Leggi qui tutti i racconti erotici di: Paty

Anche se non c’&egrave stato giorno né minuto in cui abbia dimenticato il mio passato, perfino più evidente del presente, temevo che, in ogni caso, una certa patina si fosse posata sui miei ricordi e li avesse appannati.
Ho deciso, dunque, di tornare sui luoghi, di fare una specie di ricognizione. Luoghi che ho abbandonato da tempo immemorabile. Non con la memoria.
Ho preso il treno, sono scesa alla stazione, ho detto all’autista del taxi di portarmi in via della Rocca.
A mano a mano che si avvicinava, attraversavamo posti che mi erano del tutto sconosciuti, pur avendoli percorsi centinaia di volte, in passato. Sentivo un tumulto in me, mi sembrava di riudire gli schianti, di vedere il bagliore degli scoppi.
‘Ecco, signora, questa &egrave via della Rocca.’
Via della Rocca? Mi guardavo intorno. Com’era tutto cambiato, tutto diverso.
L’edificio che avevo abitato, non c’era più.
^^^
Un bella costruzione, abbastanza moderna, d’angolo, nella parte bassa della strada che partiva dalla grande piazza, Piazza della Rocca, dove era la grande caserma dei granatieri.
Quella sera, in casa, eravamo solo io e lui. Mamma era andata a Roma, con Giulio, mio fratello più piccolo, a trovare la nonna.
Notte fonda.
Improvvisamente, senza neppure il lugubre sibilo delle sirene che annunciavano l’allarme, uno schianto violento. Mi svegliai di soprassalto. Impaurita, folle di terrore, con la sola leggera camicia da notte, e corsi nella sua camera. Anche lui era sveglio, stava infilandosi i calzoni.
‘Prendi la vestaglia, Mara, corriamo giù, in cantina, presto.
Trovai una leggera vestaglia, la indossai alla meglio, mi aggrappai a lui, mentre il cielo era illuminato dai baleni degli scoppi corremmo giù, in cantina, dove erano già le altre tre famiglie che abitavano in quel palazzo. Buio fondo, solo qualche fioco raggio delle lampade a pila che si accendevano e spegnevano.
Lui andò a sedere su un masso, in un angolo, in fondo a quella specie di grotta naturale. Io mi rannicchiai sulle sue gambe.
Le esplosioni si susseguivano, si allontanavano e avvicinavano.
Ero abbracciata a lui. Faceva caldo ma avevo bisogno del suo caldo. Tremavo.
Lui prese a carezzarmi, dolcemente, teneramente, a darmi piccoli baci sui capelli, le sue mani correvano lungo il mio corpo. Mi stringevo a lui. Sentivo il tepore del suo corpo, attraversava le leggere stoffe dei suoi pantaloni, della mia camicia da notte e della vestaglia. Era piacevole, ed era anche delizioso quel gonfiore che premeva tra le mie natiche, e che sembrava aumentare insistentemente.
Le sue mani mi carezzavano le braccia, nel buio più completo, tra gente che stava in profondo silenzio. Silenzio lacerato dalle esplosioni.
Sentivo battere il mio cuore. Sempre più forte, perché la sua mano era vicinissima al mio cuore. S’era introdotta nella scollatura della camicia sbottonata, ed ora palpeggiava la mia tettina. Il palmo sfiorava il mio piccolo capezzolo, che sentivo turgido, desideroso di quella carezza, e quel lambire, lungo, insistente, si ripercuoteva in me, come qualcosa che mi rilassava e nel contempo mi infiammava. Ora era scesa, la mano, più giù, dopo aver sondato col dito il ricamo del mio ombelico. Cercava tra i riccioli del mio pube, che sembravano percorsi da una scarica elettrica. Le gambe si dischiusero senza che me ne accorgessi, il gonfiore di lui era divenuto prepotente, ma ancor più insistente, curiosa, invadente, la mano. Aperta, copriva completamente le grandi labbra’ non stava ferma, un dito s’inseriva in esse, frugava, perlustrava. Sobbalzai, irresistibilmente, aveva sfiorato il mio clitoride, lo titillava, lo massaggiava delicatamente, insistentemente, ogni tanto lambiva l’orificio della mia vagina che distillava sempre più irrequieta il piacere che stava impadronendosi di me. Avrei voluto urlare, poggiai la mia bocca, le mie labbra, sul suo volto, si girò appena, incontrai le sue labbra, avide, la sua lingua, saettante, che entrava tra le mie labbra a cercare la mia lingua. Sobbalzavo, senza freni. Soffocai il gorgoglio che voleva sortire dalla mia bocca. Godei come mai m’era capitato, fino a quel momento.
Il suo turgore, tra le mie natiche, era incontenibile e irresistibile, avrei voluto sentirlo in me, profondamente in me.
Il suo leggero sfioramento, ora, era dolce, tenero, delicato, veramente carezzante, incantevolmente. Avrei voluto che non finisse mai.
E non finì.
L’altra mano aprì ancora più la mia camicia, la sua testa si mosse.
Sentii le sue labbra sul mio seno, afferrare un capezzolo e suggerlo, avidamente, golosamente. La carezza tornò a penetrare in profondità, come prima più di prima. E fu ancora più bello di prima. Con quel grosso fardello che mi premeva da sotto.
Un lungo suono delle sirene.
Allarme finito.
Si accese qualche lucetta, risalimmo lentamente. Mi teneva abbracciata, stretta a sé. Entrammo in casa, mi prese tra le sue braccia, mi sollevò, mi portò nella sua camera, nel suo letto, mi spogliò con infinita amorevolezza, mi depose sul letto, così, nuda, con la piccola lampadina del comodino che teneva la camera nella penombra.
Si spogliò.
Uno spettacolo incantevole. Non lo avevo mai visto così, col suo fallo eretto, magnifico simbolo della sua virilità.
Si chinò su me, il volto tra le mie gambe. Ora la sua lingua aveva preso il posto delle sue bellissime mani, delle sue voluttuose dita. E mi lambiva, penetrava in me e si ritraeva. Non riuscivo a controllarmi, il bacino si muoveva come guidato da una forza irresistibile, il ventre sussultava. Non capivo nulla, ad un tratto, le sue labbra furono sulle mie, e qualcosa di diverso era tra le mie gambe, di diverso e di sconosciuto, che urgeva tra le mie piccole labbra, che premeva’ premeva’ ed entrò’ entrò trionfante’
Fu come una esplosione, nella mia testa, qualcosa di me si lacerava, ma nel contempo mi faceva sentire al culmine della gioia, della felicità, del piacere. Come il colpo che, nei fuochi d’artificio, precede il meraviglioso, fantastico spettacolo che illumina il cielo, che si spande dovunque, in mille luci iridescenti, infuocate, meravigliose’.
Sentivo il caldo e vigoroso scettro della sua mascolinità, che mi faceva scoprire l’ignoto di lui, l’inimmaginabile, l’incredibile, l’assurdo.
Che bello.
Gli carezzavo la schiena, volevo ridere e piangere. Non potevo, il piacere mi possedeva, mi faceva gemere di voluttà.
Ma che faceva? Stava per uscire da me? No’ no’ intrecciai le gambe sul suo dorso, sulle sue natiche robuste, lo imprigionai, lo attirai, con decisione e in quel momento sentii la sua spinta, più impetuosa delle altre, e improvvisamente fui invasa da un torrente caldo, meraviglioso, che quasi mi fece perdere cognizione di ciò che stava accadendo.
Alzò la testa, mi fissò negli occhi. Bellissimo, meraviglioso.
‘Cosa abbiamo fatto, Mara’.’
‘E’ stato stupendo’. Grazie’.’
‘Ma tu, piccina mia’ non lo avevi mai fatto, vero?’
Scossi il capo.
‘No, mai. E’ stato stupendo farlo con te, la prima volta, veramente favoloso, magnifico, incantevole. Non immaginavo potesse essere così.’
Ecco, quella fu la mia priva volta.
Non potrò dimenticarla mai.
Né dimenticherò le altre, infinite, sempre con lui, una più appagante dell’altra. Non potrò dimenticare il piacere che hai saputo donarmi, gli orgasmi travolgenti che mi hai fatto vivere. Tu mi hai donato la vita. E mii hai fatto vivere.
Grazie, papà.
^^^
Avevo gli occhi pieni di pianto, mentre guardavo quell’angolo vuoto di via della Rocca.
Vuoto, come ero io.
^^^ ^^^ ^^^

Autore Pubblicato il: 28 Ottobre 2005Categorie: Racconti erotici sull'Incesto0 Commenti

Lascia un commento