Leggi qui tutti i racconti erotici di: Idraulico1999

Quando ripenso garbatamente e congetturo amabilmente a quella vicenda, talvolta persino grossolanamente e scortesemente, su quello che ci è accaduto nel corso del tempo, non posso fare altro che convenire seducentemente e riconoscere adorabilmente, che il nostro evento amoroso condotto è stato con oggettività un episodio astruso, sorprendente, screanzato e irrispettoso, ma al tempo stesso congruente e omogeneo, assai disorganico, analogo e livellato forse come tanti altri. Ci siamo frequentati inizialmente con l’ausilio crudo, inerte e imperturbabile dei nostri freddi monitor casalinghi dei nostri computer, con l’appoggio di due sottomesse tastiere e per ultimo con due succubi nomi fittizi estrapolati tanto per riconoscerci, scambiandoci in definitiva i nostri individuali scalpori e cercando d’identificare i nostri familiari e stretti turbamenti.

Dopo, ci siamo rivisti, probabilmente nella fase meno opportuna della nostra vicenda che persiste da tre anni, naturalmente dietro una gravosa e logorante settimana fatta di mutismo, d’irritazione e di parecchio dispiacere. Ci siamo adocchiati e confrontati, perché non traevamo più ripieghi né scappatoie per non metterlo in pratica, per il semplice e lineare fatto che non eravamo più capaci di racchiuderci eclissandoci in conclusione nel retro d’un abulico, irresoluto, inerte e per di più insulso travestimento. A ben vedere, certo, erano autentici, genuini e veritieri tutti quei piacenti e armonici ragionamenti che avevamo intavolato sul tema dell’attaccamento, sulla vicinanza, sulla dedizione e sul rispetto, sull’unione matrimoniale e dell’amore, in generale da riverire e da venerare sopra ogni altra cosa, ciò nondimeno, era altresì vero, quello che io provavo per lui e ciò che lui saggiava per me. Fino a quel giorno, nel tempo in cui ci scoprimmo infine l’uno di fronte all’altra. Decisamente incolleriti, corrucciati e molto stizziti, eppure in maniera balzana e bizzarra finanche insperatamente gongolanti, riuscendo soltanto a ripetere il nome, Alessio per l’appunto, intanto che m’affliggevo tantissimo poco prima d’attorniarlo cingendolo tra le braccia. Quel lunghissimo minuto lo passammo in quel modo, accostati e presi, apatici e disinteressate della moltitudine di persone che ci circolava nei pressi.

Dentro quella stretta c’inserimmo impiantandoci di tutto, ci collocammo integralmente ogni cosa posizionando i nostri vissuti in primo piano, perché i tre anni trascorsi alle spalle d’un computer, gl’innumerevoli messaggi e le nostre assidue e fameliche telefonate, ma innanzitutto il non essersi giammai incrociati prima di quel giorno. La preoccupazione e il batticuore di perdersi per sempre ci aveva portati là, tentando d’incontrarsi in quel capoluogo che non apparteneva a nessuno dei due. Adesso in conclusione eravamo uniti, eravamo in grado d’esaminarci squadrandoci negli occhi, era possibile osservare e distinguere chiaramente come eravamo fatti di persona, tastarci e annusarci in ogni sfumatura. In quel frangente optammo per una pensione ordinaria, perché nella semioscurità d’una stanza con la luce fioca, io seguitavo a ribadirgli quanto fossi contenta e gioiosa d’essere là con lui quel giorno. Lui era ancora dubbioso che tutto ciò stava succedendo davvero, ancora non riteneva vero che fossero le mie mani che lo stavano accarezzando, contrariamente ero proprio io. Io bramavo degustare pacatamente ogni momento di quel giorno e di lui, senz’affrettare né sveltire nulla. Io lo palpavo, ero accostata a suoi indumenti, che senza fretta finirono in fondo al letto, insieme ai miei. In verità un giaciglio per entrambi avulso, sconosciuto, eppure quel pagliericcio accolse i nostri corpi frementi, impudichi e svergognati.

Io lo baciai lungamente sdraiata sopra di lui con gli occhi chiusi e la sua lingua intrecciata con la mia, in seguito declinò pigramente sul suo collo, scivolando sul suo torace digradando infine più giù, dove la mia mano saggiava già la su tangibile eccitazione. Senza dire nulla seguitai ad accarezzare il suo cazzo diventato compatto, andando su e giù al ritmo dei suoi sospiri sempre più accentuati. Dopo lo scrutai dritto negli occhi per un attimo, perché sapevo ciò che esattamente anelava. La prima cosa che gli avevo confessato nella chat, era quella di non amare quello che stavo per compiere, tuttavia in quel vizioso e spinto istante, percepire che il suo possente cazzo m’imbottiva la bocca fu leggiadrissimo e avvenente.

Io sono sempre stato molto docile e conciliante nel sesso. Per quanto adorassi le donne, in particolare leccare le loro gambe e i loro piedi, mi è sempre mancato qualche cosa. Le donne che incontravo non erano buone dominatrici, non so perché, ma attiravo lusingando e stregando al disopra di tutto ragazze amabili e sdolcinate a cui al massimo piaceva farsela leccare un po’. Anche se adoravo servirle e riverirle con la lingua, per me erano troppo passive, le percepivo assai indolenti e rinunciatarie, giacché sentivo il bisogno di qualcosa di più, l’occorrenza di una compagna che mi dominasse soggiogandomi completamente. Successivamente, in modo insperato sopraggiunse Letizia. Lei era una splendida ed eccezionale ragazza, dotata d’una marcata intelligenza, bastante briosa e arguta, mora e slanciata, con gli occhi verdi e con due seni regolari ma consistenti. Gli arti inferiori erano dritti e slanciati, il sapore della sua serratissima e pelosissima nera fica alquanto aromatica e saporita.

Io m’infatuai follemente, scoprii che Letizia non adorava per nulla farsi blandire la fica, un autentico inconveniente e un inatteso intoppo per me, all’opposto, gradiva però stare costantemente sotto ed essere scopata vigorosamente. Sovente Letizia mi comunicava la sua predilezione, informandomi che ero totalmente libero di ghermirla come meglio avessi gradito, che dovevo brandirla e padroneggiarla a dovere come volevo, eppure io come un essere inibito, frenato ed esitante sistematicamente mi frenavo. Quantunque l’ambissi con tutto me stesso, il suo naturale comportamento mi limitava, perché numerose volte stentavo ad avere l’adeguata e propizia erezione. Provavo un’inedita riverenza, un distinto e un inconsueto impaccio, un’incoerente quanto sconclusionata soggezione, che però non riuscivo a interpretare né a spiegarmi né a valutare. Indubbiamente era il miraggio d’ogni vero maschio, soltanto che io indubbiamente non lo ero.

Dopo circa un anno che ci frequentavamo Letizia mi mollò, sistemandosi ben presto con un mio conoscente di vecchia data al tempo dell’università, che aveva la nomea d’essere un vero maschio, impetuoso e scatenato sotto le lenzuola. L’indemoniata afflizione e la furente costernazione che pativo per la sua perdita m’assillava di continuo, m’annientava senza sosta scorticandomi globalmente le membra, infatti mi sentivo spirare e individuavo un modo per squagliarmela e per salvarmi. Frequentemente mi masturbavo ponderando al mio amico che si rallegrava, beneficiando e assaporandosi le focosi carni della mia adorata Letizia, perché più mi sentivo schiacciato e afflitto, più godevo. Iniziai sennonché a divagare di scopare con loro, immaginando di scrutare Letizia che veniva scopata e riempita di sperma da lui, intanto che io mi circoscrivevo là, limitandomi a masturbarmi e a vagare con la mente, ideando e riflettendo a quell’impudico e scostumato rapporto. Queste depravate, sregolate e viziose utopie s’ampliarono con il tempo, sicché m’interessai dell’argomento e iniziai a sfogliare cronache e narrazioni specifiche, nell’ambito della dominazione etero e poi quella omosessuale. 

In verità m’intrigava molto l’idea e per di più la libidinosa visione di scopare con un uomo, perché sapevo che m’avrebbe senz’eccezione dominato e indubitabilmente soggiogato, forse assoggettato molto meglio d’una donna. Intrapresi così ad almanaccare e ad approfondire, vaneggiando su d’un maschio maturo che avevo adocchiato nelle pagine d’un annuncio nel web, da quello che si evinceva dalle foto aveva un cazzo ben proporzionato tutto da conquistare, menzionando d’avere cinquantacinque anni d’età e di rintracciare del tessuto fresco e pimpante, prediligendo a suo dire nuovi e giovanili ragazzi da svezzare; quella faccenda m’intrigava nell’intimo, aggrovigliandomi e facendomi fremere le membra. Ripensai lestamente alla storia che ebbi con Letizia, lei era una femmina desiderabile, piacente e vogliosa, allettante, carica e gagliarda, aveva urgenza d’un credibile e schietto maschio che l’appagasse in pieno, io invece sono un puro ed effettivo vessato servo, oppresso e tartassato, in quanto è giunta l’ora che mi trovi un effettivo e valido leader, sicché ruppi gl’indugi e conclusi d’incontrarlo.

Filippo era cortese, garbato e simpatico, malgrado ciò a me non importava il suo aspetto esteriore, io volevo soltanto diventare sottomesso e in ultimo tartassato e infine essere riempito dal suo cazzo. Un pomeriggio m’invitò a casa sua cercando di mettermi a mio agio, eravamo sul letto conversando un poco mi sentivo leggermente rigido e irrequieto, irrequieto e per niente stimolato, là in quel frangente rimuginai a fondo che forse avevo combinato una melensa balordaggine, un inetto sproposito nell’incontrarlo. Ogni tanto lui mi toccava il cazzo, per assicurarsi se rispondessi allo stimolo, ciò nonostante io ero troppo in tensione per lasciarmi liberamente andare. Lui proseguì flemmaticamente a toccarmi e alla fine iniziai a compiacermi delle sue carezze sulla mia pelle, ben presto si rese conto della mia reazione palpeggiandomi il cazzo e iniziando a denudarmi. In un baleno ero svestito, lui s’adoperava con perizia, ispezionava perlustrando il mio didietro illibato e interamente intatto, parallelamente mi succhiava il cazzo e le palle una per volta, dopo intraprese a lambirmi con competenza l’orifizio anale. Ostruii gli occhi e m’abbandonai. Intrapresi a stimolarmi in maggior misura e meccanicamente unii le sue dita dentro di me, lui s’abbassò i pantaloni ed estrasse fuori il cazzo semi-eretto, però attraente e vistoso come nelle fotografie avvicinandolo alla mia faccia. Io gli sfiorai il glande e subito dopo lo lasciai sgusciare in bocca. Mi piacque all’istante, perché lo sentivo muoversi e godere nella mia bocca. Rimasi bloccato, mentre lui proseguiva a comprimere arrivando fin dove poteva in gola, dopo lo cavò introducendosi il profilattico, là in quel frangente compresi all’istante che era giunto il momento d’offrirgli la mia pura innocenza.

Io mi disposi su di lui, cercando di collocarmi su quel favoloso cazzo, in una specie d’accomodata e rimediata smorzacandela. In principio sembrò problematico, alquanto critico e penoso, in seguito avvertii l’ano gradualmente assestarsi, allentarsi e cedere per gradi, mentre lui me lo conficcava a rilento fino in fondo. Il mio spasimo iniziale si trasformava progressivamente lasciando il posto e lo spazio al godimento e alla contentezza, perché lestamente captai i muscoli del retto rilassarsi intanto che trafitture spesse e inedite di piacere mi risalivano lungo la schiena, per mezzo dei suoi lussuriosi e riguardosi affondi. In seguito modificammo posizione, lui si collocò su di me riproducendo la postura del missionario proseguendo a scoparmi, mentre il suo addome sfregava sul mio cazzo. In un attimo sbottai perdendo il controllo e godetti percependo l’orifizio anale irrigidirsi sul suo cazzo. Lui si prese una pausa e poi ripigliò a scoparmi. In breve tempo esultai, perché venni nuovamente, subito dopo colsi il suo orgasmo dentro di me. Mi rasserenai fra le sue braccia poi mormorandomi mi riferì che avevo un corpo fantastico. Queste erano le stesse definizioni che ripetei io a Letizia la prima volta che facemmo l’amore. L’azione mi scompaginò, mi scompose turbandomi nel profondo, dopo senza pensarci le ribadii le identiche parole che adoperò lei per ribattere aggiungendo che se mi piaceva talmente tanto, avrei dovuto approfittarne e spassarmela nella modalità migliore che avessi prediletto. Io non avrei mai creduto né supposto di riuscire a farlo, perché non ho mai dato questa gioia nemmeno all’uomo con cui vivo, eppure la mano di Filippo tra i miei capelli accompagnava ogni mio movimento, sia quando lo leccavo delicatamente che quando lo succhiavo decisamente. Ero in apprensione che volesse sborrare da un momento all’altro, perché mi tendeva i capelli per resistere ripetendo:

“Bravo, assaggialo e gustatelo per bene, sì così” – m’annunciò in modo focoso, allontanandomi e tirandomi nuovamente sopra di sé.

Poco dopo si collocò davanti lasciandosi cingere dalle mie gambe, che io attorcigliai repentinamente dietro la sua schiena.

“Rammenti nel tempo in cui t’inviai quel messaggio di posta elettronica? Ti scarabocchiai, che desideravo scopare ardentemente con te sul tavolo del boudoir di casa mia?” – gli risposi io.

“Certo, con piacere, la rivivo precisamente quell’annotazione, eccome” – mi rispose lui con la voce accattivante e suadente. Con vigoria avvertii che entrò dentro di me iniziando a muoversi avanti e indietro con colpi decisi ma non violenti, che io accompagnavo, sentendo il frastuono dei prodotti artigianali e degli oggetti sparpagliati che cascavano giù da quel comò, sbatacchiato brutalmente dalla nostra depravata e libidinosa sfrenata foga.

“Sì, così, spingi Filippo, dacci dentro, più forte, fammelo sentire quel cazzo magnifico e unico” – gl’imponevo io in modo sregolato e intemperante, gustandomi quel cazzo che mi stava scompaginando le viscere.

Io e Letizia, benché fossimo ai ferri corti ci rincontrammo come stabilito, per essendoci lasciati inviperiti, furenti e assai incavolati. Dialogando finimmo in definitiva negl’immancabili e negl’inevitabili ragionamenti dell’intimità, dove io gli prospettavo i miei dissoluti, depravati e traviati vissuti con Filippo. Letizia, udendo da me quelle lascive e scurrili definizioni, assieme a quegli osceni e spinti vocaboli, non seppe resistere a quelle indecorose e turpi parole pronunciate nel suo orecchio, mentre lei godeva da smaniare finalmente libera di potergli dire tutto quello che provavo senza più freni, fino a venire gridando e crollando sulla sua spalla nuda mordendomi per il piacere.

“Ripetimi che sei mio, voglio sentirlo, comunque sia quello che è successo tra noi due, nonostante tutto sei un vero porco, lo sai questo?” – mi ripeteva lei, esaminandomi mentre la scopavo nella posizione del missionario.

Subito dopo Letizia mi sentì ansimare, io m’accostai alle sue tette e alla sua faccia, lei mi lasciò fare e attese che le ricoprissi le labbra del mio liquido seminale, colando sul collo e poi sul seno, insieme ai suoi lamenti e alle sue discolpe. Al momento non doveva giustificarsi né scagionarsi, non doveva scusarsi di nulla con me.

Letizia aveva ambito notevolmente d’incontrarmi, di possedermi, come lo avevo desiderato pure io. Lei me lo ripeteva costantemente per tutto il tempo, stando sdraiati su quel letto svigoriti e spossati accarezzandoci amabilmente. Mi parve di conoscerla da una vita, per come mi resi conto d’amarla. Avrei voluto addormentarmi lì con lei. Avrei bramato con tutto me stesso che lei fosse la mia donna, tuttavia la concretezza e la verità ci portarono nuovamente con i piedi per terra. Raccogliemmo alla svelta i nostri indumenti gettati qua e là, spicciandoci per andarcene, ancora accaldati di noi.

Io decretai malvolentieri e controvoglia di farla andare via prima di me, perché non avrei retto né tollerato d’accompagnarla alla stazione dei treni. Per me sarebbe stato troppo amaro, mostruosamente dolente, spiacevole e terribilmente triste.

In tal modo l’abbracciai con vigoria e con forza espressiva, prima che se ne andasse per sempre, riuscendo solamente a dichiararle e a testimoniarle ancora una volta ti amo. Dopo, affranto e talmente combattuto, piansi dispiacendomi e soffrendo per tutto il tempo

{Idraulico anno 1999} 

 

Lascia un commento