Passò un po’ di tempo di semi-apatia. Curioso questo fatto: dopo giornate di passione intensa, lentamente tutto si appiattiva. Massimo era impegnatissimo col suo lavoro, Giorgio pure ed io di conseguenza mi dedicavo al mio, senza particolari pensieri, anzi con uno che mi frullava per la testa da quando Giorgio mi aveva fatto quegli scatti, ma che al momento avevo accantonato per pigrizia.
Un giorno, di rientro dall’ufficio, al supermercato, rivedo il ragazzone di colore che mi aveva importunato al parcheggio qualche tempo prima. Come sempre ultimamente ero piuttosto evidente. Mi piaceva farmi notare ed avevo capito che piaceva anche a mio marito che lo facessi. Adoravo attrarre gli sguardi degli uomini mentre ero in giro, adoravo immaginare di provocare in loro pensieri trasgressivi, adoravo considerare che mi ritenessero una porca, una da chiavare selvaggiamente e che mi considerassero una che ne prendessi tanti….di cazzi.
Portavo delle altissime decolletè di un famoso stilista, avevo già tolto le calze perché cominciava a fare caldo e, come sempre succede quando inizia la bella stagione, vado al mare e mi abbronzo, quindi avevo le gambe già di un bel colore dorato. Sopra indossavo un elegante, aderentissimo tailleur nero da donna manager ed una camicetta di cotone bianco lucido di quelle piuttosto aderenti un po’ aperta sul seno, stretto nel push-up. Insomma, come sempre, ne facevo girare parecchi. Mi vide lui per primo e non poteva essere altrimenti, si avvicina: “bella signora, come stai?” con un bel simpatico sorriso stampato sul viso.
“oh ciao, sto molto bene grazie e tu come stai?” gli risposi
“benissimo! Sai, ho trovato un lavoro, così al supermercato ci vengo solo per fare la spesa e prendere un caffè al bar. A proposito, mi avevi promesso che se ci fossimo rivisti me lo avresti offerto tu il caffè”
“vero. Hai ragione. Ogni promessa è un debito. Andiamo dai”
Seduti al tavolino del bar, non potevo non notare che era veramente un bel ragazzo. Alto, atletico, spalle larghe, i lineamenti del viso molto aggraziati, ordinato, pulito, aveva un buon profumo, vestito alla moda con capi casual ma di tendenza, non aveva proprio più l’aspetto del profugo che aveva qualche mese prima quando mi accompagnò alla macchina con la spesa. Mi disse che lavorava come autista di un corriere espresso e guadagnava bene visto che aveva dato disponibilità a fare straordinari e lavorare su turni. “e poi arrotondo anche con qualche attività extralavoro” mi disse a bassa voce con un sorrisetto maliziosissimo. Finsi indifferenza a quest’ultima informazione non richiesta. “poi, ti devo chiedere ancora scusa per come mi sono comportato l’altra volta!”
“è dimenticato, non ti preoccupare. Tuttavia ti do un consiglio, con la forza, la prepotenza si ottiene molto meno che con la gentilezza ed il garbo. E tu oggi sei molto gentile e garbato”
“ti ringrazio e mi fa piacere che tu mi abbia perdonato. Ti ringrazio anche del caffè.”
Sorrise. Ricambiai il sorriso, era carino se non bello. Siamo stati qualche istante senza parlare a guardarci negli occhi, fino a che per spezzare il silenzio, mi chiese: “non so ancora il tuo nome. Io mi chiamo Isac”
“io Mary”
“piacere Mary, abbiamo due nomi biblici che ci accomunano” sorridendo “senti Mary, non vorrei sembrare impertinente, ma mi piacerebbe invitarti a cena”
Guardai l’orologio erano le 18,30, sarei rimasta sola quella sera perché Massimo aveva i suoi soliti allenamenti di calcio e poi la birretta con gli amici del pallone, sarebbe tornato molto tardi. Presi la palla al balzo e risposi: “ok. Dove andiamo?”
Sorpreso dalla risposta immediata, forse spiazzato dal fatto che ero disponibile quella sera stessa, rimase un attimo interdetto, poi replicò con grande sagacia: “a casa mia. Mi diletto in cucina e nella cucina tradizionale del mio paese dicono che sono bravissimo”
“d’accordo” risposi di rimando, sapendo già quel che sarebbe successo.
Uscimmo dal supermercato, Isac salì in macchina con me e appena avviatami mandai un messaggio a mio marito che mi sarei fatta una pizza con una collega. Nel tragitto continuammo a parlare amabilmente del più e del meno, del suo paese, del fatto che aveva seguito qui un suo cugino, con cui conviveva, ma che ora era tornato per qualche tempo in Africa, tenendo a sottolineare che la casa, in quei giorni, era a disposizione tutta per lui. Sapevo a cosa andavo incontro. Proseguii nella commedia chiedendogli cosa mi avrebbe preparato di buono, rispose citandomi il nome di alcuni piatti tipici eritrei di cui onestamente ora non ricordo né il nome né la composizione. Insomma, la farsa prosegui per tutto il tragitto dal centro commerciale fino a casa sua. Viveva in un anonimo, se non squallido, condominio di una zona popolare. Mi precedette su per le scale, mentre salivamo il cuore cominciava a battermi forte, mi comportavo da donna estremamente facile, ma lo volevo. Volevo essere facile, non mi volevo precludere nessuna esperienza e questa, con questo bel ragazzo, provare sesso africano di cui tanto si favoleggia, la volevo proprio sperimentare! Appena entrati, lui davanti a me, accende le luci di casa, si toglie la giacca e appena si gira per accogliermi, senza nemmeno che riesca profferire parola, gli metto le braccia al collo, mi alzo sulle punte nonostante i tacchi, perché era parecchio più alto di me e incollo la mia bocca alla sua insinuando la lingua fra le sue labbra. Lui risponde immediatamente al bacio e con le mani comincia a frugarmi addosso, mi tira a sé per i fianchi, fa scendere le mani e mi palpa il culo, io alzo una gamba e come una cagna in calore comincio a strofinarmi sul suo pube. Mi afferra la gamba da sotto la coscia agevolando il mio movimento e comincio a sentirlo duro che spinge da sotto mentre le nostre lingue si intrecciavano in un lungo profondo bacio. Come mi piaceva quel maschio esotico, aveva un sapore, un odore nuovo, inconsueto, mi ubriacava di passione , di desiderio di voglia. Si china, mi appoggio con le spalle alla parete e facendomi restare in piedi, mi sfila le mutandine e affonda la faccia fra le mia gambe, leccandomela furiosamente, sembrava quasi che volesse scoparmi con la lingua, mangiarmela. Ansimavo rumorosamente, avevo il fiato corto, sentivo che mi stava salendo l’orgasmo sotto il lavoro della sua bocca, ma si fermò.
“cosa fai? Continua ti prego!”
“no, stavi per venire. Non ti voglio far venire subito” mi rispose. Ci sapeva fare il ragazzo, mi voleva tenere con la voglia.
Mi tolsi la giacca, sbottonai la camicetta e la gonna che feci scendere lungo i fianchi e restai con la camicetta aperta, in intimo e tacchi. Lui mi guardò come fossi un madonna da adorare, lentamente si sbottonò la camicia, restando a torso nudo mostrando un bel fisico tonico, spalle larghe, pettorali pronunciati, bicipiti torniti e la famosa tartaruga addominale, si slacciò i jeans, si sedette si tolse le scarpe, le calze restando in boxer. Da sotto il boxer giganteggiava un grosso arnese. Lo volevo vedere! Mi avvicinai ipnotizzata gli abbassai i boxer ed uscì un grosso serpente nero, tutto percorso da vene lungo l’asta e con la cappella ancora incappucciata dalla pelle. Estasiata,in ginocchio davanti a lui seduto sul divano, lo scappellai e iniziai a leccarlo, prima lungo l’asta poi infilando la cappella in bocca, faticai a farcela entrare tanto era larga e cominciai a ciucciarlo. Un sapore incredibile di cazzo, a distanza di anni ancora lo ricordo e mi eccita il pensiero di come profumava. Mi diedi da fare parecchio, due mani e la bocca rimaneva comunque scoperta una bella porzione di uccello, tanto per specificarne le dimensioni. Un giocattolone come quello non mi era mai capitato in vita mia, nemmeno il ragazzone della spiaggia col quale avevo giocato anni prima era così!
Ero nel paradiso della voluttà ed avevo perso la cognizione del luogo del tempo, tanto concentrata su quel grosso pezzo di carne che non capivo l’effetto che gli stava procurando la mia bocca. Contrariamente al suo grande self-control io non ebbi la cognizione che stava venendo, mi giunse in bocca un potente caldo getto di sperma seguito da parecchi altri, che mi inondarono la bocca, la faccia il decolletè. In preda alla passione, non capendo più nulla dall’eccitazione, mi ripulii il viso con la manica della sua camicia che era buttata lì sul divano, salii in groppa al ragazzo, presi in mano il suo grosso capitone e lo infilai nella mia umida caverna senza adoperare alcuna precauzione, ero letteralmente fuori di testa dall’eccitazione. Non aveva minimamente accennato a smosciarsi dopo l’abbondante eiaculazione e lo sentivo duro dentro di me, lo cavalcavo come una forsennata e finalmente mi sciolsi in un lungo e parossistico orgasmo. Sfiatata, sfinita, mi abbandonai esausta sul divano ancora semi impiastricciata del suo sperma, mi volsi a guardarlo e con una certa obiettività potei, ora con calma, osservare quanto fosse bello. Sembrava proprio una statua greca, era alto, atletico, muscoloso e poi aveva questa coda anteriore che ancor oggi, dopo tanti anni, il pensiero mi fa un certo effetto.
“dov’è il bagno che mi vado a dare una ripulita?”
Mi indicò la porta del bagno e mi incamminai nuda con ancora indosso le scarpe. Al mio rientro nel salottino, Isaac era semisdraiato sul divano che si accarezzava il pitone. Mi chinai su di lui e gli misi la lingua in bocca andando a tastare con la mano la sua grossa mazza, dopo qualche bacio sulla bocca ripresi a baciargli il cazzo ero troppo attratta da quella bestia! Mi accomodai di fianco a lui lavorandomelo con la bocca fino a che lui mi prese mi girò in ginocchio sul divano, si alzò e da dietro ricominciò a scoparmi. Onestamente non vedevo l’ora di riprendermi dentro tutta quella calda carne. Mi scopò forte da dietro, sbatteva il suo pube sulle mie chiappe infilandomelo tutto dentro e sbattendomelo forte, impazzivo di piacere, impazzivo anche dall’idea di farmi penetrare da un mostro simile. Venni un altro paio di volte ancora; lui no, continuava, mi girava mi mise supina sul divano e mi scopava dal davanti, ma non accennava al minimo cedimento. Lo incitavo, gli dicevo quanto mi piacesse il suo grosso cazzo, quanto avrei voluto prenderlo ancora, lo imploravo di non fermarsi e lui alternava il ritmo tra forti amplessi e dolcissime lente scopate che mi facevano sciogliere, lasciandomi in uno stato di continua eccitazione.
Volevo sentirmelo dietro, volevo sentire quanto mi avesse riempita quel grosso uccello, mi girai, lo guardai negli occhi, mi leccai la mano passandomela sul buco del culo e gli dissi: “mettimelo nel culo che mi piace un casino prenderlo lì” sgranò un po’ gli occhi, forse meravigliato della richiesta, probabilmente non erano state tante a voler prendere lì quel grosso arnese, lo puntò contro il buchetto, inspirai profondamente cercando di rilassarmi il più possibile e pian piano lo spinse dentro. Fu dolce, per quanto si possa definire dolce la sodomia da parte di un superdotato, però apprezzai la sua capacità di essere delicato, forse consapevole dei mezzi a disposizione. Una volta entrato, me lo spinse fino in fondo; mi sentivo questo senso di pienezza fin nelle fondo delle mie viscere, impazzivo dall’idea di potermi godere tutto io questa roba pazzesca, oltre che la sensazione fisica di sentirmelo dentro. Non so per quanto tempo andammo avanti, ma ricordo che mi sono goduta quella scopata nel culo come mai mi era capitato prima; dopo che mi montò a lungo, riusci a venire anche Isaac, che estrasse il cazzo e mi spruzzò tanto altro sperma caldo sulla schiena. Nel frattempo fuori era diventato buio e realizzai che avrei dovuto rientrare a casa. Mi ricomposi, mi rivestii, lui mi guardava comodamente appoggiato sul divano, con lo sguardo del leone che osserva pigramente la sua femmina e ricordo che feci proprio quella riflessione: mi ero appena concessa con grandissima soddisfazione al re della savana!
Nel tragitto per il rientro a casa, un vortice di pensieri mi assalì. Mi ero lasciata troppo andare, l’avevo fatto con uno sconosciuto senza alcuna precauzione e mi ripromisi che non sarebbe mai più successo. Non sarebbe mai più capitato che mi lasciassi andare così. Entrata in casa, mi feci una doccia e mi infilai subito a letto sfinita dalla giornata lavorativa e soprattutto dalla cavalcata con quel toro. Mi addormentai quasi subito senza nemmeno sentire il rientro a casa di mio marito.
(continua) per commenti: narciso.a@outlook.it
Commenti per questo racconto
Lascia un commento
Solo gli utenti registrati possono commentare. Fai il Login.
Ogni storia che pubblichi di Mary è fantastica, spero ne pubblicherai molte altre