Manifestai il mio compiacimento al fidanzato: la accettavo per educarla. Lui ne fu soddisfatto e volle sapere i particolari, ma glieli spiegai per sommi capi, spiegandogli che doveva farseli raccontare da M., nel modo più delicato possibile.
Tornò puntualissima, il sabato successivo. E perfettamente vestita come le avevo detto, come il sabato precedente.
“Ok, usciamo subito, oggi dovrai mostrare a qualcuno che bel corpicino hai. Ora però leva la gonna.”
M. impallidì ma eseguì rassegnata, ed in breve era in piedi in mezzo alla stanza con la sua maglietta, le sue calze autoreggenti e gli stivali, ma in mezzo faceva bella mostra di se la sua fighetta depilata.
“Andiamo pure” dissi porgendole il cappottino che la copriva, anche se in maniera molto sexy.
Le aprii la porta dell’ascensore e vi trovammo la signora Rossi, l’anziana inquilina del piano di sopra.
“Buongiorno signora Rossi” salutai
“Buongiorno mt, dove se ne va di bello? E questa bella ragazza chi è?”
“Andiamo al centro commerciale e lei è la mia amica M.”
“Buongiorno M…. ma non è un po’ corta quella gonna? Non la si vede nemmeno dal disotto del cappottino”
“E cosa vuole signora Rossi, siamo giovani no? Non c’è niente di male”, dissi.
M. mi guardò ed arrossì, cosa che la signora Rossi prese per pudore mentre io sapevo che era per la vergogna… dentro di me ridevo perché la gonna era in effetti troppo corta, visto che…. non c’era! così come le mutandine.
Arrivammo al piano terra e ci dirigemmo verso i garage, tra i commenti della signora Rossi sulla sfrontatezza delle ragazze di oggi.
Giungemmo al mio posto macchina.
“Bene: ora togliti il cappotto e rimettiti la gonna, se sei abbastanza veloce nessuno ti vedrà”
Vidi M. titubare, era chiaramente indecisa e si vergognava, ma sapeva che avrei punito le sue esitazioni; inoltre doveva approfittare del fatto che nei box non c’era nessuno.
Si tolse velocemente il cappotto e me lo passò… poi lottò per infilarsi la gonna con gli stivali, l’operazione non era facile e dovetti sorreggerla ma alla fine ci riuscì.
Proprio in quel momento fummo investiti dai fari di un’auto che stava entrando… chissà se aveva visto qualcosa?
“Bene, ora apri la portiera e siediti, ci esercitiamo un po’ a scendere.
Vedi d’ora in poi, ogni volta che scenderai dalla macchina, dovrai regalare un bello spettacolo a chi ti sta di fronte; ti dirò io quanto spingerti avanti.
Ora proviamo il livello massimo: lascia una gamba dentro e metti fuori l’altra, nel farlo alzati un poco in modo da facilitare la risalita della gonna.”
Io mi ero messo proprio davanti alla portiera, un po’ distante, per vedere l’effetto su di un eventuale avventore del parcheggio.
La cosa difficile, rispetto ad una normale uscita dall’auto, era quella di sollevarsi un poco sulle braccia: M. dovette perciò provare diverse volte, ma alla fine l’effetto fu ottimo: la gonna risaliva fino a scoprirla tutta, mostrando completamente la figa ed il culo.
“Bene, ora prova a scendere così; appena scesa attendi un attimo, poi fai finta di accorgerti di avere la figa al vento e abbassati la gonna facendo una risatina”
Anche qui fu dura ottenere un risultato accettabile: da una parte era imbarazzata per il gesto che doveva eseguire e dall’altra non le veniva naturale recitare la parte della troietta stupida: a volte si abbassava subito la gonna, poi eseguiva il tutto con gesti affrettati e meccanici, inoltre si guardava nervosamente in giro per paura che qualcuno la vedesse.
Avevo il sospetto che il mio vicino che prima era entrato si fosse appostato dentro la macchina per spiarci, in quanto aveva parcheggiato da tempo e ancora non era uscito.
Alla fine comunque mi spazientii.
“Maledizione, perché non ti impegni? Qual è il problema?”
“Mi vergogno, padrone, non ho mai fatto queste cose”
“Ti vergogni di mostrarti un po’ scosciata? E se ti chiedessi di fare il giro nuda del garage? O di masturbarti sul cofano?” al che la presi, la girai e, alzata la gonna, le affibbiai quattro sonori ceffoni sulle chiappe che risuonarono in tutto il garage.
I nervi le cedettero e la sua prima punizione le causò un’esplosione di lacrime.
“Avanti, vieni.” Dissi facendola entrare mentre io mi accomodai dall’altra parte.
“Qual è il problema? Perché non riesci a farlo?” dissi mentre la accarezzavo e me la stringevo, in lacrime, al petto.
“Vede signore io voglio molto bene al mio ragazzo… anche lei mi piace…voglio farvi contenti entrambi, ma ancora non ci riesco, non in modo naturale.”
“Lo so, forse sto correndo un po’ troppo ma i tempi sono stretti e io ho promesso a Luigi di farti diventare una vera servetta prima delle vostre nozze; non ti piacerebbe fargli vedere qualcosa già dal prossimo weekend?
Vedi c’è un segreto: come abbiamo capito sabato scorso hai una natura inferiore, ma questo non ti basterà per diventare brava… devi invece sentirti schiava anche dentro, devi sentirti come un’oggetto.
Non pensare a nulla, non pensare alle persone che ti vedono, alle loro reazioni, cerca di perdere la tua volontà e ripetiti nella testa solo i miei ordini e pensa soltanto alla mia soddisfazione ed a quella di Luigi”
Mentre parlavo smisi di accarezzarle la testa e passai la mano sulla coscia, poi tra le gambe… che lei istintivamente cercò di richiudere, subito bloccata da me. Gliele aprii lentamente, mettendola tutta a mia disposizione… piano piano diventava rassegnata, presto sarebbe stata domata.
In breve sentii che stavo ottenendo l’effetto sperato: i singhiozzi si stavano trasformando in ansimi di piacere, ma presto le chiusi la bocca con un bacio, e la sentii venire mentre aveva la mia lingua in gola.
“Allora, ci riproviamo?” chiesi quando si fu calmata
Questa volta la vidi impegnarsi di più, di certo il mio consiglio aveva fatto effetto.
Ottenni buoni risultati su questa posizione e provammo anche le altre due: uscire con tutte e due le gambe insieme tenute abbastanza larghe e con prima una gamba poi l’altra, ma non al punto di alzare completamente la gonna.
“Brava” mi complimentai “il tuo premio te l’ho già dato, sapevo che non mi avresti deluso.
Ora sali, da brava. Alzati leggermente la gonna e apri un po’ le gambe, ecco ancora un po'”, dissi, mentre orientavo lo specchietto in modo da vederle la fighetta.
“Ricordati di stare in questa posizione mentre viaggiamo: devi sembrare quasi normale dall’esterno ma io voglio vedere un bello spettacolo.”
In breve partimmo, dirigendoci verso il centro commerciale.
In tangenziale mi accinsi a superare un camion ma fui sorpreso dal sentire il suo clacson; mi voltai e vidi il camionista che mi sorrideva alzando il pollice; evidentemente dall’alto si stava godendo un bello spettacolo.
“Salutalo dai”, ordinai, ma m fece di no con la testa: era rossa come un peperone, ma non si era mossa.
Comprensivo, fui io che le alzai completamente la gonna e la allargai per bene, ottenendo dal camionista un sorriso a 32 denti.
M. restava paralizzata, ma non si ribellava.
Completai il sorpasso ma appena mi affiancai ad un altro camion sentii di nuovo il clacson: evidentemente il primo camionista aveva avvisato i suoi colleghi via radio che sulla macchina tale c’era una che la faceva vedere a tutti, così si portarono tutti a 60 all’ora, nella
speranza di farsi superare.
Cercai di accontentare un po’ tutti ma ben presto giunse la nostra uscita e lasciai la tangenziale, salutato dai clacson bitonali e dagli abbaglianti di tutti.
“Bello eh? Ti sei divertita?”
“No padrone, per niente”
“Però vedo che ti si è inumidita di nuovo la micina, come lo spieghi?”
“Non lo so, padrone”
“Te lo spiego io perché: anche se mentalmente lo rifiuti, sei nata per essere esposta e usata dagli uomini. Ecco perché il tuo corpo reagisce così”
Restò zitta e abbassò la testa.
“Sai che sei più bella quando ti vergogni?”
“Padrone, torniamo a casa, per piacere… farò tutto, ma così, in pubblico, mi sento morire”
“M. ricorda: non importa cosa senti, importa che tu accetti di essere inferiore. Ripetimelo, adesso”
“Sono una persona inferiore, padrone”
“Stiamo arrivando. Adesso toccati, presto, e se sei bagnata ripetimi il perché con parole tue”.
Si toccò, e disse: “Sono bagnata perché il mio corpo desidera cose che non riesco ancora ad accettare mentalmente”.
“Bravissima. Continua a ripetere a te stessa questi concetti nella mente, non pensare a nient’altro”.
Arrivammo e parcheggiammo.
“Ora vado a prendere il carrello, tu fammi una bella uscita ma senza esagerare, o ci mettono dentro.”
Fermai un ragazzo che sopraggiungeva e gli chiesi il carrello, naturalmente mi misi in modo che lui avesse una bella visuale dell’auto.
Lo vidi impallidire e, voltandomi, vidi M. esibirsi in una bella spaccata; si era visto anche l’inizio della fessura e anche il rossore che cresceva fu pregevole.
“Brava” mi complimentai dopo “mi hai anche fatto guadagnare 2 euro, il tipo non ha più capito niente e alla fine non li ha voluti”
M. era chiaramente sollevata per i risultati ottenuti e mi si strinse al braccio, raggiante.
“Guarda che belle scarpe? Ti piacerebbero'” le chiesi passando di fronte ad una vetrina.
“Oh, sì padrone” rispose, ma evidentemente non aveva ancora capito nulla.
“Allora, adesso giochiamo alla fidanzata troia con l’amante clandestino”
Quando espongo le mie schiave mi piace provocare gli uomini, farli impazzire, per poi magari non concedere niente.
Continuai: “Ora ci scegliamo un bel commesso, tu farai un po’ la zoccola con lui e se ti darà il suo numero ti comprerò le scarpe. Bada che non devi chiederglielo però, deve essere lui a proporsi, ok?”
Con gli occhioni spalancati si lasciò condurre all’interno.
Appena entrati fummo avvicinati da un bel ragazzo sulla trentina, biondo.
“Posso esservi utile?”
“Si, vorremmo provare quelle scarpe da sera in vetrina” dissi indicando due scarpe nere con il tacco a spillo, molto sexy.
M. si accomodò su uno sgabello defilato ed il ragazzo rimase un attimo interdetto quando capì di avere una buona visuale, seduto più in basso com’era.
Anche M. aveva finalmente capito lo scopo di questo esercizio e cercò di ubbidirmi: dischiuse leggermente le gambe.
Di sicuro ora dal basso si vedeva bene l’attaccatura della calze e forse qualcosa di più.
Io mi allontanai fingendo di guardare altri articoli ma rimasi sempre a portata d’orecchio, inoltre mi posizionai davanti ad uno degli specchi lunghi fino a terra che ci sono in tutti negozi di scarpe, per vedere cosa succedeva.
Il ragazzo era in parte imbarazzato ma ben presto questo sentimento svanì vedendo il rossore di m: grazie alla vergogna aveva capito che la ragazza si mostrava apposta. Inoltre lo sospettai vagamente feticista per i piedi, in quanto si soffermava forse un po’ troppo nell’aiutarla a togliere gli stivali.
“Va bene, signorina?” chiese alzando lo sguardo, beandosi dello spettacolo, dopo aver infilato la calzatura destra.
“Direi di sì, costano molto?”
“Beh sì, ma sono di ottima qualità, vuole farle vedere al suo ragazzo?”
“Veramente non è il mio ragazzo”, disse lei.
“Ah, davvero? Ma guarda… ” disse il commesso con un sorriso allusivo da porco, mentre lei restava zitta e fissava con attenzione un lembo della moquette.
“E invece il suo ragazzo ufficiale lo so che lei esce con altri? O forse invece non la vedrà mai indossare delle decolleté così sexy?”
“No, no, le vedrà glielo assicuro!”. M. era in visibile affanno, ma il ragazzo fissava ormai apertamente l’apertura delle belle gambe di M.
Infilando la seconda scarpina, fece come se faticasse a entrare.
“Non le entra bene, eppure è il 37, il suo numero. Mi permette?” E senza aspettare risposta si insinuò un po’ di più tra le gambe di M., come per prendere meglio il piedino.
La gonna salì quasi ed M. si ritrovò le parti intime quasi completamente esposte alla vista del commesso.
“Oh signorina, sa che ha davvero delle belle gambe? lei è già molto carina e con queste lo sarà ancora di più.”
Il ragazzo era rosso in volto e visibilmente eccitato, cosa che si vedeva chiaramente nei pantaloni attillati alla moda che indossava.
Per togliersi dalla situazione, indossate entrambe le scarpe, M. si alzò nervosamente. Io arrivai subito per timore che scappasse.
“Come ti stanno? Ti pare che ti slancino?” chiesi mentre la facevo girare su se stessa.
Poi rivolto al ragazzo, cercai di aiutarla a raggiungere l’obiettivo:
“Le faccio io dei regali, perché il suo fidanzato ufficiale non lo vede mai, è sempre in viaggio, così cerco di renderla sexy anche per lui”.
Il ragazzo la mangiava con gli occhi, ipnotizzato.
“Certo signorina, vedrà che con queste il suo ragazzo non la lascerà più, almeno io non lo farei.”
Lanciai a M. uno sguardo duro che voleva dire “Adesso invoglialo!”.
M. capì che non ammettevo repliche, tornai lontano a far finta di guardare altro.
Con un visibile sforzo sentì che M. diceva: “Eh, parli bene tu, ma vedrai lunedì, chi lo vede più. E stasera a poker con gli amici, e domani si dorme tutto il giorno, e le scarpe? Con chi esco per farmi vedere un po’ in giro?”
“Beh, se ha bisogno di un accompagnatore io sarei disponibile, poi lunedì il centro è chiuso. Me ne intendo di scarpe sa?”
“Mah! non so, non sono quel tipo di ragazza”
“E allora perché mi hai fatto vedere tutto? Crede che non abbia capito che lo ha fatto apposta?”
M. ripiombò nel silenzio tornando ad arrossire di colpo.
“Guarda, non lo dirò a nessuno, le do il mio numero, mi chiami; io non ti trascurerò.”
Sentito questo ritornai e li vidi armeggiare con un foglietto, che nascosero velocemente.
“Allora hai fatto? Quanto costano?”
Il ragazzo sparò il prezzo.
“Accidenti, no sono troppo costose, mi dispiace”
“Ma vede” il ragazzo balbettava ed era in preda al timore di perdere l’occasione di rivedere M. “se vuole posso parlare con il capo e farle ottenere un po’ di sconto”.
Senza aspettare risposta lo vidi allontanarsi e parlare con la cassiera, poi tornò.
“Ecco, potremmo accordarle uno sconto del 50%”
“Ah, molto meglio così, allora le prendo. Tu torna pure a sederti cara, faccio subito” dissi, facendole segno con due dita aperte di riaprire le gambe, mentre andavo verso la cassa.
M. ubbidì e il ragazzo la prese come un invito: “Allora signorina, posso sperare di rivederla e di accompagnarla per una passeggiata con le sue nuove scarpe?”, chiese strizzando l’occhio.
“Chissà” rispose M., lasciando che il commesso le aprisse completamente le gambe per toglierle le scarpe.
Quando giunsi alla cassa pagai metà prezzo ma ricevetti uno scontrino dell’importo intero, per motivi fiscali, mi spiegò la cassiera.
Uscimmo, con M. che appena svoltato l’angolo scoppiò in lacrime.
“Visto come si fanno gli acquisti? Gli fai vedere qualcosa, gli dai qualche speranza, e quello ti regala metà scarpe; ora sarà in bagno a tirarsi una bella sega, vedrai”
“Si, ma è stato molto umiliante, padrone”.
“Vediamo” dissi io, portandola in un angoletto un po’ nascosto e mettendole una mano sotto la gonna.
“Sarà stato umiliante ma sei fradicia. Ti è piaciuto, ammettilo apertamente”.
M. fece di sì con la testa evitando il mio sguardo, mentre si asciugava il viso con un fazzolettino preso dalla bustina.
“Nonostante tutto, sei stata brava, è stato divertente. Al prossimo gioco non voglio che pensi ad altro che al fatto che sei inferiore. Capito? Vedrai che così piano piano ubbidirai a queste cose in modo naturale, sempre vergognandoti e senza esagerare”.
“Lo prometto, padrone, ce la metterò tutta”.
“Bene, che ne dici di fare sul serio ora? Ce ne andiamo al sexy shop?”
“Va bene” rispose lei, ma notai un certo tremolio nella voce che mi piacque moltissimo.
Entrammo e mi rivolsi al commesso “Mi scusi, vorrei acquistare un vibratore per la mia ragazza, ci può mostrare qualcosa?”
Il commesso mi guardò sorpreso, e guardò ancor più sorpreso M.
“Certo signore, mi segua”
“Sa, io viaggio molto, così spero che non mi tradirà”
“Certo signore, abbiamo dei modelli molto efficaci, se mi passa il termine. Ecco, questo vibra solamente, questo si muove avanti e indietro, questo invece esegue delle rotazioni.”
“Belli, ti piacciono cara?”
“Beh… sì” rispose M. rossa in volto, non sapeva chiaramente cosa dire e doveva essere imbeccata.
“Devi sceglierne uno, come lo vuoi? Grande? Pensa a quando ti masturbi, che movimento ti piace?”
Nel negozio c’erano altri quattro clienti che, incuriositi, fecero in modo di stazionare nei paraggi.
“Beh lo voglio grande sì, e mi piace la vibrazione, e anche la rotazione, mentre l’avanti – indietro posso farlo io”, disse M. con un evidente sforzo.
“Se vuole signore c’è il modello di lusso: vede fa tutti i movimenti e ha delle cinghie che possono bloccarlo quando è inserito nella vagina, inoltre c’è un telecomando che potrebbe utilizzare lei” propose il commesso.
“Uh, bello questo eh?” dissi porgendoglielo.
“Avanti, guarda se ti piace, provalo” e così M. afferrò e provò a stringere il grande membro, ad accarezzarlo, mentre io provavo il telecomando.
“Non c’è in nero? Sa è una sua passione segreta”
“Certo” disse il commesso mostrandone un altro, mentre M. combatteva una difficile battaglia con se stessa cercando di pensare a quanto le avevo insegnato.
“Non ha anche qualcosa per il culo? Forza cara, spiega al signore qual è il tuo problema”
Attimi di silenzio… M. abbassò lo sguardo mentre con un filo di voce improvvisava: “Beh, vede, dietro l’ho fatto, ma a volte mi fa male, non provo piacere”.
“Si signorina, vede per un rapporto anale è necessario usare molto lubrificante, inoltre può abituare lo sfintere indossando dei falli anali bloccabili con laccetti, ce ne sono di varie misure. Questo è piccolo, ma con un ciuffo che cade per fare da coda. Questo è sempre piccolo, senza coda, e può indossarlo anche sotto i vestiti, tutto il giorno: vedrà che in breve si abituerà”
“Ma… non so, ho un po’ paura”
“Ma no, cara” risposi io.
“Scusate voi…” dissi coinvolgendo gli altri che ormai si erano abbastanza avvicinati “…potete farle coraggio?”
“Certo!” dissero i quattro, che non aspettavano altro.
“Io lo faccio spesso con mia moglie: deve farlo più spesso e anche con altri e vedrà che poi diventa bello, deve solo abituarsi ed usare molto lubrificante.”
“Sì, sì – fece un altro – è molto importante che lei provi con uomini diversi, sa?”.
“Si faccia coraggio: se qualche volta le piace vuol dire che le manca solo esercizio”.
E l’ultimo: “E’ ottima l’idea di indossare quelli bloccabili tutto il giorno, deve assolutamente prendere almeno uno piccolo e cominciare”.
M. stava per avere una delle sue crisi, la allontanai dal gruppo rimanendo di nuovo soli col commesso e si calmò.
Presi i due piccoli bloccabili con laccetti e li diedi al commesso, mentre gratificavo M. con un sorriso compiaciuto.
Ancora rossa in viso, ricambiò il sorriso.
Continuai: “Bene, bene, e completini sexy ne avete?”
“Certo signore, da questa parte” disse portandomi verso una serie di manichini.
“Dovresti provarli però, cara; prova questi tre così decidiamo. Mi scusi, è possibile farlo con tranquillità?”
“Certo signore, potete accomodarvi di là” disse indicandomi una stanza.
I quattro mi guardavano speranzosi.
“Senti cara, ti andrebbe di avere una giuria? Decideremo in sei quale è il migliore.”
M. taceva e così, con la scusa di darle un bacetto, le sussurrai: “Mi sa che non stai pensando a quello che devi. Forza!”.
Le lasciai qualche istante per calmarsi e rifare l’esercizio.
Quando vidi che si stava applicando ed era tornata docile, chiesi al gruppetto: “Cortesemente, volete fare da giuria a per un abito speciale per questa signorina?”
“Certo!” dissero esultando in coro.
“C’è un problema però, io non so se posso comprargliene uno e potrebbe rimanerci male, poi anche il padrone del negozio, se non compriamo niente…; voi potete aiutarmi?”
Capirono l’antifona: per vedere lo spettacolo dovevano regalare il completino alla ragazza, ma accettarono.
Prima di entrare M. mi si strinse al braccio e mi tirò un attimo in disparte.
“Padrone, devo veramente mostrarmi nuda davanti a questi? Mi sembra di essere in vendita così…”
“Certo M., so che sono dei bavosi e ti sto praticamente vendendo, ma sarò buono e per ora non ti chiedo di farci niente che tu non voglia… Sei obbligata solo a farti vedere, serve per educarti un po’ alla volta, capisci? Li fai sbavare un po’ e vedrai che alla fine ti faranno un regalino”
M. si recò nello spogliatoio e ci mise, a mio avviso, fin troppo tempo, ma finalmente uscì
“Che ne dite?”, chiesi io.
Sembrava aver superato la vergogna e agiva in maniera abbastanza naturale, anche perché aveva scelto il vestitino più castigato: una sorta di baby doll nero, non trasparente, che le arrivava appena sotto le natiche.
Eseguì una sorta di giravolta mostrando che comunque sotto c’era una sorta di body molto sgambato.
“Beh si, non sappiamo i vostri gusti ma questo è molto tranquillo, vediamo gli altri” disse uno del gruppo.
Si passò ad un vestito che la copriva interamente, dalla testa ai piedi, ma era fatto di lycra nero, il tessuto delle calze, quindi era completamente trasparente.
Compreso nel prezzo c’era un tanga, che le copriva a malapena la fighetta.
“Vieni cara, fatti vedere meglio”
“Bello questo!” applaudimmo tutti quanti.
M. si avvicinò di più a noi sei e capii che si stava sbloccando: iniziò a muoversi dolcemente riuscendo involontariamente ad essere molto sexy, e non disse niente quando due cominciarono ad accarezzarle le cosce ed il culo che avevano ormai a pochi centimetri dal naso.
Fu poi la volta di un body trasparente molto sgambato, andava indossato senza niente sotto così potevamo vedere tutto: sia la tette che la fighetta erano in bella mostra.
M. stava vincendo la sua battaglia: non era più in crisi anche se era rossa in viso… si diede ad un specie camminata ondeggiante lenta, mentre i cinque cercavano ogni occasione per palpeggiarla ovunque.
“Ma è tutta bagnata!”, disse uno più audace che aveva infilato il dito.
Uno da dietro la strinse a se’ strusciandocisi contro.
“Bella figa, anche se piccolina è tutta in proporzione”, disse un terzo.
M. lasciava fare rassegnata, era bravissima.
L’esibizione terminò perché staccai M. da quel groviglio di tentacoli e la feci inginocchiare al suolo.
Vi rimase, seduta pudicamente con le gambe ripiegate sotto di se, tornando a guardare un punto indefinito della moquette.
Non aveva più l’espressione sconvolta e rassegnata però, ma una sorta di sguardo sereno e indifferente: si metteva a posto i capelli.
“Allora che ne dite?” ne nacque una lunga discussione ma alla fine optammo per il secondo, il vestito completo: certo era un po’ fragile ma l’effetto era fantastico.
Appena ci alzammo per uscire vidi i quattro correre verso i vicini servizi: chissà cosa andavamo a fare?
“Allora M, cosa ne dici delle tue prime esperienze? Ti piace fare la schiava?”
“Non lo so bene, padrone… la seconda volta son stata più brava?”
“Direi proprio di sì. Hai visto che pensando alle cose giuste è più facile? Vedrai che Luigi sarà contentissimo anche di oggi… e forse i tuoi acquisti d’ora in poi te li farà fare così”.
“Ommamma! Sa che la settimana passata mi ha fatto fare le stesse cosa della lezione, da soli noi due? “.
“Ah… e avete fatto proprio… tutto? Anche quell’esercizio che hai scelto liberamente di fare alla fine?” le chiesi sorridendole dolcemente.
Abbassò gli occhi, restando zitta ma annuendo con la testa.
Me la sarei mangiata a morsi da tanto che me la volevo fare, ma erano quasi le otto.
“Cara, stasera non c’è il tempo lo capisci? Ti ho già fatto godere accarezzandoti… E poi non è adatto a una ragazza inferiore farlo solo nel modo dolcissimo di sabato scorso. Lo capisci vero?”, chiesi mentre le appoggiavo una mano sul sedere, davanti a tutti.
“Sì, me l’aspettavo, Luigi me l’aveva anticipato… lo capisco, però…”
“Però cosa?”
Silenzio, non aveva ancora il coraggio, ed in fondo era giusto che non fosse lei a chiedere.
Non aggiunsi altro, ma mentre arrivavamo al garage le mollai un sonoro sculaccione sul sedere.
“Ahi!”
Ma le sfuggì un sorriso che cercò disperatamente di nascondere.
Sì, decisamente le piacevo.
“Ti riporto a casa, ma se vuoi essere usata devi offrirti a me. Senza parole, senza sfacciataggini, senza prendere l’iniziativa… ma devi trovare da sola il modo per far capire al tuo padrone che saresti onorata di servirmi sessualmente, ok?”
“Ok, signore”.
Aveva messo su un’espressione indecifrabile.
Saliti in macchina, si aprì il cappottino da sola e si alzò leggermente la gonna: a modo suo stava imparando, cercava di offrirsi senza chiedere.
Misi un cd di musica italiana romantica che avevo comprato apposta per lei e, mentre guidavo, canticchiavo sereno, facendo finta di non capire.
A metà percorso apri un po’ le gambe, me la faceva spontaneamente vedere.
Stavolta la guardai e per metterla alla prova le dissi solo un:
“Però, come sei bagnata! Quanta voglia di cazzo, eh?”.
Arrossì di colpo, di nuovo, ma non si coprì.
Stavo pensando che era brava, stava proprio applicandosi, quando arrivammo sotto casa sua, un povero palazzo in una cittadina di provincia.
Sembrava delusa del fatto che non l’avessi presa, ma era scuro e non sono sicuro della sua espressione.
Senza scendere e darle il permesso di andare, in silenzio, abbassai la cerniera dei pantaloni mettendo in mostra una splendida erezione.
“E va bene, te lo sei meritato. Forza, fa presto!”.
Chinò la sua testolina sul mio uccello… e fece il suo dovere. Fu bravissima.
Le diedi appuntamento per il sabato successivo.