Divennero amanti in un gradevole pomeriggio di inizio autunno. Lo divennero malgrado lei avesse già un uomo, o forse proprio per questo. Certo è che lei cercasse sensazioni violente e che lui non avesse la minima intenzione di esitare davanti ad una donna bella e disponibile.
Erano colleghi di lavoro da poche settimane, e si erano piaciuti sin dal primo istante.
Quel pomeriggio, sul tardi, l’ufficio si era svuotato quasi del tutto. Emanuele stava concludendo una relazione che avrebbe presentato il giorno dopo al capo e alla quale aveva dedicato le ultime ore.
Gioia entrò nella stanza senza bussare, con passo silenzioso. Si avvicinò, non vista alla postazione, e posò le mani sulle spalle di Emanuele. Lui sussultò. :’ Sei tu! Mi hai fatto paura.’ Girò la sedia.
Lei rise, continuando a toccare le spalle di lui, poi disse:’ Eri così concentrato che non ti sei accorto di me. Dovresti stare all’erta, invece di isolarti dal mondo!’
:’ Questa dannata relazione mi ha assorbito per tutto il pomeriggio.’
:’ Credo di essere più interessante io” Disse Gioia a bassa voce.
Emanuele ebbe un’erezione. I suoi pantaloni eleganti e morbidi non potevano nasconderla. Gioia se ne accorse. Lui si alzò in piedi e accarezzò il volto dell’amica. Le posò un dito sul naso, poi sulle labbra. Lei lo mordicchiò e chiuse gli occhi. Si baciarono, il loro primo bacio. Stretti un abbraccio, si dettero alla reciproca esplorazione delle bocche, giocando con le lingue.
Quel bacio fu lungo ed avido, ma si concluse comunque troppo presto. Dal corridoio giunse il rumore di passi veloci. Gioia si staccò, mentre Emanuele fece una smorfia di disappunto. Dalla porta della stanza si affacciò un ometto sorridente, che esclamò:’ Ancora qui ragazzi!?’
:’Sì Giorgio, ancora un po’ di lavoro e ce ne andiamo!’ Replicò Emanuele. Una fiammata di rossore accese il volto di Gioia, ma il disturbatore non lo notò. Dopo averli salutati con un augurio di buona serata, l’intruso svanì nel corridoio dal quale si era materializzato.
:’ Devo andare in bagno.’ Affermò Gioia. Emanuele rimise quindi solo, ma per appena un minuto. Uscì dalla stanza e si diresse verso la toilette. Incurante del cartello che indicava come quei bagni fossero riservati alle donne, entrò, e colse Gioia intenta a lavarsi le mani ad uno dei lavandini disposti lungo la parete. La attirò a sé e la baciò di nuovo, riprendendo quello che avevano interrotto poco prima. Poi, si diressero verso uno dei minuscoli bagni e chiusero la porta dietro di loro, impostando la serratura in modo che non potesse essere aperta dall’esterno. Lo spazio era davvero angusto, ma ciò rendeva quell’incontro ancor più eccitante. Emanuele spinse Gioia verso il muro e, continuando a baciarla, si abbassò i pantaloni e gli slip. Gioia, alla vista del pene eretto, si eccitò ancora di più e, a sua volta, si liberò dei vestiti. Emanuele le fece uscire il seno sinistro, e vi tuffò la testa per leccarlo e succhiarlo. Poi, posò una mano sulla vulva e constatò che era bagnata. Si inginocchiò e prese a leccarla, strofinando la bocca e il naso su quella figa tanto desiderata. Le circostanze, però, non permettevano di attardarsi in giochi preliminari. Quindi si rialzò e la penetrò con decisione, facendola subito gemere. Si accoppiarono così, con lui che la schiacciava contro la parete. Fu molto passionale fin da subito, ma in fondo era quello che Gioia cercava, cioè un uomo che la possedesse duramente e senza troppe dolcezze.
Quando lei fu sul punto di gridare per l’orgasmo, lui, tempestivamente, la baciò, in modo da contenere l’urlo, che si ridusse a un mugolio.
Con sua grande sorpresa, Gioia lo spinse via, malgrado non fosse ancora venuto, poi alzò la tavoletta del gabinetto. Lui capì e un ghigno perverso si stagliò sul suo viso. Lei afferrò il pene e lo masturbò con decisione. Emanuele gemeva, mentre la donna lo stava conducendo al piacere con un sublime lavoro manuale. Si baciarono ancora. Lei orientò il pene verso il WC e, quando lui emise un verso di soddisfazione, lo vide eiaculare.
Si era fatto tardi. Una volta tirato lo sciacquone, uscirono, entrambi piacevolmente impressionati.
Gioia rientrò a casa e chiamò il compagno, ma non ricevette risposta. Posò le chiavi della macchina su un mobile e si buttò sul divano. Non provava il minimo senso di colpa per il tradimento che aveva appena consumato. Dario era il suo uomo da nove anni e da sei convivevano. Non lo aveva mai tradito prima e non credeva neppure di esserne capace. Si era sempre ritenuta una donna fedele e paziente, disposta a sopportare ogni sacrificio in nome di una relazione destinata, nei suoi piani, a durare per tutta la vita. Nonostante la loro lunga relazione, non si erano ancora sposati, né avevano generato dei figli. La loro unione si era comunque rivelata felice.
Negli ultimi tempi si era insinuata una strana instabilità nel suo animo. Sentiva il bisogno di procacciarsi nuovi stimoli che la facessero vibrare e che le facessero esplorare quei piaceri che si era sempre negata, in nome della fedeltà e del conformismo ad un ideale di vita. Non che la sua vita fino a quel momento fosse stata insipida: prima di Dario aveva avuto altri ragazzi, con cui aveva compiuto normali esperienze, ma mai si era spinta a realizzare certe fantasie che la sua mente accarezzava.
Conoscere Emanuele le aveva immediatamente acceso il desiderio. Ne aveva apprezzato fin da subito l’avvenenza e i modi garbati e aveva cominciato a fantasticare su come sarebbe stato eccitante averlo per amante.
Dopo aver vagato con la mente per un po’, si alzò dal divano e si diresse in camera, dove si spogliò. Poi entrò in bagno per farsi una doccia. Regolò la temperatura in modo che piovesse sul suo corpo acqua tiepida e si insaponò. L’amante si affacciò nuovamente nella sua testa. Gioia non poté fare a meno di pensare a quanto fosse bello, con il suo corpo asciutto, gli occhi verdi e le labbra scolpite. Sarebbe stato magnifico avere Emanuele lì nella doccia, sentire le sue mani calde sui seni e vedere l’erezione pronta a entrare di nuovo in lei.
Pensare a certe cose non poteva lasciarla indifferente. Cominciò a toccarsi, delicatamente. La sua mano si muoveva sulla vulva, mentre apriva la bocca per gemere. Con l’altra mano si palpeggiò i seni, dapprima con un tocco appena percepibile, poi con sempre maggiore passione. Parallelamente, anche l’intensità del movimento sulla figa andò aumentando. Si mise dentro prima un dito, poi due. Aveva gli occhi chiusi e immaginava Emanuele che le faceva compagnia nella doccia, divertendosi insieme a lei in diversi giochi erotici.
Il ritmo del ditalino raggiunse l’apice. Gioia sussurrò:’ Sborrami ovunque” mentre il suo cervello le proiettava l’immagine di Emanuele intento a irrorarla con il suo seme.
Venne, e l’orgasmo si manifestò in un urlo.
Emanuele aveva ancora in bocca il sapore della figa di Gioia e in testa il ricordo della scopata furtiva consumata nei bagni dell’ufficio, quando decise di frugare nel profilo social di lei.
Si sedette al tavolo ed accese il laptop. Una volta avuto accesso al suo account sul popolare social network che interconnetteva milioni di persone, inserì il nome di Gioia nel motore di ricerca interno. Scartate alcune omonime, selezionò il profilo desiderato. L’avatar raffigurava Gioia sorridente, abbracciata ad un uomo più vecchio di lei, per le vie di una capitale straniera. Emanuele fece una smorfia di contrarietà. Andò alla galleria e comincio l’esplorazione. Vi erano foto scattate al chiuso e altre all’aperto, foto con il compagno, gli amici e i genitori. Erano tutte collegate da una costante: l’incontrastata bellezza di Gioia. La fiammante carica erotica che sprigionava seminuda al mare si riproponeva, pressoché inalterata agli occhi di Emanuele, anche negli istanti di vita catturati al pub con le amiche o a casa dei suoi per una ricorrenza.
Una foto lo rapì: era in campagna, dietro di lei si stagliava un edificio colonico in mattoni grigi. Era una giornata luminosa e ventosa. I suoi capelli svolazzavano in disordine, ma lei fissava l’obiettivo con occhi scintillanti e sorrideva. Emanuele si disse che quella foto era un’opera d’arte, perché l’autore era riuscito a massimizzare la potenzialità del soggetto.
Aprì la barra dei comandi e premette “Stampa”. Dopo pochi secondi la foto era impressa su carta.
Non c’era niente di turpe in quello che si apprestava a fare. Era il suo modo solitario per approfondire il legame con lei. Si tolse pantaloni e mutande e afferrò il pene, la cui erezione era a buon punto. Fissò il meraviglioso viso di lei e fantasticò sul seno che si intuiva sotto il vestito. Mentre si masturbava, combinò la seducente immagine di lei con il ricordo della penetrazione di poche ore prima. Raggiunse il massimo della durezza.
Pensò che aveva avuto il privilegio di baciare quella bocca e di toccare quel seno. Sarebbe successo ancora ed avrebbero avuto più tempo e maggiore comodità a loro disposizione.
Lo sperma bagnò il foglio, alla fine.