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Cognata e nemica

Algida bellezza Capitolo primo

Ci sono persone a noi vicine che spesso non consideriamo o peggio odiamo senza saperne realmente il perché.
Mia cognata Barbara è una di queste, discorda con qualunque cosa io dica e ci alteriamo per puerili cazzate, io la considero una intransigente bacchettona e lei nella migliore delle ipotesi , un bambino mai cresciuto.
Bella è bella, alta, castano biondo, seni minuti, gambe nervose, naso all’insù , bocca ampia e labbra leggermente carnose, mai volgare negli atteggiamenti e sempre in tiro , insomma una donna di classe ma algida e perennemente incazzata.
Sposata con il fratello di mia moglie, un uomo che è esattamente il contrario di me , uno di quelli che ponderano tutto e razionalizzano tutto, raramente fa la cosa sbagliata e se la fa è per compiacere la stronzetta, pertanto Barbara era distante da me e anch’io la volevo così””” almeno fino a due settimane fa.
Come ogni fine estate organizzo una cena con i parenti a casa mia , trenta persone o giù di lì, quest’anno sono partito dai vini abbinando poi le pietanze , il tema Spagna,
e così tra un txacolì e insalata di granchio, un altos de innurieta e goulash, un rjoca reserva 2001 e costata di manzo, senza accorgermene ho bevuto un po’ più del lecito ,mia cognata era seduta di fronte a me e quella sera avevamo litigato su tutto, politica, educazione, cibo, persino sull’arredamento del suo nuovo ufficio, all’ennesima punzecchiatura ,complice il vino, le ho detto che era rigida e bigotta senza rimedio e senza nessuna speranza di evolvere in meglio , talmente fredda che se la clonavano il problema del riscaldamento terrestre era risolto ”””.. dagli sguardi dei commensali capii che avevo veramente esagerato, d’altro canto lei mi apostrofò violentemente e se ne andò con passo sicuro verso il laboratorio .
La guardai allontanarsi, indossava un vestito di seta rosso che le arrivava fin sotto il ginocchio, scarpe con tacco squadrato di 5 cm., era al solito, perfetta, non fosse per il fatto che era anche una grandissima rompicoglioni!!!
Mia suocera, che la adorava e conseguentemente detestava me , mi impose di andare a rimediare.
Di malavoglia, anche se realmente un po’ pentito lo ero, m’incamminai verso il laboratorio, la trovai di fronte ad una scultura , l’ultima nata, un vortice di ferraglia arrugginita che però nell’insieme dava un senso di movimento ed i particolari ad un osservatore attento potevano dare molti spunti, mi avvicinai e mormorai le mie scuse, passarono alcuni secondi e disse
-Fa niente,ho esagerato anch’io ed in fondo a volte me lo merito,
Ero allibito, una dichiarazione di pace !!!!!
Il clima pesante fu alleggerito ulteriormente dalla sua seconda uscita
-Bella la scultura.
Aveva sempre disprezzato la mia arte
-Ha un senso.
-Certo.
Farfugliai
-E’ il tempo che passa e tutti quei pezzi rappresentano i tasselli da cui è composto e.. Mi fermò mostrandomi il palmo della mano.
-Stop!! mi stai prendendo in giro, vero?
-Touchè, In realtà l’unica cosa che ha un senso è questo .
Le mostrai uno di quegli anelli che si usano per legare gli animali, mi guardò con aria interrogativa.
-Si ti ci legherei quando mi fai incazzare.
Mi indirizzò uno sguardo di rassegnata pazienza per l’imbecille che ero e disse ,
-Lascio perdere solo perché sei ubriaco fradicio, sorrisi giovialmente -Sono solo brillo.
A quel punto allungò le sue mani sulle mie spalle e mi si mise di fronte , si avvicinò al mio orecchio e sussurrò
-Questo cambia tutto!
E mi ammollò una inattesa ginocchiata sulle palle , mi lasciò steso a terra dolorante a imprecare.
Ripresi fiato,e pensai”
-Accidenti magari questa me la sono chiamata.
Raggiunsi il casino al piano superiore , era l’ora del dolce e avevo fatto un ottimo bonet al fernet, la stronza aveva un sorriso a trentadue denti evidentemente soddisfatta del risultato ottenuto dalla nostra discussione, assunsi un’aria remissiva misi il bonet sul tavolo ed iniziai a servirlo, mia cognata era ancora lì con quell’espressione vittoriosa in volto, mi incaricai di recapitarle il dolce, ‘casualmente’ scivolai e il meraviglioso budino le finì addosso sporcandola, nello scivolare mi godetti tutte le espressioni del suo viso: sorpresa; paura; vergogna,; sgomento; lucida rabbia.
Non vi dico quel che successe dopo, ma potete facilmente immaginarvelo.
All’indomani mia moglie, dopo il cazziatone serale, mi disse che era tempo di piantarla, che dovevamo chiarirci una volta per tutte, che non se ne poteva più delle nostre bambinate, avevo la testa che scoppiava e lei continuava a blaterare avrei fatto di tutto per farla star zitta e fu così che acconsentii per un incontro chiarificatore il giorno dopo tra me e mia cognata. La invitai a pranzo sigh!!!
Ore 13.00 ero puntuale , avevo prenotato nel ristorante di un amico pregandolo di darmi un tavolo isolato, si sa mai magari volasse qualcosa’.
Arrivò con mezzora di ritardo che già ero al secondo aperitivo, nonostante l’incazzatura non potei fare a meno di ammirare la sua eleganza, portava un tubino nero che le stava un incanto, e mentre si avvicinava accompagnata dal mio amico, mi guardava senza distogliere gli occhi dai miei, potevo leggere l’ira e la determinazione con cui aveva intenzione di affrontarmi , dovevo prepararmi al peggio ,si sedette senza dire una parola, stavamo studiandoci in silenzio, iniziai incerto scusandomi per quel che era successo offrendomi di ripagarle il vestito e dicendo tutte quelle banalità che una persona a modo dovrebbe dire in una circostanza com’era quella , mentre parlavo non mi riconoscevo e in effetti dopo poco gli chiesi un risarcimento per il bonet che era andato sprecato e per le mie povere palle doloranti.
Ero pronto ad incassare, ed invece disse
-Sai il bonet non era granchè e le tue palle che valore vuoi che abbiano.
Il tutto condito da un sorriso, che dopo un istante si tramutò in una risata sonora, ribattei che il bonet non si discuteva e che le mie palle prima del suo trattamento funzionavano benissimo, altra risata .
Il ghiaccio era rotto e dopo aver parlato molto e mangiato pochissimo le feci i complimenti per come le stava il tubino e per l’espressione meravigliosa che aveva quel giorno, mi guardò torva ,
-Cognato! Sembrerebbe un rituale di corteggiamento?
-Beh! Il condizionale è appropriato stavo solo manifestando uno stato di fatto.
Risposi difendendomi e dimostrandomi un pessimo avvocato.
In quel momento i miei organi sensoriali erano tesi con un unico obiettivo ,lei.
I miei occhi vagavano sul suo corpo, cercavano le labbra e ne seguivano i contorni , i capezzoli induriti sotto il vestito, lo sguardo sperando di trasmettere un’urgenza non vista .
Le mie orecchie ascoltavano la sua voce senza sentire parole ma solo toni, sussurri , labiali, vocali trascinate in un vortice di sensualità senza fine.
Il naso aveva ormai isolato il suo profumo e ne traeva impulsi che il cervello traduceva in un richiamo animale sempre più pressante.
La pelle cercava un contatto che non poteva avvenire e fremeva.
La lingua e il palato infine volevano quel frutto succoso.
Il pranzo finì, salutai il mio amico, e ci dirigemmo verso il parcheggio
-Senti puoi darmi un passaggio in ufficio? Prima mi ha accompagnato una collega e adesso sarei appiedata, e poi avrei bisogno di un’idea per arredare una stanza , con l’architetto non ne vado fuori.
Acconsentii eliminando mentalmente ogni possibile impegno.
Il breve viaggio fino all’ufficio lo passammo in silenzio, salimmo in ascensore, ancora silenzio, quando varcai la porta mi ritrovai immerso nel suo mondo, l’arredamento era minimalista, elegantemente sobrio, tutto parlava la sua lingua, dai quadri alla più piccola finitura, eppure era come se mancasse qualcosa.
-Ecco.
Esordì.
-Questo è il posto dove passo la maggior parte del tempo, e questo.
Indicò una stanza vuota con una grande parete vetrata che dava su un terrazzo
-E’ lo spazio dove intendo fare la sala riunioni con annesso il mio ufficio, quella, al centro,vi era un chaisse-longue rivestita in pelle marrone scuro, è il punto di partenza.
Intendeva dire che non vi avrebbe rinunciato, la invitai a sedercisi sopra, lo fece con la solita grazia che metteva in tutti i suoi movimenti.
Voleva un consiglio ed ero intenzionato a stupirla, in realtà quelle due ore a pranzo mi avevano permesso di conoscerla più a fondo di quanto pensassi ed ad intuirne una personalità latente non ancora esposta, dopo pochi minuti impiegati a misurare mentalmente gli spazi formulai la mia idea che prevedeva un mobilio minimalista sullo stile del resto dell’ufficio, la chaisse-longue piazzata davanti alla vetrata avrebbe dovuto avere un elemento forte che scendeva dal soffitto proposi una grande mano nel gesto di prendere la persona che vi era seduta, il tavolo riunioni, invece,sarebbe stato illuminato da tre lampade rosse con sfumature nere richiamanti la lava incandescente , e l’attaccapanni a muro, altro elemento di rottura , formato da alcune lingue umane in resina a sorreggere gli abiti.
Rimase di sasso, pensai immediatamente di aver cannato, guardò la mia espressione, -Non stai scherzando vero? E tu vorresti che io mettessi i miei vestiti su delle lingue che fuoriescono dal muro!!!???? E che mi rilassasi sulla mia sedia preferita con l’incubo di una mano appesa sopra!!!!??? E che tenessi una riunione con un fiume di lava incandescente sulla testa!!!!???
Sembrava furibonda ‘riecco la stronza’ pensai.
Dopo la sfuriata , si ridistese, si calmò e rimase a pensare con gli occhi aperti, io presi la giacca e m’incamminai verso l’uscita, quando udii la sua voce alle spalle
-No, non andartene, lascia che ci pensi , intanto aspettami in terrazzo.
Aspettai un tempo che non riuscii a quantificare , quando uscì il sole era tramontato , mi prese sottobraccio
-Entriamo.
Mi ricondusse all’interno.
-Grazie , non eri tenuto ad aspettarmi e comunque ci ho pensato, hai ragione qui è tutto asettico e perfettino c’è bisogno di un cambio di rotta, ma se non ti dispiace rinuncerei alla lava e mi terrei mano e lingue.
Eravamo uno di fronte all’altra e non ero in grado di distogliere lo sguardo da lei, che stranamente non era a disagio, mi avvicinai sussurrando
-Ed io mi terrei le tue labbra.
Lei le avvicinò alle mie e mormorò.
-Prendile.
Ci baciammo languidamente, le nostre lingue si cercavano, il bacio infine divenne frenetico e le sue mani scivolarono sotto la mia camicia , io cominciai a risalire da sotto il vestito, lungo le sue gambe, arrivai in breve al centro del suo piacere, aveva il tessuto degli slip fradicio, glieli strappai in un solo colpo, lei ebbe un sussulto e si appoggiò alle mie dita senza ritegno, fremeva ad ogni contatto, intanto mi aveva sbottonato i pantaloni ed ora aveva in mano il mio cazzo lo lisciava in tutta la sua lunghezza ,lo stringeva e trasmetteva ogni minimo fremito che riceveva, gemeva sul mio orecchio ripetendo,
-Non smettere ti prego, non smettere.
Ero perduto nella sua essenza , nel suo odore, quando mi disse.
-Scopami stronzo!! scopami!!
Risvegliò in me un’urgenza animale , la presi in piedi addosso al muro, con lei che mi incitava e apostrofava a sfondarla a riempirla del mio sperma , a farla sentire una cagna, ed io mi sentivo la bestia che voleva e il mio cazzo era il passaporto per la sua anima, la scopai sul pavimento, sulla chaisse-longue, in bagno davanti allo specchio con le mie dita in bocca, mentre le sussurravo che si immaginasse con un cazzo al posto delle dita, sulla terrazza con i vicini del piano sotto che stavano discutendo di cucina , e lei a pecora con la bocca tappata, alla fine ogni angolo di quell’ufficio era intriso dei nostri umori.
In ascensore mentre scendevamo al parcheggio mi baciò e disse
-Che dici per quel discorso sul riscaldamento terrestre”..meglio che non mi clonino???!!!!
Anime leggere Secondo capitolo

Passarono alcuni giorni senza che ci vedessimo o sentissimo, volevo rivederla con tutto me stesso, ma capivo anche quanto ciò potesse essere sbagliato e pericoloso, e pensavo che anche lei fosse nella stessa combattuta situazione.
Così quando dovetti partire per Berlino, dove esponevo una personale al museo d’arte contemporanea, fui quasi sollevato , quattro giorni d’aria fresca, pensai.
Tra i ricevimenti e il tempo che dedicavo all’esposizione, non avevo molti momenti di pausa, e d’altronde non volevo averne, il terzo giorno stavo discutendo amabilmente con una vecchia signora dall’ infinito talento critico, che stava sviscerando le mie opere dandovi significati a me sconosciuti, era il maggiore e più influente esperto d’arte contemporanea in Germania e molte delle mie sculture sarebbero state vendute o invendute grazie ad un suo parere, ed in quel momento mi stava soppesando, driin driiiin , naturalmente spensi la chiamata e mi scusai ,dopo un attimo, il telefonò squillò nuovamente ,feci per ripetere l’operazione , ma vidi Helen fare un eloquente gesto della mano rimandando a dopo quella discussione , risposi senza guardare il display, era Barbara
-Ciao come và lassù? evidentemente aveva saputo dei miei programmi
-Bene, feci , ma sono in un momento molto delicato,se non ti spiace chiamo più tardi.
-No! non chiamare, sono a cena con mio marito e i miei figli, chiamami quando torni a casa. Acconsentii e riagganciai.
Dovevo avere cambiato espressione, mi diressi verso Helen che stava bevendo un riesling della Mosella, pensieroso mi servii di quel nettare e lo ingurgitai senza assaporarne la complessa struttura , senza ascoltare il racconto di quella terra.
-Le pare il modo?
Era Helen, sorrideva.
-L’ho vista bere prima e sembrava in trance e adesso tracanna come un ubriacone da osteria!! Sorrisi,
-Eh già! e questo vino proprio non lo merita.
-Se una telefonata riesce a renderla così vorace non può che esserci di mezzo una donna, solo la passione ci rende tali, sentenziò, e di questo la sua arte già ne è intrisa , ma nella vita può far danni inimmaginabili, però lei questo lo sa.
La giornata fu un successone, Helen mi aveva apprezzato e conseguentemente anche quelli che non ci avevano capito nulla, ricevetti molti inviti a continuare la serata altrove, rifiutai cortesemente, assaporando già una doccia infinita.
Decisi comunque di uscire, mi infilai in un locale dove sapevo che bazzicavano ottimi musicisti Jazz, fui oltremodo fortunato, quella sera c’era un gruppo argentino che mescolava il Jazz alla musica tradizionale del loro paese, tango ma non solo, erano straordinari, la disordinata melodia melanconica che producevano mi mandava in visibilio e il rum che scendeva in gola era un ardente piacere, abbandonato alla mercè di tale meraviglia fui pressoché preso a schiaffi dal suono del cellulare, cosa che credo avrebbe fatto volentieri l’energumeno tatuato che era al mio fianco, mi allontanai e risposi ,era ancora Barbara , subito le chiesi, come mai non fosse a cena, rispose che lo era, però in quel momento era uscita in terrazza, gli altri erano all’interno del ristorante, mi spostai in un angolo dove c’era una ragazza assorta davanti ad un portatile
.-Come stai.
-Domandai ritualmente.
-Bene, disse lei””.veramente non bene, mi manchi e allo stesso tempo non riesco a guardare i miei familiari .
-Sospirò.
-In questo ci assomigliamo e poi ogni volta che ti penso ho , come dire, un’erezione
-Scoppiò a ridere .
-Ma dai anche adesso.
.-Ehm! Si!
Dovetti ammettere .-
-Del resto non credo tu sia da meno.
-Oh! come mi conosci bene!!!
Scherzò.
-Sei in un locale? Sento la musica.
-Jazz latino.
Feci io.
-Wow! vorrei essere lì con te.
-Sei sola lì fuori?
-Si, non c’è nessuno , perché?
-Nulla per sapere, come sei vestita?
-Con un vestito a fiori estivo ci sono 30 gradi qui, la immaginai seduta , sola , bellissima.
-Lì è freddo vero? al meteo davano Berlino a -2 .
Rispose a se stessa, sorrisi.
-Io ho caldo, sarà la tua voce o che avrei voglia di giocare con te.
-Siamo un tantino distanti per giocare!
– beh! Non giurarci ed inizia con il toglierti le mutandine.
-Sei impazzito!!??
-Direi di no, risposi, toglile!!
Imbarazzato silenzio, poi sentii un leggero tramestio, ancora silenzio,
-Hai fatto?
Non rispose, io continuai dando per scontato che avesse dato forma alle mie parole
-Adesso scendi con la mano libera e alza leggermente la gonna.
All’altro capo solo il suo respiro.
-Fermati e pensa a quel che verrà dopo.
Rimasi volutamente silente per alcuni secondi e ripresi.
-Allarga le gambe.
Attesi.
-Hai fatto?
Stavolta sussurrò un si, quasi impercettibile.
-Brava ora posa la mano sulla farfallina , fai scorrere le dita sul clitoride lentamente, sei bagnata? Udii un respiro profondo e la voce rompersi,
-Umhhh!! Le mie dita scivolano sulle labbra vi aderiscono ho il clitoride in fiamme.
Rantolò, ed iniziò a descrivere quello che stava facendo inframmezzando gridolini e apnee respiratorie seguite da lunghi sospiri di piacere, quando entrava diceva
-Ne sto infilando due, sono solo all’inizio, spingo, ora sono a metà, le voglio tutte dentro, le voglio.
Godeva di se stessa , era talmente presa da non vergognarsi della posa che aveva con le gambe spalancate su una sedia nella terrazza di un ristorante, lei altrimenti così composta.
La musica saliva , stavano jazzando un tango, tre fisarmoniche, due nel ritmo regolare ed una partita per la tangente del jazz d’avanguardia , le dissi
-La senti la musica?
-Fisarmoniche ?, farfugliò,
-Già, immagina quelle dita su di te.
-Umhh!! bello! Tutte quelle dita.
Riprese la frase in maniera quasi ipnotica, poi un attimo di silenzio ed in lontananza la voce di suo marito
-Cara, tutto bene?
-Si’.so..no al telef…ono con la Fran’ca arrivo subito.
Qualche secondo di pausa e venne in un lungo urlo soffocato , lasciai che si riprendesse.
-Sei ok?
-Si almeno credo di si.
-Non ti sei fermata vero? quando tuo marito ti ha chiamata,non ti sei fermata?
-No !! ero così persa che ho aumentato il ritmo, siamo dei pazzi? che ci succede?
E riattaccò.
Finii il rum, la ragazza al mio fianco si alzò, valutai che avesse dai 25 ai 28 anni, mi sorrise apertamente .
-Lei è Marco Faubel !!
Ero spiazzato non mi aspettavo che qualcuno mi riconoscesse, tantomeno un’italiana, dovevo avere un’aria interrogativa, perché indicò subito un manifesto sulla vetrina che pubblicizzava la mostra.
-Mia madre ha una sua scultura, un piccolo crocefisso con intorno del filo spinato, devo dirle la verità , quando guardo quel pezzo ho come un senso di inquietudine.
Mentre parlava si era seduta al mio tavolo e adesso attendeva una mia spiegazione, che non avevo intenzione di dare, aveva una carnagione lattea , il viso leggermente ovale , occhi verde smeraldo e un caschetto di capelli castano scuro con calde sfumature rosse.
‘E allora??!!
-E allora ??!! Il suo nome? Non usa presentarsi??!
-Marina Castellani.
-Vede Marina, quel che lei sente non è affar mio , il mio mestiere mi porta a produrre un’infinità di cose , ma a volte, quasi sempre, prendo l’ispirazione da banalità, che poi vengono interpretate dagli esperti o dal pubblico o dall’acquirente nella maniera che più si confà ad ognuno.
-Vuol dire che io mi sono posta un problema su un significato che non c’è?
-Non ho detto questo, ho detto che il significato non è univoco, dipende dalla prospettiva di chi guarda.
-Troppo difficile a quest’ora, mi offre da bere?
Mostrò platealmente l’interno tasca vuoto.
-OK! Vado al banco cosa prendi?
Ordinò un vino rosso della Renania , un interessante uvaggio di pinot nero,merlot e syrah. La ragazza si faceva interessante! Io , continuai con il rum.
La serata andò avanti in maniera piacevole, venni a sapere che viveva e studiava a Berlino da due anni , i suoi genitori avevano pagato le spese per il primo anno, poi le avevano tagliato i fondi per il suo scarso rendimento, ed ora era costretta a lavorare per pagarsi gli studi.
Bevemmo ancora e parlammo anche di cose frivole , era di una armoniosa leggerezza e contemporaneamente profonda , di carattere, come il vino che sorseggiava, alla fine le chiesi il numero di cellulare lei prese a ridere in maniera quasi fragorosa.
-Solo se prometti che quando chiami non mi costringi a togliere le mutande!!
Altra risata
Aveva sentito la conversazione con Barbara, d’altronde va a pensare che in un bar a Berlino sto seduto vicino ad una che mi capisce!
-Posso promettertelo se tu prometti che quando rispondi al telefono, sei già senza!!
Stavamo ridendo come dei pazzi, ed il fatto che lei avesse ascoltato quella telefonata ci rendeva intimi ed in qualche maniera complici.
Uscimmo dal locale con gli strumentisti e i camerieri, all’indomani alle otto dovevo essere alla mostra.
-Marina io andrei a dormire, se non ti spiace?
-Assolutamente, domani devo presenziare alla chiusura di un evento e sono abbastanza ubriaca da avere bisogno di almeno dieci ore di sonno per riprendermi.
Si avvicinò e ci scambiammo due casti baci sulle guance.
Il mattino dopo arrivai con un’ora di ritardo e la pedante segretaria della galleria sbuffò tutta la sua contrarietà, con quella le scuse erano inutili ,tirai dritto, Helen sarebbe arrivata alle undici per il consuntivo, alle tredici il pranzo avrebbe chiuso il mio soggiorno in Germania.
Rimanevano soltanto due opere invendute , le due che più amavo, stranezze del caso.
Helen fece snocciolare le cifre dal suo contabile e mi piantò lì ad ascoltare numeri e nonostante il mio supplichevole.
‘Non importa, mi fido!
Quello continuò con teutonica precisione a martellarmi le palle.
Helen rientrò, quando il ragioniere pronunciò l’ultimo zero, e le mie palle erano ormai parte del pavimento.
-Vieni Marco ti presento quella che sarà la mia più stretta collaboratrice, dopo che si sarà laureata naturalmente, Marina Castellani.
Non sapendo come comportarmi finsi di non conoscerla, mi presentai e colloquiai con lei sugli esiti della mostra, lei riportò gli echi della stampa specializzata, ed infine finimmo a pranzo.
Si offrì volontaria per portarmi all’aeroporto e quando fummo in macchina esordii
-Così sapevi il mio nome solo dalla locandina?
-E’ la verità, io seguo Helen nell’organizzazione e sapevo che tu ‘Faubel’ esponevi ma non ti avevo mai visto in volto e ieri sera ti ho notato solamente perché ti sei fatto notare con quella telefonata , altrimenti ad oggi saremo due perfetti sconosciuti, e ieri sera non ti ho detto nulla di quello che sarò perché volevo vedere che faccia facevi, ecco tutto.
-Una ragazza sorprendente.
Mormorai
-Non hai idea di quanto io possa ancora sorprenderti.
Ci lasciammo con la promessa di risentirci presto, presi , come sempre, un volo lowcost , lo stare in mezzo ai turisti mi faceva sentire in vacanza e i modi sbrigativi del personale mi davano agio più che in business class.
Durante il viaggio ripensai alla sera precedente a Barbara che si masturbava sul terrazzo, avevo di nuovo quell’incessante tam tam nel cervello che comunicava quell’urgenza di lei che non mi lasciava.
La mattina seguente la chiamai.
-Ciao! Sto andando all’aeroporto, due giorni a Bucarest per un contratto.
-Ah! Ma allora mi sfuggi.
-Si scappo da te, mostro depravato.
-Io!
-Si lo sei comunque mio marito ti ringrazia.
Mi andò per traverso la saliva.
-Tuo marito cosa!!????
-Ieri sera dopo la tua telefonata ero in uno stato di eccitazione incredibile, quando sono rientrata mio marito si è avvicinato e sottovoce mi ha chiesto se avessi freddo, gli ho risposto di no, e lui di rimando, mi ha detto che avevo due spie accese sintomo di freddo o voglia, nel contempo ha abbassato il suo sguardo sul mio seno, avevo i capezzoli che bucavano il vestito, gli ho detto che il primo sintomo l’avevo già scartato e pertanto rimaneva valida la seconda soluzione, chissà che alchimia chimica avevi risvegliato in me ,e lui l’ha percepita,perché tempo 5 minuti ed eravamo in macchina .
Ero geloso e contemporaneamente incuriosito da quella storia.
-Dopo pochi chilometri i bambini stavano già dormendo, Flavio allora mi ha messo una mano sulle ginocchia .
-Lo stronzo!!! esclamai
-Ma dai! è lui che deve essere geloso.
-No, non sono geloso ,solo invidioso.
Mentii.
-Comunque continua..
-Arrivò in breve all’obiettivo di quel che era iniziato come un tocco a saggiare la mia disponibilità e sinceramente non so se sono rimasta più sconvolta io o sorpreso lui scoprendomi senza le mutande che avevo dimenticato sul pavimento del terrazzo, siamo tornati a casa l’ho ‘amato’ come mai prima di allora , l’ho cavalcato fino a fargli male, l’ho morso e gli ho gridato parolacce nelle orecchie , tutto perché era te che volevo, a lui però il mio lato aggressivo è piaciuto molto. Sono arrivata ti devo salutare ci sentiamo quando torno.
Un’insolita sfida

Per un motivo o per l’altro non ci vedemmo per sei settimane, Barbara andava e veniva da Bucarest,
ed io stavo lavorando ad un progetto che coinvolgeva le scuole d’arte di Berlino , un progetto fortemente voluto da Helen e che prevedeva la mia presenza , oltre a quella di altri artisti, per venti giorni al mese e per tre mesi.
Un giorno, mentre stavo uscendo dall’albergo, me la ritrovai davanti avvolta in un cappotto grigio scuro i capelli raccolti con alcuni riccioli che le scendevano sul viso ,era radiosa.
La abbracciai.
-Sono ,o meglio, dovrei essere a Bucarest per cinque giorni.
-Vuoi dire che ti avrò tra i piedi per cinque fottuti giorni?
Mi arrivò un amichevole calcio sugli stinchi.
-Fottiti tu !
-No dai, sono felice, è che durante il giorno sarò spesso impegnato.
-Vorrà dire che durante il giorno visiterò Berlino, e alla sera? Altri impegni?
Proprio in quel mentre stava arrivando Marina , che indossava una corta gonna scozzese ,un giubbino di pelle nera e degli anfibi.
-Vieni ti presento un’amica, Barbara questa è Marina il braccio destro di Helen Wolf.
Si guardarono per alcuni istanti, studiandosi, dallo sguardo di Marina capii che aveva realizzato che quella era la Barbara della telefonata, e da quello di Barbara ,invece, che erano cazzi.
Ad ogni modo furono gentili tra loro.
Marina si offrì di accompagnarmi alla scuola, intanto Barbara avrebbe potuto fare una doccia e mettere giù i bagagli, poi se lei lo avesse voluto sarebbe passata a prenderla e mi avrebbero raggiunto per il pranzo, Barbara naturalmente acconsentì, io la reputai una pessima idea ma lo tenni per me.
Stavo intrattenendo gli studenti con una lunga infervorata oratoria sul significato dell’arte.
-Per me non esistono correnti da cavalcare e non esistono tecniche d’arte, o meglio esistono ma non sono la base da cui dovreste partire se volete preservare l’originalità.
Un esempio: esistono artisti, pseudoartisti, che riproducono fedelmente opere ultrafamose la cui tecnica è addirittura superiore a quella dell’originale , ma è solo tecnica , se la vostra aspirazione è l’ Arte dovreste invece riprodurre la vostra rabbia, la vostra gioia, la vostra miseria, si perché la bellezza si cela dentro di voi , prendete esempio dall’artista per l’anima che vi ha messo, ma discostatevi da esso quando vorrete essere anche voi artisti.
Erano le ultime parole per quel giorno, gli studenti mi tributarono un lungo applauso seguito da un rullo di piedi sulla pedana di legno, segno che avevano gradito molto, non so se è essere vanitosi ma la cosa mi piaceva alquanto.
Quando gli studenti uscirono dall’aula vidi Barbara e Marina sedute in alto sulla gradinata , mi avvicinai e inscenarono una mini ovazione come quella a cui avevano appena assistito .
Ero stanco morto, non avevo voglia di pranzi e chiacchiere, lo dissi francamente, le due non fecero una piega e se ne andarono a visitare la città.
Quando tornarono in albergo era ormai sera, avevano organizzato una cena a quattro in un noto ristorante giapponese, il quarto era l’attuale boyfriend di Marina un massiccio ragazzotto tedesco completamente succube di lei.
Barbara entrò , aveva preso posto nella mia camera , posò una quantità indefinita di pacchetti sul pavimento e mi baciò appassionatamente.
-Bellissima città Berlino, stimolante.
-Già, ricchissima di negozi a quanto vedo.
-Oh si, Marina mi ha fatto fare un tour attraverso i suoi luoghi e negozi preferiti, ha un gusto molto simile al mio per i classici, ma è il mio opposto per tutto il resto.
-Frequenta ambienti molto alternativi, quello è il suo standard.
-Siamo state a bere qualcosa nel locale dove vi siete conosciuti, e mi ha raccontato le circostanze , divertente, non ci sei stato a letto vero?
Eccola al dunque.
-Ha vent’anni meno di me .
-Oh! Oh! Tu ti fai un problema d’età? Se non ti fermeresti neanche di fronte a una minorenne.
-Adesso non esagerare, comunque la risposta è no!
Discutemmo ancora un po’, poi dispose i suoi acquisti sul letto: un paio di stivali sotto al ginocchio fascianti e con alti tacchi ; una camicia bianca con due soli bottoni; un vestito nero da sera con una grande apertura sulla schiena; un paio di jeans chiari strappati.
Dovevo rispondere ad alcune e mail, intanto lei si stava preparando per la serata, la porta del bagno era aperta , potevo vederla per la prima volta in alcuni atteggiamenti intimi ed abitudinari, aveva una naturalezza felina nei movimenti , era elegante sia che si spalmasse una crema o che si limasse le unghie .
Smisi di scrivere e rimasi a guardarla mentre si vestiva, infilò un paio di brasiliane nere con un fiocchetto rosso sul davanti, il reggiseno con lo stesso fiocchetto tra le coppe, calze nere con delle grandi righe orizzontali velate, reggicalze in tinta, una gonna sotto al ginocchio grigia e un maglioncino di lana mohair panna e grigio, ero ammaliato.
-Sei pronto?
-Si si ero solo distratto da te.
– Sbrigati Marina ci sta aspettando.
Marina aveva riservato una saletta, ci fecero accomodare su dei cuscini intorno ad un basso tavolino,’ il massiccio’ non parlava italiano, per cui la discussione la conducevamo noi tre, ogni tanto Marina sunteggiava a Carl , così si chiamava ‘il massiccio’,era una serata divertente di chiacchere leggere inframezzate da una salsa wasabi e pesce crudo accompagnati da un superbo albarino della Ribeira del Douro.
Ad un certo punto Marina si alzò .
-Dobbiamo uscire un attimo, preparano la specialità della casa e non chiedetemi cos’è perché non lo so, mi è stata consigliata da Helen.
Attendemmo in un corridoio ipotizzando che al nostro ritorno avremo trovato un samurai ad affettare la parte buona di un velenosissimo pesce palla, o una geisha fetish che ci avrebbe costretto a mangiare dalle sue scarpette.
Ci richiamarano all’interno , vi erano dei freddi e deliziosi bocconcini serviti su due tavoli umani, lo spettacolo era al tempo stesso grottesco ed affascinante, i due corpi in questione erano di un muscoloso maschio europeo e di una minuta donna orientale con tratti europei, entrambi erano completamente depilati e rivolti pancia in su , il maitrè ci disse che se non era di nostro gradimento avrebbe provveduto a far sgomberare, nessuno parlò e si ritirò quasi svanendo, vi era un biglietto che invitava i commensali a servirsi direttamente con le mani e la bocca, erano invece proibiti approcci più pesanti come il toccare i genitali dei ‘tavoli’, o lasciarsi andare anche tra commensali ad atti sessuali completi.
Eravamo tutti basiti, poi iniziammo a ridere, soprattutto pensando ad Helen in un posto simile, non ricordo precisamente chi disse ‘ adesso mangiamo’ ma pareva l’impaziente voce di Barbara.
Le femmine si sedettero al tavolo maschile e noi maschi intorno alla donna, mi servii direttamente con la bocca sfiorando con le labbra la pelle di una scapola, ‘ Il Massiccio’ era piuttosto impacciato e intimidito dalla situazione , raccattò frettolosamente alcuni bocconcini e si tirò in disparte, mi servii con la lingua di una salsa delicatissima spalmata su un capezzolo turgido, la ragazza ebbe un leggero fremito, volsi il mio sguardo verso l’altro tavolo e vidi due golose lingue scivolare sul corpo dell’uomo, evidente segno di fame, pensai.
Ritornai a dedicarmi al mio piatto, fui rapito dai profumi, dal contenersi della ragazza ogniqualvolta avvicinavo la lingua a raccogliere una salsa ora sul ventre, ora su un capezzolo o su di una coscia, distolto solo dai gridolini ebbri che venivano dall’altro tavolo.
Il ragazzo ora aveva un’erezione e loro ridevano deliziate di ciò che avevano ottenuto semplicemente mangiando.
Ci attenemmo comunque alle indicazioni del maitrè ‘niente parti intime, niente rapporti sessuali’ anche se alfine i ‘piatti’ parvero pulitissimi.
-wow! Divertente! Esclamò Marina.
-Chi l’avrebbe mai detto, una cosa così da Helen.
Chi avrebbe mai detto una cosa così da Barbara, pensai.
Dopo cena pregai Marina di riaccompagnarci in albergo, volevo solo perdermi, nella voce, nel profumo, nel corpo di Barbara.
Una volta entrati , ci guardammo senza parlare, poi ci sfiorammo quasi con incredulità .
-Di nuovo assieme. Sussurrò
Il suo bacio fu di una dolcezza appassionata, trasmetteva tutta l’elettricità accumulata durante la cena.
La spogliai lentamente godendo dello spettacolo di quel corpo che sbocciava imperioso sotto le vesti, le lasciai solo le calze, era splendida, flessuosa, malleabile come creta, le sfiorai i fianchi, indugiai sul collo , esplorai la sua pelle sentendomi parte di essa, affondai la testa tra le sue gambe lambendo i petali di quel fiore aperto, fui volutamente lento in ogni movimento, anche quand’ero dentro di lei e sussurravo parole che la spingessero a chiedermi di più, traghettandola verso un’estasi promessa.
L’estasi venne con unghie affondate nella schiena, con piccole urla , con lei china sul pene, con lei che si muoveva sulla mia bocca inarcandosi, con lei concentrata a ricavare piacere dalle dita che la penetravano in ogni orifizio, un’estasi lunga una notte. Il mattino dopo dovevo recarmi con un gruppo di studenti in un paese a circa 70 chilometri da Berlino , in una ex fabbrica di armi della ddr, mi svegliò il trillo del telefonino/sveglia che subito soffocai nel cuscino, imprecai nel mio cervello come ad ogni risveglio, quella mattina di più.
Dormiva, rimasi a guardarla rannicchiata su se stessa come un riccio in pericolo, anche senza ornamenti era al solito bella, scrissi su di un biglietto il programma della giornata, non sarei tornato comunque prima di sera.
La fabbrica era un edificio di circa 25.000 mq e la stavamo trasformando in uno spazio multiculturale dove le varie anime dell’arte avrebbero avuto una casa, gli architetti sviluppavano dunque sinergie con gli artisti, la grande sala a cui i miei studenti stavano lavorando sarebbe dovuta divenire la hall di quel centro.
Le idee erano molte e mettere insieme tutti quegli imput non era facile, la mia ego artistica avrebbe voluto tra l’altro prevalere , già vedevo un centinaio di biciclette formare un ‘muro’ aperto alla vista e al di là un ammasso di Trabant sfasciate a simboleggiare quel che era stato, i giovani studenti ad ego non erano certo da meno e ognuno avrebbe voluto vedere vincere la propria proposta, siccome era un lavoro di gruppo decisi che tutti avrebbero avuto parte nell’opera, cercai solamente di dirigere un’orchestra stonata.
Tale ardua direzione assorbì la mia mente e quando alle dieci di sera ricevetti una telefonata di Barbara dal tono alquanto incazzato mi resi conto di avere una posizione indifendibile, avrei quantomeno dovuto chiamarla per avvertirla del ritardo, mi lasciò con un cortese ,meritato, vaffanculo!
Quando rientrai a mezzanotte inoltrata non era in camera, provai a chiamarla, non rispose, feci una doccia, richiamai, ancora nulla, mi misi a leggere un libro di Taibo in cui il detective messicano Belascoran viene massacrato di botte ma nonostante tutto porta avanti tristemente il caso, guardai l’orologio per l’ultima volta alle due, mi addormentai appena prima dell’ultimo capitolo.
Al mattino lei era lì al mio fianco ,dormiva, scrissi un ‘bigliettino’ su un foglio A3, ‘FANCULO pure a te!! ‘ e me ne andai al lavoro, mi erano passati i sensi di colpa!
Incontrai Helen la quale mi disse ,a proposito del ristorante giapponese, che Marina aveva tradotto male, lei aveva consigliato solamente un roastbeef di manzo di Kyoto, le dissi di non preoccuparsi che avevamo comunque gradito, ridemmo, era una donna d’altri tempi che avrebbe potuto vivere in ogni tempo.
A fine lezione Marina venne da me.
-Ieri sera sono uscita con Barbara, era fuori di sé, siamo state a mangiare qualcosa, poi mi ha chiesto se la potevo portare in un posto che aveva trovato su internet, gioco d’azzardo, ha perso 400 euro e se alle tre non la trascinavo fuori ci lasciava anche le mutande.
-Gioco d’azzardo ? Barbara?
-Già! Pensa che a casa gioca in internet, somme modeste, e pensava che in una bisca sarebbe stato altrettanto facile, non la conosci bene tua moglie?
-Non è mia moglie!
-Amante?
-Non solo’..
Marina mi guardò con aria interrogativa.
-Cognata è anche mia cognata.
-Te la fai con la sorella di tua moglie??!!!
-E’ la moglie del fratello di mia moglie.
Rise
-Sembra uno scioglilingua, comunque sembrate molto intimi.
-In effetti mi riesce difficile pensarla in quella veste, la vedo semplicemente come una persona con cui sto bene e con cui condivido momenti di rara intensità.
-Si, ma prima o poi dovrai fare i conti con la realtà.
Ci lasciammo con la promessa di rivederci l’indomani.
Barbara chiamò alle tre del pomeriggio.
-Ciao!
-Ciao, ho incontrato Marina”mi ha raccontato”’.
-Vabbè!! Dovevo sfogarmi e quando sono arrabbiata faccio delle cavolate, ecco!!
-Ti piace giocare d’azzardo?
-Si è un vizio che ho preso da mio marito, ma lui non lo sa.
-Bene, se ti piace l’azzardo stasera giocheremo.
-Cosa fai incentivi i miei vizi?
-No incentivo i miei di vizi!
-Cosa fai adesso ?
-Vado a mangiare qualcosa, vieni anche tu?
– Sono le quattro, ed in effetti non ho ancora mangiato nulla, dove ci vediamo?
La bellezza di una grande città è che puoi fare quel che vuoi praticamente ad ogni ora del giorno , le diedi appuntamento alla porta di Brandeburgo nei pressi c’era un posticino tranquillo con ottimi vini ed una cucina aperta ai gusti del mondo, il cuoco era uno sperimentatore .
La vidi arrivare e sembrava combattuta tra il gettarmi le braccia al collo o mantenere l’arrabbiatura, decisi di prevenire e la strinsi a me, lei comunque non mi risparmiò una battutina.
-Certo che sei uno stronzo!! Anche se dopo sai farti perdonare, cosa mi offri da mangiare?
-Finito i soldi?
-No! Ma meriti di pagare tu!
-Ok, io avrei voglia di una ‘retsina’.
Un vino resinato greco che i puristi non amano particolarmente, ma che a me fa venire in mente i meltemi e la limpida luce delle Cicladi.
-Vada per la retsina.
Il cuoco decise di metterci insieme moussakà e gamberoni saganaki . Mangiammo in silenzio, eravamo entrambi affamati e i due sostanziosi piatti greci erano troppo buoni per rovinarli con delle parole. Quando finimmo Barbara mi chiese dove l’avrei portata a giocare.
-Ti porterò in una bisca clandestina.
-Sul serio??
-Si ma lasciami spiegare e senza interrompere, perché il gioco, la posta e tutto il resto sono diversi da quello che noi intendiamo per gioco d’azzardo, pertanto lasciami arrivare in fondo e poi prenderai la tua decisione.
-Curiosa questa cosa, ma va bene.
-La bisca è come tutte le altre bische, vi si gioca a poker, roulette e così via, ad una certa ora però il gioco cambia, una donna gira per i tavoli si fa vedere e valutare dai giocatori i quali hanno in mano una serie di regole dettate dalla donna stessa almeno cinque ore prima, i giocatori non potranno valicare quelle regole ma è loro concesso cercare delle alternative , senza barare ovviamente.
A quel punto in base all’apprezzamento e alle regole faranno le loro puntate, le dieci puntate più alte saranno ammesse al gioco, le restanti saranno la tua giocata, il gioco è inerente al sesso, loro potranno fare tutto ciò che non c’è nelle tue regole ed in alcune regole base, il tuo compito è fare in modo che trasgrediscano tali regole, quando anche una di queste regole verrà violata,verrà eliminato il concorrente che la infrangerà tu vincerai la sua puntata e così via .
La vincita verrà divisa tra te e i giocatori esclusi cinquanta e cinquanta, in caso di perdita tu perderai un euro, eticamente un giocatore d’azzardo deve sempre puntare qualcosa.
Lei non mi guardava, aveva lo sguardo basso.
-Per chi mi hai presa? Per una puttana??!!
-Una delle regole base è che il soggetto donna non sia donna di vita, pena la perdita della cauzione di diecimila euro che ho già versato.
-Ma che bastardo!! Sei così sicuro che voglia giocare??
Ora aveva la voce alterata, avevo imparato con lei a non dare per scontato nulla, quindi decisi di forzare la mano.
-Dipende dalle indicazioni che tu darai ,se sarai abbastanza scaltra non ti sfioreranno nemmeno, è una partita difficile, ma credo tu possa farcela e lascia a casa i moralismi questa è un’altra vita.
Dicendo questo le passai un foglio con su scritte le regole base.
Mi guardò con aria di sfida poi passò alla lettura.
REGOLE BASE
Non si dovranno oltrepassare i limiti posti dalla sfidante.
Non si potrà far uso di violenza.
Ogni soggetto dovrà essere perquisito prima della sfida.
Ogni soggetto dovrà essere in salute e dimostrarlo.
Il gioco avrà fine se la sfidante pronuncerà la parola ‘Patroclo’ , naturalmente essa perderà.
La sfidante dovrà accettare gli escamotage dei giocatori volti a superare i limiti, sempre restando nelle regole.
La sfidante dovrà trovarsi in un luogo prestabilito a mezzo mail, non dovrà conoscere l’ubicazione del luogo della sfida, sarà quindi accompagnata con un mezzo oscurato.
Fece un sorrisetto .
-Sono effettivamente garantita e a pensarci posso giocarmela bene.
Le rifilai un altro foglio dicendole.
-Ricorda che dovrai concedere qualcosa se vorrai una buona posta.
-Non preoccuparti della posta.
REGOLE DELLA SFIDANTE
Stavolta lo sguardo era ‘ti frego io stronzo depravato’
1-Non voglio essere sfiorata dalla pelle degli sfidanti.
2-Non voglio in alcun modo essere penetrata.
3-Non voglio essere spogliata completamente ma l’intimo ve lo concedo.
4-Non voglio liquidi umani di qualsiasi tipo sulla pelle o sui vestiti.
5-Non voglio che mi si veda in viso.
6-Non voglio essere fotografata o filmata.
7-Penso possa bastare.
-Ecco è tutto, adesso lasciami libera devo trovare qualcosa , qualche piccolo investimento per la serata .
-Ti chiamo tra un po’ per dirti l’ora dell’appuntamento.
Arrivato in albergo spedii una mail con le regole della sfidante , feci un giro nell’area wellness , una doccia , una sauna, un massaggio, rientrai in camera lampeggiava la casella della posta, aprii il messaggio ‘ore 01.30 Alexander platz ‘ sintetico!! Pensai. Erano le 10.00 feci per chiamare Barbara, ma sentii la porta aprirsi, era lei con i capelli mesciati che le scendevano sulle spalle e un’onda che le copriva metà viso, aveva comprato del vestiario ed un paio di scarpe per l’occasione.
Mi disse.
-Hai novità?
-Ore una e mezza Alexander Platz.
-Vado in Welness.
Rientrò dopo due ore e mi mandò a fare un giro, io ero già pronto ed avevo finito di leggere il romanzo di Taibo dove Belascoran invece di risolvere tristemente il caso , drammaticamente moriva, mi era dispiaciuto ed avevo mandato immediatamente una mail alla casa editrice ‘Città del Mexico non sarà più la stessa senza Belascoran. Un amico. ‘ . Scesi in strada, l’aria era gelida e pungente alzai lo sguardo verso i cornicioni delle case e come ogni volta che facevo questo, pensai a tutte le persone che ogni giorno visitano Berlino senza alzare la testa, senza vedere dove gli artigiani della città avevano dato il meglio, camminai fino a smarrirmi, Barbara chiamò, era pronta , guardai l’ora su di un campanile l’una e dieci, fermai un taxi e mi feci portare in albergo, lei era nella hall un po’ scocciata per il ritardo, l’orologio della reception era sull’una e trenta, ci reinfilammo nel taxi ed in dieci minuti eravamo nel luogo prestabilito, ci attendeva una limousine nera, feci un cenno all’autista che ci aprì le portiere entrammo, dall’interno non si vedeva nulla, il viaggio ,secondo la mia valutazione, durò mezzora che dedicai a mirare la musa al mio fianco avvolta in un paltò che la blindava, aveva però un profumo delizioso ‘acqua di guerlain’ ipotizzai, le scarpe con il tacco alto ed una farfallina sul retro, erano raffinatissime.
Una volta arrivati, l’autista fornì Barbara di una fascia nera che le permetteva di vedere ma al tempo stesso di celare parte del volto.
Entrammo nella casa, passammo alcune stanze vuote decorate con stucchi e grandi camini accesi, ci fecero accomodare in una stanzetta dove le dissero di prepararsi, era tesa ma determinata con un unico obiettivo ,la vittoria.
Si tolse il cappotto e come sempre mi meravigliai di fronte a tanto splendore, un vestito nero completamente aperto sulla schiena fasciante sul sedere con due spacchi sui lati. Stavo ancora vaneggiando la sua bellezza che si aprirono le porte , fu accolta da un caloroso applauso, ora doveva guadagnarsi la posta.
Cominciò ad aggirarsi per i tavoli facendosi ammirare, si muoveva con studiata lentezza, cercava gli sguardi più interessati, poi si avvicinò ai tavoli sussurrò il suo valore senza dire nulla semplicemente sfilando, avesse esagerato sarebbe scaduta come probabilmente altre avevano fatto, lei era lì e sembrava dicesse ‘volete avermi? Il mio valore è alto, ogni centimetro di me stessa vale il doppio di quello che avete in tasca e vi concedo di spenderlo per me’ .
Non era dato sapere l’ammontare delle puntate se non alla fine del gioco, vinsero: due anziani signori bavaresi; un piacente uomo di mezza età ; due giovani amici, probabilmente rampolli di qualche ricco industriale; due arabi di nobile stirpe; un texano ‘ petroliere’ supposi; un russo ‘mafioso’ pensai; ed infine un grasso italiano.
I concorrenti furono invitati a raggiungere la stanza adibita al gioco.
Era una grande stanza con divani di pelle bianca, tendaggi rossi e un grande baule da dove gli sfidanti dovevano attingere le risorse studiate per vincere la sfida.
Ad un metro dalla parete destra vi era un grande telo nero.
Di lì a poco il cerimoniere diede il via alla gara, Barbara si diresse verso il russo , cominciò a girargli intorno con studiata lentezza lo guardava come un torero prima di infilare la spada per il colpo letale, ma non vi era il rispetto che il matador riserva all’animale, nel suo sguardo potevo solo leggere il disprezzo, poi le disse qualcosa che non percepii, sicuramente anche il russo non capì
nulla di quello che lei gli diceva ,ma il tono di spregio quello si lo capiva, lui uno abituato a trattare le donne come schiave e ad essere riverito come un dio era sbeffeggiato davanti a tutti, tempo due minuti e la prese per il vestito strappandone un pezzo all’altezza del seno poi cercò di colpirla , fu fermato prima che potesse accadere dall’intervento della security .
Meno uno!!
Gli altri intanto erano intenti a cercare nel baule, tutti tranne i due anziani bavaresi, erano seduti su di un divano le fecero cenno di avvicinarsi, uno di essi le si rivolse in modo garbato in un italiano abbastanza fluido.
-Signora si direbbe che lei si sia dimenticata una clausola importante.
-Cioè??? Fece Barbara.
-Ordini, lei dovrà obbedire ai nostri ordini.
Un sorriso era dipinto sul volto dei due.
-Prima di tutto le è proibito parlare, in secondo luogo se volesse mostrarci il suo intimo?!!
Era spiazzata ‘come aveva fatto a dimenticare una regola così basilare’ il gioco intanto proseguiva e lei doveva porre rimedio a quel guaio.
Si parò davanti ai due e si chinò in avanti mostrando la scollatura, adesso ancora più evidente dopo lo strappo procurato dal russo, si intravedeva un severo reggiseno nero senza pizzi.
-Sollevi la gonna!
Lei alzò il lieve tessuto, le sue gambe erano velate da pesanti calze nere autoreggenti , la pelle fuoriusciva per qualche centimetro, ed ecco la vera sorpresa, indossava un paio di aderenti culotte elasticizzate che a prima vista non dicevano nulla, ma a guardare bene disegnavano benissimo il sedere , il monte di venere invitava lo sguardo a posarsi sulle evidenti labbra,sotto il tessuto si poteva scorgere il bottoncino clitorideo, indumenti da monaca di clausura che in quel contesto apparivano decisamente sensuali.
Azzardo e potere

Il bavarese che non parlava italiano, le lanciò un paio di guanti da soubrette degli anni cinquanta.
-Li indossi. Fece l’altro.
Obbedì , i guanti le arrivavano quasi fin sotto le ascelle, ora aveva un’immagine decisamente fetish.
-Si sdrai sul tappeto.
Intanto che lei eseguiva il suo pari stava istruendo il texano, che si avvicinò, era un uomo di due metri con un fisico possente, aveva delle corde con dei cappi alle estremità.
-Porga un piede.
I suoi arti erano ricoperti dalla stoffa, pertanto l’americano poteva toccarla senza timore di infrangere alcuna regola, strinse il cappio alla caviglia.
-L’altro.
L’uomo copiò l’operazione precedente, Barbara sembrava rassegnata.
-La mano destra.
Il texano cinse il polso di lei con la corda, bastò un leggero strattone e complice la posizione china, ma soprattutto il pessimo bourbon che aveva ingurgitato quella notte, che finì lungo disteso sopra Barbara.
Contatto di pelle, meno due.
I bavaresi si guardarono, uno di loro allargò le braccia come a dire ‘ te l’avevo detto’ avevano premeditatamente sacrificato il giocatore più debole e saggiato le potenzialità della loro preda.
Preda che approfittando di quell’attimo di distrazione, si lacerò il vestito gettandolo lontano, altra mossa inaspettata che le procurò uno sguardo di ammirazione da parte dei due anziani, aveva bisogno di muoversi in libertà e quell’abito che durante la stipula delle regole le era sembrato una protezione ora rischiava d’essere un intralcio ai suoi scopi.
-Una sfidante come se ne sono viste poche. Sentenziò l’anziano tedesco.
-Metta al suo polso sinistro l’ultimo cappio e si alzi in piedi.
Sembrava una creatura di Manara o Crepax , un’ingenua avventuriera in balia degli eventi.
Alcune braccia avevano teso le corde, era immobilizzata ed intorno aveva gli altri giocatori,
si alzò quello che al momento era il capo.
-Lo sa cosa l’aspetta, cosa queste persone sarebbero capaci di fare pur di vincere la posta in palio, punzecchiarli sull’orgoglio non servirà, non incespicheranno come quell’idiota ubriaco.
Posò una mano tra le sue gambe, immobile.
-Solo se saprà far apparire questo corpo un miraggio possibile avrà la vittoria, la sua mente contro la mia,queste sono solo pedine.
Spinse la mano con forza, Barbara inarcò il corpo , dalla sua bocca uscì un gemito sommesso, lui riprese a parlare, stavolta sottovoce, in modo che gli altri non potessero sentire.
Intanto che parlava dava pressione al suo tocco assecondando la voce e il senso delle parole.
-Questo è un gioco crudele. Le diede un leggero pizzicotto che la fece sussultare.
-In cui il potere. La strinse con delicatezza e allo stesso tempo con forza.
-Purtroppo per lei, è nelle mie mani, come il suo piacere ora, perché è quello che sta provando quaggiù??!! Aveva il clitoride tra l’indice ed il medio.
-Le permetto di parlare per un minuto ma faccia in modo che gli altri non sentano.
-So benissimo che non mi vuole adesso, ma solo alla fine se sarò degna, mi ha chiesto se sto provando piacere? Ho le mutande pregne sotto le sue mani, potrei mentirle?
–No, non potrebbe. Il contatto terminò.
-Slegatela, e lei non si muova!
Avrà avuto circa settanta anni, tarchiato, l’ unica attrattiva che gli rimaneva erano gli occhi di un azzurro intenso ,eppure emanava un’aurea di potere a cui gli altri non potevano sottrarsi.
Barbara adesso era conscia che il compito che la attendeva sarebbe stato arduo, il suo avversario era un cagnaccio di strada travestito da gentiluomo.
Studiava i suoi avversari, li percorreva con lo sguardo, cercava di carpirne le debolezze, i due arabi avevano assistito in maniera quasi assente, sembrava avessero acquistato un costoso biglietto per una poltrona privilegiata, il grasso italiano smaniava dalla voglia di metterle le mani addosso, uno dei ragazzi di ‘buona famiglia’ continuava a strofinare il palmo della mano sui pantaloni che non riuscivano a contenere la sua eccitazione, l’altro continuava a rivolgersi verso di lei con quelle che sembravano pesanti offese, l’uomo di mezza età aveva un’aria di superiorità ed era convinto che avrebbe portato a casa il montepremi, il secondo Bavarese era parte attiva in inventiva e strategia con il suo amico, che rimaneva l’uomo più pericoloso.
Una volta libera fece un paio di passi in direzione dei due arabi, si fermò a circa un metro, aveva ancora i polsi arrossati dalla pressione delle corde, si leccò le ferite guardandoli negli occhi.
Arrivò un nuovo ordine.
-Allarghi le gambe, si appoggi al divano e non si muova.
Lei si allungò tra i due arabi, appoggiò le mani sulla spalliera e allargò le gambe, i due arabi rimasero immobili, in compenso l’italiano si affrettò a raggiungerla, chissà mai a qualcuno venisse la stessa idea, posò una mano sulle gambe di lei risalendo vicino a dov’era la pelle scoperta, sapeva che non poteva toccarla e indugiò a lungo sull’elastico delle calze e poi su quello delle culotte, pericolosamente in bilico metteva in discussione la sua permanenza e Barbara ,dapprima restia al tocco dell’uomo che pensava rozzo e untuoso, si abbandonò a quell’attesa, a quel sapiente gioco delle dita. L’italiano adesso aveva appoggiato il medio sull’ano e ne seguiva i contorni attraverso il tessuto ,ogni piccola increspatura era esplorata da quel dito sapiente, ella si abbandonò al piacere, modulò piccoli mugugni che risuonarono nelle orecchie dei due arabi, che richiamati da quel suono di sirene persero improvvisamente la loro compostezza, uno aveva indossato dei guanti e slacciatole il reggiseno si era appropriato dei suoi seni, l’altro, che indossava un vistoso anello con un grosso smeraldo levigato, la toccò tra le gambe, lei cercava di isolare ogni tocco, ora sentendo le mani di uno strizzarle dolcemente i capezzoli, poi seguendo l’estenuante percorso che l’italiano disegnava sul suo ano ogni volta diverso, ogni volta più intenso, e l’arabo che prima aveva sfiorato il centro del suo piacere ora faceva scorrere il suo anello lungo il solco tra le labbra.
Si sentiva sciogliere, la sua urgenza di godere era palese, sospirava sulla nuca dell’orientale un’alito di desiderio, lui era ormai perso nel tempestoso mare in cui l’aveva condotto quel canto, lei sentiva l’anello premere e fremeva ogni volta di più, finchè il gioiello non risplendette più ingoiato da quel mare, lei venne svuotando il respiro sul viso dell’arabo, lui aveva infranto la regola, l’anello purtroppo era penetrato nella vagina di Barbara.
Meno tre.
Lei era ancora nella stessa posizione, disobbedendo sarebbe stata eliminata , l’italiano e l’arabo rimasto si erano allontanati, sentì dei passi alle sue spalle erano quelli dei due bavaresi che si sedettero sul divano.
-Brava! Lei sarà un avversario vero, le concederò la voce per qualche secondo ancora, non vorrei che la giuria travisasse quel che succederà tra un attimo e dovrà rispondere in maniera chiara alla mia domanda.
Udii Barbara rispondere con la voce roca.
-Va bene.
-Se io adesso prima di permetterle di alzarsi, la facessi sculacciare per un minuto dal mio socio la considererebbe violenza?
-No! Sussurrò
-Ripeta, devono sentirla.
-No! Stavolta più chiaramente.
Il socio si pose alle spalle di Barbara le denudò i glutei, indossò i guanti ed iniziò a batterla, l’altro era rimasto davanti a godersi lo spettacolo della bocca di lei, che ad ogni colpo si apriva in un sospiro, nell’attesa i denti mordevano le labbra, lui non poteva vedere gli occhi ancora velati ma io ero sicuro che lo stessero fissando.
Furono dieci colpi ben assestati, quando ‘il socio’ ebbe completato il suo lavoro si discostò e lasciò agli altri la visione delle sue rotondità arrossate, poi la ricoprì.
-Adesso è libera di muoversi come crede.
Aveva bisogno di una pausa, di riacquistare la consapevolezza di dov’era e di cosa stava facendo, nella mezzora precedente era stata in balia degli eventi, completamente soggiogata da quell’uomo.
Si stese su di un divano chiuse gli occhi, furono solamente dieci secondi, sapeva che non gli avrebbe concesso di più, in quegli attimi pianificò la sua prossima mossa, si alzò, riassettò le culotte e aspettò.
Il bavarese era ancora seduto, gli altri attendevano, l’ordine non tardò ad arrivare.
-Venga davanti a me.
Si mosse fino a raggiungerlo.
-Si tolga le mutande.
Lei ebbe un attimo di sconcerto, pensai che era un po’ tardi per la pudicizia, poi eseguì.
-Le raccolga e mostri la sua patetica trappola.
Non era pudicizia , mentre si riassettava aveva praticato un piccolo foro sul cavallo,nella speranza che qualcuno la toccasse a mani nude venendo così a contatto con la sua pelle.
-Pensava che non me ne accorgessi ? Me le dia senza avvicinarsi.
Gliele lanciò.
-Si chini , apra la bocca.
Appallottolò l’indumento e glielo infilò in bocca.
-Non pensa di meritare una punizione per questo?
Non si mosse.
-E allora!!??…….. Allora ?!!
A quel punto fece un leggero cenno della testa, era di nuovo nelle sue mani.
Appoggiò le mani sul divano divaricò le gambe ed attese.
-Lei impara alla svelta, adesso tutti si faranno un giro sulle sue chiappe.
Iniziò il socio, tre colpi ben assestati da vero esperto che la fecero sussultare, ognuno di quelli che seguirono la colpì secondo la sua indole, riconobbe l’italiano per la buffa forma delle mani piccole e grassocce, e perché anche quando picchiava sapeva come farlo, dandole piacere, colpendo unicamente i glutei, riconobbe l’uomo di mezza età perché anche in quel frangente sembrava timoroso, tutti avevano terminato il proprio turno di tre colpi meno uno dei due ragazzi tedeschi, quello che inveiva , le sue manate furono imprecise e violentissime una arrivò a metà coscia, una quasi sui reni e l’altra mancò poco che le colpisse il clitoride.
Poteva chiamare il gioco scorretto ma non lo fece.
Il bavarese allontanò il resto del gruppo fuori dalla portata della sua voce.
Le tolse le mutande dalla bocca, lei ansimò, lui aspettò che riprendesse il respiro regolare.
-Le darò ora la possibilità di giocare due mani come vuole lei, contro i concorrenti che desidera sfidare, unico limite dovranno essere solamente due, uno per sfida, a lei la scelta. Dimenticavo da questo momento può parlare , fino a nuovo ordine.
-Voglio il ragazzo dalla lingua lunga e l’italiano, il ragazzo qui, davanti a tutti, l’italiano da solo in una stanza con camino e tappeto, ho visto che ve ne sono molte qui, naturalmente lei non posso escluderla un po’ perché la temo ed un po’ perché mi fa piacere che veda, inoltre c’è bisogno di un testimone .
-D’accordo su tutto, ma le sue scelte? Il ragazzo capisco, ma l’italiano?
-Forse capirà più avanti.
Spiegò all’uomo che il ragazzo avrebbe potuto trasgredire una regola, quale non riuscii a sentirlo già che si stavano allontanando.
Si inginocchiò.
-Come on, vieni. Chiamò il ragazzo, quando questi si avvicinò assunse una posa da animale in calore.
-Smell me, annusami. Lui portò il naso vicino a quello che in quel momento doveva sembrargli il centro del mondo, l’aquilina protuberanza si muoveva come un mantice nei pressi del fuoco alimentando quella brace che era il suo corpo, aveva smesso di inveire. Il tedeschino era affondato con il naso tra le pieghe del fiore che gli veniva offerto, non scattò alcuna sanzione , ecco!! La regola che gli era permesso trasgredire, annusava facendo scorrere il naso tra il clitoride e l’apertura della vagina madida di umori, affiorò in me il dubbio che quel volgarissimo buzzurro le piacesse.
-Call me cagna.
-Kagna, kagnahh, kagnah. Urlava mentre annusava e strusciava il suo nodoso naso su di lei.
Lei che si rigirò , lo fece stendere a terra e gli montò sopra, lo denudò laddove spuntò un pene di dimensioni come raramente se ne vedono, fece scorrere le mani lungo quel turgido attrezzo , accarezzò ogni centimetro di quel ben di Dio , adorandolo .
Il ragazzo era consapevole dell’apprezzamento che suscitava nelle donne la sua dotazione e adesso la incitava.
Kagna touch me, kagna .
Con una mano, manipolava l’enorme cazzo e con l’altra aveva aperto le labbra in modo che lui potesse sentirla meglio, sentendolo vicino all’orgasmo, gli disse.
-Look me. E si infilò dentro due dita guantate facendole arrivare fino all’attaccatura della mano, una , due, tre volte. Lui da sotto imprecava.
-Kagna, kagna.
Lei gli offrì le dita pregne dei suoi umori, lui le ingoiò voracemente, vi passò la lingua e succhiò ogni goccia di quel nettare, dopo che si fu saziato, lei sfilò lentamente le dita dalla sua bocca e disse.
-Kaput!! Si sfiorò la coscia con le estremità del guanto insalivate precedentemente dal ragazzo.
Il tedeschino, con l’erezione elefantiaca in corso e senza possibilità di un seguito, prese ad insultarla
‘Shit!! Shit!!
Lei si era allontanata ,non si girò, l’aveva umiliato davanti a tutti e adesso, riacquistata la naturale grazia, si stava dirigendo verso il bavarese.
Meno quattro.
-Strano!? Avrei giurato che fosse molto eccitata”.Fece l’uomo.
-Lo ero!! Ma non per lui, era l’idea che lei mi guardasse, ero bagnata per lei, vuole sentire?
Lui fece per allungare una mano nuda verso il suo pube, mano che subito ritrasse.
-Stavo quasi per cascarci!! Lei è molto determinata sarà un piacere batterla.
-Prima di incontrare l’italiano vorrei fare una doccia.
-Sarà accontentata!
Mentre l’acqua scendeva rapida lungo i solchi del suo corpo lavando la repellente ingiuria che quel volgare individuo aveva depositato su di esso, ebbe modo, per la prima volta di concentrarsi a fondo sui suoi avversari: l’arabo era testato, perdeva facilmente il controllo ed era malleabile; il ragazzo rimasto era molto bello ed aveva modi educati, non capiva come potesse accompagnarsi alla bestia immonda del suo amico, probabilmente il suo punto debole era il carattere docile, da verificare; il socio era un’appendice del bavarese, da eliminare assolutamente il prima possibile, ma come ancora non lo sapeva; l’uomo di mezza età non riusciva a definirlo, era rimasto sempre defilato, sembrava calcolare ogni mossa, lui più di ogni altro era lì per vincere, ma se a tutti gli altri, forse, interessava prevalere su di lei, a lui invece interessava la posta in palio; Il bavarese si era dichiarato subito come uomo da battere, era psicologicamente forte ed il potere che emanava la stordiva, sapeva come scoparle il cervello; l’italiano era praticamente in trappola.
La stanza che si apriva ai suoi occhi era piccola con un grande camino acceso , c’erano due poltrone e una grande pelle di orso ai piedi del camino, su di una poltrona si era accomodato il bavarese, l’italiano attendeva in piedi appoggiato al camino.
Lei era avvolta in un accappatoio bianco, quando fu di fronte all’italiano lo lasciò cadere a terra, era completamente nuda le rimaneva solamente il velo su parte del viso, si rivolse all’italiano.
-Anche a lei concederò di trasgredire alle regole, per la precisione a due regole: potrà toccarmi la pelle ma solo con le mani; se lo vorrà potrà penetrarmi ma solo con le dita e solo in due orifizi.
Si girò verso il bavarese.
-Lei, se lo desidera, condurrà il gioco.
Il bavarese fece un mezzo sorriso.
-La farò felice. Intanto direi che una regola potrei imporla io, voglio che l’italiano stia sempre vestito.
-Per me va bene.
Il tedesco si rivolse allora all’italiano.
-Scelga lei dove e come possederla, io disporrò della signorina.
-Grazie della fiducia. Fece l’italiano
-Stia in guardia, la signora è una attraente serpe.
Il grasso individuo la fece stendere a pancia in giù sulla pelle d’orso ed iniziò a percorrere il corpo di Barbara individuandone i punti sensibili, ogni qualvolta ne trovava uno sapeva come manipolarlo, dando la giusta pressione o sfiorandone i contorni.
Lei era visibilmente deliziata, si muoveva come fosse nelle mani di un incantatore, sinuosa ed elegante figura.
Ora era rivolta a pancia in su e lui le stava sfiorando la bocca con un dito, indugiava su di essa come prima aveva fatto con l’ano, ad un certo punto lo intinse, come una penna sul calamaio, tra le sue labbra, lei lo succhiò, lo avvolse nella lingua, quando lo estrasse grondava della saliva di lei, lo diresse verso un capezzolo e lo cosparse, prendendolo a coppa sul palmo facendolo scivolare fino all’incontro con le dita, riprese l’operazione più volte, con più dita o porgendole il palmo che lei leccava come una gattina con il latte.
Il tedesco si avvicinò da dietro la sua testa.
-Lo tocchi.
Allungò le mani fino ad incontrare il corpo dell’uomo, si era dimenticata con chi aveva a che fare, sotto le vesti poteva sentire i rotoli di morbida carne sovrapposti uno all’altro, avrebbe potuto essere un lottatore di sumo senza averne la forza e la potenza.
-Il cazzo!
L’ordine la riportò al gesto fisico, scese fino alla patta, trovò quello che si aspettava , una minidotazione, un piccolo ammennicolo eretto, in alternativa alla sua pochezza aveva sviluppato una abilità manuale che travalicava ogni considerazione sull’aspetto fisico.
Stava eludendo il suo piano asciugandosi le mani con un canovaccio ed un talco profumato per eliminare ogni goccia di sudore .
Questo avrebbe dovuto irretirla, invece ora che le mani dell’uomo stringevano il suo clitoride non poteva far altro che ringraziarlo e pregarlo di continuare, e quando la penetrò con un dito lo implorò di aggiungerne un altro, e poi un altro”.lei seguiva il suo gesto con il corpo, a lui arrivavano vibrazioni e contrazioni che lo esortavano a dare di più, sempre di più, fino a che una goccia di sudore si staccò dal suo viso finendo sull’ombelico di lei, proprio quando stava raggiungendo il culmine, l’italiano fu allontanato, lei rimase tremante.
-Le è mancato qualcosa?
Il bavarese era di fronte a lei, lei si alzò.
-Si! Vuole finire il lavoro?
La sua voce era carica di desiderio.
-Si giri!!
Le mise una mano sulla bocca tappandogliela, l’odore di cuoio nuovo dei guanti penetrava nel suo naso, la morbidezza della pelle mitigava appena la forte stretta.
-Le piacerebbe ?
Fece un segno affermativo con la testa, l’uomo con l’altra mano scese fra le sue gambe, lei gemeva al solo pensiero del contatto.
-Se la chiamassi io cagna!?
Lei si strusciò sulla mano guantata.
-La smetta di dimenarsi, non è ancora tempo per me.
La lasciò ancora una volta sull’orlo dell’orgasmo.
Adesso rimanevano cinque sfidanti.
Quando ritornò al cospetto degli altri aveva i capezzoli eretti e l’interno cosce oscenamente bagnato, la vista e l’odore inconscio di quell’animale voglioso stava scatenando una reazione chimica a cui nessuno poteva sottrarsi.
La portarono di fronte al telo nero, poi sparirono, rimase solo il bavarese seduto su di una sedia stile ottocento a guardarla.
Il telo improvvisamente si animò, uscirono le sagome indefinite degli altri, mani cominciarono a toccarla, corpi le strusciavano addosso , poteva sentire le loro erezioni su di sé, veniva inghiottita ed espulsa dal telo, quella frenesia di oscurità e luce la stava trasportando in dimensioni a lei sconosciute, nei momenti di oscurità era sempre in mezzo a due persone, dapprima passiva si lasciava manipolare, poi cedendo a se stessa prese a toccare, esplorare, fino a posare le labbra sui loro esuberanti cazzi, nei rari momenti di luce aveva davanti il bavarese ed il suo ghigno.
Chi guardava vedeva solo lei che danzava nella tentazione del buio.
Dopo l’ennesima espulsione dall’oscurità si fermò chiudendo le gambe in una deliziosa posizione ad Y inversa, fece resistenza agli artigli di buio che la tiravano a loro, guardava il bavarese, questi si pronunciò.
-Fermi! Non mi dica? Un momento di titubanza? Allarghi le gambe!! Lei obbedì all’ordine.
-E adesso mi dica cosa vuole.
-Non è titubanza, li voglio tutti e quattro assieme e voglio che lei veda.
-Non ero io che davo gli ordini?
-Si’.. scusi, se lei lo desidera”padrone.
Una cosa che non capivo di tutto ciò era che Barbara, indipendente e casomai prevalente, si fosse assoggettata a quel tipo.
Dopo un ghigno d’approvazione ‘il padrone’ acconsentì alla richiesta.
Divenne subito la conduttrice di un gioco, la cui perversione era nella sua capacità di portare i quattro allo stesso livello di eccitazione mentale e fisica, il problema poteva manifestarsi inversamente se lei non fosse stata capace di gestire la sua di eccitazione.
Era a gambe larghe, aveva preso il pene di uno di loro e se lo strusciava tra l’ano e la vagina, prese la mano di lui e gli indicò il movimento che voleva, quasi le dispiaceva che ci fosse la stoffa del telo a far da barriera, prese l’altra mano e la portò sul seno.
Il secondo lo fece venire davanti a sé, lasciando comunque libera la visuale al bavarese, lo attirò per le chiappe portando il suo pene a portata di bocca, agli altri due prese ad accarezzare lo scroto ed i testicoli risalendo poi lungo l’asta, fino a stringere nel pugno il glande, insegnato loro il giochino dell’alternanza, in breve tempo la stanza si riempì di suoni primitivi, quasi che l’uomo avesse bisogno di regredire, di annullare le reticenze culturali, per godere appieno.
Barbara era sempre impegnata, ma ogni tanto trovava il tempo di volgersi al padrone abbassando la testa, l’apoteosi era vicina il respiro di lei era interrotto da singhiozzi di piacere e gli uomini grugnivano come maiali, i due nelle sue mani non potevano, non volevano, sottrarsi a quel divino movimento, passpartout per il paradiso, quello dietro di lei sentendola vicino all’orgasmo aveva accelerato i movimenti, il quarto era a fuoco lento e lei aspettava solo ad alzare la fiamma.
Aumentò la pressione ed il movimento delle mani, quando senti il loro orgasmo arrivare strinse forte i due cazzi fino a quando non smisero di pulsare, li lasciò e con una mano indirizzò il pene dell’uomo alle sue spalle sul clitoride, tenendovelo premuto e muovendosi su di esso, con l’altra prese a muoversi simultaneamente alle sue labbra sull’asta del quarto concorrente.
Arrivò prima lei con un urlo animale che veniva dal profondo del suo corpo, lanciò quell’urlo in faccia allo sfidante che stava manipolando ,che rantolando venne tra le sue mani.
Probabilmente senza saperlo aveva appena eliminato tre concorrenti, la stoffa aveva lasciato passare qualche goccia di sperma che impiastricciava le sue mani.
Ne rimanevano due, il bavarese e chi altro?
Sfinita e seduta sul telo nero immaginò potesse essere il tedesco di mezza età , era invece sicura non fosse il secondo bavarese la cui tozza corporatura aveva riconosciuto, attraverso il tessuto.
-Stanca?
La voce del padrone la distolse dai suoi pensieri.
-Di cosa? Spero mi abbia riservato il meglio per il finale.
-Fa l’arrogante con me?!!? Ancora non le basta??!!
Lei ancora una volta poggiò le mani sul divano e flettendosi offrì il suo roseo culetto rispondendo.
-No! Ancora non basta.
Lui si alzò.
-Vuole qualcosa di meglio?
-C’è qualcosa di meglio di quello che mi aspetta?
Pensai fosse impazzita, dove voleva spingersi?
Si sfilò la cintura di cuoio, gliela passò sotto al naso, quell’odore intenso la inebriava ed il pensiero che fosse sua la stordiva ancor di più.
-La lecchi.
Tirò fuori la lingua e la leccò con voluttà come fosse parte di lui ‘del padrone’.
-Devo chiederle ancora una volta se considererà violenza l’uso di questo oggetto su di lei.
-Solamente se sarà lei ad usarla, non sarà’. violenza.
-Sia. Sentenziò il tedesco.
La cintura schioccò cinque volte, il bavarese non poteva vederla, ma io vidi la sua bocca aperta piena di saliva , ad ogni colpo ritraeva la lingua e si inumidiva le labbra, era di nuovo pronta.
La lasciò lì con il sedere per aria, con il marchio del suo potere su di lei.
Lo sfidante rimasto era il ragazzo di buona famiglia, non avrebbe mai detto che fosse lui.
-Voglio spiegarle una cosa. Era la voce del bavarese.
-Nell’ultima fase del gioco un concorrente può subentrare ad un altro offrendogli del denaro, in questo caso lo sfidante rimasto era il brizzolato, si riferiva all’uomo di mezza età, è solito a questo gioco, ma stavolta non voleva mollare, ed il giovanotto ha dovuto sborsare un bel po’ di quattrini per continuare al suo posto.
-Quanti? Chiese ingenuamente Barbara.
-Vuole veramente saperlo? Le assicuro che se saprà la cifra si sentirà definitivamente una prostituta.
-Quanti?
-Centocinquantamila euro.
-Una balla!!
-La pensi come vuole.
-Matheus la signora forse farà qualche altra concessione se ti vedrà nudo.
Il ragazzo si spogliò, non era un palestrato, tuttavia le sue forme erano armoniose , spalle larghe, torace appena irrobustito, un sedere sodo e benfatto, gambe robuste e lunghe, il pene era di dimensioni normali.
Barbara trovava quella figura piacevole ma non aveva nessuna particolarità che potesse indurla a concedere di più. Era guardinga ed incuriosita, decise però che le qualità del giovane dovevano essere nascoste ed in tal senso fece le sue concessioni.
– Il ragazzo potrà venire a contatto con la mia pelle, potrà usare le mani come l’italiano ma senza penetrarmi, cosa che potrà invece fare con la lingua, la saliva ed il sudore saranno liquidi concessi, non altro.
-Ben tre eccezioni e mezzo, ma scusi, perché la lingua?
-Vedendolo nudo, lo ho trovato piacevole, ma alla vista nulla mi sembrava degno di una concessione, per cui ho pensato ad una qualità celata e l’unica cosa che non potevo vedere era l’interno della bocca.
-Ragionamento pregevole. Matheus è tua.
Lei non attese e si sdraiò ai piedi del bavarese, voleva vedesse.
Il giovane prese a toccarla quasi timoroso, Barbara si rivolse all’uomo.
-Le dica che sono stanca di delicatezze, se è vero che ha pagato tutti quei soldi, ha il dovere di trattarmi come crede, che mi strizzi i capezzoli1 Che mi prenda per i capelli! Che mi faccia sentire la sua puttana!
Il bavarese tradusse e da quel momento in poi il timoroso ragazzo si trasformò in un rude aguzzino.
La prese per i capezzoli e la attirò a sé, la baciò, solo in quel momento seppe che la sua intuizione era esatta, la sua lingua era carnosa, grande e lunga.
Fu così che si ritrovò a gambe spalancate, con le unghie di lui piantate nei glutei ,mentre la prendeva con la bocca e faceva scivolare quell’enorme mollusco dentro di lei, si ritrovò a gridare orgasmi uno sull’altro, i suoi seni si offrivano turgidi a quella morbidezza ed il suo ano voleva solo sentire quella lingua farsi strada nelle sue viscere.
Poi lei iniziò a muovere la vagina lungo il pene del giovane sfiorandolo, facendogli sentire quanto fosse aperta, disponibile, vogliosa, ad ogni passaggio si aggrappava alla pelle del ragazzo con le unghie scegliendo di dare maggiore pressione quando la sua apertura era a contatto con il glande, resistette a lungo, ma ad un certo punto la prese per i capelli e affondò il colpo, trattenendola sull’asta, lei lo graffiò e si divincolò a lui non restò che masturbarsi per porre fine al suo supplizio. Lei si rivolse al bavarese.
-Adesso vuole finire il lavoro? Le concederò di penetrarmi e di usarmi come vuole, le concederò di offendermi come meglio crede, le concederò di riversare i suoi liquidi su di me , le concederò di essere violento e sadico ma niente sangue e segni permanenti. Lei in cambio mi farà due concessioni, mi lascerà parlare e poi scriverò su di un foglio che poi metteremo in una busta sigillata una particolarità su di lei che se risulterà vera mi darà la vittoria, lei dovrà subire un’unica angheria a cui io la sottoporrò anch’essa scritta nella busta.
-Mi pare corretto. Fece l’uomo.
Portarono a Barbara un foglio ed una busta, dopo che ebbe scritto, sigillarono la busta con della ceralacca e la misero in bellavista sopra ad un comò.
Il bavarese le diede ordine di chiudere gli occhi , quando ritornò con un leggero tocco sulla spalla la piegò in avanti, quando ebbe la testa all’altezza del cavallo le disse di guardare, aveva in mano delle mollette in metallo.
-Ora le sigillerò la figa con queste e voglio che lei guardi!
Ogni molletta all’inizio, quando comprimeva i vasi sanguigni, provocava un dolore atroce che lentamente si attenuava, il bavarese lo viveva come un momento intenso, aveva il culto della dominazione e già a ventanni aveva iniziato a sperimentarla con una cugina di dieci anni più vecchia di lui, si considerava un vate e quando sentì la voce di lei esclamare.
-Tutto qui!!? Delle mollette da sexy shop, pensavo avesse un minimo di considerazione per me.
Lo vide cambiare espressione e sfilarsi la cintura.
-Stia zitta Troia, preferisce questa? La colpì con forza, Barbara sussultò ma rimase al suo posto.
-Si stronzo preferisco questa. Le arrivò un’altra scudisciata.
Seguì un silenzio di studio, l’uomo era spiazzato dal cambiamento di lei, non capiva la sua ribellione , non adesso che l’aveva messo in una condizione di potere quasi assoluto.
Sparse del ghiaino sul pavimento e sopra vi stese un telo di tessuto spesso abbastanza da evitare ferite , ma fino quanto basta a farle sentire dolore, la fece stendere di schiena, gli portarono un contenitore con un liquido fumante.
-Chiuda gli occhi e assapori ciò che sto per darle.
Barbara obbedì. La prima goccia le cadde su un seno, ‘cera’ pensò , le altre stille infuocate le trafissero il corpo ovunque, lei a parte qualche piccola contrazione non si mosse.
-Un altro gioco da dilettante, mi sta deludendo.
-Si inginocchi e si genufletta a me puttana.
Ancora una volta obbedì e ancora una volta le arrivarono le sferzate della cinghia.
-Questo mi piace padrone. Adesso la sua voce era infantile.
-Me ne dia un’altra per favore. Il colpo non tardò ad arrivare.
-Perché non mi toglie questi articoli da quattro soldi dalla vagina e non mi sbatte?
-Muta vacca! sono io a decidere!!
-Signor padrone non sia cattivo con me, in fondo se il suo pene non si alza non è colpa mia.
-Ho detto zitta!! Gridò il bavarese, ma ormai Barbara aveva capito di averlo in pugno e continuò.
-Può sempre sostituirlo con qualche altro surrogato da sexy shop, scommetto che ha un bel cazzone con cui soddisfarmi in quel baule , magari ha un bambolotto gonfiabile, nero, con la sua rubiconda faccia stampata?!
L’uomo era impietrito ed incazzato, soprattutto con se stesso, per averla sottovalutata, per aver creduto di averla nelle sue mani, un momento dopo la ragione lo abbandonò e fece ciò che non avrei mai creduto potesse accadere, le strappò la benda dal viso e schiaffeggiò Barbara, poi si fermò.
-Ha vinto lei. Mi scusi volevo vedere in viso l’unica che finora è uscita vincitrice da questo gioco. Mi scusi l’ira ero fuori di me.
Il gioco era terminato nel momento in cui lui le aveva strappato la maschera, rivelandone l’identità, ma Barbara non era ancora contenta.
-Vorrei leggerle la prima parte di quel che ho scritto. Prese la busta dal comò, lacerò la ceralacca e lesse ‘ il signore ,ultimo sfidante, è impotente da almeno ventanni ed ha sviluppato un carattere dominante, servendosi di altri soggetti sottomessi, in sua vece, durante gli atti sessuali, credo che non sia stato l’ultimo concorrente ‘Matheus’ a comprare la sua partecipazione ma il signore in questione’.
-Legga a bassa voce. Disse porgendo il foglio al bavarese, lui scorse quel che vi era scritto, abbassò il capo.
Lei indossò nuovamente la benda, l’uomo chiamò a raccolta i concorrenti.
Barbara era ancora nuda con qualche chiazza di cera sulla pelle e con le chiappe segnate dalle cinghiate, anche così rimaneva una donna superba.
-Mi tolga le mollette, voglio sentire solo sollievo, non dolore.
Il bavarese definitivamente sconfitto eseguì.
-Si stenda sotto di me.
L’uomo si stese a terra.
-Apra la bocca.
Fece anche questo.
Lei allargò le gambe e lasciò partire un getto di dorato liquido che inondò il viso del bavarese, mi parse di vedere un rigonfiamento sotto i pantaloni, e ora mi piace pensare che quella sera abbia trovato un nuovo modo di vivere la sua sessualità .
La portarono a fare una doccia, le spalmarono una pomata all’arnica atta a lenire l’effetto delle cinghiate e della cera, le diedero un vestito nuovo ed una nuova benda per mascherarsi, passò attraverso il salone dove c’erano ancora quasi tutti i giocatori della bisca, che le tributarono un lungo applauso.
Poi ci fecero accomodare in una saletta dove il contabile mi restituì la cauzione, e dove diedero a Barbara il premio per aver vinto la scommessa.
-Signora congratulazioni per tutto, è stata bravissima in ogni passaggio di questa sfida. Nel proporsi , le scommesse sono state molto alte, nonostante avesse messo dei paletti abbastanza rigidi, 400.001,00 euro, a lei ne spettano la metà, ad ogni concessione il montepremi aumentava del 10% rispetto al montepremi iniziale, lei ha fatto in tutto nove concessioni per ulteriori 360.000,00 euro anche di questi gliene spettano la metà ,pertanto la sua vincita ammonta a 380.000,50 euro, non male direi.
Era senza parole.

Nel tragitto di ritorno lei si accoccolò tra le mie braccia, restammo in silenzio, lei con gli occhi chiusi , io interpretando il suo silenzio.
Arrivammo in Alexander Platz che il sole spuntava arrossando i tetti di Berlino, raggiungemmo la nostra camera , dopo una doccia ci infilammo sotto le coperte , la abbracciai in quello che voleva essere un gesto di protezione, lei si addormentò.
DUE FINALI

NON RITORNO CON RAZIOCINIO

Pensai a lungo a quello che era successo, alla perduta strada in cui avevo condotto Barbara, e soprattutto al fatto che avremo dovuto accettarci come due persone diverse e capire se la notte passata era stata un punto d’arrivo, piuttosto che un punto di partenza o solamente una pazzia momentanea? Chiusi gli occhi senza accorgermene, rapito dalla mia coscienza che chiedeva una pausa.
Fui svegliato dalla voce di Barbara, era al telefono.
-Si caro, ho chiuso una parte del contratto, un successone.
Andai in bagno, l’acqua che scorreva sulla pelle sanciva il mio definitivo risveglio.
-L’importo, grazie all’entrata dei nuovi soci di Berlino è cresciuto notevolmente.
Lo spazzolino che sfregava i denti copriva a tratti la voce di lei.
-Si, si, anche la mia percentuale, credo di avere guadagnato più stanotte, che in due anni di lavoro.
Mi sedetti sul letto a guardarla mentre camminava su e giù parlando a raffica, con su una mia felpa di quattro taglie abbondanti, immaginai il marito all’altro capo del telefono compreso nella parte.
-Sai adesso sono a Berlino.
Si stava avvicinando al letto.
-Già già, lo so che anche lo stronzo è qui. Si tolse la felpa e con un gesto estremamente sensuale abbassò l’elastico degli slip, invitandomi a finire il lavoro.
-Dovrei telefonargli??!! Ma sei impazzito! mi tirerebbe matta!! Fece scivolare la mano lungo il pene.
-Vuoi che mi rovini la serata??! Mi offrì il seno.
-Va bene, va bene, lo farò per te amore. Si abbassò.
-Centocinquantamila, euro più euro meno, le privatizzazioni delle risorse minerarie rendono molto. Prese il glande tra le labbra inumidendolo.
-Mentre parlo ne approfitto per fare colazione, ti spiace? Riprese il movimento delle labbra, accompagnandolo a quello della lingua.
-Cosa sto mangiando??? Beh, direi un cannolo ma deve essere di ieri , perché è un po’ duretto’..Dovetti affogare la testa nel cuscino per contenere la risata.
-Credo passerò ai cornetti sembrano più freschi”.Dovetti riprendere il cuscino!!
-No, non torno prima di due giorni”.anche tu mi manchi. Condusse il pene all’interno della vagina ed iniziò un movimento lento, circolare, per poi alzarsi quasi a farlo uscire e poi ancora lentamente contraendosi su ogni centimetro della turgida carne, non si tratteneva e ansimava.
-Sembra stia scopando??!! Ma cosa ti salta in mente?? Sono sulla cyclette a rassodare i muscoli, amore!! ”’..Però se ti piace pensarlo posso accontentarti. Dall’altro capo nessuna risposta, Barbara aveva inserito il viva voce.
-Puoi toccarti?
-Si, ma.
-Niente ma!! Dimenticavo che adesso lei aveva un ascendente autoritario su di lui, ed il fatto che lo stesse umiliando davanti a me lo confermava.
-Adesso ascolta, taci e masturbati. Ieri sera ero a mangiare con questi imprenditori tedeschi, per festeggiare la chiusura del contratto, avevano bevuto più del dovuto e a dirti il vero anch’io ero un po’ su di giri, non per l’alcool ma per l’adrenalina accumulata durante la giornata, a cena terminata mi hanno portata in un locale di lap dance, ho pensato fossero dei buzzurri ma in realtà il posto era divertente, vi si esibivano improvvisate ballerine che nella vita normale erano impiegate , piuttosto che casalinghe o altro, ridevamo delle inappropriate mosse delle donne sul palco, quando uno di loro mi chiese se me la sentissi di fare anch’io uno spettacolino, non so se l’adrenalina o l’innocenza di quel che vedevo mi spinsero ad accettare, so soltanto che da lì ad un quarto d’ora ero sopra al palco a girare attaccata ad un palo.
I tedeschi se la ridevano come matti, mentre il resto degli avventori mi si fecero intorno infilando banconote sul reggiseno e sugli slip, commentando la mia prestazione con fischi e applausi , ti devo dire che tanta devozione mi ha messo in uno stato di eccitazione quasi febbrile, e quando una mano emersa dall’ombra ha infilato sull’elastico 500 euro mi sono sentita gratificata e quando poco dopo la stessa mano ha infilato altri 500 euro dall’altra parte dello slip avrei sinceramente preferito che me la infilasse tra le gambe,’..sei eccitato? Io feci un segno affermativo con la testa ridacchiando, mentre dal viva voce arrivò un flebile.
-Si continua”
-Terminato lo spettacolo mi rivestii e tornai al tavolo, i tedeschi mi accolsero con un’ovazione, mi offrii di pagare il conto con il ricavato della lap dance, ma quando andai per pagare il conto risultava già pagato, il cameriere fece un cenno verso un tavolo nella penombra, mi avvicinai all’uomo per ringraziarlo, era lo stesso dei 500 euro, questi mi disse che avrebbe accettato i miei ringraziamenti solo al mattino dopo, pensai che di gente strana era pieno il mondo e me ne andai con i tedeschi.
Durante il breve tratto a piedi dal locale all’albergo vidi che la sagoma dell’uomo ci seguiva a qualche passo di distanza, nella hall salutai gli imprenditori e imboccai l’ascensore, prima che la porta si chiudesse del tutto una mano che conoscevo interruppe il fascio delle fotocellule , durante il percorso fino al mio piano ci siamo studiati attentamente, posso dirti di lui che non era bello, una cicatrice sul volto deturpava i suoi lineamenti, ma era decisamente maschio con la barba incolta ed un’espressione determinata, prima che l’ascensore arrivasse a destinazione mi aveva già strappato le mutande, prima che aprissi la porta della camera mi aveva già baciato e tenendomi contro il muro mi aveva fatto sentire la sua erezione, una volta entrati mi ha presa in piedi contro la porta con una forza inaudita, quasi quanto l’orgasmo che ebbi di lì a poco, ma lui non si fermò era resistente e mi ha scopata ancora e ancora. Stamattina quando hai chiamato il suo posto era ancora caldo”’è bello in tiro il tuo ‘coso’ caro?
Aveva aumentato il ritmo i nostri corpi sussultavano e lei si contraeva imprigionando il mio ‘COSO’
-Amore sei pronto per l’atto finale.
Ancora una volta arrivò una risposta affermativa, solamente più rantolante. Lei riprese il suo racconto solo che adesso descriveva quello che stava accadendo realmente”..
-Sai, il suo posto era così caldo perché lui è ancora qui e adesso mi sta scopando, posso sentire la sua asta muoversi dentro di me, finora vi ho danzato sopra come un’odalisca all’inizio della danza del ventre, quando la musica sembra arrivare da lontano e il metallo dorato sulle anche ondeggia producendo un suono soave, ma ora suonano i tamburi e la musica è salita ed il mio ventre, al battere delle mazze, vibra ogni volta di più, il metallo ora sobbalza sulle mie anche e lui suona una musica forsennata dentro di me. Appoggiò il telefonino sul letto in breve venne scossa da un orgasmo violento .
-Cara, cos’è successo??
-Ho avuto un orgasmo, stronzo, pensavi che mentre tu ti menavi il ‘coso’ io non fossi eccitata??
Mi sono masturbata e sono venuta alla grande. Tu invece??
-Credo dovremmo mandare a pulire il tappeto!!
-Fossi lì te lo farei pulire con la lingua, ci vediamo domani.
Era chiaro che i miei dubbi avevano avuto una risposta, era solo l’inizio!!!
Però non era una storia che potesse avere un seguito, il gioco a cui stavamo giocando era estremamente pericoloso, avevamo due famiglie e vi erano di mezzo dei bambini, dovevamo trovare una soluzione razionale ad un sentimento irrazionale.
La soluzione la trovammo pasteggiando, quando il sangue fluisce alla pancia ed il cervello ragiona un po’ meno.
Il menù comprendeva dei ‘delicati’ crostini al lardo, prosciutto crudo affumicato della foresta nera , formaggi della Baviera e zuppa d’orzo con speck, il tutto accompagnato da blauburgunder di Niedermaier, un connubio perfetto.
Durante l’assalto ad una mousse di pere e cioccolato decidemmo che avremmo continuato a vederci, ma soltanto poche volte all’anno e possibilmente all’estero, per il resto del tempo saremmo stati quello che finora eravamo stati agli occhi di tutti, NEMICI!!.
FINE

FINALE DUE

Accettazione e nuove scoperte

-Barbara volevo dirti”
-Non adesso Marco lascia che ci dorma su, parleremo domani.
Arrivammo in camera che albeggiava, lei si spogliò e si infilò sotto le coperte, dopo pochi minuti dormiva profondamente, io avevo bisogno d’aria e di scaricare la tensione accumulata durante la notte, mi infilai una tuta e andai a correre tra le vie semideserte di Berlino, nel mio cervello non c’era leggerezza, vi era invece una sorta di cupo stordimento, non riuscivo a razionalizzare i miei sentimenti, non capivo ciò che mi opprimeva e il mio disagio stava diventando ansioso.
Corsi per un’ora, molto più dei venti minuti che mi concedevo ogni mattina, quando arrivai all’albergo l’acido lattico si era ormai impadronito delle mie gambe , arrancai in camera, mi stesi sul divano e chiusi gli occhi.
Mi svegliarono i passi di lei e lo scroscio della doccia, rimasi sdraiato, era piacevole starsene nel limbo del dormiveglia, svegliarsi gradualmente, le labbra di lei si posarono sulle mie.
-Buongiorno!!
-Addio gradualità! Esclamai
-Volevi un risveglio dolce?
-Magari, si!
-Beh! Quel che è fatto è fatto! Andiamo a far colazione?
-Una doccia e arrivo.
Scendemmo che erano le due del pomeriggio.
-C’è un’ottima pasticceria viennese qui all’angolo, ci sono stata ieri con Marina .
Ci accomodammo ad un tavolino che dava sulla strada io presi una sacher , Barbara una torta di mele, pere e crema zabaione, a dire il vero molto poco viennese.
-Adesso puoi parlarmi, stanotte non ero pronta e sinceramente ero sfinita.
-Si, volevo in realtà scusarmi per averti condotto fin qui, perché ho l’impressione che sia una strada senza ritorno, è come se avessimo strappato un biglietto per l’inferno”.
-Ne parli come se io non avessi voce in capitolo, credi che se non l’avessi voluto sarei venuta mio malgrado? Non sottovalutarmi Marco. Comunque è stato molto coinvolgente ho dovuto giocare con la psicologia e le patologie di tutti quegli uomini e non ti nascondo che la vittoria su quella specie di sadico immondo mi ha dato una grande soddisfazione, ma devo anche dirti che l’eccitazione che provavo era reale.
Penso che il mio biglietto per l’inferno l’ho strappato quando ho accettato questa relazione, quando mi hai baciato la prima volta ho capito che mi sarei persa in strade sconosciute, ho capito che eri l’ignoto nel mio cuore.
Ora era tutto chiaro la mia ansia, il senso di oppressione, avevo paura di averla ferita perché tenevo a lei, l’amavo in un modo che non riuscivo a spiegarmi.
-Pertanto tu l’hai accettato come parte di me.
-In maniera del tutto irrazionale, così distante da me, però si l’ho accettato.
-Io credo di non averlo ancora compreso o meglio non ho capito se amo la vertigine che riesci a trasmettermi o se amo te.
Mi erano uscite di bocca parole che non volevo pronunciare, ma in quel momento stavamo scoprendo carte importanti”
-Non è la stessa cosa?!!? Sono io la vertigine!
Mi baciò.
-Mi hai corrotta”.
Le sue mani scivolarono sotto al tavolo.
-Mi hai sedotta”.
La zip scorse verso il basso.
-Non vorrai abbandonarmi?
Strinse il mio pene.
-Il raziocinio non fa per noi’..
Si chinò sotto al tavolo, sperai che non si inventasse di parlare oltre, adesso che era in ginocchio coperta dalla tovaglia.
-Signore posso portar via?
La voce della cameriera mi fece sobbalzare.
-Certo! Grazie!
A parte due ragazze che ridacchiavano nessuno sembrava aver visto Barbara nell’atto di sparire sotto al tavolo.
-Marco Faubel!!?? Non posso crederci, sono tra i suoi fan su facebook!
Pensai potrei metterci la faccia che ho adesso sul profilo.
-Che ci fa qui un fan in una pasticceria di Berlino?
-Sa sono qui per lavoro e ”
Lo guardai e lo zittii con la mano.
-Si avvicini.
Quando ebbe l’orecchio a portata di sussurro, parlai’.
-Non sembrerebbe ma in questo momento sarei impegnato”
Accompagnai il suo sguardo verso il basso e scostai la tovaglia’
Si alzò di scatto quasi fosse seduto su delle braci ardenti.
-Mi scusi, non volevo, sono dispiaciuto!!
-Spero di non aver perso un fan!!
Dissi all’indirizzo del tipo che stava uscendo trafelato, fece un gesto con la mano che non riuscii ad interpretare.
Passarono pochi secondi e’..
-Marco Faubel ? Ho sentito bene?
Era una delle due ragazze, si sedette al tavolo.
-Devo assistere ad una sua lezione domani.
Bene! pensai, domani sarò lo zimbello della scuola, intanto Barbara continuava a sprofondarmi nel precipizio, dovevo avere i lineamenti sconvolti.
-E’ sicuro di sentirsi bene?
-Si, sono solo molto stanco.
Mi sentii dire mentre la lingua di lei percorreva le vene ingrossate del pene .
-Si sente stanco per il lavoretto che la sua amica le sta facendo là sotto?
Sentii una contrazione nei movimenti di Barbara, che pur non capendo il tedesco qualcosa doveva avere intuito, fu solo un attimo poi continuò il ‘lavoretto’ con maggior maestria che prima.
-Non le pare di essere inopportuna signorina? Questo è il mio privato!
-Susan, non signorina! Comunque non sto criticando nulla e da lei d’altronde mi aspetterei di tutto, anche che sappia sostenere una discussione nel mezzo di un”
-Non vada oltre Susan, lei è qui deliberatamente per provocarmi .
-Consideri che la situazione è anche divertente.
Disse ridendo Susan, ma quanto successe poi ribaltò le parti.
-Oh, ma che”. non pare riguardi solo il suo privato ora !!! Lo sa cosa sta facendo la sua amica?
La guardai con aria interrogativa , anche se temevo di saperlo.
-Ha una mano sul mio polpaccio e sta salendo, ora è sulla coscia e si sta avvicinando a oh! Ha discostato le mutandine, le dica di fermarsi!!!
-E’ impazzita non sa di cosa è capace se non ottiene quel che vuole e poi si immagini lo scandalo!
-Cosa centro io!
-Vuole dirmi Susan che in questo momento sarei io in una situazione imbarazzante.
– No,ma”.
– Ah!ah! niente ma e consideri che la situazione è divertente.
Dissi, parafrasando la sua precedente frase, intanto Barbara là sotto”
– Per cortesia, le dica di smettere!
Le parole dicevano una cosa , il tono un’altra.
– Andiamo signorina, vuole negare che da qualche minuto il suo bacino sussulta in cerca di un contatto ogniqualvolta la ragazza sotto al tavolo si discosta per rifiatare? Vuole negare i segni evidenti della sua eccitazione? Capezzoli eretti, labbra ingrossate, in questo momento il suo corpo si offre alla bocca di lei, la smetta di mentire a se stessa e se la goda!
Adesso erano i lineamenti della ragazza ad essere stravolti, si allungava sulla sedia non sapendo che posa prendere per assecondare i movimenti di Barbara ad un certo punto si inchiodò in una posizione. Sentii la voce di Barbara sussurrare’.
– Un dito’due dita’tre ‘.quattro’ cinque ‘.
– Mi’ sta’sfon..dan..do
Disse Susan con la voce rotta, poi raccattò un tovagliolo e soffocò il grido che sanciva il suo orgasmo.
Barbara riemerse.
-Trovato!!
In mano teneva un anello che doveva essersi sfilato per meglio penetrare la ragazza.
-Piacere Barbara.
Tese la mano verso la ragazza potevo vedere le sue dita madide degli umori di lei, la ragazza sorrise e le strinse la mano.
-Piacere mio, io sono Susan.
-La torta era buonissima, dicono che se non ti lecchi le dita godi solo la metà .
Si leccò l’indice guardando Susan.
-Che ne dici se facciamo vedere a Susan la nostra collezione di farfalle.
-Io non posso interagire con lei è una mia studentessa , ma nulla ti vieta di accompagnarla nella visita.
Tempo cinque minuti e le due si dileguarono verso l’albergo.
Pagai il conto e la cameriera mi chiese se fossi rimasto soddisfatto del servizio risposi che non poteva immaginare quanto. Lei sorrise.
– Sa non sembra, ma io sono abituata a guardare , spesso ci sono clienti che se ne vanno senza pagare, quel che è successo oggi non lo avevo ancora visto, a volte vorrei avere il coraggio di vivere appieno la mia sessualità come avete fatto voi.
– Non si disperi è ancora giovane, magari un giorno passiamo a trovarla”
Varcai l’uscio la giornata era tersa e fredda camminai lungo l’argine della Sprea fino alla zona universitaria, intanto Barbara e Susan salivano all’ultimo piano del nostro albergo, tra la gente in ascensore le mani di Susan avevano spremuto il sedere di Barbara, quando finalmente rimasero sole per gli ultimi tre piani Susan tolse le mutande a Barbara sfiorandole appena il clitoride e procurandole un brivido , poi tolse le sue e del tutto inaspettatamente le fece indossare a Barbara , che sentendole bagnate dall’orgasmo che le aveva fatto avere nella pasticceria provò un’ondata di calore che la avvolse, si baciarono con trasporto accompagnando la salita dell’ascensore con la salita del loro desiderio.
Percorsi i pochi passi che le separavano dalla camera, Barbara prese a spogliarsi, Susan la fermò, voleva occuparsi di lei per ogni dettaglio e spogliarla era affar suo, glielo disse nella sua lingua, che Barbara non capiva ma comprendeva i gesti e la modulazione di quella voce che la rapiva.
Le tolse il cappotto e le sfiorò il collo con un bacio, la giacca dell’abito e le mordicchiò l’orecchio, la gonna e percorse le gambe con le mani, la camicia e mani e labbra si occuparono della schiena, dei fianchi, della pancia, dell’ombelico.
Il corpo di Barbara era scosso da fremiti, era la sua prima esperienza saffica, non poteva immaginare che lo fosse anche per Susan.
Fu la volta del reggiseno, voleva sentire la sua lingua sui capezzoli, ma Susan scelse di accrescere il desiderio di lei , prima prendendole il seno a coppa ,massaggiandoglielo dolcemente, poi disegnando cerchi concentrici con la lingua intorno ai turgidi capezzoli, poi soffiò su di essi, quando la ritenne matura li accolse nella sua bocca, Barbara mugolava il suo piacere in balia di un oceano che le montava dentro.
Se a Susan avessero detto soltanto due ore prima , che si sarebbe trovata in tale situazione e per di più provandone un piacere immenso, avrebbe dato in escandescenze o ci avrebbe riso su dandolo per impossibile, ora con Barbara persa tra le sue labbra, dava ascolto solo al suo corpo, ne seguiva il richiamo in una sorta di tam tam dei sensi.
Bastò che Susan premesse il palmo della mano sulla vagina, facendo aderire le sue mutandine al clitoride di Barbara perché lei si abbandonasse in un inaspettato e violento orgasmo.
Quello che successe dopo furono bocche che si cercavano, lingue che penetravano, mani a volte dolci a volte violente, ebbero orgasmi l’una nelle mani dell’altra, l’una nella bocca dell’altra, l’una nel cervello dell’altra.
Non c’era niente di scontato in quel che facevano, non ebbero bisogno dell’artifizio, non rimpiansero una presenza maschile, semplicemente si arricchirono ognuna dell’altra.
Io raggiunsi l’università, erano passate ormai tre ore da che le avevo lasciate erano le 19,00 e complice la lunga camminata avevo una fame da lupo, ero nella mia zona e non avevo che l’imbarazzo della scelta su dove andare a mangiare, scelsi un ristorante messicano specializzato in cucina yucateca, prima che varcassi la soglia il telefono squillò ,era Flavio il marito di Barbara.
– Ciao Marco! Come stai?
Conversammo scambiandoci i soliti convenevoli, poi
– Hai notizie di Barbara? Mi aveva detto che ieri avrebbe raggiunto Berlino ed è qualche ora che cerco di contattarla inutilmente, aveva detto che ti avrebbe chiamato’.non è che l’hai fatta fuori?
Seguì una grassa risata che io non feci che alimentare dicendo
– Non immagini quanto mi farebbe piacere, dovremmo andare a cena stasera se non scappo prima le dico di richiamarti.
Conclusa la conversazione con Flavio il telefono squillò nuovamente, stavolta era Barbara esordì con un
– Grazie, grazie, un grazie grande, grande””poi ti spiego! Dove sei?
Le dissi dove mi trovavo.
– Ti raggiungiamo al ‘Merida’ ordina tu per tutti, viene anche Susan.
Ordinai del tacchino pili pili , una specialità della provincia di Merida, appunto! E birra dos equis, una lager messicana a Berlino potrebbe sembrare un’eresia, ma non potevo immaginare il gusto del pili pili senza la brillantezza della dos equis.
Quando arrivarono avevo già consumato tre birre, il piacere di bere quando sai che al ritorno guiderà il macchinista della metropolitana è impagabile.
– Ciao.
Miagolò Barbara
– Ciao, ha chiamato tuo marito, ha detto che ha provato a chiamarti ripetutamente nelle ultime 24 ore.
– Ero impegnata, tutte queste riunioni”piacevolissime riunioni.
Volse lo sguardo a Susan, che ricambiò sfoderando uno sguardo intenso, appagato.
– Ora lo chiamo.
Fece il numero.
– Flavio, come stai? Ho dimenticato il telefono in camera e sono stata molto impegnata, ma ne è valsa la pena, ho strappato un extra importante.
Rimase in ascolto per alcuni secondi, poi riprese.
– Oggi finalmente mi sono rilassata, ho passeggiato per Berlino e scoperto una pasticceria dove servono delle torte buonissime, la loro specialità è la torta Susan.
Ebbi un sussulto.
– Una torta soda al tatto, ma si scioglie in bocca, ed ha tutti i gusti del mondo combinati in perfetta armonia, cioccolato, panna, creme”
La telefonata durò qualche minuto, ma non ascoltai altro , immaginavo la ragazza che avevo davanti cosparsa di tutto quel ben di dio e non potevo sognare torta migliore.
Mangiammo avidamente il tacchino pili pili e bevemmo dos equis a profusione.
Non ricordo come ma arrivammo in albergo, feci una doccia e mi appisolai mentre Barbara e successivamente Susan fecero altrettanto.
Approfittando della momentanea assenza di Susan, Barbara si accoccolò tra le mie braccia, scuotendomi dal torpore.
– Grazie ancora, non sapevo potesse essere così appagante con una donna, diverso ma altrettanto sconvolgente e l’avermi lasciata sola mi ha permesso di non distogliermi dalle sue attenzioni l’ho goduta appieno e penso lei abbia provato qualcosa di molto simile.
– Lei è ancora qui, devo desumere che non sei ancora sazia?
– No! Non lo sono, vorrei che partecipassi ma so anche che ti metterei in grave imbarazzo nei confronti dell’università, ma possiamo trovare un compromesso, potresti assistere, voglio farti capire, farti vedere cosa provo con lei è fantastica.
– D’accordo lascia la porta aperta, io farò finta di dormire.
Dopo pochi minuti Susan uscì dalla doccia, Barbara non aspettò che si asciugasse e la condusse verso il letto, raccolse le gocce dal corpo di Susan che immaginavo acerbo ed invece era maturo pieno e supponevo avesse gli odori, la fragranza e la setosità di una pesca, doveva avere dai 22 ai 25 anni, il viso spigoloso e gli occhi da cerbiatta le davano un aspetto duro e dolce allo stesso tempo, così come era duro e dolce il suo modo di amare, la vidi mordere le spalle di Barbara e subito dopo seguirne i lineamenti del viso con la lingua, fin sul collo per poi finire sui capezzoli e mordicchiarli avidamente e dolcemente, attenta a tenerla su una soglia tra il dolore e il piacere.
Penetrava Barbara con le dita, dapprima dolcemente, dilatandola e senza spingersi a fondo, rimanendo sull’imboccatura della vagina, una volta pronta la penetrava con forza portandola all’apice del piacere.
Barbara godeva appieno di tutte quelle attenzioni, ma non si risparmiava, Susan nelle sue mani si scioglieva e quando la lingua di lei la penetrava per poi uscire a cercare il suo delizioso bottoncino, ansimava il suo godimento sulla pelle di Barbara che ormai aveva capito tutto di quello strumento che era il corpo di Susan e suonava corde che nessun altro sapeva toccare.
Quella notte rimasi sveglio a lungo e quando Susan sfinita si addormentò Barbara venne da me.
– Cosa ne pensi?
– Sembravate una cosa unica è stato uno spettacolo magnifico e non lo dico da depravato quale sono, lo dico da esteta, eravate bellissime, commoventi, sensuali e tutta una ridda di sentimenti che non so spiegare.
– Prendimi ora’..che sono il frutto di ciò che è stato, prendimi.
Fu uno degli attimi più coinvolgenti del nostro rapporto, si offriva a me e portava in dono tutte le emozioni di quella notte, l’amore fu dolce, condensato in gocce di sudore di due anime consapevoli del loro amore e dilaniate dal loro futuro.

Commenti, critiche e offese ad

Anicestellato17@libero.it

Mi piacerebbe sapere quale finale preferite a me personalmente piace il due perché lo trovo più congruo al carattere dei due personaggi.
Grazie a tutti quelli che hanno commentato e apprezzato, siete stati in molti e questo mi ha gratificato.
Anche a quelli che hanno criticato, naturalmente!
Al prossimo racconto!!!

Autore Pubblicato il: 16 Marzo 2010Categorie: Orgia, Racconti Cuckold, Racconti Erotici Lesbo0 Commenti

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