Non capisco se sto sognando. Non so come siamo arrivati qui.
Lei, il mio amore, seduta su una seggiola di legno, io a terra, ai suoi piedi.
In una stanza quasi buia, calda.
Ho le sue ginocchia davanti al viso, la pelle nuda. Le accarezzo i polpacci.
Lei mi guarda, seria. Socchiude le ginocchia. Anzi di più. Apre le gambe, la gonna si tende.
Mi arriva sulla pelle del viso la sensazione del suo calore. Un vago sentore promana dalla sua intimità.
Dove siamo?
Non m’importa. Qualcuno ci guarda. Percepisco dei movimenti. Un brusio. Ma non mi interessa.
Sono attirato irresistibilmente da quel calore, dall’odore.
Metto la testa fra le gambe, lambisco l’interno coscia con la lingua. E’ bollente. L’odore si fa più forte.
Lei tira su la gonna e apre di più le gambe. Sporge il bacino in avanti.
Ha delle mutandine bianche.
Seguo la morbida pelle con la lingua, lasciando una scia di saliva, fino a sentire sulla guancia il tessuto e il calore che emana da esso.
“La mia fregna puzza? ” mi dice.
E’ una distonia. Lei non parla mai così… non usa queste parole, e non ha questo tono roco.
Una parte di me vorrebbe fermarsi, per capire. Un’altra vuole lasciarsi andare.
Mi eccita. Ma non capisco. Non sembra lei. Che gioco sta giocando? Quando è iniziato?
“Ora me la lavi bene. Mi fai un bidet di saliva…”
Il tono è duro, basso, assertivo.
La mia dolce compagna, non si esprime così! E’ tenera, ritrosa. E se scivola, nel parossismo dell’eccitazione, in un ruolo, usa altri toni, altre voci, altre fantasie.
Eppure è lei.
E io affondo il viso nel tessuto delle sue mutande e sento odore di urina. Lei così schifiltosa e maniaca dell’igiene. Fin troppo.
Invece se ne sta lì, le gambe aperte, offrendo i suoi odori. Consapevole e soddisfatta. Le labbra socchiuse, le narici aperte, inebriata da sé e da ciò che mi sta imponendo.
Mi prende i capelli con entrambe le mani e mi spinge, forte. Mi piega il naso. Per respirare devo voltarmi leggermente.
Scosta il tessuto di lato e la fica appare socchiusa. Mi ci strofina il viso, il naso e la bocca. Con essi fa socchiudere le grandi labbra.
E’ bagnata e mi bagna. Ho il suo odore addosso e mi da alla testa.
“insalivala, lavala, puliscila, preparala… ”
Faccio colare saliva e lecco. Dal basso verso l’alto e tutto intorno.
“così, bravo, me la lavi bene questa fregna, me la lecchi come un cagnolino… tutta… tutta… dentro… la lingua dentro…”
Mi sistemo meglio per arrivare più in basso e vedo dei piedi accanto a noi.
Alzo gli occhi. C’è un uomo in piedi.
Ha i pantaloni aperti e il cazzo in mano.
E’ lungo ma fino. Duro. Se lo mena lentamente.
Alzo ancora lo sguardo per guardarlo in faccia. E’ mio fratello.
Un senso di imbarazzo. E ancora, di disorientamento. Ma dove siamo. Come è possibile?
Ora lei si alzerà e metterà fine a questo gioco, penso.
E se non lo fa?
Perché non lo faccio io?
Perchè non mi alzo e continuo a leccare, il collo piegato per poter guardare in su, senza dire niente. Sono uno schifoso. Ma mio fratello, approfittare così di lei… come una puttana. Senza nemmeno guardarmi.
Vigliaccamente penso che ancora per qualche istante posso dire di non sapere. Che non ho visto niente. Non sapevo che fosse mio fratello.
Io vedo solo il cazzo e una mano che la prende, l’attira a sé, si sporge in avanti e senza una parola glielo mette in bocca. Senza preliminari. Senza chiedere o indugiare.
Lei lo asseconda. Come se fosse la cosa più naturale, più normale del mondo.
Si lascia scopare la bocca dai suoi movimenti di bacino, docilmente.
Con una mano mi tiene la nuca, con l’altra si accarezza un seno. Nel frattempo tiene le labbra incollate sul cazzo, le guance incavate, e pompa.
Io titillo con la lingua, assecondo i movimenti che lei imprime alla mia testa. E guardo.
E’ concentrata sul quel cazzo che le scivola dentro e fuori dalle labbra. La mano sulla mia testa si muove all’unisono, ma non è il suo piacere che insegue. Nè io insisto nel cercarlo.
Lui, mio fratello, aumenta il ritmo e la profondità degli affondi.
Poi si, sembra sia venendo.
“aaahhhh si, aaahhhh … beviti tutto… aaaahhhh ” E sono le uniche parole che dice.
La tiene ben stretta mentre viene e anche dopo. Finché non ha deglutito. Con difficoltà avendolo sempre in bocca.
Lui tira fuori il pisello, pulito. Lo scrolla come se avesse pisciato. Lo rimette nei pantaloni e si allontana senza una parola.
Lei si lecca le labbra, deglutisce ancora. Mi guarda e
allarga ancora di più le gambe e le alza un po’, per farsela leccare ancora meglio.
Fra la mia saliva e i suoi umori è un lago.
Ho una botta di eccitazione dolorosa.
Che troia immensa. Si è presa la sborrata in bocca di mio fratello senza fiatare e ha ingoiato tutto.
Con me si scosta o, quantomeno, sputa.
Ho il cazzo di pietra. Mi alzo, la prendo e glielo metto in bocca, nella stessa posizione di prima di mio fratello.
Se si azzarda a dire qualcosa la prendo a schiaffi, penso.
Troia, puttana, con mio fratello.
Voglio sborrare. E’ una necessità bestiale. Voglio riempirla, sentirla soffocare, sentirla affogare.
Il mio cazzo non è mai stato così duro. Dai coglioni gonfi preme un fiume di sperma.
Lei asseconda anche me, docile. Si lascia scopare la bocca e giù, in gola. Tossisce, lacrima, ma non fa un gesto per prendere fiato.
E’ al centro della scena. Insieme domina e oggetto. Femmina pluripotente, ape regina, deità che si nutre di seme maschile, laida puttana, meretrice, baldracca, bagascia schifosa, sborratoio.
E’ tutto. Il centro del mio mondo.
Non mi basta il cazzo. Vorrei espanderlo dentro di lei e occupare ogni suo spazio. Gonfiarla di cazzo.
Riempirla.
Ma ora c’è un africano nudo in piedi fra le sue gambe. Ha un’erezione poderosa. Si sistema un cuscino sotto le ginocchia e strofina la cappella sulle labbra fradice e gonfie. Come a rallentatore vedo i fili lucenti che si formano fra glande e vulva che è aperta come un fiore. Si sporge impercettibilmente verso quel tronco di carne scura.
Chi è questo? da dove esce?
Era come se fosse in fila dietro di me, ad aspettare il turno.
Ho una reminiscenza.
Siamo in n locale? O una festa privata? Non è urgente sapere. Chi c’è? chi ha visto? Chi sta guardando e aspetta, con il cazzo in mano, o con la fica aperta e bagnata?
ma ora voglio solo vedere quel nero serpente infilarsi dentro quella viscida tana rosa.
Dentro, in fondo, nel ventre.
C’è un attimo di sospensione, come se prendesse la rincorsa. Poi la cappella accosta, appoggia, spinge e viene come risucchiata. Lui si sistema meglio e di nuovo affonda.
Insieme a lui spingo anche io nella sua bocca.
Spingo finché lui non è arrivato in fondo. Solo allora le lascio libera la gola.
Il suo è un rantolo. Per il piacere di sentirsi impalata. Per la necessità di repirare.
E’ un singulto. Un singhiozzo.
Affondiamo ancora all’unisono.
E poi ancora su. Lei prende fiato.
Di nuovo.
Fino a che una scarica mi parte dalla nuca, giù per la spina dorsale, mi piega le ginocchia, devo artigliare la sua testa con entrambe le mani e selvaggiamente la tengo attorno al mio cazzo da cui sgorga un fiume di seme, contrazione dopo contrazione.
Spingo. La tengo giù, il cazzo infisso in gola. E vengo così. Incurante delle sue necessità fisiologiche, fino a che non riprendo lucidità e la lascio allontanare.
Cerca di ingoiare, lacrima, con un colpo di tosse spruzza sborra anche dal naso.
Se lo spalma sul collo. Sul viso.
Mi guarda con uno sguardo da provocante puttana e mi dice: “e due… mi hai fatto uscire lo spema dal naso… porco… ma ne ho bevuta tanta… mi è piaciuta…
che dici amore, ora mi faccio sborrare in pancia e vuoi vedermi ancora bere a canna?… io faccio quello che vuoi… mi faccio sborrare, infilare… pisciare addosso… eh? vuoi vedermi che mi pisciano addosso? in faccia?”
mi guarda mentre il nero la fotte duramente…
“porco… loro fanno i loro comodi e tu glieli fai fare…eh? anche tuo fratello se ne è approfittato… hai visto?
mi ha sborrata, mi ha fatto ingoiare tutto, come se fossi una puttana ubriaca… e tu glielo hai fatto fare… e ti è piaciuto… porco… ”
No, vorrei dire… no… mio fratello non volevo… ma tu non hai fiatato… troiona, puttana… ma invece balbetto: “mi fai eccitare… sei una gran porca, ti amo… come te nessuna…”
Sono esaltato. Il cazzo mi resta duro. Eccitato come se non fossi appena venuto.
La bacio.
L’idea di quel cazzone nero che anche lui le scarica le palle in bocca…. ma anche che schizza nella sua pancia… che la riempie, che gliela lascia aperta, larga, colante di crema densa, bianca.
Fallo sborrare in fica che te la lecco, le dico.
“porco… sei un porco… un maiale…”
Ma le piace.Eccome.
Perché a quelle parole si inarca, si apre ancora di più al cazzo che ora la sta stantuffando violentemente.
Gli va incontro. Lo risucchia dentro, perché quasi subito il nero aumenta il ritmo e poi si irrigidisce e capisco dai colpi profondi che sta venendo.
E lei gli attorciglia le gambe attorno alla schiena, spremendolo, sembra, fino all’ultima goccia.
Il nero si sfila da lei. Il palo ancora duro, lucido.
La vagina è aperta, le labbra gonfie, i peli fradici.
Ecco. Mi guarda. E’ tuttatua, bella piena. Vieni. Mi fa segno.
Mi inginocchio sullo stesso cuscino sui cui sento il sudore di quello che mi ha preceduto.
Metto le gambe intorno al collo e affondo il viso in quel piatto.
Mi viene l’immagine di un cane che lappa la ciotola. E così faccio, il muso affondato dentro.
Colgo il suo odore, che ben conosco, e l’odore dell’altro. Sudore e sperma.
E questo mi arriva sulla lingua, dolciastro, acido. Mi scosto e lo vedo denso, bianco. Appoggio la lingua, assaporo, è caldo, lo passo sulle labbra ne catturo l’odore.
Lei mi prende violenta la testa e se la strofina. Bocca, naso, mento. Finché non viene, tremando e urlando, spruzzando il suo piacere e quello di lui.
Ce l’ho addosso.
Ti piace? Me l’hai lavata bene prima, ma quel porco ci ha fatto il proprio comodo. Ora puliscila di nuovo. Ti piace fare il leccafregna eh?
Ma non è finita. Ne ha altri due addosso, che la toccano, le spingono il cazzo duro verso la bocca, le aprono di più la camicetta, il reggiseno attorno al collo.
La penetro mentre dai due lati le offrono due bei cazzi da succhiare. Lei li lecca, alternativamente.
Voglio leccare quei cazzi insieme a lei… voglio….