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La domenica dopo la lezione all’ipermercato feci una lunga conversazione telefonica con Luigi, il fidanzato di M., per aggiornarlo sui progressi della sua ragazza. Dopo avergli espresso la mia soddisfazione per come andavano le cose con M., cercai di spiegare la direzione in cui muoversi per aiutarmi, senza però stare a dettagliare troppo lo scopo di ogni singolo esercizio e le conseguenze che, con ogni probabilità, la loro vita di coppia avrebbe sperimentato.
“Ora che sei allineato sul punto in cui è arrivata M., sarebbe necessario che le facessi fare anche alcuni esercizi quando vi vedete da soli”
“Lo farò con grande piacere”, rispose.
“Ci contavo. La prima cosa è questa: non mi interessa che tipo di rapporto avete avuto sinora, ma sarebbe bene che d’ora in poi, specie quando siete soli voi due, M. si comporti da schiava. Di fatto, sei tu il suo padrone principale, ed è giusto che lei perda la confidenza che fino ad ora si è presa”.
“Capisco. Ho una mansarda dove la porto per scoparmela. Ma concretamente cosa…?”, chiese.
“Concretamente, vuol dire che appena restate soli nella casa in cui vi vedete di solito, lei dovrebbe cambiarsi, indossare qualcosa che le ricordi la sua condizione di persona inferiore e comportarsi di conseguenza”.
“Capito. Ma cosa potrebbe essere?”. Sentivo che il suo interesse cresceva.
“Non so, dobbiamo deciderlo insieme e andare piano con lei. Se a te piace che indossi il reggicalze, potrebbe essere utile farla stare solo in reggicalze e scarpe adeguate quando siete soli”.
“Sarebbe fantastico… ho anche visto quel piccolo fallo anale coda che le hai preso al sexy shop…”, commentò.
“Benissimo, ti mando una mail con queste disposizioni per lei. Aggiungerò che, quando tu entri in mansarda, lei ti accolga inginocchiandosi e leccandoti il dorso della mano”.
Man mano che parlavamo sentivo il suo entusiasmo crescere.
Gli raccomandai perciò di non esagerare e, soprattutto, di non punirla per nessuna ragione: era troppo presto. Doveva essere anche lui dolce e comprensivo, incoraggiarla, coccolarla e persuaderla con le parole.
Era anche importante che ogni settimana venisse fatto un passo avanti nella direzione di concreti preparativi per il matrimonio, che poi era la molla che aveva convinto M. a farsi sottomettere.
Luigi, concordava su tutto, sembrava uno scolaretto cui stessero insegnando come si fa il gelato.
“Ok. Questa settimana allora la porto per case e se troviamo quella giusta la compro subito. La prossima potremmo scegliere i mobili. E così via. Cos’altro posso fare?”.
Continuai. “Sempre da questa settimana, dovrai piano piano portarla a restare sempre più in silenzio e a svolgere le faccende domestiche: non vogliamo che sia un gioco solo sessuale, vero?”.
“No, no, lo so che non è solo sesso!”, confermò.
“Bene, allora i primi giorni le chiederai di fare le pulizie – senza cambiarsi ma restando sempre nuda, in reggicalze e con la coda, davanti a te! -, di riordinare, di prepararti da mangiare. Come credo ti abbia detto, le ho già fatto fare da poggiapiedi e anche se si vergognerà ad ammetterlo, fisicamente le piace: si è tutta bagnata. Se non ha nulla in cui servire, le farà bene stare in ginocchio, zitta e aspettare: per es. se guardi le partite, la metti accanto al televisore, in ginocchio e a fare niente. Naturalmente te la scopi quando ti va, ma cerca di fare in modo che abbia tutti i suoi orgasmi: serve per tenerla su di morale e, in fondo, sarà molto bello formarla soprattutto nella direzione sessuale. Sei d’accordo?”.
“Assolutamente sì. Sono entusiasta di aiutarti!”. Dal tono di voce era davvero entusiasta.
Continuai spiegando l’esercizio più importante, ma dovevo stare attento a non dire troppo.
“Quelle che ti ho detto sinora sono pratiche esterne, la aiuteranno, vedrai. Ma ci sono altri esercizi che sono molto importanti per lei.
Si tratta di darle un po’ tempo e lasciarla da sola per pensare a come sta cambiando. Le ho già spiegato che deve ripensare spesso a quello che sta facendo e perché. Le ho detto di farlo anche prima di dormire, la sera a casa con sua mamma, dopo aver sento la luce. E’ una cosa lunga da spiegarti adesso, ma ripensare a tutto le serve per accettarsi. Perciò ci terrei tanto che tu le dessi almeno dei quarti d’ora in cui farla stare al buio e da sola per l’esercizio del ripensare. Ti va bene?”
E lui: “Credo di aver capito: M. deve superare la propria repulsione razionale verso la sua condizione di schiava e sono pratiche che servono a questo. Mi piace moltissimo, questa cosa. Gliele faccio fare senz’altro, perché a volte stiamo insieme da quando esce dall’ufficio fino anche a mezzanotte, il tempo non mancherà”.
Aveva capito anche troppo. E gli piaceva la cosa. Lo avevo portato all’euforia.
Era il momento di giocare la mia carta.
“Senti, adesso c’è una cosa delicata, spero che tu sia pronto”.
“Sentiamo”, rispose.
“Allora… il primo sabato si è fatta leccare tutta e me la sono scopata, e questo lo sai già. Il secondo l’ho fatta godere con la mano e l’ho un po’ umiliata facendomi sbocchinare in fretta. Quindi ho introdotto per la prima volta degli estranei, ma fino a convincerla a lasciarsi solo palpare. Il prossimo sabato… capisci cosa sto per dirti?”.
“Ho capito”. Dal tono sembrava che Luigi non facesse una piega.
“Cos’hai capito?”.
“Dai ho capito. Si deve far scopare da altri”.
Aveva capito veramente!
“Sì, si deve far scopare da un estraneo. Ma non deve saperlo prima. Ti va bene?”
Mi sorprese: “Non vedevo l’ora. Pensi che un giorno sarà possibile che anche io la veda all’opera?”.
“Stavo per chiedertelo. Come prima volta, per come è fatta la sua testolina sensibilissima, sono sicuro che le sarebbe di grande aiuto se sia tu che io fossimo presenti. Si fa?”.
“Siiiiiiii!!!!”. Luigi doveva proprio essere un gran maiale, era al settimo cielo.
“Ok. Mi sei di grandissimo aiuto, sai? Vedrai che alla fine sarai soddisfattissimo dei risultati”, gli promisi.
“C’è solo un problema” mi disse lui, “mi ha detto di dirti che questa settimana avrà le sue cose”.
“Non è un problema, fate un salto da me sabato pomeriggio, resterete una decina di minuti: comincerai a vederla farmi un bocchino. Per l’altra cosa rimanderemo alla settimana dopo. L’importante è che si eserciti anche quando siete soli voi due”.
Chiusi la telefonata con altre raccomandazioni minori e dicendogli che avrei spedito una mail per M. con le istruzioni essenziali concordate con lui per questa settimana e quella dopo, assieme alle disposizioni sul vestire.
Avevo alcuni amici avvocati di una città vicina che, come me, amavano educare alla sottomissione femminile: erano le persone ideali per il primo rapporto sessuale completo della nostra aspirante schiava.
Contattai il più giovane e carino, non bisognava forzare troppo M.: lui ne fu entusiasta e concordammo come muoverci.
Tra 15 giorni sarei andato nella loro mansarda, volevo capire se il posto era adatto anche per altre pratiche e, intanto, prepararla portandola al giusto punto di eccitazione.
Nella telefonata successiva al bocchino del sabato, forse un po’ sfacciatamente, chiesi, se era possibile, che il mio amico ed io cenassimo da loro. Nella risposta, Luigi mi confermava che ci aspettavano nella sua mansarda dalle 17 in poi. Per non sbagliare aveva chiamato una badante per la mamma di M., in modo che l’aspirante schiava potesse eventualmente dormire fuori.
Spiegai che il mio amico sarebbe intervenuto solo per la cena.
Arrivai alle 17, puntualissimo, non volevo perdere un minuto.
Mi aprì Luigi, con un gran sorriso.
M. era dietro di lui, nuda, con solo un reggicalze bianco ornato da fiorellini rosa e un paio di decolleté rosa a tacco alto (non altissimo!), in ginocchio: mi fece un bel sorriso e un “Ciao!” festoso. Era rossa per un po’ di legittima vergogna, ma era proprio contenta di rivedermi.
Entrai, salutai Luigi e, senza voler infierire subito, sorrisi anch’io e dissi a M.:
“Come ti permetti tu? Lo sai che mi devi dare del lei! Viso a terra e bocca a sfiorare il pavimento, adesso: in punizione! E resta così finché non ti chiamiamo”.
Non si spaventò: ubbidì, restò zitta.
Forzai un attimo, ma sempre in tono fintamente severo: “Se non impari chi siamo per te, non ti daremo più il permesso di leccare la mano, cagnolina!”.
Il sorriso sul suo visino riapparve subito spuntando da sotto. Ma non si mosse.
Che bella fighetta che era messa così, col culetto bianco in alto, incorniciato dai fiorellini rosa del reggicalze!
Feci un occhiolino soddisfatto a Luigi e prendendolo sottobraccio mi feci mostrare la sua mansarda, lasciando M. dove era.
Lui abitava con i genitori e questo, indubbiamente, era un pied-à-terre da ragazzo ricco: non mancava nulla, dall’aria condizionata al materasso ad acqua.
Arredato in modo moderno e funzionale, ma con molto gusto, aveva molti armadi specchio alle pareti che lo facevano sembrare molto più grande.
Ma era genialmente diviso da una serie di pareti mobili di laccato bianco, alte circa un metro e mezzo. Se le pareti venivano tutte aperte rendevano la mansarda un’unica stanza di circa 70 mq. Se venivano chiuse il locale era diviso in un angolo cottura, una camera
e un’ampia sala. Particolare interessante: il bagno aveva una grande porta a vetri e la Jacuzzi.
Decisi immediatamente che avrei sfruttato quel posto a più non posso.
“Comincio?”, chiesi a Luigi.
“Sì, si, dai”.
“Ti coinvolgo io, se è il caso, ok?”, continuai.
“D’accordo, fai tu”.
Ci accomodammo su due eleganti poltrone.
“M…. subito qui! Ho sete!”, chiamai a voce alta.
La sentimmo alzarsi e sgambettare velocemente, dopo nemmeno un minuto era in ginocchio davanti a me, che mi offriva la scelta tra una coca e una birra.
“Se desidera c’è anche qualcosa di più forte, signore”.
Per tutta, risposta dissi distrattamente: “Le scarpe, ho male ai piedi, presto”.
Un attimo di esitazione, uno sguardo invano nascosto a Luigi… ed era già intenta a togliermi le scarpe e massaggiarmi i piedi. Aspettai qualche minuto e poi…
“Brava, ora vieni vicino e fammi sentire se i tuoi esercizi di questa settimana li hai fatti bene”.
Allungai la mano: era bagnata. Non ancora fradicia, ma già eccitata.
Sicuramente si era esercitata perché i miglioramenti erano palpabili.
“E’ bagnata” dissi rivolto a Luigi. “E’ merito tuo, non suo, bravo”, aggiunsi.
Tacevano entrambi, erano abbastanza tesi, ma sicuramente per motivi opposti.
“Fammi vedere quanto ami il tuo futuro marito: vai tra le sue gambe, prendigli l’uccello in bocca e stai ferma e buona, senza fare altro. Devi solo tenere l’uccello in bocca ed essere contenta di farti vedere”.
Non fece fatica. Dopo che M. ebbe fatto, mi misi a chiacchierare con Luigi come se fosse una situazione normalissima. Lui però fu subito in erezione nella bocca di lei. Aveva il pene piccolo, decisamente il più piccolo che avessi mai visto: 12, al massimo 13 cm.
Mentre M. glielo teneva in bocca, mi feci aggiornare sugli esercizi fatti, su eventuali difficoltà… chiesi persino a Luigi se avesse qualche consiglio e idea.
“Per quanto ne capisco io, mi sembra che vada tutto bene. E’ stata addirittura più calda a letto: di solito viene almeno due volte ma, da giovedì, ho perso il conto… viene appena la penetro… forse adesso, durante il rapporto, è in orgasmo continuo, non sono sicuro però.
Comunque sta diventando una maialina, questo è sicuro!”.
Ci facemmo una sonora risata.
Lei, sempre abbastanza rossa di vergogna, sembrava lusingata per i complimenti che le aveva fatto il suo fidanzato.
Ma la cosa importante era che M. sembrava sempre più “naturalmente predisposta” ad essere sottomessa.
Ne approfittai, feci un altro passettino in avanti.
“Brava M., brava… adesso vediamo se sei capace di far vedere a Luigi quanto mi sei devota. Su, vieni qui e fai la stessa cosa a me”.
Un attimo di indecisione e poi, lentissimamente, venne vicino a me.
“Coraggio, su, guarda come piace al tuo ragazzo…”. La mano di Luigi era scivolata verso il suo uccello.
Sembrava che M., invece, stesse trascinando un pesante macigno… ma eseguì, scoprendo che anche io l’avevo duro.
Mentre Luigi aveva preso a tirarselo delicatamente, i miei 17 cm si adagiarono tra le dolci labbra di M.
Mi sforzai di far finta di nulla, ma la situazione era tremendamente eccitante.
Parlammo un po’ del campionato appena iniziato e del tempo, cercavo di distrarmi per calmarmi e ci riuscii. Anche M. si abituò un po’ alla situazione e il rossore si attenuò.
Era bellissima tutta docile, con un buon pezzo del mio uccello in bocca e la testolina appoggiata al mio interno coscia. Non resistetti e mentre chiacchieravamo le accarezzai teneramente i lunghi capelli castani.
Gradiva molto.
“Visto che M. impara velocissimamente, ho pensato che la lezione di questa sera debba introdurre una pratica nuova e.… più birichina, diciamo”.
“Ottima idea!”. Luigi mi spalleggiava, mentre M. stava buona a cuccia, sempre col mio cazzo in bocca.
“Sì, sembra buona anche a me”, continuai. “Siccome M. è stata brava penso sia giusto che si diverta e.… si faccia corteggiare un po’, da qualche bel ragazzo o signore”, azzardai.
“E’ giusto, se lo merita. Forse merita anche qualcos’altro… qualcosa di grosso e duro…”. Adesso Luigi mi stava imbeccando.
“Sì, lo merita senza forse, ma credo che sia ancora un passo un po’ lungo per lei”, dissi per provocarla.
“Dici? Dai, dai proviamo, vedrai che farà la brava… solo che… insomma…”
“C’è qualche problema”, chiesi facendo il finto tonto.
“Insomma… credo che lei sarebbe più contenta se potesse farsi vedere da me, ecco”. Luigi aveva fatto la mossa.
Osservammo il viso di M., per capire se fosse pronta per farla scopare da altri.
Era diventata di un rosso-viola e alternativamente spostava lo sguardo quasi terrorizzato da Luigi a me. Ma non si ribellava, e le avevamo detto apertissimamente cosa ci aspettavamo da lei.
“Facciamo così: chiamo un mio amico e vediamo… se non ce la fa, proveremo un’altra volta”, dissi io, fintamente conciliante.
Le scappò un sospirone di sollievo.
“Oh, cazzo… ma a me sarebbe piaciuto tantissimo!”. Luigi era contrariato.
“Dai, vediamo come si metteranno le cose, vedrai che la tua futura sposina ce la metterà tutta per farci piacere”
Volevo attenuare la tensione di M. ma prepararla per l’arrivo del mio amico.
“Intanto, se non ti dispiace, le diamo il «brava» che si è meritata per i miglioramenti di questa settimana”.
Restando sulla poltrona, le scostai il viso dalla mia coscia, la alzai e sorridendole la feci sedere sul mio uccello col viso rivolto verso il fidanzato. Lei seguì i miei movimenti docilmente, si lasciò penetrare ed entrai senza fatica: era pronta e calda.
M. iniziò a mugolare a voce bassa, come faceva sempre, e vedendola Luigi si alzò di scatto, le pose il pene davanti al viso e, guardandola negli occhi, le disse un: “Ti amo”.
Quando Luigi le spinse il cazzo in bocca, M. iniziò a tremare leggermente e piantarmi le unghiette sulle cosce: aveva avuto subito un bell’orgasmo.
Cercavo di muovermi poco, volevo che lo facesse lei, che il suo desiderio di sesso fosse spontaneo.
L’uccellino di Luigi entrava completamente e senza fatica nella bocca di M.: dopo due appena colpi, Luigi le esplose in gola con un “Aaaahhhh…!”.
M. mandò giù tutto senza togliere il pene dalla bocca e sembrò eccitarsi di più: come speravo, prese a muoversi restando seduta su di me.
Le accarezzavo le tettine e le belle gambe velate dalle calze, cercavo di distrarmi, volevo portarla ancora all’estasi.
M. continuava a tenere il pene ormai moscio del fidanzato in bocca muovendosi lentamente e continuando a mugolare.
Passarono 3-4 minuti, Luigi era ipnotizzato da quello che vedeva ma non si muoveva.
Spostai una mano da davanti a dietro, insinuandola tra il sedere di M. e il mio pube, mentre con l’altra continuavo ad accarezzarle prima una e poi l’altra tettina.
Mi insinuai un po’ sotto di lei, fino a sfiorarle il fiorellino posteriore. Dopo qualche carezza, spinsi delicatamente un dito dentro il suo culetto. Ecco, ce l’avevo fatta: M. ebbe il suo secondo orgasmo… presi a muovermi anch’io, facendola sobbalzare su di me.
Approfittando del suo momento di passione, mentre la sbattevo in profondità, le dissi: “Dai, chiamo un nuovo amico per te”.
Restò un attimo paralizzata, ma avevo scelto il momento giusto e continuai:
“Anche lui sarà un tuo padrone. Cerca di fare la brava e non preoccuparti: è una bravissima persona. Se non te la senti lo capiremo e si fermerà. Non ti costringerò ad essere sua schiava se non vuoi”.
Con lo sguardo sognante per i colpi che prendeva mi sorrise, l’avevo convinta e tranquillizzata. Mi rilassai anch’io e mi lasciai andare, riempiendola tutta di cremina.
Rialzatala, la feci stare un po’ ferma, per farle sentire colare lo sperma lungo le cosce. Poi le diedi una sculacciatina affettuosa e dissi:
“Ora vai di là in bagno, puoi pulirti, ma poi stai al buio, a fare l’esercizio di ripensare. Ti chiamo tra un quarto d’ora. Vai, sei stata bravissima: siamo tanto contenti di te e vedrai che al mio amico ti piacerai e sicuramente sarai degna di servirlo”.
Arrossì, dolcissima come sempre, e sorrise di nuovo, stavolta anche a Luigi, tornò in ginocchio e strisciando andò in bagno.
Si erano fatte ormai le 18.00: il mio amico Daniele sarebbe arrivato tra poco.
Luigi ed io ci riassestammo e mettemmo un po’ in ordine.
Lo tranquillizzai raccontandogli qualcosa del mio amico in arrivo: se da un lato era una persona educata e pulita, dall’altro era un vero padrone, per tante cose più esperto di me.
“Ok” disse Luigi a tornando a sorridere. Bevemmo qualcosa e gli feci notare che solo un mese prima non avrebbe neanche lontanamente pensato di poter vedere uno spettacolo come quello appena conclusosi.
“E’ vero, scusa, è che vorrei ancora vederla tante volte come prima su di te… è una cosa che mi fa impazzire”.
“Non è solo molto carina, è anche molto portata a servire. Vedrai che se la guidiamo e addestriamo con delicatezza la vedrai ancora tante volte”.
Quando la feci uscire dal bagno si era calmata del tutto e sembrava proprio pronta al nuovo gioco: che si stesse davvero accettando?
La ricontrollammo: un colpo di spazzola ai capelli, un ritocco al mascara, le calze bianche da cambiare, i denti da lavare, il rossetto di un lievissimo rosa da ripassare.
Le spiegai che doveva comportarsi come le avevo insegnato: in modo naturale, inginocchiarsi nel salutarlo, leccare la mano… intanto le facevo sempre tanti complimenti palpandole il bel culettino sodo, cosa che gradiva visibilmente.
Luigi collaborava leccandole ogni tanto i capezzoli, quasi volesse che li avesse turgidi per la presentazione al mio amico.
Insomma, le piaceva tutto, era tranquilla, annuiva o diceva “Sì, lo so”.
Continuavo a ripeterle: “Se non ce la fai puoi piangere e chiedere a me di fermare tutto, ok?”
“Sì, ok, ma state tranquilli… ora mi sento di provare… perché ho tanto caldo… e perché mi sento tanto amata da voi quando vi ubbidisco… voglio provare a farvi contenti… non farete brutte figure, ce la metterò tutta”.
“Brava, sei bellissima sai?”, conclusi io: “Ora vai in ginocchio davanti alla porta ad aspettarlo e intento fai l’esercizio del ripensare. Manca pochissimo”.
La vedemmo portarsi davanti all’ingresso, inginocchiarsi, mettere docilmente il visino contro il pavimento e fare l’esercizio mentale prescritto.
Luigi la ammirava soddisfatto e mi strizzò l’occhio.
Alle 18.35 il campanello suonò, Luigi andò ad aprire e io mi portai accanto ad M. Lei alzò il busto e guardò verso la porta, rossa per la vergogna ma senza timore.
Daniele entrò sorridente e sereno, strinse calorosamente la mano a Luigi, un “Ciao!” a me e… porse un mazzo di profumatissime rose rosse tra le braccia della ragazza, ora inginocchiata davanti a lui.
M. abbassò gli occhi ma fece un bellissimo sorriso: Dan era stato decisamente in gamba a pensare alle rose!
Aveva 35 anni, alto 1.82, un fisico sportivo con spalle larghe, leggermente stempiato e con i primi capelli grigi che spuntavano qua e là.
Si era laureato a pieni voti una decina d’anni prima e da allora lavorava come avvocato nello studio di altri due nostri amici, leggermente più grandi di lui.
Ovviamente, vestiva in giacca bleu e pantaloni grigio scuro, con una cravatta a strisce perfettamente intonata.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre porgeva il dorso della mano alla lingua di M., commentò rivolto a noi allegramente:
“Ah, ma siamo proprio agli inizi… è ancora senza collarino”.
Da ottimo Master quale era, Dan aveva la capacità di rendere tutto più semplice e naturale, di sdrammatizzare tutte le situazioni.
Lo invitammo in sala mentre si asciugava la mano con la pochette, lasciando M. dove era, ad abituarsi alla nuova situazione e a ripensare alla parola “collarino”.
Tutti d’accordo prendemmo a conversare del più e del meno per togliere ogni tensione al momento, finché Luigi non disse un: “Amore, puoi portarci un aperitivo per piacere?”
La sentimmo alzarsi mentre andava verso l’angolo cucina sbirciai, notando che il suo visino era tutto sommato sereno: la ragazza si abituava in fretta.
Tornata da noi, si inginocchiò e offrì diligentemente a tutti e tre il vassoietto con i bicchieri. Il suo imbarazzo era accettabile e continuai:
“Daniele, pensi che M. possa interessarti?”.
“Vediamo se è degna”, disse lui alzandosi e prendendo le mani della ragazza.
La fece alzare davanti a se’ e le alzò il visetto: “Che begli occhi da cerbiatta”, commentò.
Passò delicatamente il dito sul nasino e sulle labbra, poi scese sul seno.
M. ebbe un leggerissimo sussultò, ma riuscì a controllarsi, mentre Dan aggiungeva “Le tettine sono un po’ piccole, ma i capezzoli così chiari fanno tenerezza… diciamo che può andare”.
L’ispezione continuò: “Che bel pancino… la fica è depilata bene… e sei già bagnata, brava! Vediamo le gambe adesso… però! sono splendide, complimenti…. E che belle caviglie… voltati ora”.
M. lasciava fare col suo perenne rossore, ma la cosa le piaceva e lanciava sguardi innamorati al futuro marito e anche un po’ a me.
Dan scostò i capelli e le accarezzò il collo, continuando l’ispezione verso il basso: “Capelli lunghi e tenuti morbidi, bene… Il collo potrebbe essere più affusolato, ma pazienza… ottima la proporzione tra spalle, vita e fianchi”.
Ebbe un altro sussulto solo quando la mano di Dan le avvolse una chiappa e strinse: “Hai un culo notevole, sai bambina?… e neanche un filo di cellulite, brava!… sei già aperta? Non sarai sfondata vero?”.
Solo dal tono di voce tremolante capimmo che la ragazza aveva avuto una piccola crisi di vergogna, ma riuscì a dire: “Sono aperta, ma credo non sfondata, signor Daniele”.
Si lasciò chinare in avanti da Daniele e infilare un dito su per l’ano: “No, sei stata sincera: non sei sfondata e sei ancora bella strettina, brava… torna pure in ginocchio, ora”.
Daniele tornò a sedersi e sentenziò: “Va bene, mi interessa usarla, naturalmente se il suo padrone è d’accordo”.
Luigi era un po’ nervoso, sicuramente per paura di non vedere montata la sua cagnetta anche dal mio amico. Ma era eccitatissimo, non riuscì a dir nulla, sorrideva come un cretino.
“Siamo ancora agli inizi – spiegai io -, non la vogliamo forzare, abbiamo deciso che M. si abitui e ancora per questa volta decida se essere usata. Lo capisci, vero? E’ la sua prima volta con estranei”.
“Capisco benissimo e sono d’accordo con voi. Non mi offenderò se non ce la fa e sarà per un’altra volta. Intanto però vi ringrazio per aver pensato a me, e perché siete una compagnia piacevole”, disse intelligentemente Dan.
Sbirciai l’espressione di M., tornata in ginocchio accanto a Luigi e con gli occhi bassi: mi sembrò perfettamente nel suo ruolo.
“M. cara, hai sentito? Hai visto che gentiluomo è questo tuo nuovo amico?”, chiesi.
M. annuì con la testa.
“Devi sentire come un grande onore aver superato l’esame di Daniele, sai? Ora prepara la tavola che noi chiacchieriamo… e continua a fare i tuoi esercizi e a ripensare. Vai!”.
Rimasti soli Dan ci confidò il suo vero pensiero: M. era un bocconcino prelibato ed era contento di essere stato il primo a vederla servire. Ci raccomandò di fare piano e di non rovinare tutto; l’educazione sino a quel momento impartita gli sembrava ottima.
M. ci mise poco ad apparecchiare e ci accomodammo. Erano ormai le 19.30:
“M., vai pure a prendere da mangiare”.
Notai che la ragazza stava eseguendo l’esercizio di ripensare: mi sembrava di sentire il suo cervellino che silenziosamente ripeteva a se stesso: “sei nata schiava, ti piace servire, è giusto che tu sia scelta, impara a sperare di essere usata…”.
Mentre M. serviva, Daniele prese astutamente a raccontare qualche innocente barzelletta… ci mettemmo a ridere … notai che anche M. ascoltava e rideva, anche se in silenzio. Era molto importante creare un clima di gioco e allegria.
Da parte mia avevo dato qualche consiglio sottovoce, e mentre M. passava tra noi le accarezzavamo la fichetta, la palpavamo il culetto e le pizzicavamo i capezzoli: ad ogni gioco sembrava sciogliersi di più, era evidente che la situazione la intrigava da morire.
Durante la cena la feci stare buona, in ginocchio, accanto al tavolo mentre mangiavamo. Ogni tanto le tastavo la figa per controllare che tutto funzionasse: e, dato il liquido umorale presente, tutto funzionava per il meglio.
Quando finimmo feci un altro giochetto, dando ad M. il permesso di mangiare: ma naturalmente sul pavimento, accanto al nostro tavolo, in modo che tutti la potessimo vedere e lei vedesse noi.
Quando ebbe finito la sua “pappa” era rossissima in viso, ma sorrideva.
Le porsi un tovagliolo e le spiegai:
“Ora vai sotto al tavolo tesoro. Là sotto, non vista, proverai meno imbarazzo: devi fare un bel bocchino a chi vuoi tu. Se spompinerai Daniele, per me vorrà dire che vuoi fare l’amore con lui. Sai già da sola cosa piacerebbe ai tuoi due padroni, ma puoi scegliere. Sappi però che se ci farai contenti e sceglierai il mio amico, avrai un premio”.
M. vinse se stessa e, non vista, lo prese in bocca a Daniele.
Lui, raggiunta l’erezione, si alzò da tavola mettendo in mostra un calibro 20… poi la fece uscire da sotto e la portò a letto facendola camminare a gattoni accanto a lui e lasciando tutti le pareti mobili aperte perché potessimo vedere la performance della nostra schiavetta.
Se la chiavò davanti agli occhi morbosi del fidanzato per due ore e mezza: vedemmo un bestione scatenato su una piccola ragazzina timida e dolcissima. L’immagine che resta nella memoria: un corpo grande e grosso che ricopre quello di lei; vedemmo soltanto due splendide piccole gambe, fasciate da calze bianche, con le scarpine dal tacco sottile, che stringono i fianchi di lui, come per imprigionarlo dentro di sé.
Le fece di tutto, in tutte le posizioni, inculata compresa: M. godeva a ripetizione, ogni tanto ci guardava e poi tornare a godere, godeva di tutto, arrivai a contare sette suoi orgasmi. Alla fine, era vinta, sottomessa, domata. Daniele si prese la sua soddisfazione sporcandole tutto il visino: era proprio bella così e le dissi di restare sporca finché non saremmo andati via.
Quando tutto fu finito, ricevemmo i complimenti di Daniele e demmo spazio all’entusiasmo di Luigi con un brindisi a quattro.
M. stava bene, rideva nonostante tutto… aveva accettato anche Dan.
Era tardi: Daniele ed io uscimmo insieme.
Lasciai Luigi assicurandolo che ci saremmo sentiti per le istruzioni del sabato successivo, la quinta lezione.