Io l’avevo già convocata alcune giornate in anticipo senz’avere cognizione né idea che lei si trovasse casualmente da qualche tempo in città. In quella circostanza la scoprii disimpegnata e pronta per un ritrovo, giustappunto per sorseggiare qualcosa e per mettere in atto delle dicerie, per il semplice fatto che bramavo vederla. Lei, era stata invero, l’unica che in certi istanti che in modo difficoltoso attraversavo, mi era rimasta accanto, non so neppure in che modo come, tenuto conto che oggigiorno ammetto che con la mia personalità burbera, inavvicinabile e scostante assieme alla mia costante concitazione e l’irrequietezza di quel tempo, era piuttosto complesso, intricato e piuttosto problematico starmi nei paraggi.
In questi anni ho rimuginato notevolmente congetturando e considerando fortemente d’averla accanto, e rendendomi integralmente conto d’aver perso una persona speciale, al presente tentavo di riaverla almeno come genuina e lineare amica, perché per me la sua presenza era davvero apprezzabile, lodevole e rispettabile. L’incontro concordato avviene al solito bar, io la vedo entrare con la ovvia espressività contegnosa, lei si siede e come d’abitudine mi pianta quegli occhi dritti dentro i miei. Mi sento tesissima, non so nemmeno che cosa manifestare, osservandola la trovo benissimo, è annerita dal sole, fiduciosa e intrigante come sempre, sennonché i miei pensieri vagano irrimediabilmente scrutando il passato quando stava con me, e quando ogni mattina avevo per me il suo sorriso, le sue urla e i suoi meravigliosi occhi. Che credulona che sono, non ho assimilato nulla, adesso che il tempo mi è nemico una compagna di vita, di giochi e di viaggi come lei sarebbe il sogno, il massimo che potrei esigere.
Confabuliamo a fondo delle nostre vite, dei nostri sogni, dei nostri timori e delle nostre future ambizioni, io l’ammiro squadrandola con desiderio, con la voglia di riaverla radicalmente per me. Non so che cos’è questo fremito, questo brivido che percorre il mio cervello e finanche il mio corpo, lei mi studia ispezionandomi insistentemente, dopo mi sorride, le sue labbra tenere e polpose mi fanno farneticare, perché il ricordo dei suoi baci adesso è acceso, vibrante e vivo in quel momento. La mia mano scivola sopra la sua che peraltro non toglie, noto un lampo nei suoi occhi, lei ha capito perfettamente che cosa vorrei, sicché mi fa un cenno lesto con la testa, in tal modo ci alziamo, io le accarezzo la chioma, dal momento che in pubblico non ho mai mosso una virgola, ma adesso la prenderei lì.
Non so precisamente che cosa mi succede, lei è diversa, è penetrante, è straordinaria, forse è più donna, anche per lei il tempo è trascorso, ha un altro sguardo, un’altra espressione, conserva pienamente lo stesso guizzo di sensualità e l’identico sfolgorio della sua seduzione che caratterizza i suoi occhi. Io mi sento una ragazzina, sono visibilmente tesa e imbarazzata, passeggiamo per le vie del capoluogo, a volte in compagnia dei suoi soliti silenzi, a volte raccontandoci, capto che la sua pelle ancora odora del suo profumo, quante volte l’ho indossato io per ricordarmi di lei. Non capisco se mi sta assecondando o se mi saluterà qui, non è mai stata molto prevedibile almeno con me, giacché non comprendevo mai quello che avrebbe fatto dopo, peraltro ambigua, lunatica e imperscrutabile, eppure coinvolgente, intrigante e maneggiona a modo suo, nelle sue personali malignità e nelle sue tipiche movenze.
Alle mie feste chiedevano lei chi fosse, perché risultava ombrosa, ricalcitrante e assiduamente solitaria, però intorno a lei s’accalcava di frequente una moltitudine d’individui, in quanto aveva un fascino magnetico, occulto e silenzioso. Mi ricordo di lei, che effettivamente non amava troppo la gente, non quando le toglieva l’aria. Io la presentavo come la mia affezionata e fedele amica di sempre, ma tutti sapevano chi fosse, perché si vedeva lontano un miglio che il mio sguardo da lontano si posava sempre su di lei, in segreto, in silenzio. Il passato al presente torna e bussa prepotente, io lo rivorrei adesso, ma con la testa d’adesso, la mia e la sua. E se per caso potesse essere nuovamente il mio presente? In verità sarei diversa, perché la coprirei d’attenzioni, di premure, di tutto pur d’averla, cosa che mai ho fatto prima d’allora.
Tre mesi fa ho acquistato una casa nuova nel centro storico, la trovo bellissima, lei concorda con me, è davvero estasiata dall’arredamento, entusiasta dai colori e ammaliata dalle tappezzerie. La musica, la sua, lei gira le stanze sorridendo e complimentandosi anche dell’atmosfera che avverte. Sprofonda nella mia poltrona, quella dove la sera mi siedo in compagnia dei miei pensieri, dei desideri e delle inusuali voglie, quella che avrei voluto dividere con lei chissà quante volte e ora lei è proprio accomodata lì davanti a me che mi guarda. In verità mi esaminava sempre, m’ha sempre squadrato molto, m’ha scrutato negli occhi desiderosa di capire, di trovare qualcosa che la fermasse con me. Al presente m’ispeziona ancora come se volesse entrarmi dentro l’anima, onestamente m’incute timore, io accenno una carezza sul suo viso, lei sorride, io percepisco il cuore tremare e mi riscopro impaurita, inibita e timida.
Mi siedo accanto a lei, il silenzio è la colonna sonora di questi momenti a tratti imbarazzanti, a tratti eccitanti, io le accarezzo lievemente le mani, quelle mani che m’hanno fatto sragionare a suo tempo, per il fatto che sapevano dove accarezzare, come lisciare, giacché mai nessuna donna aveva fatto l’amore così con me, perché lei è così, un’amante straordinaria, attenta, passionale, decisa ma dolcissima, instancabile, spregiudicata e tenera contemporaneamente, in quanto queste miscele esplosive di seduzione e di dolcezza ti prendono il cervello facendoti tremare per ore fino a farti perdere la lucidità. Io la desidero tantissimo, lei lo sente, lo percepisce, eppure non fa niente e m’ascolta.
L’aria diventa tesa, le sembianze altrettanto, io non so come muovermi, perché ho apprensione delle sue reazioni, non capisco che cosa vuole, se vuole, perché non mi sono mai sentita in questo modo, poiché sono perennemente così aggressiva, fredda e dura, tuttavia adesso un suo gesto potrebbe sciogliermi snodandomi le membra. Lei s’avvicina pacatamente, accarezza i miei capelli, le sue mani lungo le spalle, lungo le braccia, mi prende le mani e intanto ho sempre i suoi occhi dentro ai miei, stringe le sue con le mie. Un palpito passionale mi scazzotta frattanto il corpo, vorrei le sue mani dentro di me, le sue labbra sulle mie, le sue labbra dentro l’anima, il suo corpo dentro al mio in un tempo senza fine. Lei mi fa schiantare di desiderio, ho solamente appetito di lei, ho unicamente il ghiribizzo d’essere sua, di farle sentire quanto la brami, quanto è dentro di me.
Sembra che abbia letto minuziosamente tutti i miei pensieri, sennonché mi spoglia in maniera determinata e lesta, i miei respiri diventano sospiri d’una voglia infinita di lei, di tutto di lei, del suo profumo, di quello che sa darmi, di come mi sa prendere. Le sue mani sulla mia pelle, sul mio seno, perché ci gioca, le sue labbra sono in ogni parte, io perdo l’omogeneità, le mie gambe sulle sue spalle, i suoi capelli sulle mie gambe. Quanto li ho desiderati quei riccioli neri sulla mia pelle annerita, le mie mani sulla sua testa, il nostro è uno svago di mani, di corpi, di pelle, il suo sguardo è aggressivo, irruente e desideroso d’avermi, poiché io non cerco altro che godere con lei, per lei.
Si stacca da me, s’alza, al momento non comprendo, sono interamente disadorna e svestita sotto le sue mani, mentre la osservo con un’espressione interrogativa. Lei ritorna da me con una candela, l’accende e mi guarda, scalda la cera facendomela colare sulla pelle lungo l’insenatura dei seni, lungo il ventre, io chiudo gli occhi, mentre una smorfia di dolore mescolata a un insolito piacere pervade tutto il mio essere. Io l’abbraccio in maniera vigorosa per poter cancellare il dolore e far rimanere il piacere, in tal modo lei comincia a baloccarsi con la cera colata sul mio corpo, mi bacia appassionatamente, intanto che le sue mani dentro di me. I miei movimenti dapprima svogliati diventano più spediti, io oscillo con una brama di venire nelle sue mani. E’ incredibile, mi sta facendo delirare e lo sa, perché è tutto abbastanza efficiente e sollecito, i suoi movimenti, il suo corpo contro al mio, il mio contro il suo. Lei mi tira i capelli, morde, graffia, io sono totalmente smarrita in quella danza di piacere, la stringo e la chiamo, nel tempo in cui il mio corpo e il mio cervello hanno un sussulto e vengo così, nel momento in cui avverto l’aroma della cera, del suo profumo, del mio, perché è un susseguirsi di fragranze, di brezze non fiutate né intuite, respirate, di voglie non percepite né giammai sospettate.
In quell’istante sbarro gli occhi e l’abbraccio apertamente, sono infiacchita, mi guarda. Il suo sguardo è di sfida, di forza, oserei dire di potere, sì, di capacità, di competenza e di potere che ha appena avuto, in effetti mi ha avuta e non solamente con il corpo, bensì anche di mente e di cuore, perché in poco tempo si è tenuta un pezzo di me, che forse voleva da tempo. Adesso ce l’ha e io ne sono felice, malgrado ciò io non ho lei, in verità non l’ho mai avuta come avrei voluto, perché lei non si è mai concessa totalmente a me, forse non l’avrò mai.
Lei mi bacia in silenzio lasciandomi così disfatta e sfibrata dal piacere che mi ha regalato, io avverto l’acqua della doccia che scorre e lei è lì, vorrei entrare con lei, fare l’amore armoniosamente, eppure so che vuole rimanere da sola. Lei esce, annuso la scia del suo profumo, velocemente si riveste, io chiedo, lei resta in silenzio, non risponde.
A un tratto mi lascia sul tavolo un cartoncino plastificato con il suo ultimo numero di telefonino, mi bacia ancora carezzandomi sui capelli e mi saluta.
Io la osservo impugnare il mio secondo mazzo di chiavi prima di chiudersi la porta dietro alle spalle, si gira per un attimo e mi sorride allontanandosi.
{Idraulico anno 1999}