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Anche l’ ambiente di lavoro può essere fonte di stimolo.
Capita non troppo di rado di vedere la collega che deve andare al cesso, ma che impegnata in qualche cosa e si trattiene, ad un certo punto incomincia a non farcela più, si agita, si dondola da una gamba all’altra, si piega un po’ in avanti portando le mani alla fica, che però toglie subito, incrocia le cosce, fino a quando non si libera e fugge verso il cesso agognato.
Una volta la cosa ha coinvolto la segretaria, che incontinente non è, ma patisce l’ urgenza in maniera esagerata, tanto che una volta se la è fatta addosso nell’ autobus che era rimasto bloccato in un maxi ingorgo. C’erano delle pratiche urgentissime da ultimare e lei andava da una stanza all’altra, dalla direzione alla segreteria, senza sosta; ad un certo punto è apparsa nervosa, si torceva su se stessa, ha borbottato: ‘ devo pisciare, non ce la faccio più’, ma ha continuato a lavorare, in piedi con l’angolo della scrivania infilato tra le cosce, con la fica premuta sul tavolo, ha resistito ancora un po’, poi ha gridato:’ non ce la faccio più, me la faccio addosso !!’ ed e fuggita nel cesso, che a fianco della segreteria, cercando di sollevare nel tragitto la gonna un po’ stretta ed un po’ pesante; non ha chiuso del tutto la porta, non abbiamo guardato, ma abbiamo sentito uno scroscio immediato dopo l’ ingresso, chissà se ha fatto in tempo a calarsi le mutande.
Un’altra volta è stata una giovane collega ad intrigarmi. Eravamo andati in un altro padiglione per una consulenza e stavamo rientrando al nostro reparto, mentre attendevamo l’ ascensore l’ho vista rabbrividire ed impallidire un poco, le ho chiesto se andava tutto bene e mi ha risposto di sì, ma era inquieta, ansiosa che arrivasse presto l’ ascensore, che era in uso, ad un certo punto l’ho vista serrare forte le cosce, portandosi la mano alla fica ed ha mormorato: ‘ mi scappa la piscia, cazzo mi scappa forte, e com’è, cazzo, l’avevo fatta, mi scappa proprio tanto’; l’ ascensore è arrivato: sei piani sono tanti, soprattutto se l’ ascensore è un monta-lettighe che va lentamente, eravamo soli e lei era alla disperazione, si massaggiava, si piegava, incrociava le cosce; vergognandosi della situazione chiedeva scusa a me, collega molto più anziano del comportamento del momento, ma era più forte di lei. Alla fine l’ ascensore è arrivato al piano e lei si è diretta al cesso dei medici a piccoli passi veloci, con le cosce serratissime, quasi quasi muoveva solo i piedi, borbottando: ‘ speriamo di fare in tempo a calarmi i calzoni’. Dopo alcuni minuti è riemersa dal cesso, in migliori condizioni, non so di preciso se si sia pisciata un po’ sotto, ma lo immagino: il camice, che di solito teneva sbottonato, era chiuso sino all’ ultimo bottone, comunque, dalle ginocchia in giù non si vedeva niente.
Un’altra volta, alla fine di una lunghissima seduta operatoria, un’altra collega non ce la faceva più e si vedeva; io regolarmente vado a pisciare prima di ogni intervento: si sa quando si incomincia, ma non si è sempre sicuri di quando si finisce ed alcuni colleghi, tra cui questa, mi sfottono un po’ alludendo alla mia prostata (ma questa precauzione la prendevo anche a venticinque anni), e non usano svuotarsi prima del lavoro. L’ho tirata a lungo, non poteva allontanarsi senza il mio permesso, in maniera amabile ed educata l’ho anche presa un po’ in giro, quando mi sono accorto che stava quasi per farsela addosso ed aveva gli occhi peni di lacrime e non riusciva più a fare niente le ho dato il permesso: è schizzata via come una scheggia, togliendosi guanti e camice, slacciandosi i calzoni lungo la strada per il cesso, chissà se ce l’ha fatta, per buona educazione non ho chiesto più niente, e poi meglio fantasticare che sapere.
Un’ altra collega ancora mi intriga per un altro motivo: che abbia solo la gonna e le mutande o abbia calzoni, collant, mutande e quant’altro, da quando entra nel cesso a quando si sente lo scroscio della piscia, lo scarico ed esce passano pochissimi secondi, tempi più brevi di quelli di un maschio; mi sono sempre domandato come fa, secondo me non si siede sulla tazza: abbassa un po’ mutande e company, piscia in piedi e tira su tutto subito senza asciugarsi ( quando va al cesso qualche altra collega, ne abbiamo parecchie con noi, essendo le pareti di carta velina si sente spesso anche il rumore dello strappo della carta igienica dal rotolo), mi immagino il cavallo delle sue mutande, umido di piscio, con la chiazzetta visibile ( spesso usa gonne molto corta, qualche volta si distrae e si scoscia e mi è capitato di vederle le mutande), pensiero intrigante ed innocente.
Uno scherzo molto in auge tra noi e quello di somministrare un diuretico di nascosto: una fiala inodore ed insapore può finire dappertutto, acqua, the, succhi di frutta, ecc’Se si è giovani e non si hanno problemi di cuore o di reni non vi sono pericoli. Anche io sono stato vittima di questi scherzi, ma visto che non assumo facilmente cibi e bevande fuori pasto, in maniera molto limitata; una sera, al temine di una seduta operatoria hanno offerto ad un collega una birra freschissima, era la vittima designata, ma lui, molto gentilmente l’ ha voluta dividere con me, che ero del tutto ignaro, e ne ho bevuto un paio di sorsi, la cosa mi è andata bene: poca birra, poco diuretico, abito a poche centinaia di metri dall’ ospedale, le conseguenze sono state limitate; meno bene il collega che, abitando a qualche chilometro, in una ville nei sobborghi del lato opposto della città, si è fermato più volte durante il tragitto.
Ma ad altri è andata ancora peggio, molti anni fa un collega , ora scomparso, in un tardo pomeriggio d’ estate, accaldato tracannò un intera caraffa di the freddo uscendo dalla sala operatoria, non sapeva che quel the conteneva quattro o cinque fiale di diuretico, e subito dopo si diresse a piedi verso casa che distava poco più di un chilometro; il diuretico ed il carico di liquido fecero effetto lungo il tragitto che risultava quella sera trafficato, con immani sforzi, che poi ci ha raccontato, è riuscito a raggiungere casa, ma solo il giardino condominiale dove ha infilato il cazzo in una siepe ed ha incominciato una pisciata infinita, con altri condomini che entravano ed uscivano e non capivano che ci facesse il dottore attaccato alla siepe.
Un’altra sera la vittima designata è stato un collega anziano che era venuto ad una cena in campagna in compagnia della moglie che, come a ‘Scherzi a parte’ fu complice; solo che non fidandosi gli esecutori materiale o non essendo ben coordinati a fine cena in dolci e liquore sono state propinate tre fiale di diuretico e cinquanta gocce di lassativo: i venti chilometri che separavano il cascinale dalla città sono stati per lui infiniti, credo che si sia fermato almeno dieci volte, con la moglie che, quasi quasi, se la faceva sotto anche lei dal ridere.
Io qualche volta ho usato un metodo diverso: l’ addetta della cucina lascia un cesto di frutti a disposizione dei medici: mele, arance, ecc. a seconda della stagione. Le arance sono ottime per essere inoculate col diuretico, basta una siringa ed un ago sottile che non lascia tracce ed un’ arancia innocente può diventare una bomba pisciatoria; sono soprattutto le colleghe che attingono al cesto e, spesso prima di andarsene a casa. Una sera avevo lasciato in bella mostra un’ arancia diuretizzata e guardavo distrattamente che succedeva, è giunta una collega, giovane ma non giovanissima, madre di famiglia ( marito e due figli piccoli), molto spigliata, priva di pruderie; ha chiesto: ‘qualcuno vuole l’arancia? è l’ultima’, non avendo risposta l’ha sbucciata e l’ha mangiata mentre andava nel suo studio a togliersi il camice e mettersi la giacca, era una sera di primavera abbastanza bella ma un po’ fresca e lei portava una gonna a pieghe appena sopra il ginocchio, mi sono tolto il camice anch’io e le ho chiesto se mi accompagnava a casa visto che doveva passare di là, l’aveva già fatto varie volte: volevo proprio vedere se il diuretico faceva effetto’ e l’ha fatto.
Abbiamo preso il solito lentissimo ascensore e poi ci siamo diretti verso il parcheggio riservato ai medici, chiacchierando del più e del meno, non si vedeva nessun effetto e pensavo che il farmaco fosse stato inattivato dall’ acidità del frutto ( già un’altra volta che avevo messo il diuretico a mia moglie nel caffè caldo non aveva agito), quando, arrivati a pochi passi dalla sua macchina, si è fermata ed ha ansimato un po’. Ho chiesto: ‘qualcosa non và’, mi ha detto: ‘ maledizione mi è venuta improvvisamente voglia di fare pipì’, ed io : ‘non l’hai fatta prima di scendere?’, e lei: ‘no, accidenti, l’ho fatta l’ ultima volta alle due’ ( la cosa si faceva interessante: partiva già con la vescica piena). Siamo arrivati alla macchina, si è appoggiata con le mani, le braccia tese, la testa china: ‘ mi scappa proprio’, allora le ho detto:’torniamo dentro così vai in bagno’ e le i ‘no, non credo di farcela’, allora le ho detta :’la puoi fare qui ‘ e lei:’noo! Mi vergogno, aspetta cerco di rilassarmi e inibire lo stimolo’, ma che vuoi inibire: il diuretico in questione ha un azione rapida, di breve durata, ma intensa; dopo mezzo minuto era congesta, ‘come va?’ le chiedo e lei:’male, malissimo’ ed io: ‘ e allora falla, che ti vergogni a fare,altrimenti te la farai addosso’ e lei: ‘noo! mai sia!’, passano due secondi e con voce strozzata dice: ‘mamma mia, esce da sola, mi sto bagnando’ e vedo delle gocce cadere a terra trai suoi piedi, si tira su la gonna, si cala collant e mutande ed inizia una pisciata che non finisce più, all’inizio un flusso leggero (doveva avere la vescica veramente sovradistesa), poi a getti sempre più violenti, tanto che uno ha raggiunto le mutande calate sotto le ginocchia e le ha ulteriormente bagnate . Era là, appoggiata alla macchina, accosciata col culo in esposizione, e pisciava dicendo: ‘ che vergogna, che vergogna, non mi guardare,non mi guardare!’, poi ‘ma tanto, oramai, che fa più’ ed ha continuato a pisciare sconsolata. Ad un certo punto ha cercato di alzarsi, ma che vuoi fare, come ho detto l’azione è intensa e breve, ma per quanto breve dura sempre una mezzora ed il flusso è tale che la vescica non si svuota mai del tutto e si continua pisciare a getto continuo; ha tentato di spremersi un po’ per svuotare la vescica del tutto, ma l’ unico risultato è stato che ha cacciato una scorreggia : ‘mamma, che vergogna, anche questo, manca solo che faccia la cacca per completare’. Finalmente il flusso si è ridotto e si è potuta rialzare, stava là, con la fica in bella esposizione, la gonna alzata e mutande e collant sotto le ginocchia: ‘ come faccio?’ ha detto ‘mi sono bagnata tutta, senti’ ed io non me lo sono fatto ripetere, ho allungato la mano ed ho tastato le mutande, erano ben bagnate al cavallo, ma per il resto solo schizzate ed i collant si stavano già asciugando, le ho detto: ‘puoi toglierle’ e lei: ‘ se torno a casa col culo al vento mio marito apre un’inchiesta, no’, si è tirata su il tutto alla men peggio, ha aperto lo sportello e si è fermata: ‘mamma, mi scappa di nuovo’, si è ricalata il tutto, si è rimessa in posizione e ha rincominciato a pisciare. Questa volta non si era accovacciata del tutto ed aveva il culo ancora più esposto, essendo bruna di carnagione aveva ancora i segni del costume dell’estate precedente, tanto sgambato da sembrare un perizoma: le chiappe appena scure con una striscia più chiara al centro che finiva nel solco, ora aperto, che metteva in evidenza il buco del culo e la spaccatine della fica da cui colava la piscia, alla fine, quando si è spremuta di nuovo per far uscire le ultime gocce, ha cacciato un’altra scorreggina, ‘devi fare anche la cacca?’ le ho chiesto scherzando e lei:’non mi coglionare, se becco chi mi ha fatto lo scherzo lo faccio nuovo nuovo, gliela faccio bere tutta, gliela infilo in culo per clistere’, poi si è calmata, era ancora là, disarmantemente in esposizione, si è tirata su mutande e collant, si è passata una mano sulla fica e sul culo: ‘sono meno bagnata di quanto credevo, però, temevo che puzzasse di più, senti’ e mi ha teso la mano umida ed io ho annusato, poi siamo saliti in macchina e siamo partiti: ‘ per fortuna non è passato nessuno, che figura avrei fatto, dovevo aspettarmelo, ne ho fatti anch’io di scherzi, doveva capitare anche a me, poteva andare peggio’ (in effetti aveva partecipato all’organizzazione di qualche scherzo a danno di colleghi, uno dei quali era stato di cattivo gusto). Quando siamo arrivati a casa mia, prima di scendere, mi ha fatto giurare e spergiurare che non l’ avrei mai tradita e che la terribile pisciata sarebbe rimasta un segreto tra noi due e così è stato, ne abbiamo riparlato a distanza di tempo e ci ha riso sopra.
Di frutti diuretici nel corso di alcuni anni ne ho preparati solo quattro, uno ha fatto l’ effetto descritto, uno è andato disperso,un altro è stato diviso tra più persone ed ha avuto un effetto limitato, l’ ultimo ha colpito un’altra collega.
Quarantenne pimpante, abita dall’ altra parte della città e, molto sportiva viene al lavoro in motocicletta ( ha una due e cinquanta, credo), calzoni di pelle e giubbetto attillati, stivaletti, guanti e casco rosso. Prima di andar via una sera di dicembre, verso le sei e mezza, ha mangiato la fatidica arancia (non sapeva del rischio, visto che dell’altra arancia non si era mai fatta menzione), ha cazzeggiato un po’ nel reparto ed è scesa; io sono sceso con lei, volevo vedere , se possibile, il risultato. Si è messa il casco, mi ha salutato, ha inforcato la moto e, lentamente, è partita. Ho pensato: ‘se rimane imbottigliata nel traffico con le cosce aperte e le scappa sarà da ridere’ e mi sono avviato verso casa. La strada era molto trafficata, le macchine, addossate, a volte quasi ferme, si muovevano a piccoli scatti, tutti i negozi erano particolarmente illuminati per il Natale; fatti cinque o seicento metri l’ho vista: era scesa dalla moto, piegata in avanti, con le mani giunte sulla fica, strette fra le cosce serrate, ed una macchia scura che si andava allargando, dal culo in giù, fino agli stivaletti in cui entravano le estremità dei calzoni di pelle beige, credo che si stesse pisciando fin dentro le scarpe; aveva resistito meno dell’ altra, doveva avere la vescica già molto piena ( in effetti in ospedale va raramente a pisciare dicendo che il cesso dei medici non la ispira, la capisco, e che lei ha una lunga autonomia e la tiene bene). Non mi sono avvicinato, mi sono goduto la scena a distanza moderata, tanto da vedere senza essere visto. Per due giorni non è venuta al lavoro,motivi di salute, poi è tornata di umore nerissimo, io non ho detto niente, non avevo visto e non sapevo niente, lei non ha parlato, ma si era già sparsa la voce che se l’era fatta sotto in circostanze non chiare; quando sono sceso per rientrare la sua moto era là, il sellino di pelle chiara aveva una bella macchia scura al centro: si era pisciata mente era a cavallo con le cosce aperte, impossibilitata a contenersi. Poi, col tempo, anche a lei è passata, ha preso l’ abitudine di andare al cesso a pisciare prima di rientrare a casa: ‘ non si sa mai’ ha detto, in ogni caso si è capito dell’ arancia e, quindi, la frutta diuretica è finita
Il lavoro in passato mi ha fornito altri stimoli. Prima che venisse istituita una sezione autonoma di Urologia eravamo noi chirurghi ad occuparci di questo. Ci sono degli esami strumentali e radiologici in cui il paziente deve urinare di fronte all’ esaminatore. Godendo fama di persona seria ed integerrima (in effetti lo sono, mai importunato nessuna collega, neanche con battute, della mia passione so solo io) se qualche collega o infermiera aveva necessità di sottoporsi agli accertamenti si rivolgeva a me. E’ stato molto interessante vedere queste femmine, che già conoscevo sotto altre vesti, nude dalla vita in giù, pisciare con impegno davanti a me senza nessuna remora, solo con un po’ di imbarazzo, si capisce.
Altra situazione interessante è costituita dalle emorroidi: per ben visitare il buco del culo la paziente deve essere in posizione genupettorale, ovvero in ginocchio con i gomiti, meglio se il petto, appoggiato sul lettino da visita, insomma alla pecorina, con culo e fica in bella esposizione. Adesso, con il fiorire di donne anche in chirurgia, le colleghe preferiscono mostrarsi a persone dello stesso sesso, mentre le pazienti qualunque non possono scegliere. Se la signora da visitare ha qualche problema di continenza, e le donne spesso ne hanno, è facile che invitandole a spingere, come se dovessero cacare, per introdurre il dito nel culo, che compaia dalla fica uno zampillo di piscio; una volta ad una giovane collega, che aveva partorito da non molto e cui erano residuate belle emorroidi, cominciò a perdere e la piscia prese la strada davanti e le scolò fino in mezzo alle tette.
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