Ero lì da qualche settimana, non conoscevo nessuno in quella cittadina. Avevo accettato quel lavoro e di trasferirmi, quel lavoro era la mia sola risorsa. Avevo una stanza al dormitorio aziendale e mangiavo alla mensa. Il lavoro era su 24 ore, avevamo dei turni ed avevo già imparato ad ambientarmi in azienda. Ero uscito per andare in una lavanderia, non avevo abbastanza tempo per il bucato e le camice ed io tengo molto al vestire ed all’igiene. Poi passai davanti ad una profumeria e mi venne voglia di comprarmi un profumo di classe, era il solo lusso che potevo permettermi al momento. Dietro al bancone c’era una donna; capelli rossi a maschietto, una maglietta rossa che era spinta avanti dai seni, un sorriso cordiale.
– Che posso darle? – mi chiese
– Vorrei un’acqua di colonia, ma vorrei la migliore che ha.
– Costa molto – disse
– Me la faccia sentire.
Era all’aroma di bergamotto ed altri agrumi, bellissima, e costava veramente cara. La presi.
– Di solito qui gli uomini vengono a comprare solo dei dopo-barba – disse lei – Lei ha davvero bei gusti.
– Sa, a me l’acqua di colonia dà una specie di benessere. Poi devo vivere con altri e non voglio essere sgradevole.
– Le dirò che anch’io uso profumi maschili. Mi dà piacere sentirli. Tornerà qui? Mi dispiace non aver potuto farle uno sconto maggiore.
– Beh, mi ha compensato col suo sorriso. Se potessi, comprerei un’acqua di colonia ogni settimana per poterlo vedere di nuovo.
– Accidenti che complimento! Ma lei ci va giù pesante con le donne !
– Ho commesso qualche errore?
– No, certo che no. Dove vive lei?
– Mi sono trasferito qui da qualche settimana, lavoro alla Azienda di fornitura gas domestico.
– Si, conosco. Quindi lei qui non ha né parenti, né amici. Soffre la solitudine?
– Veramente no. Soffro per questi strani turni di lavoro che, ad esempio, non mi permettono di passare domani davanti alla sua vetrina.
Sorrise, le piacevano quei complimenti.
– Ci sono anche di mattina.
– Ma c’è una altro modo per incontrarla?
– Lei corre troppo, anche se sa correre bene. Passi, la saluto da qui.
Avevo il sabato libero, mi vestii e volli andare in centro. Passai davanti a quella profumeria. Lei stava fuori dal bancone, si portò sull’ingresso.
– Domani non ci sono, disse.
– Lei c’è comunque, ma non so dove.
– Stasera è sabato e finalmente sono libera.
– Vorrei incontrarla.
– Per fare cosa?
– Parlare con lei, magari un caffè o quello che lei desidera.
– Io non dovrei. Facciamo alle 19. Conosce il chioschetto di fronte alla stazione? Passerò di li.
Tornando, andai sul posto, per imparar la strada e non doverla cercare la sera. Era nel parco, un bar a chioschetto, ma dietro aveva una sala con dei tavoli.
Aspettai solo qualche minuto, poi sentii alle mie spalle:
– Aveva ragione a prenderlo, è un profumo bellissimo.
– Vuole sedersi con me?
– Non so nemmeno il suo nome ed accetto un incontro. Devo essere impazzita.
– Mi chiamo Valentino.
– Lo avevo sospettato! Io sono Marta. Quanti anni hai, giovanotto? – passò a darmi del tu.
– 24 signora. Sono troppi o troppo pochi per te?
– Io ne ho 40, quasi il doppio.
– E come fai ad essere ancora così bella?
– Tu mi vedi bella? Al mio ex marito non piacevo più.
– Forse aveva cambiato orientamenti? – scoppiò a ridere
– Non credo che si sia affrociato, forse l’impotenza. Sai che mi diverti come parli.
– A me piace il suono della tua voce, mi piace ascoltarti.
– Senti Vale, sai perché faccio questo lavoro? Per non morire di noia e di nostalgia. In realtà non ne avrei alcun bisogno, ma stare a casa non mi va proprio.
– Se rimanessi chiusa in casa toglieresti troppa bellezza dalla strada.
– Ma guarda questo che va ad inventarsi per convincermi a farmi scopare da lui.
– Non è questo che voglio.
– Ma io si. Sei un bel ragazzo, perché non dovrei desiderarti?
Mi accostai e ci baciammo sulle labbra.
– Vieni Vale, andiamo, non voglio aspettare.
Quella donna era un fuoco, ti bruciavi a farci l’amore. . Appena chiuse la porta di casa ci baciammo quasi con disperazione, come se lei volesse divorarmi anche l’anima, stavamo rischiando di farlo in piedi. Nella sua stanza da letto le ci volle un attimo per spogliarsi. Aveva un bel corpo, solo i seni erano piccoli ma quando glieli succhiai sentii che erano sensibilissimi.
– Scopami adesso – disse – ho troppa voglia di sentirlo dentro.
La penetrai, aveva la fica caldissima; li piegava le cosce sul petto per farsi penetrare fino in fondo.
– Vienimi dentro, Vale, voglio sentirti godere nel mio corpo; però aspettami, sto venendo anch’io ma sono più lenta di te.
Riuscii a controllarmi, la chiavai finché non la sentii venire; allora le diedi ancora dei colpi e le venni nella fica.
Quando ci fummo calmati, mi disse:
– Vedi che non era difficile scoparmi.
– Mi sono sentito felice con te, Felice, non sazio, ti voglio ancora.
Andò in bagno a lavarsi, poi andai io, e ci ritrovammo nel letto.
La abbracciai, ci baciavamo forte.
– Adesso cos’altro vuoi da me, seduttore?
– Non ho neppure cominciato con te. Mi fai venire tanto desiderio che non so se riuscirò a smettere.
– Ma tu allora, … tu non scherzavi quando hai detto che mi trovavi bella.
– Marta, adesso molto di più. Hai il temperamento di una dea, mi fai sentire felice. Mi piace il tuo corpo ed hai un orgasmo bellissimo.
– Se continui così, mi fai innamorare. Aspetta, voglio farti una cosa.
Lo prese in bocca, mi faceva sentire il massimo del piacere con la sua lingua che si avvolgeva intorno al glande. Era troppo brava a farlo mi fece venire nella sua bocca ed io la presi e la baciai in bocca con il mio sperma.
– Questa è una cosa da amanti – mi disse – perché lo hai fatto?
– Per dirti quanto piacere mi hai dato. Per dirti che ti voglio così, passionale ed oscena; sei tu che mi fai innamorare.
– Tu ancora non hai capito quanto mi piaci. Ti vorrei per me, Vale. Ti vorrei con me. Adesso per quanti giorni saremo separati, col tuo lavoro ed il mio negozio? Se dormissimo insieme non sarebbe così, ma già lo so che soffrirò di nostalgia.
Il giorno dopo era domenica ed io lavoravo di pomeriggio. La chiamai.
– Che c’è Vale?
– Marta, volevo essere certo che esisti, che non sei soltanto un sogno.
– A che ora finisci? Vengo a prenderti con la macchina, stiamo un po’ insieme, voglio vederti.
Venne, guidò fino alla fine della città, verso le colline. Poi si fermò e ci baciammo fino a sfinirci.
– Ecco cos’è: tu non vuoi solo scoparmi, tu mi tratti come una innamorata.
Ci vedemmo altre due volte ed ogni volta era una emozione incontenibile. La sentivo contenta, forse per lei stavo diventando importante; ma anche lei stava diventando importante per me.
– Marta, domani mattina e domani notte lavoro. Possiamo vederci solo dopodomani. Ma per me è pesante non vederti, mi cominci a mancare davvero.
– Sto pensando a noi due. Vale, il nostro rapporto è la cosa più importante che sento . Non si sente così per qualche scopata: questo è amore.
– Aspettami allora.
– Dopodomani dormi da me, con me, vicino a me. E non portarti il pigiama, non ti servirebbe.
Quando chiuse la porta stemmo circa mezz’ora a baciarci ed a toccarci, in piedi, vestiti. La spogliai la misi sul letto e la baciai sul pube.
– Aprimi le cosce, Marta, desidero farti una cosa.
Sentì la punta della mia lingua sfiorarle il clito e capì. Divaricò le cosce per darmi tutta la sua fica da leccare. Aveva un clito molto grosso, sembrava la punta di un piccolo cazzo, facile a succhiare e da mordicchiare. Le succhiai con molta energia le piccole labbra, si torceva sotto quella stimolazione, e poi la penetrai con due dita, forzandola, mentre lee leccavo e succhiavo il clito.
– Mi fai sentire amata, troppo amata così, Vale,. Continua, ancora, ancora…ah, che belle sensazoni sai darmi. Ancora, ci sto arrivando, più forte.
Sotto il gioco delle dita la fica si era allentata, spinsi anche il terzo dito dentro, forzandola, mentre non smettevo un attimo di tormentarle il clito con la lingua. Ebbe un orgasmo fortissimo, si spingeva col bacino contro la mia bocca, si tirava e torceva i capezzoli.
– Ci sono, amore, ci sono, sto venendo, ancora, continua, ancora.
Continuai finché il suo orgasmo lentamente si spense. Mi prese e mi baciò in bocca come volesse divorarmi.
– Il mio maschio, il mio uomo…Vale, inculami.
– Marta, potresti sentire dolore.
– Non mi importa, voglio che mi prendi completamente, voglio che senti che sono tua.
Le leccai il culetto, aveva brividi di libidine, sentivo il suo piacere, la bagnai con la saliva ; poi puntai il glande sull’ano e spinsi. Lei si irrigidì alla pressione che aumentava e forzava l’ano .
– Non fermarti, continua , non fermarti, prendimi. Ahaaaa, fa male, ma tu non fermarti.
Sentivo sul cazzo la tensione del suo sfintere anale teso fino al limite; spinsi ancora e si lacerò.
– Ah, rompimi amore, fammi tutta tua. Non preoccuparti di farmi male, prenditi il tuo piacere nel mio corpo, rompimi, amore. Tutto, entra tutto, spingimelo tutto nel corpo.
– Allora, canaglia, è da stamattina che non ti sento.
– Marta, il lavoro. Sai a cosa pensavo?
– Dimmelo.
– Al tuo orgasmo, è bellissimo, mi dà emozione farti venire.
– Vale, quando ti sento venire dentro di me mi sento felice, sei il mio uomo, mio. Hai un cazzo bellissimo ed è mio. E quando mi sento bagnata dal tuo sperma…..beh, riattacco, mi sto depilando, per te.
Ci eravamo sposati in municipio, abitavo nella sua casa, da te anni. La nostra passione però era sempre la stessa, anche di più. Quel rapporto di amore e di complicità, di ogni tipo di sesso che facevamo ci prendeva sempre. Marta aveva ceduto il negozio; disse perché voleva pensare solo a me.
– Vale, se ti danno le ferie arretrate, vorrei che andassimo in campagna, da mia sorella.
– L’ho vista solo quella volta in municipio, non sarò di imbarazzo?
– Ma no. Lei vive sola, si occupa delle nostre proprietà in campagna. Da ragazza fu sedotta da un farabutto che poi non volle sposarla. Lei abortì e non volle più saperne di uomini. Però è cordiale, ospitale, sarà contenta se stiamo qualche giorno con lei. Poi non è brutta, vero?
– No, anzi. E’ tosta, carattere forte, ma anche tu non scherzi.
Arrivammo in macchina a pomeriggio inoltrato. Si chiamava Irene ed era davvero bella. Alta quanto me, corpo asciutto, un bel viso, quando riusciva a sorridere.
– Tre anni ci sono voluti perché ci rivedessimo.
– Colpa del mio lavoro, Irene. Però anche tu potevi venire a passare qualche giorno da noi in città. Ne saremmo stati contenti.
– Marta è l’unica della mia famiglia che ho. Lavoro anche per lei. Vale mi piacque una cosa di te.
– Almeno una, spero…
– Sei stato tu a volere la separazione dei beni.
– Irene, io amo Marta e niente e più importante di lei per me. Volevo che sapesse che la sposavo solo per amore e non perché lei è benestante .
– Da che sta con te, la vedo felice, ti credo.
– Beh, avete mezz’ora per la cena. Vi mostro la vostra stanza.
Era una casa antica che Irene aveva fatto rinnovare senza cambiarla, La stanza era enorme, il soffitto alto quattro metri, un letto enorme e molto alto, mobili antichi ed un grande armadio a specchi accanto al letto.
-Vedi, Vale; in passato mettevano così i mobili. Gli specchi servivano a vedersi mentre scopavano.
– Deve essere bellissimo vedersi. Copriamo anche noi un armadio così.
– Basta comprare uno specchio abbastanza grande da riflettere tutto il letto. Lo facciamo, amore.
A tavola Irene stava a capotavola ed io e Marta di fronte.
– A quel che vedo, non siete riusciti a calmare i vostri “spiriti”.
– Non è solo amore spirituale – dissi e loro scoppiarono a ridere.
– Marta, devi stare attenta. E’ un uomo molto bello e molto intraprendente.
– Lo controllo tramite il rendimento…erotico. – risero ancora.
– Perché non vi stabilite qui, in questa casa. Non vi è ancora venuta a noia la città?
– Irene, lui non vuole lasciare il suo lavoro e vuole essere indipendente da me finanziariamente.
– Già, ti ama davvero. Non credevo che il vostro matrimonio sarebbe durato.
– Io la risposerei anche domani e tutti i giorni a seguire.
– Non hai digressioni? Non guardi le altre donne? Da un tipo come te mi aspetterei che avessi altre due amanti.
– Ecco per quale ragione posso finire in galera per omicidio – disse Marta.
– Non basta il sesso – le dissi – ci vuole molto di più per me.
– Mi piaci, mi piace come ragioni, mi piace come ti comporti con Marta. Se ci ripensi, trasferitevi qui da me. Mi servirebbe un uomo in casa, uno del quale posso fidarmi, uno della famiglia. Forse potrei pagarti meglio di quello che guadagni. Dico sul serio.
– Irene, non lo farò, non voglio dipendere da mia moglie o da mia cognata. Ma ti prometto che verremo a trovarti molto più spesso. Ti riservaci quel letto.
Marta era stanca, aveva mangiato e bevuto troppo e si addormentò. Uscii fuori , sulla veranda a fumare. Venne Irene e si sedette accanto a me.
– Vorrei tenerti vicino, Vale, pensaci.
– Irene c’è un’altra ragione, ma non posso dirtela.
– Ti giuro il segreto se me la dici.
– Mi piaci molto, sarei tentato e rovinerei tutto.
– Questo lo avevo capito; so interpretare il modo di guardare di un uomo. Ma per cosa credi che vorrei che voi veniste qui? Sai cosa significa vivere senza un uomo? Non è solo il sesso, ed è già moltissimo; è la sua presenza, il vederlo tutti i giorni. Tu ei molto leale con Marta, ma si possono amare anche due persone.
La baciai in bocca. Mi rispose con vera passione.
– No, Vale, non adesso. Voglio che ci pensi, che pensi a me e che continui ad amare Marta. Io non ho voluto amanti , né amori occasionali. Adesso mi sento sola, vorrei qualcuno che mi volesse bene.
Irene venne a trovarci in città la settimana dopo. Arrivò di pomeriggio e partì la sera dopo. Riuscimmo solo a cambiarci un bacio. Poi andammo da lei per un week-end in cui ero libero. La trovai in corridoio, di notte, la pressai contro il muro e le alzai la veste.
– Fottimi, lo voglio anch’io.
La chiavai in piedi, aveva la fica strettissima e sentii che veniva mentre la chiavavo.
Poi accadde che l’Azienda mi mise a cassa integrazione. Non andavo al lavoro e Marta propose di passare qualche settimana da Irene. Ero preoccupato per il mio lavoro e per i soldi che mi sarebbero mancati, ma stranamente trovai ventimila euro in più sul mio conto. Era stata Marta, di sicuro.
– Marta, perché mi hai bonificato quei soldi. Adesso te li restituisco.
– No. Non voglio che tu abbia problemi con i soldi. Io sono tua moglie ed avevo il diritto di farlo. Mi offendi se me li ridai.
Andammo da Irene.
– Vi ho visti stanotte; sei un dio, Vale. Che forza!
– Come ci hai visti?
– Le case antiche nascondono molti segreti. Voglio che sai che ti guardo mentre sfrenate le vostre libidini. Credo che ti piacerà saperlo. Troviamo un momento per noi due, come l’altra volta.
– Io ti vorrei in quel letto, insieme a Marta, tutte e due.
– Sarebbe la soluzione ideale se Marta accettasse di condividerti.
– Vale amore, vorrei chiederti una cosa.
Stavamo nudi nel letto, avevamo appena scopato e Marta era ancora bollente di orgasmo.
– Da quando sei con me, hai mai desiderato un’altra donna?
– Dubiti ella mia fedeltà.
– No amore, non lo chiedevo per questo. Mi sono domandata: se dovesse accadere, tu cosa faresti?
– Te lo direi, ma non pensare che ti lascerei. Io ti amo.
– Mi chiederesti di condividerti con un’altra?
– No. Solo se tu volessi, ma stiamo ragionando per assurdo.
– Irene ti piace? Ho visto come ti guarda, lei ti desidera. Mi vuole molto bene, ma credo che adesso ne voglia molto anche a te. Non mi hai risposto ancora.
– Sai che a te dico sempre la verità, amore. Mi piace molto.
– L’avevo capito. Vorresti fartela ed anche lei vorrebbe farti, ma l’ostacolo è la tua lealtà per me. E se fingessi di non sapere? Di non accorgermi?
– Marta, nessun, nemmeno Irene può prendere il tuo posto. Io ti amerei comunque, nessuno ci separerà.
– Non parlavo di separarci ma di aggiungere lei al nostro menage. Non abbiamo bisogno di mentirci, possiamo farlo senza ipocrisia e tu avresti anche lei.
– Marta, non ti capisco.
– Non voglio perderti, amore, ma capisco le pulsioni di un uomo giovane come te. Se non ti fai avanti tu, le parlo io.
– E cosa le dirai?
– Che io e lei possiamo condividerti e continuare a volerci bene , tutti e tre. Troveremmo un equilibrio tutto nostro. Tu non lo faresti per me se volessi scoparmi un altro uomo? Me lo negheresti?
– Marta, amore, io non vorrei farti un torto: è tuo marito, ti ama molto, ma si possono amare anche due donne insieme. Non voglio prendertelo.
– Irene, il desiderio non è una colpa. Ma se te lo tieni dentro diventa malessere. Io amo Valentino fino alla follia e non vorrei vederlo infelice. So che mi ama e che mi amerebbe anche dopo. E so che amerebbe anche te. Perché dobbiamo crearci infelicità? Per qualche scopata che potreste fare insieme? Ma vedi, Irene, dobbiamo farlo insieme, tuti e tre, solo così non mi sentirò esclusa. Capisci? Se è un gioco a tre allora dobbiamo essere in tre. Stanotte, vieni nella nostra stanza.
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