Ore 9,45. Il telefono sulla scrivania di Cristina squilla e lei prende il ricevitore, scosta l’orecchino e risponde. E’ il capo. Erano passati 10 giorni dall’incontro con lo straniero e Cristina si sentiva ancora parzialmente in balia dell’onda lunga degli incontri a cui aveva partecipato. A casa riusciva a sostenere, non sempre in maniera agevole, la situazione; delle volte la sensazione di essere diventata una puttana la prendeva alle spalle e la lasciava senza fiato ma sapeva e sentiva dentro di se che quello che era accaduto non era una cosa qualsiasi. Il suo bisogno di sentirsi veramente una donna desiderabile, una vera ‘femmina’, a volte urlava e quando si era concessa una sera al marito lo aveva fatto con decisione, lasciandolo un po’ stupito, ma favorevolmente. Lo aveva spompato e lui era rimasto basito di fronte all’irruenza della moglie. Lo aveva amato con forza ed era stata anche molto esplicita nelle parole. Sdraiata sul tavolo gli aveva chiesto, mentre lui la possedeva in piedi, di leccarle il culo. “Leccami il culo” gli aveva chiesto senza dire altro e con decisione. Lui si era chinato a farlo e poi lei ha detto ancora: “Fammi godere adesso e fammi sentire come godi dentro di me”. Lui non era riuscito ad avere una erezione che bastasse a penetrarla con facilità e ci ha dovuto mettere un po’ per riuscirci, ma quando finalmente le entrò nel culo lei ha cominciato a dirgli “Dai, sbattimi, sono tua, sono la tua troia adesso, dai spingi”. Lui sul momento aveva gradito la cosa e ha spinto fino a sentirsi scoppiare e anche se ogni tanto il cazzo gli scivolava fuori dal retto, portò a termine l’operazione svuotandosi parzialmente dentro di lei e poi sul bordo dell’ano. “Questa si che è un’inculata” disse lei dopo 5 secondi. Lui si stupì del comportamento di lei e stette lì a pensarci un po’ su e il giorno dopo le chiese spiegazioni del suo comportamento ‘anomalo’. Lei gli disse che lo faceva per lui, per fargli capire quanto lo amava e desiderava e che se a lui era piaciuto lo avrebbe fatto cento volte ancora. Lui parve accontentarsi della spiegazione, chissà!
Con me invece non ci furono rapporti né spiegazioni o racconti di ciò che le era accaduto a lavoro. Ma io sono solo un amante, per di più il tempo a disposizione per ‘noi’ è sempre stato veramente poco. Insomma, non ne sapevo niente, si erano però diradati un po’ i contatti e questo l’avevo notato ma preferivo non affrontare l’argomento, credevo fosse fisiologico, in un periodo in cui lei stava cercando di recuperare il suo rapporto a casa.
Ma adesso il capo la stava chiamando e lei temeva (ma sotto sotto sperava) che la chiamasse per un altro appuntamento, magari con lo stesso uomo dell’altra volta. In parte il suo timore-speranza si concretizzò. Nel suo studio le chiese se poteva accompagnarlo, stavolta di pomeriggio, dalle 14 alle 16, in un appartamento nella immediata periferia della città dove lavorava, con un tipo che doveva passare delle informazioni inerenti il loro lavoro. Le disse come al solito che poteva anche rifiutarsi e che non è detto che doveva necessariamente andare a finire come l’ultima volta; era un incontro di lavoro molto serio e quindi la sua presenza gli era necessaria per quello. Ma se lei avesse voluto essere, come sempre, carina ed ‘efficiente’ lui avrebbe considerato la cosa come un favore personale.
Due giorni dopo Cristina era pronta all’incontro. Stavolta le calze erano autoreggenti, color carne sotto la lunga gonna beige a fiori rossi e grigi, stivali marroni e camicetta tutta colorata, in tinta con la gonna ovviamente, a motivi floreali molto bizzarri. Sotto, il solito push-up e una collana a grosse sfere marrone chiaro accompagnava lo sguardo verso la scollatura maliziosa. Quando però arrivò con il capo all’appuntamento vide che anche le persone da incontrare erano due, un uomo e una donna che lui presentò come una collaboratrice. Capì che evidentemente per quella volta tutto sarebbe andato diversamente dalle altre due. Un po’ rimase delusa ma si sentì anche sollevata. Si pentì solo di aver speso un capitale per quelle belle calze velate. L’uomo aveva una cinquantina d’anni, brizzolato e molto alto, elegante e sorridente, anche se assumeva delle volte con il viso un atteggiamento che gli disegnava una smorfia di supponenza che era un po’ fastidiosa. Lei era una gran bella donna, età apparente 35 anni, più generosa di lei nelle forme, almeno una terza abbondante di seno e belle gambe tornite. Capelli biondo chiaro, ma probabilmente tinti, lunghi fino alle spalle, lisci, ma tirati all’indietro e legati a formare una coda; occhi castano chiaro e zigomi pronunciati Non era molto alta, pressappoco come lei, ma indossava un tailleur grigio con gonna a tubino sul ginocchio con uno spacco dietro abbastanza profondo, sotto la giacca una camicia bianca e una bellissima collana d’oro semplicissima ma sicuramente molto costosa. Calze nere velate e scarpe classiche decolletée nere con un tacco alto almeno 7 cm. L’apparenza era di una donna sexy e conscia di esserlo. Pensò che lei scompariva al confronto e quindi pensò che magari quando avessero finito avrebbero ‘giocato’ con l’altra, non certo con lei e che avrebbe dovuto chiamare un taxi e tornarsene tranquillamente in stazione. L’idea da un lato le dispiaceva ma un po’ la sollevava dai suoi sensi di colpa al ritorno a casa, quindi decise di pensare al lavoro.
Per una ventina di minuti illustrò i grafici che aveva preparato in mattinata proprio alla donna che le stava accanto, sedute su un divano entrambe con un portatile sulle gambe. I due uomini commentavano i grafici e il lavoro svolto e quello da svolgere, un normale incontro di lavoro. Alla fine i due uomini ringraziarono Cristina e le fecero i complimenti per il lavoro svolto.
“Complimenti signora, aveva ragione l’ingegnere a parlare benissimo di lei; non è solo una bella donna ma anche una perfetta collaboratrice!”
“Grazie dottore, lei mi lusinga, cerco di fare del mio meglio”
“E ci riesce benissimo -disse l’ingegnere- in tutti i sensi, credimi”
“Se in tutto ciò che fa ci mette l’impegno che ho ammirato deve essere una donna perfetta mia cara signora”
“Cerco di essere sempre pronta”
“Ti assicuro che è effettivamente pronta e molto disponibile”
L’ingegnere mise un’enfasi particolare sulla parola “disponibile”, e ridacchiò dando ad intendere qualcosa di più all’uomo, che guardò Cristina negli occhi e, dall’alto in basso, le disse:
“Spero di poter apprezzare questa sua disponibilità quanto prima”
“Non credo Cristina abbia niente in contrario, vero?” chiese il capo senza mezzi termini.
Cristina si sentì tremare e con voce incerta, ma guardando entrambi gli uomini in faccia, disse
“Spero e credo di essere all’altezza, quando vuole”
“Marisa, vai a prendere qualcosa da bere in cucina, intanto noi approfondiamo l’argomento con la signora Cristina”
“Ecco, adesso allontanano lei, allora è proprio me che vogliono” pensò Cristina e si sentì sollevata dall’assenza della donna. Chiuse il computer e si alzò, l’uomo le si fece accanto e disse all’ingegnere, prendendo una mano di Cristina nelle sue
“Se non hai niente in contrario credo che mi piacerebbe poter verificare personalmente da subito la disponibilità e le capacità della signora. Ma la signora deve darmi il suo consenso, sono un gentiluomo e non intendo minimamente infastidirla od offenderla”
Cristina si sentì adulata, anche se la sensazione di essere un oggetto sessuale in balia dei due maiali un po’ la infastidiva. Ma appena l’uomo cinse la sua vita con un braccio e le sussurrò all’orecchio “Lei ha classe da vendere Cristina, spero di esserne all’altezza. Può mandarmi via quando vuole, sa?” sentì che si sarebbe ancora concessa. Lo guardò negli occhi e sollevò il capo, poi si avvicinò e i due si baciarono con sensualità sulle labbra e poi in bocca. Sapeva di fragola, forse il chewing gum che aveva masticato poco fa; le piacque e continuò a baciarlo, mentre gli teneva le mani sulle spalle e lui le cingeva i fianchi. Poi anche il capo si avvicinò a lei e, alle sue spalle, cominciò a leccarle il collo e l’orecchio. L’altro terminò il bacio e le baciò la guancia e poi la gola, spostando una mano verso i seni e l’altra alle natiche. Il capo le teneva i fianchi adesso e i due la leccavano e baciavano su collo e gola, sulle orecchie. Poi lei decise di cingere il capo dell’ingegnere con le braccia protese all’indietro, offrendosi all’altro. Lui le sbottonò la camicetta e, mentre le lingue di Cristina e del suo capo si incrociavano, l’altro cominciò a leccare i seni e a mordicchiare i capezzoli. Cristina gemeva nella bocca dell’ingegnere e l’altro si inginocchiò, le sollevò la gonna e disse, vedendo l’intimo di Cristina
“Complimenti signora, sapevo che aveva classe ma non fino a questo punto”
Le scostò lo slip e con le dita cominciò a strisciare sulle grandi labbra della vagina, poi le baciò e leccò il pube. Lei sollevò una gamba offrendo il suo sesso alla lingua di lui. Il capo le tastava i seni nudi adesso, baciandola sul collo e sui lobi delle orecchie e l’altro leccava avidamente la figa, toccandola anche all’interno del sesso. Cristina si eccitò e il capo le sussurrò all’orecchio “Brava Cristina, sei meravigliosa; lascialo fare, è un uomo molto importante e molto per bene”
L’uomo importante la leccava discretamente e un paio di volte forzò l’apertura del suo sesso con le dita facendole scappare dei rantoli di piacere mentre il capo le strizzava tra le dita i capezzoli. Quando sembrò che l’uomo fu sazio di leccarla lei si rimise in piedi e cercò con le mani i due membri, li aiutò a tirarli fuori e poi li prese entrambi in mano, segandoli e drizzandoli ulteriormente. Voleva succhiare e si chinò in avanti verso l’uomo che toccava per la prima volta, offrendo il posteriore al capo che le infilò le dita nel solco delle natiche e poi toccandole il sesso umido. Ma l’uomo dopo poche pompate chiese a Cristina di sedersi al divano; lei seduta e loro due di lato a lei a farsi succhiare alternativamente, poi lei si sdraiò e, mentre l’uomo importante era accanto a lei in piedi e lei lo succhiava, il capo si inginocchiò alle sue spalle sul divano offrendole il cazzo dall’alto. Lei più volte alternò le attenzioni tra l’uno e l’altro e non si avvide del ritorno di Marisa che posò il vassoio con i flute pieni di champagne sul tavolino e si mise accovacciata accanto alle gambe di Cristina, le toccò una coscia, la scostò costringendola dolcemente ad aprire le cosce, e cominciò a leccarle l’interno di una coscia. Cristina si fermò, stupita e interdetta. La sua prima tentazione fu di alzarsi e scappare via ma era come bloccata. Non si aspettava questa svolta nell’incontro e la sua reticenza era pari solo alla paura di rovinarsi il lavoro e la stima del capo nell’eventualità abbandonasse il campo. Fu proprio l’uomo che le stava accanto che risolse in buona parte le paure di Cristina dicendo
“Non si preoccupi Cristina, non deve fare niente, sarà solo lei a darle piacere, se vuole smettiamo qui”
Cristina non rispose subito, anzi, non rispose per niente. I due si scostarono da lei e lei rimase ferma, cosce semi aperte mentre Marisa gliele carezzava languidamente. Nell’accovacciarsi le cosce di Marisa si erano scoperte e Cristina vide che anche lei indossava delle autoreggenti, molto eleganti e raffinate. Pensò che forse lei sarebbe stata gentile e si sarebbe limitata a sfiorarla soltanto. Restò così senza rispondere, dando un silenzio-assenso che però dentro di lei voleva dire “Se esagerano o non mi va lascio tutti e me ne vado; posso farlo, sono dei signori”.
Loro avvertirono questo parziale rilassamento e si dedicarono a lei, leccandole i seni e la carne, mentre la donna osava sempre di più con le dita e Cristina si accorse che ci sapeva fare veramente bene. Mentre si gustava le lingue dei due uomini e le dita di Marisa la scena cambiò rapidamente; Marisa si alzò, si sfilò la giacca e arrotolò la gonna ai fianchi e l’uomo che prima le stava succhiando un capezzolo si mise inginocchio davanti a Cristina sul divano, le sollevò i fianchi, mise le cosce sotto le sue natiche e la penetrò dolcemente. Per un attimo Cristina credette che l’altra si dedicasse al suo capo mentre l’uomo la prendeva, infatti Marisa si accovacciò e cominciò a succhiare l’ingegnere che, in piedi, guardava Cristina posseduta dall’altro uomo. Cristina guardava la fellatio di Marisa e notò che era proprio brava, sicuramente molto più brava di lei. Il capo gemeva sotto i colpi della lingua e della bocca della biondina e l’uomo che la prendeva era deciso e dolce, anche se il suo pene non era dei più grossi. Ma il piacere la prese e cominciò a muoversi come voleva lei. Poi Marisa si sollevò e aprì le sue cosce in faccia a Cristina. L’uomo che la prendeva disse “Ti va di leccarla?”
Cristina disse spaventatissima “No, ti prego”
“Va bene, non deve farlo, va già benissimo così”
Però Marisa, in quella posizione da classico 69, cominciò a leccare lei mentre l’uomo la prendeva e il capo andò dietro Marisa penetrandola. Cristina vedeva a pochi centimetri dal suo viso il cazzo del capo che entrava e usciva dal sesso della donna, le palle le sfioravano la fronte e questa scena la eccitò ignobilmente, anche perché la lingua e le dita di Marisa erano abilissime; le dita roteavano sul suo clitoride e poi entravano nel suo sesso mentre la lingua ne prendeva il posto, calda e carnosa colpiva il bocciuolo di Cristina con precisione e metodo. Provava più piacere per ciò che le faceva la donna che per il membro dell’uomo che la penetrava. Intanto l’ingegnere spingeva il cazzo contro il culo di Marisa e ad un certo punto disse all’altro uomo: “Dai mettiglielo nel culo”
Lui sfilò il cazzo dalla vagina di Cristina e Marisa , mentre glielo succhiava, stimolava i bordi dell’ano di Cristina con le dita. Poi ci passò sopra la lingua e lo ricoprì di saliva per renderlo umido ed accogliente. Prese in mano il cazzo dell’uomo e lo spinse delicatamente sul buchetto che si aprì accogliente e caldo; Cristina chiese mentalmente a Marisa di dedicarsi ancora a lei e Marisa, come avesse sentito la sua richiesta, lo fece. La lingua ora era libera di spaziare dove voleva e, mentre un dito violava l’intimità di Cristina, la lingua percorreva i bordi della vulva e insisteva sul clitoride facendo provare a Cristina un piacere che mai aveva provato. Sentiva nella sua carne il cazzo dell’uomo che la inculava e guardava il cazzo del suo capo violare quello di Marisa, come fosse il suo. Cristina aveva le mani serrate alle cosce di Marisa, sentiva sotto i palmi la stoffa delle calze mentre Marisa le teneva le cosce spalancate e l’uomo le teneva le mani agli stivali, all’altezza delle caviglie. Si sentiva una puttana ma questo accresceva il suo piacere piuttosto che smorzarlo e non finiva più di venire, dimostrandolo a voce alta, mentre Marisa era silenziosa, anche quando l’ingegnere la afferrò per il codino e le sollevò la testa, proprio quando sentiva di venire. Uscì fuori e si svuotò sulla faccia di Cristina che dovette chiudere gli occhi perché lo sperma la colpì proprio lì, impiastricciandola tutta. L’altro invece continuava a spingere il cazzo nel culo di Cristina che adesso aspettava il momento in cui avrebbe goduto, momento che arrivò subito dopo. L’uomo sfilò il cazzo dal culo di Cristina e lo ficcò in bocca a Marisa e venne urlando, svuotandosi nella bocca della donna che bevve tutto il seme pompandolo e questa volta mugugnando. Marisa le ripulì accuratamente il viso con la lingua, avida di tutto quello sperma caldo. Fu dolcissima e metodica e quando finì baciò teneramente Cristina sulle labbra. E l’incontro di lavoro finì così.