Non credevo che sarebbe stata una giornata significativa. A volte hai questo tipo di sensazionei.
E sbagli.
Quando la segretaria di redazione mi ha consegnato quel pacchetto mi è subito corso un brivido lungo la schiena.
Non più grande di un pacchetto di sigarette, avvolto in carta anonima e con una M vergata a mano dove andrebbe il mittente. Lui. Anzi, LUI.
Non posso dirmi sorpresa. Ultimamente ho superato certi limiti, fatto cose senza il suo permesso, senza una sua indicazione.
Sapevo che avrebbe ristabilito l’ordine delle cose.
Alex finalmente mi ha lasciata la settimana scorsa, stufo della mia situazione di stallo sentimentale nei suoi confronti.
Nemmeno questo può dirsi essere successo di sorpresa. Ha aspettato fin troppo secondo me.
è stato importante chiudere in buoni rapporti ma il suo addio si è tradotto in una inusuale astinenza sessuale per me ed ora quel pacchetto tra le mie dita sembrava vibrare di energie sessuali che andavano dritte a fregolarmi tra le cosce.
Sono corsa nel bagno di direzione, più grande e meno frequentato, chiudendomici dentro.
Ho scartato il pacchetto trovandoci dentro tre triangolini di stoffa lucida gialla.
“Mettilo” scritto su un foglietto ha svelato l’arcano. Quel coso dovrebbe essere un costume da bagno.
Senza pensare all’assurdità della situazione ho slacciato la camicetta e tolto la canottiera. Ho slacciato la gonna e l’ho calciata di lato.
Da quando non porto più intimo spogliarsi è diventata una questione di due secondi.
Il pezzo di sotto copre giusto il minimo sindacale, giusto un pezzetto di stoffa nel caso in cui sopra la fica una decidesse di lasciare qualche ghirigoro di peletti corti.
dietro non esiste, si infila tra le chiappe in alto e gira dentro praticamente in mezzo al centro del piacere.
I due pezzi sui seni sono minuscoli, sicuramente sarebbero inopportuni su una donna con un seno rigoglioso, sulle mie tettine danno quasi l’idea di qualcosa da coprire. Capezzoli a parte.
Guardavo il mio riflesso, il riflesso di una spudorata esibizionista, di quelle che sulle spiagge non fanno che far drizzare uccelli senza il minimo pudore, e mi sorprendevo a penare a quanto apparissi più troia con quella cosa oscena addosso rispetto a quando ero completamente nuda.
Il suo scopo lo aveva raggiunto di certo.
Era arrivato il momento di coprire quella cosa e avevo rimesso gonna e camicetta.
La caonttiera no, mi serve solo in sostituzione del reggiseno, che non sono più autorizzata a portare, per non mostrare continuamente al mondo i miei impertinenti e spesso inopportuni capezzoli.
Sono tornata alla mia postazione, provando una strana sensazione per via del fatto che ormai ero disabituata ad avere qualcosa sotto.
Ho preso il telefono e gli ho mandato una chat.
“Fatto.”
Io so quanto lo eccita quella singola parola riferita al fatto che ho eseguito un suo ordine.
La sua risposta non ha tardato.
“Prenditi il resto della giornata e scendi. Sarò da te fra un quarto d’ora.”
Con un groppo in gola e una sensazione bruciante tra le cosce ho avvertito la segretaria di redazione che sarei stata reperibile sul cellulare, poi l’ho raggiunto di sotto.
Immaginavo gi’ la sua auto, il suo ascendente su di me che mi avrebbe portato nel giro di qualche minuto a chinarmi su di lui per succhiare quel cazzo monumentale, mentre lui avrebbe condotto la macchina verso il posto in cui aveva deciso di portarmi.
Potevo gi’ sentire la sua mano sulla nuca spingermi giù, il sottile dolore alla mascella dopo qualche minuto di intrusione del suo uccello nella mia bocca.
Ne avevo una voglia incontrollabile.
Ma lui, anzi LUI, gode moltissimo a sorprendermi e si è presentato a cavallo di una grossa moto da strada.
LUI, passandomi un casco: Monta, coraggio.
A cavallo di quel bestione mi sono resa conto che la gonna era inevitabilmente salita, mostrando al mondo quel piccolo triangolino giallo.
Aveva intenzione di offrire un inatteso spettacolino a chi avesse incrociato la nostra strada.
Si è diretto verso l’autostrada, tra le occhiate e i colpetti di clacson indirizzati alla troia esibizionista appollaiata alle sue spalle.
Dopo un p’, probabilmente annoiato dal viaggio, sento la sua mano tra i nostri corpi e subito dopo la pressione decisa delle sue dita sulla stoffa del costume.
Quest’uomo ha il potere di sconvolgermi, oltre a ridurmi a una pupattola da esibizione è in grado di farmelo piacere da matti.
Da quel momento i colpi di clacson si sono moltiplicati.
Chiunque guardasse poteva vedere la sua mano sfregare con insistenza tra le mie cosce.
Ho deciso di ricambiare e tolta una mano dalla maniglia l’ho portata sul suo fianco e da lì tra le sue gambe.
La posizione da centauro mi favoriva in questa operazione e pochi minuti dopo stavamo toccandoci oscenamente a vicenda.
A pensarci bene una cosa folle. Pericolosa.
Ad ogni modo quando siamo arrivati io ero fradicia tra le cosce e maledettamente eccitata.
Anche lui comunque aveva tra le gambe, a quel punto, un pezzo di marmo.
Il problema era che non mi ha portata in qualche posto che prevedesse una furibonda scopata immediata, eravamo al mare, davanti ad uno stramaledetto centro balneare.
Dal baultto della moto è saltata fuori una piccola borsetta per me e un’asciugamano.
All’entrata dello stabilimento ha noleggiato ombrellone cabina e una sola sdraio.
Io, ingenuamene e pure un po’ scocciata: Perché una sola sdraio?
Lui, con tono divertito e calmo: Credi di essere venuta a prendere il sole? Tu vai sulla battigia, ti cambi lì, e aspetti le mie indicazioni sul telefono. Mettiti dove ti vedano tutti.
Detto questo se ne va nella cabina. Io resto impietrita, perplessa, e soprattutto frustrata. Sono in una situazione tale che avrei accettato senza batter ciglio di farmi scopare in pubblico, lì davanti, subito. E lui mi manda a sdraiarmi…
Rassegnata ho percorso la passerella verso il mare, sulle sdraio e sulla battigia sopratutto coppie e adulti singoli, per fortuna, pochissimi bambini.
Sento molti occhi addosso e sono ancora vestita, forse proprio per quello.
Arriva la prima chat. “Non fare niente di sbrigativo. Spogliati lentamente. In modo provocante. Fai ciao con la manina.”
Mi volto e lo vedo sulla sdraio, sotto l’ombrellone, il fisico imponente completamente rilassato, una mano appoggiata in modo apparentemente casuale sul boxer, cellulare nell’altra mano e occhiali scuri.
Dopo avergli fatto cenno con la mano slaccio i primi bottoni della camicetta, ondeggiando come se lo facessi a ritmo di musica.
Scoprire quel ridicolo bikini mi imbarazza, soprattutto perché sono ancora su di giri per la corsa in moto. E i capezzoli mi tradiscono.
Mando giù il boccone amaro e sfilo la camicetta, poi slaccio la gonna, mi volto e la abbasso inarcandomi, offeendogli la vista del mio sedere nella posizione, almeno da in piedi, che lo enfatizza di più.
Per toglierla del tutto mi sono piegata, inutile dirlo, a novanta.
Assolto il compito finalmente mi sdraio.
Chat: “Da vera puttana quale sei, metti in vetrina la mercanzia in maniera egregia.”
Sapevo che le mie avventure “sulla strada” avrebbero avuto delle ripercussioni. Ed ecco le prime avvisaglie.
Ora comunque ero certa di avere quasi tutti gli occhi su di me.
Chat: “Quel bikini è ridicolo. Ha molto più senso come monokini. Togli il pezzo di sopra.”
Chat mia: “No dai… lo sai che non mi piace il mio seno… ti prego.”
Chat lui: “Credi sia tutto un gioco? Di fare solo le cose che ti senti pronta a fare? Mostrami le tette. Subito.”
Ho posato il telefono e guardato verso di lui. Nonostante gli occhiali ero certa avesse lo sguardo inchiodato su di me.
Cercando una naturalezza che non mi appartiene quando si tratta del seno, mi sono sfilata il pezzo di sopra.
Effettivamente quel coso era così ridicolo che mi sentivo più a mio agio in topless. Contando le dimensioni ridotte del costume, comunque, ormai si poteva dire che fossi nuda.
Chat lui: “Proteggiamo tutta quella carne bianca. Metti la crema che c’è nello zainetto. Ma cercala mettendoti a pecora. Agita il sedere per me e… non metterci meno di trenta secondi. Poi, quando metti la crema, mi raccomando. Niente di sbrigativo.”
Accidenti a lui… anzi LUI… mi sentivo avvampare di rabbia e vergogna eppure, inutile negarlo, ero eccitata come non mai. Una volta in quella posizione qualcuno avrebbe anche potuto notarlo, non ero affatto sicura che il costume non fosse fradicio e ignoravo se poteva notarsi.
Fatto sta che un minuto dopo ero a pecora, ondeggiando lentamente i fianchi, cercando una crema che avevo tra le mani da subito.
Fischi e schiamazzi alle mie spalle, segno che il mio show ormai era di dominio pubblico.
Io, parlando da sola: Milleventotto… milleventinove… milletrenta.
Mi sono rimessa seduta e l’ho subito cercato con lo sguardo. La sua impossibilità era incrinata da un sorrisetto strafottente.
Perché gli permettevo di farmi questo?
Mentre cercavo di darmi una risposta avevo cominciato con la crema. Le mie mani scivolavano sulla pelle lente, sottolineando la curva dei fianchi e indugiando sui seni. A gambe aperte, altra selva di fischi, passavo i palmi nell’interno coscia, le dita a lambire il costume.
Sentivo i suoi occhi addosso, fatto che annullava il sentirsene altre dozzine allo stesso modo.
Alla fine dell’operazione crema sentivo le contrazioni allo stomaco, troppo tempo eccitata, troppa voglia, il mio corpo reagiva cercando di andando oltre, cercando il piacere. Mi sentivo morire e avevo paura di perdere il controllo, cominciando magari a masturbarmi davanti a tutti.
Avevo poche scelte, una delle quali era tuffarsi in acqua ma sapevo che non potevo prendere iniziative, la decisione era solo sua.
Chat lui: “Sei proprio una puttana. Raggiungimi.”
Letta l’ultima parola ho sollevato la testa e lui era in piedi diretto alle cabine.
Mi sono alzata, cercando di mantenere il controllo, e mi sono resa conto di quante persone mi osservavano senza più nemmeno dissimulare la curiosità.
Ho sfilato per loro, coperta solo da pochi centimetri di stoffa sul pube, verso di lui, anzi LUI, che mi aspettava sulla porta della cabina.
Una volta dentro lui mi ha raggiunta e mi ha preso la mano, ci ha lasciato cadere dentro qualcosa.
Ho aperto la mano, quattro monetine da uno.
Lui, avvicinandosi fino a starmi a un centimetro: una puttana da quattro soldi.
E la sua mano, finalmente, tra le mie cosce.
Io, praticamente urlando: Oddio… Sì…
Quelle dita così abili, dentro una voglia repressa per ore, dentro la.vergogna e il piacere di mostrarsi, di esibirsi per il suo piacere…
Non ho potuto fare a meno di stringere le cosce, lasciarmi andare con le spalle sulla parete della cabina e cominciare a godere.
Urlavo il mio piacere solo da pochi isranti che le sue mani forti si sono spostate sotto le cosce, il costume spostato di lato, nemmeno tolto, e il suo bacino a sosrenere il mio tramite la spinta poderosa del suo cazzo affondato in un unico fluido movomento dentro di me.
Io: Maledetto bastardo! Come fai? Godo! Sì!!!!
Lui, scopamdomi imperterrito alla sua velocità, a modo suo, a suo piacere: Brava! Godi puttana. Godi!
Io: Sìììì… Oddio sì… vengooo!
E di colpo, ancora scossa dal piacere, mi viene a mancare il sostegno.
Inevitabilmente finisco in ginocchio, in un secondo la sua mano è tre i miei capelli e il suo cazzo, completamente coperto dei miei umori, si fa strada tra le mie labbra.
Lui, scopandomi rudemenre la bocca: Ti piace così? Ti piace?
Io, appena la sua cappella mi sguscia via di bocca: mi piace! Sì, mi piace!
E il suo sperma addosso, mentre a bocca spalancanta e lingua fuori anelo di assaggiarne un p’ direttamente, prima di raccoglierla comunque tutta con le dita e nutrirmene.
Lui, tronegggiando su di me: “Se volevi provare l’ebbrezza di essere una vera puttana, dovevi parlarne con me. Potevo organizzare la cosa in sicurezza.”
Io, anche se una vera ragione per farlo non c’era: scusa.
Lui: forza, si torna.
L’ho seguito con lo sguardo mentre mi risistemavo alla bell’e meglio poi fuori anche io, in mezzo ad una vera e proria ovazione.
Sono tornata all’asciugamano e rivestita in fretta, non si erano ancora esauriti gli applausi quando avevo raggiunto il parcheggio.
Di lui… di LUI, nessuna traccia, ed io avevo appresso solo la roba che indossavo, una borsa con asciugamano e crema e il cellulare.
Chat sua: “Questo è per il “maledetto bastardo” non credo che tu abbia ancora chiaro il valore dei nostri ruoli. Baratta un passaggio. Sono sicuro che puoi farcela ma non osare usare il sesso come merce di scambio.”
Avevo un misto di emozioni incontrollabile in corpo e incredibilmente prevaleva il dolore per averlo deluso. Come mi era saltato in mente di insultarlo?
Meritavo quel castigo e il prezzo per tornare a casa era davvero salato.
Ho accostato il telefono all’orecchio: Ciao Ale, senti… posso contare solo su di te… mi serve un favore… puoi venire a prendermi a Genova? Ti prego… Come? Va bene, te lo devo, ti racconterò tutto.