore in gola, le mani giunte al petto come a pregare o forse a supplicare una fine rapida e indolore. C’è niente di più carino di una trentenne vergine che fiuta il pericolo?
Le tendo una mano per aiutarla a rialzarsi e lei strilla e si chiude a riccio.
‘Sei così diffidente con tutti o solo con me?’ le chiedo, leggermente offeso.
Lei mi guarda con la coda dell’occhio e vedendo che ho ritratto la mano, finalmente abbassa le difese. Arrossisce imbarazzata e fa una risatina che vorrebbe essere distensiva e invece è isterica.
‘Scusa. Non farci caso. Scusa. Sono un po’ strana. Scusa, ah ah!’
Ragazzi, dopo aver conosciuto questa, giuro che non mi lamenterò mai più dei lavoretti di mano che mi fa Renata.
‘Oh, beh, meglio strani che normali no? Ad ogni modo io sono Robin’ le dico porgendole nuovamente la mano per vedere se impazzisce ancora.
Invece la fissa per un istante, mi sfiora le punte delle dita in una presa fredda e molle e si presenta: ‘Molly’
Cala un imbarazzato silenzio.
A questa donna qui non faccio nessun effetto.
‘Beh, Molly, mi piacerebbe stare qui a fare due chiacchiere con te, ma ho una Lisa Marie da scarrozzare, una Tossica da ammazzare, una Desdemona da cui scappare e una Renata che mi vorrei scopare. Come si scende al piano di sotto?’
‘Non si può scendere al piano di sotto!’ urla una voce femminile dalla stanza di fianco.
E questa mò chi è?
Faccio per dirigermi alla porta, per andarlo a scoprire, ma con un balzo felino Molly mi si avventa contro e mi afferra per un braccio strillando: ‘No! Non andare, è pericoloso!’
Le lancio un’occhiata esasperata e lei mi lascia andare il braccio, e non si limita ad arrossire, no: sbrilluccica, da tanto è imbarazzata, o forse emozionata di aver toccato un uomo per la prima volta nella sua vita.
‘Chi sei tu?’. Parlo alla stanza vuota perché la ragazza al di là dal muro intenda.
‘Il tuo incubo peggiore!’
‘Dalla voce non sembri il padre di Renata!’
‘Non ti senti un po’ deficente ad urlare attraverso un muro? Io si! Perché non vieni qui così ne parliamo faccia a faccia?’
Sembra una sfida. La voce è sicura, decisa, tagliente, in una parola: spietata. Non sarà il padre di Renata, ma mentre mi dirigo verso quella voce, mi preparo psicologicamente ad una scazzottata d’altri tempi.
La ragazza è seduta su una sorta di trono, chinata su un tavolo di cristallo coperto da un telo di plastica. Anche il trono è coperto da un telo di plastica, come pure tutto il resto dell’arredamento: mobili antichi, librerie in noce massello, una coppia di poltrone ottocentesche, tutto coperto in plastica, ed il pavimento tappezzato di giornali. I muri appena ridipinti in un’indefinita tonalità di bianco (cit.), questo posto più che una Malabolgia sembra la sala da té del Purgatorio.
La bocca sollevò dal fiero pasto la ragazza seduta sul trono, o forse dovrei dire dalle fiere paste. A quanto pare io e la Tossica non siamo gli unici in questa casa a darci dentro con gli stupefacenti. La ragazza alza la testa di scatto, con un flacone di pasticche stretto tra le labbra, e le trangugia tutte senza nemmeno deglutire, poi mi guarda con quegli occhioni color acquamarina, le labbra rosa che risaltano sulla pelle pallida, i capelli neri come il corvo, un corvo molto sexy.
Sembra anemica da tanto che è bianca. Vuol dire che ha il sangue freddo. Controllale i capezzoli.
Eccoli lì, premono contro il tessuto della camicia a scacchi modello lesbica canadese.
E’ lei la ragazza (cit.). Quella che persino la Tossica, con un filo di paura nella voce, ha definito un problema.
Sputa il flacone ormai vuoto sul tavolo e mi guarda con un sorriso orgasmico e gli occhi roveciati all’indietro, ma i solchi sulle guance di chi ha appena finito di piangere.
‘La contessa Cornelia von Dentini’ si introduce.
‘Christopher Robin, poeta e spazzacamino. Nemico giurato della nobiltà, dicono, ma per le amiche di Renata posso fare un’eccezione. Vuoi che ti improvvisi quale verso, o passo direttamente all’ispezione delle canne fumarie?’
‘Che simpatico. Te ne racconto una io adesso. Sai qual’è il colmo per uno spazzacamino? Avere la fidanzata con le ragnatele in cantina.’
Colpo basso questo. Colpo spietato. A quanto pare la contessa soffre di una grave mancanza di empatia.
‘Fammi indovinare, l’ex fidanzata di Marlene?’
‘Da cosa l’hai capito?’
Hai la faccia di una che lecca la moquette.
‘Sei troppo bella per essere etero’
‘Fanculo, si!’
Cornelia getta la testa all’indietro e inizia a sbottonarsi la camicetta a partire dal colletto, poi giù, ancora uno, due bottoni, quel tanto che basta per mostrare che non porta il reggiseno manco per sbaglio, poi ci infila la mano dentro e comincia a toccarsi.
‘Perché vi siete lasciate?’ chiedo, schiarendomi la voce. Sia chiaro che ancora adesso, dopo tutto questo patire, le tre settimane passate senza fare altro che quella cosa con la mano, dopo questa maledetta serata, sono sempre innamorato di Renata, e anche se i miei occhi a volte si sono soffermati sulle altre donne di questa casa, e anche se a volte nei miei pensieri il maiale ha preso il sopravvento sul poeta, il mio cuore è solo per lei.
Quindi no, non le sto facendo questa domanda per avere del materiale su cui fantasticare durante quelle notti in cui mi manderà in bianco pure la mano di Renata. Glielo chiedo solo per rompere l’imbarazzo. E per tenerla sveglia, perché se si addormenta dopo aver preso tutte quelle porcherie di pillole, non si risveglia più.
‘Se mi addormento muoio’ conferma lei. ‘Ho bisogno di scopare’
‘Ehm, io sono Robin, il fidanzato di Renata. Ti aiuterei volentieri ma, sai com’è.’
‘Scoperei con chiunque in questa casa, tranne che con te. Tu con chi scoperesti?’
Attento. E’ una domanda trabocchetto!
‘Se io fossi in te? Con me. Se fossi in me invece non starei facendo questo discorso. Come pensi di risolvere questo tuo desiderio?’
‘Adesso vado di là’
Bip
‘prendo Molly e Desdemona’
Bip
‘scendo al pianterreno con loro due’
Bip
‘vado a cercare Verena’
Bip
‘e poi mi scopo tutte e tre, davanti agli occhi di Marlene. Per il gusto di farla piangere.’
Infastidito, chiedo a Cornelia che cazzo sono tutti questi bip.
‘Stai cercando di cambiare argomento?’
‘Anche. Ma principalmente mi chiedevo cosa fossero tutti questi bip’
‘Io ti offro la possibilità di assistere ad una bollente limonata tra amiche e tu pensi a queste inezie?’
Guardo il soffitto; i bip provengono senza ombra di dubbio dal piano di sopra. Nel corridoio ho visto una catenella collegata ad una botola che porta in soffitta.
‘Vado a controllare, mi accompagni?’
Cornelia mi guarda facendo la smorfiosa e provocandomi: ‘Hai così tanta paura che Renata lo venga a sapere? O magari ti vergogni a vedere delle donne fare le cosacce? Conosco Renata, non te l’ha di sicuro mai data. O non mi dire, chiuderti in soffitta è il modo in cui il tuo subconscio ti sta dicendo che stai reprimendo la tua omosessualità?’
‘La prima cosa, ho paura che Renata lo venga a sapere’ rispondo prontamente io.
Cornelia sembra soddisfatta.
‘E allora sali, frocio comunista che non sei altro. Ti aspetta una bella sorpresa lassù, proprio bella, davvero.’
‘Nascondila, nascondila cazzo!’
E le due ragazze mi guardano con due sorrisi da false santarelline con cui cercano di spacciarsi per pupazzette. Peccato per loro che io sappia che di pupazzetta ce ne può essere una sola, ma che in compenso il branco non ha limite al numero di troie.
‘Ciao Robino’ mi saluta la stronzetta.
‘Lisa Marie? Che ci fai tu qui?’
‘Beh, non sei contento?! La cercavi, e ti ho portato da lei!’ dice la Tossica, con la faccia tosta di usare un tono di rimprovero.
Le prometto che un giorno la ucciderò, e torno a volgere lo sguardo a Lisa Marie, ma con una certa indecisione. Quello strano bip bip bip si è fatto più intenso ora, allarmante, sembra dirmi fuochino, fuochino, fuochino, fuoco.
‘Hai mandato via le tue amiche? No anzi, non mi rispondere, ce ne andiamo comunque. Forza forza! Muovi il culo! Se non rompi troppo i coglioni ti prometto che ti offro un’altra sigaretta.’
Lei sorride e fa un passo avanti, e solo ora, sotto la luce fioca della lampadina, noto che ha gli occhi arrossati di una a cui di una sigaretta non gliene potrebbe fregare di meno.
‘Non posso tornare a casa adesso, sono troppo fatta’ mormora Lisa Marie accasciandosi e cascandomi dritta dritta tra le braccia. La afferro al volo, ma temendo possibili implicazioni amorose dettate da stati alterati di coscienza, la accompagno dolcemente al suolo con un tonfo.
Guardo la Tossica confuso: ‘Beh, che sta succedendo? Come ci sei arrivata quassù?’
‘Nello stesso modo in cui sei arrivato tu. Salendo le scale.’ mi dice lei ammiccando e tirando fuori da dietro la schiena mezzo joint con la brace ancora accesa.
‘Beh, non proprio come te, io ho bussato alla finestra e la tua amica Lisa Marie mi ha aperto. Tu invece hai voluto a tutti i costi arrampicarti fino al piano di sopra, così siamo salite per vedere se volevi fumare un altro po’. Ma Desdemona ha detto che te ne eri andato, Molly ha rifiutato l’invito, con quell’altra non ci parliamo neanche e allora siamo venute qui sopra solo io e lei.
Spero che tu non te la sia presa se non ti abbiamo aspettato’ dice lei, porgendomi il joint in segno di pace.
Mi metto le mani tra i capelli e guardo sconcertato la Tossica.
‘Non posso crederci, hai fatto fumare questa bimbaminkia obesa?’
‘Ah ah, è vero, è proprio una tripponcella. Questa a vent’anni sarà più larga che alta, poi vedremo che se ne farà di quelle tette enormi!’ dice la Tossica, facendole una linguaccia con malcelata invidia.
‘E io ora dovrei riportarla a casa? Il padre come minimo mi taglierà un orecchio!’
‘Rilassati Robin, hai altro a cui pensare adesso. Ripensa bene, non ti sembra che ci sia una cosa in tutta questa storia a cui fin dall’inizio non hai prestato molta attenzione?’
‘Tipo la vampira?’
La Tossica si fa una risata. ‘La vampira? Ma la vampira l’hai già incontrata e non ti ha fatto nulla di male mi sembra, no? O non dirmelo, non hai ancora capito di chi si tratta?’
‘Sono in dubbio su tutte quante voi. Ma escludo Desdemona, perché se lo fosse, dovrebbe esserlo anche Renata visto che sono sorelle, ma di Renata so per certo che non è una vampira, visto che non succhia né ingoia.’
‘Oh, non importa, nemmeno la vampira è il problema a cui devi pensare adesso. Ascolta, ascolta bene.’
E i bip, bip, bip. Cadenzati, come un metronomo.
‘Hai capito adesso?’ mi fa la Tossica.
‘No’
‘Ma che cazzo! Il biglietto che ti ha lasciato Renata sulla porta; ti ha chiesto di dare uno strappo a Lisa Marie, e poi? Cos’altro c’era scritto? Ricordati, devi sforzarti di ricordare, ritardato d’un poeta!’
Sul biglietto c’era scritta una richiesta molto seria
Badare alle sue amiche senza fare il deficente
Così se n’era andata, in un lampo in fretta e furia
Era corsa in ospedale, c’era stato un incidente.
Bip bip bip bip bip bip bip bip bip bip
Fuochino fuocone incendio!
‘Sta aprendo gli occhi!’ dice la Tossica allegra e fatta, talmente fatta che la voce non è la sua ma quella di, quella di…
Renata!
Apro i miei occhi in quelli lucidi e felici di Renata, una Renata che mi osserva emozionata, stupita di vedermi ancora vivo.
Frastornato provo a guardarmi attorno ma non ci riesco, provo a chiedere spiegazioni ma dalla mia gola escono solo i versacci di un volgare burino.
Bip bip bip fa l’elettrocardiogramma. Parla al posto mio, per dire e dirmi che sono ancora vivo.
Non riesco a muovere la testa, ho il collo bloccato, ma il soffitto lo vedo, è di quella tonalità di verde che solo gli ospedali riescono ad avere.
Con un filo di voce riesco a porre la domanda del secolo.
‘Che è successo?’
Sono qui per il tumore al cervello? Oppure quando Desdemona mi ha spinto fuori dalla finestra sono caduto e mi sono immaginato tutto il resto? Cosa, cosa cazzo?
‘Ti sei immaginato tutto’ mi spiega Renata. ‘Questa sera non l’hai passata veramente a casa mia, non hai conosciuto nessuna delle mie amiche. Era tutto un sogno, o un incubo se preferisci. Se tu avessi ceduto anche solo ad una di loro, adesso saresti sprofondato nel coma, invece l’amore ti ha riportato da me!’
Spiegazione convincente. Come mai sono qui, allora?
‘Per lei’ dice Renata e si scosta, rivelando dietro di lei una presenza maligna che ben conosco.
Lisa Marie.
Lei mi guarda a metà tra il perplessa e l’annoiata: ‘Ehi, ciao!’
‘Qualcuno l’ha spinta in mezzo alla strada proprio mentre stavi passando tu con la macchina’ mi spiega Renata, e se è la stessa Lisa Marie del mio sogno, non mi viene difficile crederlo.
‘Hai sterzato di colpo per non metterla sotto, ma sei andato a sbattere contro un semaforo.’
Ferite gravi?
‘Hai picchiato la testa e sei finito in coma. Oh, e una ferita qui, un taglietto da niente!’ dice, toccandosi il gomito. Me l’ha medicato Schuppy quel gomito? Ho fumato una canna con la Tossica? Non ho conosciuto pupazzette e principesse ebree e yuppie favolose?
E’ stato davvero tutto un sogno?
Dio ti ringrazio!
‘Signorine? Lasciamo riposare il paziente, per favore. Ora si è ripreso, ma meglio che non si stanchi troppo. Tempo un paio di giorni e lo riavrete come nuovo!’
‘Ma certo!’ dice Renata, e si china a spazzolarmi i capelli dalla fronte, a darmi un bacio e a sussurrarmi ad un orecchio: ‘Quando esci da qui ti farò quella cosa con la mano che ti piace tanto!’
Lisa Marie mi sorride e mi fa l’occhietto: ‘Grazie di non avermi uccisa, ti devo un drink!’
Ed escono dalla stanza, lasciandomi solo con l’infermiera, una bella infermiera con il camice, la mascherina e i dreadlocks raccolti sotto il berrettino bianco.
‘Non mi faccia addormentare, la prego’ vorrei dirle, ma la gola fa troppo male per poter parlare ancora.
L’infermiera consulta una cartella, poi si avvicina a me con una siringa e anche se gli occhi sono sorridenti, sotto la maschera scommetto che c’è un ghigno.
Io questa qui la conosco.
‘Esatto poeta, sono proprio io!’ dice la Tossica, facendomi l’iniezione di morfina.
E risprofondo nel sogno. Il sogno in cui sprofondo è più dolce, quasi conciliante, uno squarcio di speranza, un raggio di sole che illumina una giornata di pioggia.
Al volante, acceleratore a tavoletta, sto mettendo più chilometri possibile tra me e la casa degli orrori. La mia passeggera mi sfiora la mano e mi sorride: ‘Grazie per il passaggio, sei molto carino’
‘Oh, sono io che devo ringraziare te. Se fossi rimasto ancora per un secondo in quella casa avrei dato fuori di matto. Stasera sei stata la mia ancora di salvezza!’
Schuppy arrossisce e distoglie lo sguardo. L’effetto che faccio alle donne, ma questa qui ho paura che si stia innamorando di me.
Ragazzine come lei per un poeta sono una condanna. Baudelaire si è fatto dieci anni di prigione per aver sedotto una sedicenne.
Non è vero ovviamente, me lo sono inventato. Non esiste nessun Baudelaire.
Continuo a guidare nel buio della notte senza che nessuno dei due dica una parola.
‘A che pensi?’ mi chiede Schuppy.
‘Penso che ho fatto bene a dare il passaggio a te e non a Lisa Marie. Ho ripensato a quanto successo questa sera, all’incidente e a questo strano sogno in cui siamo anche ora. Lisa Marie è quella che mi ha causato l’incidente, una creatura della notte che per poco non mi ammazzava, ti fa venire in mente niente?’
‘La vampira’ sussurra lei, realizzando la portata della scoperta.
‘Già. Beh, almeno secondo il mio Es. Per me è stata dall’inizio alla fine soltanto una stronzetta del cazzo.’
‘Sei veramente sveglio!’ mi dice Schuppy con una risatina. E poi continua a ridacchiare tra sé e sé, come una scolaretta innamorata, e lì per lì non ci faccio caso, ma poi noto che mentre ride con una mano si copre la bocca, per non far vedere i denti.